Il tribunale delle imprese
Sotto il titolo Tribunale delle imprese il legislatore del 2012 detta una nuova disciplina, operativa dal 21.9.2012, innestando sulle sezioni specializzate già previste per la materia della proprietà industriale e intellettuale (s.s.p.i.i.) la nuova figura delle sezioni specializzate in materia di impresa (s.s.i.), istituite presso i 12 tribunali e le 12 corti di appello già individuati dal d.lgs. n. 168/2003 nonché presso gli uffici giudiziari posti nelle altre città capoluogo di regione, e concentrando presso le nuove sezioni “regionali” non più solo la materia della proprietà industriale e intellettuale, ma anche le controversie societarie relative a società di capitali e cooperative e le controversie in materia di appalti pubblici coinvolgenti tali società.
Sotto il suggestivo titolo Tribunale delle imprese il legislatore d’urgenza, nell’art. 2 d.l. 24.1.2012, n. 1, ha innestato sulla disciplina delle «sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale» (s.s.p.i.i.) di cui al d.lgs. 27.6.2003, n. 168 la nuova figura delle «sezioni specializzate in materia di impresa» (s.s.i.), così perseguendo, mediante «la costituzione di un giudice specializzato in materia di impresa, attraverso la concentrazione delle cause presso un numero ridotto di uffici giudiziari (12 tribunali in luogo dei 164 esistenti)», il dichiarato obiettivo «di ridurre i tempi di definizione delle controversie in cui è parte una società di medio/grandi dimensioni, aumentando in tal modo la competitività di tali imprese sul mercato» (così la relazione al d.l.).
Si è trattato di un ulteriore passo alla ricerca di una specifica efficienza della giustizia coinvolgente le imprese, ricerca che già nel 1999 aveva portato alla cd. bozza Mirone (dal nome della Commissione istituita per la riforma del diritto societario), relativa a un’ampia concentrazione presso sezioni specializzate distrettuali delle controversie in materia di proprietà industriale, societaria, fallimentare, bancaria e di intermediazione finanziaria1: proposta seguita da concreta attuazione solo per la parte riguardante le controversie in materia di proprietà industriale e intellettuale, attraverso la legge delega 12.12.2002, n. 273 attuata dal già citato d.lgs. n. 168/2003, istitutivo di 12 s.s.p.i.i. (giudicanti in composizione collegiale) presso altrettanti tribunali e corti d’appello, mentre per le altre “materie” (ad eccezione di quella fallimentare) contemplate dalla bozza Mirone il legislatore scelse la diversa strada di accelerazione di cui al d.lgs. 17.1.2003, n. 5, emanato in (innovativa) attuazione della legge delega 3.11.2001, n. 366 e prevedente un rito ad hoc, caratterizzato da una fase preparatoria tra le parti e da una fase di discussione orale apud judicem interamente collegiale, rito poi esteso nel 2005 anche alle s.s.p.i.i. ma rimasto in vigore per poco più di un quinquiennio in quanto abrogato dalla l.18.6.2009, n. 69.
Si può dunque dire che, abrogato il rito c.d. societario rivelatosi inidoneo a fini acceleratori, il legislatore del 2012 ha ripreso il percorso interrotto nel 2003, affidandosi ancora una volta – per soddisfare le esigenze di efficienza e competitività proprie del mondo delle imprese – alla sola concentrazione di competenza territoriale presso sezioni specializzate per alcune categorie di controversie civili.
