ILDEBERTO di Lavardin
Scrittore latino, nato a Lavardin nel 1056, elevato nel 1096 alla cattedra vescovile di Le Mans, nel 1125 a quella arcivescovile di Tours, morto nel 1133. I rivolgimenti politici della Normandia gli avevano procurato a suo tempo un breve esilio in Inghilterra (1099-1100) e lo avevano spinto poi a un viaggio a Roma (1100-1101).
Molti scritti gli furono attribuiti (ed. Beaugendre-Bourassé, in Migne, Patr. Lat., CLXXI), non tutti a ragione. Non sembra autentico per esempio il Tractatus theologicus, che gli darebbe un posto onorevole nella storia della filosofia medievale. Autentici sono, in prosa, alcuni rari sermoni, un centinaio di epistole (modelli di stile, per lungo tempo ammirati e studiati), una o due vite di santi; in prosa mista a versi l'interessante Conflictus carnis et animae; in versi il De mysterio missae, elegante esposizione del significato mistico che si cela in ogni atto della messa; la Vita S. Mariae Aegyptiacae, vigorosa e a tratti drammatica narrazione agiografica; il De virtutibus et vitiis, vivace divagazione morale, che muove da un'invettiva contro il denaro per giungere alla celebrazione del mito d'Orfeo; il De excidio Troiae, eloquente compendio delle sventure troiane, ove è compianta Ecuba e maledetta Elena; le due elegie De Roma, dove il poeta, contemplando le rovine della Roma antica, ne sente e ne esprime mirabilmente la grandezza, e dove la nuova Roma gli risponde, fiera, più assai che d'un effimero impero terreno, del suo imperituro dominio spirituale; l'elegia De exsìlio suo, dove un pagano rimpianto di dolci beni perduti si placa in una cristiana rassegnazione; infine un certo numero d'altri componimenti d'argomento biblico e classico di carattere sacro e profano, lirici e narrativi, ampî e brevi. Tutti gli procurarono gran fama; e, se vi sono nelle lodi che gli furon tributate evidenti esagerazioni, non si può negar che I. abbia avuto un vigile senso poetico, una grande perizia tecnica (nei ritmi come nei metri, rimati o non rimati) e, pur coi suoi gusti moderni, un intelligente amore delle forme classiche. Egli è uno dei primi e maggiori rappresentanti dell'umanesimo francese del sec. XII.
Bibl.: A. Dieudonné, H. de L., Parigi 1898; B. Hauréau, Les mélanges poétiques d'H. de L., Parigi 1878; C. Pascal, Poesia latina medievale, Catania 1907, p. i segg.; M. Manitius, Geschichte der lat. Lit. des Mittelalters, III, Monaco 1931, pp. 853-865.