Il tribunale delle imprese e le sue competenze
A distanza di alcuni anni dalla costituzione del cd. tribunale delle imprese, la giurisprudenza e la dottrina sono impegnate in una opera di precisazione dei contorni delle competenze demandate alle sezioni specializzate, oggi divenute quasi un modello di organizzazione del sistema giustizia. In particolare, gli aspetti maggiormente problematici, che sono analizzati nel presente scritto, investono due profili: il primo riguarda il rapporto tra sezione specializzata in materia di impresa e tribunale presso il quale essa è istituita; il secondo l’individuazione del perimetro della competenza per materia (in particolare, in ambito societario) delle sezioni medesime.
L’art. 2 d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla l. 24.3.2012, n. 27, sotto la rubrica Tribunale delle imprese1, ha istituito la nuova figura delle sezioni specializzate in materia di impresa, innestando la relativa disciplina sulle preesistenti sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, di cui al d.lgs. 27.6.2003, n. 168 che oggi risulta completamente riformulato.
Alle neocostituite sezioni specializzate – che, ai sensi dell’art. 50 bis, n. 3, c.p.c., giudicano in composizione collegiale2 – è stata attribuita una competenza per materia che interessa una serie di cause e procedimenti che riguardano, in estrema sintesi, la materia industriale, la violazione della disciplina della concorrenza dell’Unione europea, i rapporti societari, le controversie in materia di appalti pubblici, forniture e servizi di rilevanza comunitaria e, infine, le cause ed i procedimenti che presentino ragioni di connessione con i richiamati gruppi di materie.
La costituzione delle sezioni specializzate ha avuto il dichiarato obiettivo – mediante la costituzione di un giudice specializzato in materia di impresa, attraverso la concentrazione delle cause presso un numero ridotto di uffici giudiziari – di ridurre i tempi di definizione delle controversie in cui è parte una società di medio/grandi dimensioni, aumentando la competitività sul mercato3. In altre parole, il legislatore ha ritenuto che, con riferimento a controversie particolarmente complesse afferenti a settori sensibili ove è maggiormente avvertita la necessità che il giudice sia dotato di competenze specialistiche non solo giuridiche, ma anche economiche e finanziarie, l’obiettivo della riduzione dei tempi della risposta giudiziaria fosse percorribile attraverso, da un lato, la concentrazione delle controversie stesse in un numero limitato di sedi giudiziarie e, dall’altro, attraverso la specializzazione del giudice.
Ora, se la specializzazione del giudice è stata predicata attraverso il precetto secondo il quale i giudici che compongono le sezioni sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze e la tendenziale esclusività della cognizione limitata alle materie espressamente individuate nella nuova normativa4, con riguardo al profilo della concentrazione, tale obiettivo è stato raggiunto, dalla riforma del 2012, esclusivamente con riferimento alle materie del diritto societario e degli appalti pubblici. Infatti, l’art. 1 prevede che le nuove sezioni specializzate sono istituite presso i tribunali e le corti d’appello di Bari, Brescia, Bologna, Bolzano, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia e presso i tribunali e le corti d’appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove non esistenti nelle città appena menzionate. Il numero di uffici giudiziari destinati a trattare le materie del diritto societario e degli appalti pubblici di rilevanza comunitaria è stato, dunque, sensibilmente ridotto.
Al contrario, con riferimento alla materia del diritto industriale, la riforma aveva comportato un (paradossale) ampliamento del numero di uffici competenti, in quanto il testo originario del d.lgs. n. 168/2003 attribuiva la competenza in tale materia alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituite soltanto in 12 tribunali ed in 12 corti d’appello della Repubblica.
Tuttavia, recentemente, il legislatore ha, almeno parzialmente, invertito la rotta. L’art. 18 d.lgs. 19.1.2017, n. 3 ha modificato l’art. 4 d.lgs. n. 168/2003 (inserendovi il co. 1-ter), concentrando la competenza per le violazioni della disciplina della concorrenza previste dal decreto in esame presso tre sole sezioni specializzate in materia di impresa. In particolare, è stato stabilito che sono di competenza dei Tribunali delle imprese di Milano, di Roma e di Napoli le azioni di nullità e di risarcimento del danno, i ricorsi per ottenere provvedimenti di urgenza per violazione della disciplina della concorrenza prevista dalla l. 10.10.1990, n. 287 nonché le controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione europea, anche in caso di controversie in cui è parte una società con sede all’estero. La recente modifica normativa opera un certo disallineamento all’interno delle materie previste dal co. 1 dell’art. 3 in quanto le controversie di cui alle lett. a) e b) (precisamente, le controversie di cui all’art. 134 d.lgs. 10.2.2005, n. 30 e le controversie in materia di diritto d’autore e di diritti connessi al diritto d’autore) restano assoggettate alla competenza delle sezioni specializzate indicate all’art. 1. Comunque, al di là della segnalata incongruenza, può certamente affermarsi che le sezioni in argomento hanno una competenza territoriale più ampia rispetto a quella degli uffici giudiziari presso cui sono incardinate e che, dunque, l’obiettivo della concentrazione sia stato raggiunto.