Nella versione di cui al d.l. n. 1/2012, la concentrazione era stata disposta in favore delle 12 s.s.p.i.i. istituite dal d.lgs. n. 168/2003, presso le quali (previo mutamento del loro nomen in quello di s.s.i.) avrebbero dovuto essere trattate non più solo le controversie in materia di proprietà industriale e intellettuale ma anche le azioni di classe ex art 140 bis d.lgs. 6.9.2005, n. 206, le cause “societarie” «relativamente alle s.p.a. e s.a.p.a. ovvero alle società da queste controllate o che le controllano», nonché le cause «relative ai contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte una s.p.a. o una s.a.p.a., quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario», così realizzandosi anche per i nuovi gruppi di cause una competenza territoriale per il primo grado (non circondariale secondo le regole ordinarie ma) distrettuale o pluridistrettuale e per il secondo grado (non sempre distrettuale secondo le regole ordinarie ma in alcuni casi) anche pluridistrettuale2.
La disciplina di cui al decreto legge ha subito mostrato pesanti criticità, evidenziate dai primi commentatori e dai pareri della Camera, del Senato e del C.S.M.3:
• in tema di accesso alla giustizia, data la concentrazione solo presso 12 tribunali (e 12 corti di appello) di gruppi di controversie connotate, sia numericamente, sia quanto ai rapporti di forza tra le parti, ben diversamente rispetto al ristretto novero delle controversie in materia di proprietà industriale e intellettuale;
• in tema di specializzazione della materia societaria, dato il carattere frastagliato della nuova competenza (riferita solo a una parte delle società di capitali) e data la mancata menzione dei procedimenti di volontaria giurisdizione;
• in tema di eterogeneità delle controversie coinvolte dalla riforma, data la caratterizzazione solo processuale delle azioni di classe, la non contiguità della materia degli appalti rispetto alle altre, la pretermissione di “materie” contigue a quella della proprietà industriale.
Il legislatore della conversione ha mostrato di tener conto di tali criticità4, disponendo rilevanti modifiche al testo originario sia quanto alla concentrazione di competenza territoriale, che è stata ricondotta a una pressoché inedita dimensione tendenzialmente regionale, sia quanto alla individuazione delle materie “concentrate”, con esclusione delle azioni di classe e con ampliamento significativo al settore delle s.r.l. e dei procedimenti di volontaria giurisdizione per la materia societaria nonché opportuno inserimento dei procedimenti in tema di antitrust.
In particolare nella versione definitiva del decreto risultante dalla legge di conversione 24.3.2012 n. 27 l’originaria “trasformazione” delle sezioni specializzate preesistenti in quelle specializzate in materia di impresa si è evoluta in una disciplina ibrida, posto che la conversione:
• ha lasciato immutato il primo comma dell’art.1 del d.lgs. n. 168/2003, prevedente la istituzione delle 12 sezioni specializzate presso i tribunali e le corti d’appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste, e Venezia,
• ma ha poi inserito in tale articolo il nuovo co. 1 bis, prevedente l’istituzione di sezioni specializzate in materia di impresa anche presso i tribunali e le corti d’appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, «dove non esistenti nelle città di cui al comma 1», nonché l’istituzione di s.s.i. presso il tribunale e la corte d’appello di Brescia e per il territorio compreso nella regione Valle d’Aosta la competenza delle sezioni specializzate torinesi,
• così in sostanza innovando, rispetto alla disciplina previgente, la “competenza” delle sezioni specializzate non solo quanto alle “materie”, ma anche quanto alla distribuzione territoriale, divenuta tendenzialmente regionale e omogenea su tutto il territorio nazionale5.
La caratterizzazione innovativa delle s.s.i. rispetto a quelle preesistenti è confermata dalla abrogazione, sempre in sede di conversione, delle scarne norme ordinamentali e processuali speciali contenute nell’originario primo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 168/2003, oggi sostituito da un comma richiamante la sola originaria previsione che «I giudici che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze», essendo poi rimaste sostanzialmente inalterate le ulteriori originarie previsioni di cui al secondo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 168/2003 («Ai giudici delle sezioni specializzate può essere assegnata, rispettivamente dal Presidente del Tribunale o della Corte d’appello, anche la trattazione di processi diversi, purché ciò non comporti ritardo nella trattazione e decisione dei giudizi in materia di impresa») e all’art. 5 del d.lgs. n. 168/2003 (secondo il quale nelle materie affidate alle sezioni specializzate «le competenze riservate dalle legge al Presidente del tribunale e al Presidente della corte d’appello spettano al Presidente delle rispettive sezioni»).
Anche da tale parziale riscrittura del testo originario del d.lgs. n. 168/2003 risulta dunque avvalorata la configurazione delle “nuove” s.s.i. quali articolazioni degli uffici giudiziari “regionali” (e di quelli assimilati, Brescia e Catania), in quanto a) funzionanti secondo le regole processuali ordinarie (in particolare comportanti collegialità della fase decisoria di primo grado per tutte le cause rientranti nella competenza delle s.s.i., ai sensi dell’art. 50 bis c.p.c., secondo il quale «Il tribunale giudica in composizione collegiale... nelle cause devolute alle sezioni specializzate»), salva la concentrazione in capo al loro Presidente delle attribuzioni – nelle “materie” specializzate – del Presidente del tribunale e del Presidente della corte d’appello6, e b) caratterizzate in via ordinamentale solo da una composizione che privilegia la «specifiche competenze» dei magistrati addetti.
Al di là del titolo dell’art. 2 del d.l. riferito, si può dire a fini promozionali, al Tribunale delle imprese7, la nuova disciplina di cui al testo riformato del d.lgs. n. 168/2003 pare dunque risolversi nella previsione di una competenza territoriale concentrata presso articolazioni specializzate dei tribunali e delle corti d’appello “regionali” (e assimilati) per le “materie” della proprietà industriale e intelettuale e dell’antitrust, delle controversie “societarie” relative a società di capitali e cooperative, dei contratti pubblici di appalto ove siano parti tali società.
La nuova disciplina, ai sensi del sesto comma dell’art. 2 del d.l. n. 1/2012 post conversione, «si applica ai giudizi instaurati dopo il 180° giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione» (25.3.2012 ex art. 2 l. n. 27/2012), vale a dire a partire dal 21.9.2012.
La portata della innovazione in tema di competenza territoriale è più ampia di quanto può sembrare a prima vista, dato il carattere inedito di una competenza incentrata tendenzialmente su base regionale e che, sempre tendenzialmente, prescinde da riferimenti distrettuali.
Secondo la soluzione di cui al testo dell’art. 4 d.lgs. n. 168/2003 post conversione, l’individuazione del giudice competente richiede infatti un triplo passaggio, dovendosi: in primo luogo individuare l’ufficio giudiziario competente secondo «gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale» e «nel rispetto delle normative speciali» che disciplinano le varie categorie di controversie, in secondo luogo verificare la dislocazione regionale di tale ufficio giudiziario, e, quindi, riferire la competenza territoriale per la controversia “concentrata” alla «sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione»8, ciò con la sola eccezione dei distretti di Brescia e Catania, ove la concentrazione di competenza si fonda invece sul tradizionale criterio distrettuale, con assegnazione alle due sezioni specializzate istituite presso tali uffici delle «controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari dei relativi distretti»9.
Sempre in tema di competenza, la conversione ha inserito nel testo dell’art. 3 d.lgs. n. 168/2003 un nuovo co. 3, per il quale «Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli» di loro pertinenza.
La disposizione trova un antecedente nella analoga (ma più ampia) previsione di cui al primo comma art. 1 d.lgs. n. 5/2003, la quale peraltro ivi assolveva la specifica funzione di assoggettare al rito societario le controversie connesse a quelle ricadenti nelle “materie” proprie di tale rito10, mentre la disposizione trasportata nel diverso ambiente del d.lgs. n. 168/2003 – non prevedente alcun rito speciale ma, come si è visto, una mera “concentrazione” di competenza territoriale presso le articolazioni specializzate degli uffici giudiziari regionali – parrebbe (secondo una prima possibile interpretazione) limitarsi a ribadire la disciplina codicistica in tema di «modificazioni della competenza per ragioni di connessione» di cui agli artt. 31-36 c.p.c., vale a dire a ribadire (quanto alle ipotesi più ricorrenti) la proponibilità avanti al giudice competente per la causa principale (in questo caso la s.s.i. “regionale”) rispettivamente delle cause accessorie, delle cause di garanzia e delle cause riconvenzionali nonché la disciplina del cumulo soggettivo ex art. 33 c.p.c., restando poi salve le previsioni generali di cui all’art. 40 c.p.c. quanto alla riunione delle cause connesse in senso proprio e quanto alla prevalenza del rito ordinario in caso di connessione, salva l’ipotesi del rito del lavoro11.
Quanto alle “materie” soggette alla concentrazione di competenza territoriale, si è già anticipato che la legge di conversione: a) ha eliminato la menzione delle azioni di classe ex art 140 bis d.lgs. n. 206/2005, rimaste quindi soggette alla diversa concentrazione di competenza territoriale di cui alla loro disciplina originaria, anch’essa su base regionale ma con eccezioni molto più numerose; b) ha mantenuto la competenza delle s.s.i. per le controversie in tema di proprietà industriale e intellettuale12 ed ha aggiunto l’ulteriore competenza per le controversie in materia di antitrust, razionalizzando un settore dove l’intreccio di competenze si presentava frastagliato a seguito di stratificazioni normative13.
Per la parte più innovativa della nuova disciplina, quella relativa alla materia societaria e degli appalti pubblici, la conversione ha mantenuto (pur in parte sintetizzandola e diversamente articolandola) l’opzione di fondo di cui al d.l. n. 1/2012, vale a dire la concentrazione presso le s.s.i. di una sorta di “fetta” delle liti coinvolgenti le imprese organizzate in forma societaria, liti individuate in via oggettiva:
• da un lato, in riferimento a petitum incidente sulla organizzazione endosocietaria ovvero sulla composizione della compagine sociale nonché in riferimento a causa petendi risarcitoria connessa a vicende gestorie (così potendosi complessivamente ricostruire le apparentemente non sistematiche disposizioni di cui all’art. 3 d.lgs. n. 168/200314, come modificato dalla conversione, co.1, lett.: a, «cause e procedimenti relativi a rapporti societari», ivi compresi «le azioni di responsabilità da chiunque promosse» nonché le opposizioni dei creditori; b, «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali»; c, «in materia di patti parasociali»; d, «aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano»; e, relativi a rapporti di controllo nonché di direzione e coordinamento ex artt. 2359, co. 1, n. 3, 2497 septies e 2545 septies c.c.),
• dall’altro, in riferimento alla causa petendi (per la quale sussista la giurisdizione del giudice ordinario15) connessa all’attività propria della impresa societaria quale parte di contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria16 (lett. f dell’art. 3 cit.),
• con la precisazione che la concentrazione di competenza riguarda non solo le «cause» (menzionate nel testo originario del d.l.) ma anche «i procedimenti», così facendosi espresso riferimento sia ai procedimenti cautelari sia, soprattutto, ai numerosi e rilevanti procedimenti di volontaria giurisdizione riferibili ai «rapporti societari»17, restando esclusi dalla concentrazione solo i procedimenti di competenza del giudice del registro delle imprese, specificatamente connessi al generale compito proprio di tale peculiare figura (presente ex art. 2188 c.c. presso ogni tribunale «provinciale») di “vigilanza” sulla tenuta del registro (istituito presso ciascuna Camera di commercio ex art. 8 l. 29.12.1993 n.580) e disciplinati dalla normativa specifica ex artt. 2191 c.c. ss., non modificata dalla nuova disciplina;
e in via soggettiva:
• in quanto riguardanti, riassuntivamente, le società di capitali, vale a dire non solo s.p.a. e s.a.p.a. (le uniche considerate nel testo originario del d.l.) ma anche s.r.l. e cooperative nonché società europee, restando escluse dalla competenza “concentrata” le sole cause coinvolgenti società di persone, salvo il caso che queste «esercitino o siano sottoposte a direzione e coordinamento» rispetto a società di capitali e cooperative18 ovvero il caso (specificamente previsto per la sola ipotesi di cui alla lett. f cit.) nel quale una società di capitali o cooperativa comunque «partecipa al consorzio o raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati».
Dai caratteri fin qui tratteggiati della nuova disciplina si può desumere anche la preferibile soluzione alla questione, già postasi con esiti discordanti per le originarie s.s.p.i.i., circa la natura delle sezioni specializzate, da taluni ritenute uffici giudiziari “separati” dai tribunali e dalle corti ove sono istituite e da altri qualificate invece come mere articolazioni interne di tali uffici giudiziari, con ovvie ricadute quanto al regime delle questioni di riparto delle controversie tra sezioni (specializzate e no) del medesimo ufficio.
Data la eliminazione di ogni disciplina processuale “speciale” (ad eccezione della dislocazione di competenze processuali presidenziali di cui si è detto supra, § 1) e la connotazione sul piano ordinamentale delle nuove s.s.i. solo attraverso il blando richiamo ad una professionalità specifica dei loro componenti, dal sistema riformato sembra infatti ricavarsi una più univoca indicazione per la seconda soluzione, in favore della quale già per le s.s.p.i.i. la Cassazione aveva del resto sottolineato: sia la possibile promiscuità di materie, specializzate e non, assegnabili ai componenti delle s.s.p.i.i. secondo l’espresso tenore del (rimasto immutato) secondo comma dell’art. 2 d.lgs. n. 168/2003, sia l’irrilevanza del riferimento normativo alla «competenza» delle s.s.p.i.i., trattandosi di riferimento presente anche nella materia fallimentare (art. 24 l. fall.) e del lavoro (art. 413 c.p.c.), nelle quali un costante orientamento qualifica le relative sezioni come mere articolazioni interne dell’ufficio giudiziario19.
Tale soluzione è stata seguita anche dal C.S.M., il quale nella specifica delibera 11.7.2012 ha previsto la possibilità di soluzioni tabellari “elastiche”, basate sia sui flussi numerici degli affari sia sulla valorizzazione delle “specializzazioni” già esistenti presso i vari uffici, soluzioni che spaziano dalla concentrazione presso un’unica s.s.i. di tutte le materie interessate dalla riforma fino alla suddivisione delle stesse materie tra due sezioni, entrambe specializzate in materia di impresa, laddove i flussi numerici e le preesistenti soluzioni organizzative lo rendano opportuno, e con esercizio da parte di ciascuno dei due Presidenti di sezione (nelle materie di pertinenza della rispettiva sezione) delle attribuzioni processuali presidenziali di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 168/200320.
Resta da dire, a conclusione dell’analisi, che la “efficienza” della riforma, al di là dell’effetto di “immagine”, risulta dubbia, ove si consideri che l’accentramento regionale di competenza riguarda un solo “spicchio” pur rilevante di controversie interessanti le imprese e che tale accentramento non pare da solo in grado di accelerare (oltre a una limitata soglia dovuta ai benefici derivanti dalla specializzazione dei giudici addetti, benefici però controbilanciati dal maggior impegno degli stessi giudici dovuto alla reintroduzione di una generale collegialità decisoria) la trattazione e la decisione di tali affari, non essendo accompagnato da alcun aumento degli organici degli uffici giudiziari interessati quanto a magistrati, personale amministrativo e “assistenti” dei giudici21.
Da un primo punto di vista, dunque, la riforma può sembrare una sorta di irrealistica fuga in avanti, un altro dei tentativi di “creare isole felici” in una giurisdizione complessivamente inefficiente, rispetto ai quali da tempo la dottrina processualistica mette in guardia il legislatore22: ma, tenendo conto dei sommovimenti in atto in tema di geografia giudiziaria e delle analisi dei flussi di affari avviate ai fini di attuazione della riforma, forse la nuova normativa può essere vista anche come una occasione per la rivisitazione, nel settore civile, dell’intera distribuzione delle competenze in ragione del grado di “prossimità” connaturato ad alcune materie e del tasso di necessaria specializzazione del giudice proprio di altre.
Così, ad esempio, uscendo dalla logica dei meri “tagli” di uffici “piccoli”, si potrebbe pensare: da un lato, a una concentrazione di competenza territoriale determinata, sulla scorta dei flussi numerici, in modo variabile su base regionale o distrettuale o pluricircondariale per materie ad alto livello di complessità tecnica in questioni spesso seriali (cfr. la materia “bancaria”, della “intermediazione finanziaria” e quella relativa ai rapporti contrattuali più ricorrenti per le imprese, quali leasing, factoring, franchising), nelle quali la prevedibilità delle decisioni ha rilevante incidenza sull’efficacia della giurisdizione; dall’altro, alla permanenza di “presidi” giudiziari dislocati sul territorio e dedicati alle materie in cui l’esigenza di prossimità è più sentita.
Il tutto, necessariamente, accompagnato da un ripensamento della organizzazione degli uffici giudiziari civili, che, cogliendo l’occasione della riforma in atto sull’accesso all’avvocatura, abbandoni il modello di interventi precari e con costi non verificabili, realizzando invece (come in altri paesi europei, quali la Germania, e come già sperimentato positivamente in varie sedi) un ufficio del giudice composto da giovani laureati in formazione cui riconoscere una borsa di tirocinio per un tempo determinato e un canale ad hoc (alternativo alle scuole di specializzazione) per accedere alle professioni giuridiche: al posto di figure “precarie” nelle funzioni e nel ruolo come gli attuali giudici onorari di tribunale (o altre figure avventizie la cui passata introduzione non si è rivelata positiva), avremmo nel settore civile “collaboratori” di un giudice, sempre responsabile delle loro attività ma le cui capacità di trattazione e decisione sarebbero “moltiplicate”, un giudice che, per tornare al tema del tribunale delle imprese, potrebbe essere davvero “specializzato” ed efficace, non solo nella materia della proprietà industriale e in quella societaria23.
1 Sulla relazione della Commissione Mirone, pubblicata in Riv. soc., 2000, 14, cfr. Consolo, C., Un giudice specializzato e vari nuovi riti per le liti societarie?, in Corr. giur., 2000, 570; Costantino, G., Riflessioni sulla giustizia (in)civile, Torino, 2010, 393 ss.
2 Secondo l’art.4 del d.lgs. n. 168/2003 lasciato immutato dal d.l. n. 1/2012, Bari “concentrava” il proprio distretto e quello di Potenza, Bologna il proprio distretto e quello di Ancona, Catania il proprio distretto, quello di Messina e quelli calabresi, Firenze il proprio distretto e quello di Perugia, Genova il proprio distretto, Milano il proprio distretto e quello di Brescia, Napoli il proprio distretto e quelli campani, Palermo il proprio distretto e quello di Caltanissetta, Roma il proprio distretto e quelli dell’Abruzzo e della Sardegna, Torino il proprio distretto, Trieste il proprio distretto, Venezia il proprio distretto e quelli trentini.
3 Cfr. Panzani, L., Tribunale delle imprese, un intervento troppo timido che lascia l’Italia al palo sulla riscossione dei crediti, Riva Crugnola, E., Tribunale delle imprese, il nodo delle competenze, entrambi in Guida dir., fasc. 9, 2012.
4 Cfr. sul punto Panzani, L., Nascono sezioni specializzate per le imprese con competenze allargate alle liti societarie, in Gli speciali di Guida dir., fasc. 17, 2012.
5 La concentrazione per regione subisce eccezioni, oltre che per la Valle d’Aosta e la Lombardia, anche per la Sicilia, ove le preesistenti sezioni specializzate sono due, Palermo e Catania.
6 Si tratta, come connotato dal riferimento testuale alle «competenze» dei due presidenti e alle «materie» concentrate presso le s.s.i., delle attribuzioni processuali dei due dirigenti, ricorrenti in particolare nella materia cautelare (cfr., ad es., artt. 669 terdecies, co. 4, c.p.c. e 2378, co. 3, c.c., in tema di sospensione interinale, rispettivamente, del provvedimento cautelare reclamato e della delibera assembleare impugnata).
7 Sottolinea che «la definizione ‘tribunale delle imprese’ contenuta nella rubrica dell’art. 2 del d.l. n. 1/2012 non trova successivo riscontro nel testo della norma» anche Prima glossa al d.l. 24.1.2012 n. 1, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, a cura di L.C. Ubertazzi, Padova, 2012, 3108.
8 La innovativa impostazione in esame comporta ricadute applicative divergenti rispetto al previgente regime delle s.s.p.i.i., in particolare quando la dimensione regionale non coincida con quella distrettuale: ad es. le cause “specializzate” spettanti, secondo le regole generali, al Tribunale di Massa, ricompreso nella Regione Toscana, saranno oggi di competenza della s.s.i. del Tribunale di Firenze, avente sede nel capoluogo di tale regione e non della s.s.i. del Tribunale di Genova, nel cui distretto ricade Massa; cfr. Motto, A., Gli interventi legislativi sulla giustizia civile del 2011 e 2012, in Nuove leggi civ., 2012, 605.
9 Anche per l’ipotesi in esame la nuova disciplina diverge da quella previgente delle s.s.p.i.i., in particolare per il Tribunale di Catania, che non attrarrà più le controversie relative ad altri distretti.
10 La disposizione sulla connessione di cui all’art. 1 d.lgs. n. 5/2003 è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega da C. cost., 12.3.2008, n. 78: la disposizione è anche riprodotta nell’art. 134 c.p.i. (d.lgs. 10.2.2005, n. 30), il quale, nell’individuare le materie di pertinenza delle s.s.p.i.i., precisa «quivi comprese quelle che presentano ragioni di connessione anche impropria».
11 Sulla non limpida portata della disposizione in esame, cfr. Motto, A., op. cit., 604, nonché Prima glossa, cit., 3117, Celentano, P., Il commento, in Società, 2012, 822.
12 Il nuovo testo dell’art. 3 del d.lgs. n. 168/2003 introdotto dal d.l. n. 1/2012, non toccato in parte qua in sede di conversione, ha eliminato la sovrapposizione derivante dalla coesistenza della originaria elencazione di cui all’art. 3 d.lgs. n. 168/2003 con la successiva formulazione di cui all’art. 134 c.p.i., disponendo (co. 1, lett. a, b) che le s.s.i. sono competenti in materia di «controversie di cui all’art. 134 del d.lgs. n. 30/2005» e di «controversie in materia di diritto d’autore». La versione novellata non menziona le controversie in materia di concorrenza sleale interferente sull’esercizio dei diritti di autore, di per sé estranee alla elencazione ex art.134 c.p.i.: sulle conseguenze «irragionevoli» di una interpretazione letterale del nuovo testo (che comporterebbe una riduzione delle materie affidate alle sezioni specializzate in contrasto con l’intera ratio della nuova disciplina) cfr. Prima glossa, cit., 3110.
13 L’art. 3 d.lgs. n. 168/2003, co. 1, lett. c) e d), come modificato a seguito della conversione del d.l. n. 1/2012, ricomprende tra le controversie affidate alle sezioni specializzate sia quelle di cui all’art. 33 della legge nazionale antitrust 10.10.1990, n. 287 sia quelle relative alla violazione della normativa antitrust europea, fino ad oggi suddivise tra le corti d’appello (ex art. 33 n. 287/1990), le s.s.p.i.i. (ex art. 134 c.p.i., in riferimento alle violazioni di entrambe le normative, nazionale e comunitaria, in quanto afferenti all’esercizio dei diritti di proprietà industriale), e gli uffici giudiziari di primo grado (giudici di pace e tribunali, per quanto riguarda la violazione della normativa comunitaria), cfr. Prima glossa, cit., 3110, Tavassi, M., Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, in Corr. giur., 2012, 1120, ove anche cenni critici sulla mancata menzione, in sede di conversione, di altre controversie per le quali sarebbe stata opportuna la concentrazione di competenza presso le «nuove» s.s.i., in primis le controversie in tema di concorrenza sleale c.d. «pura», vale a dire neppure indirettamente interferente con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale.
14 Per una dettagliata analisi della affastellata terminologia normativa cfr. Prima glossa, cit., 3111.
15 Cfr. sul tema C. cost., 6.7 2004, n. 204 nonché l’art. 244 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12.4.2006, n. 163), oggi recante rinvio alle norme del codice del processo amministrativo (all. 1 d.lgs. 2.7.2010, n. 104, art. 133, lett. e).
16 Art. 3, co. 16, d.lgs. n. 163/2006: «I contratti ‘di rilevanza comunitaria’ sono i contratti pubblici il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto è pari o superiore alle soglie di cui agli articoli 28, 32, comma 1, lettere e), 91, 99, 196, 215, 235, e che non rientrino nel novero dei contratti esclusi».
17 Come è noto, si tratta di procedimenti nei quali il tribunale, non decide su diritti ma emana, su ricorso degli interessati, provvedimenti destinati a integrare la fattispecie normativa (cfr. i casi di designazione di esperto, di nomina di rappresentante comune, di iscrizione nel registro delle imprese di deliberazioni assembleari ex art. 2436, co. 4, c.c., di approvazione della deliberazione assembleare di revoca per giusta causa dei sindaci ex art. 2400, co. 2, c.c.), a supplire l’inerzia degli obbligati (cfr. i casi di riduzione obbligatoria del capitale, di convocazione di assemblea su richiesta dei soci, di iscrizione della causa di scioglimento e di nomina di liquidatore), a rimuovere gravi e dannose irregolarità gestorie ex art. 2409 c.c.
18 Previsione questa foriera di spinose questioni di competenza, la nozione di direzione e coordinamento essendo ancorata a criteri di fatto e definita solo in via presuntiva dall’art. 2497 sexies c.c., tra l’altro in riferimento alla nozione di controllo, anch’essa disegnata in termini di rapporti di fatto dall’art. 2359 c.c.
19 Cfr. Cass., 22.11.2011, n. 24656; per gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sulle s.s.p.i.i. cfr. Prima glossa, cit., 3109; sulle nuove s.s.i., cfr., in senso contrario a quanto qui sostenuto, Tavassi, M., op.cit., 1118; Celentano, P., op. cit., 284.
20 La soluzione organizzativa delle due s.s.i. è stata adottata dal Presidente del Tribunale di Milano nei provvedimenti del 9 e del 13 luglio 2012, basati su di una approfondita analisi statistica dei flussi dei procedimenti.
21 Secondo l’espressa previsione dell’ultimo periodo del novellato co. 1-bis dell’art. 1 del d.lgs. n. 168/2003 «L’istituzione delle sezioni specializzate non comporta incrementi di dotazioni organiche».
22 La citazione è da Costantino, G., Economia e processo. Contributo alla definizione delle regole processuali nei conflitti economici, in Riflessioni, cit., 442.
23 Sui temi qui solo accennati rimando ai miei Interventi pubblicati in Primo Rapporto sulla Giustizia civile in Italia, a cura del Centro Studi dell’Avvocatura civile italiana, Roma, 2012, e in La crisi della giustizia civile in Italia: che fare?, a cura del Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, Milano, 2009.