A distanza di alcuni anni dalla costituzione del tribunale delle imprese, la giurisprudenza e la dottrina sono impegnate in una opera di precisazione dei contorni delle competenze demandate alle sezioni specializzate. In particolare, gli aspetti maggiormente problematici riguardano, da un lato, il rapporto tra sezione specializzata e tribunale presso il quale essa è istituita e, dall’altro, l’individuazione del perimetro della competenza per materia delle sezioni medesime. Con riguardo al primo profilo menzionato, l’art. 4 d.lgs. n. 16872003 si limita a stabilire che le controversie, indicate nell’art. 3, che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione individuato ai sensi dell’art. 1, mentre alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d’appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d’appello. Non appare revocabile in dubbio che il rapporto tra il tribunale presso il quale è istituita le sezione specializzata e quello nel cui ambito tali sezioni non sono istituite involge, in senso proprio, una questione di competenza, con la conseguenza: che il tribunale, ove non è istituita una sezione specializzata, erroneamente investito di causa avente per oggetto una delle materie sopra indicate dovrà certamente declinare la propria competenza in favore del tribunale ove la sezione specializzata è invece istituita; inversamente, che il tribunale ove la sezione è istituita, erroneamente investito di controversia esulante dalle materie in questione, dovrà adottare provvedimento di segno analogo in favore del tribunale competente secondo le regole ordinarie.
Diverso, e più problematico, il caso in cui una controversia, avente per oggetto una materia di competenza delle sezioni specializzate, venga proposta dinanzi al tribunale ordinario (senza alcuna ulteriore precisazione) presso cui sia istituita la sezione specializzata medesima e non già direttamente dinanzi a quest’ultima.
Il legislatore non ha, infatti, esplicitamente chiarito se le sezioni specializzate siano da ricondurre a mere suddivisioni interne del medesimo ufficio giudiziario o vadano qualificate, assumendone la relativa natura, come uffici giudiziari autonomi, così che la giurisprudenza oscilla tra l’una e l’altra delle due soluzioni astrattamente possibili.
E va da sé che l’accoglimento dell’una o dell’altra ricostruzione non è scevra di conseguenze pratiche. Infatti, ove si aderisca al secondo orientamento, il giudice non correttamente investito dovrà formalmente declinare la propria competenza con provvedimento impugnabile con regolamento di competenza e le parti dovranno provvedere alla riassunzione del giudizio dinanzi al (medesimo) tribunale nella corretta composizione.
Al contrario, secondo la diversa ricostruzione accennata, la non corretta individuazione della sezione (specializzata o meno) all’interno del medesimo tribunale non avrebbe altra conseguenza che la necessità, da parte del giudice, di sollecitare un provvedimento del presidente di riassegnazione della medesima e la regolarizzazione degli atti sotto il profilo fiscale. Sotto altro profilo, con riferimento alla competenza per materia, l’art. 3 d.lgs. n. 168/2003 prevede che siano attribuite alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa una serie di controversie, indicate in una sorta di catalogo, che possono ricondursi alle materie del diritto industriale, del diritto antitrust, del diritto societario e degli appalti pubblici di rilevanza comunitaria. L’ampiezza delle materie indicate e l’incertezza dei confini di esse hanno imposto alla giurisprudenza ed alla dottrina una opera di approfondimento che sarà analizzata nei successivi paragrafi.
Iniziando l’esame dalla prima delle questioni prospettate5, conviene soffermarsi ad esaminare partitamente le due opposte visioni del problema.
Un primo orientamento, già formatosi con riferimento alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e, anche recentemente, ripreso da una parte della giurisprudenza di legittimità6 e di merito7 e dalla dottrina8 rileva come il legislatore – nell’intitolare le rubriche degli artt. 3 e 4 d.lgs. n. 168/2003 e nel precisare nel successivo art. 5 le competenze del presidente della sezione – abbia inteso, sia pure implicitamente attraverso il richiamo al concetto di competenza, sottolineare l’autonomia della sezione.
In questo ordine di concetti, si evidenzia, da una parte, che il legislatore, qualificando espressamente come specializzate le sezioni in questione, utilizza il medesimo aggettivo indicato dall’art. 102, co. 2, Cost. e, dall’altra, che sussisterebbe un naturale parallelismo tra le sezioni in materia di impresa e le sezioni specializzate agrarie delle quali non si è mai dubitato del carattere di autonomia. Ancora, proprio il richiamo all’art. 102 Cost. consentirebbe di ritenere che possano essere costituite sezioni specializzate (autonome rispetto all’ufficio territoriale) anche, ma non necessariamente, con la partecipazione di cittadini idonei estranei all’ordine giudiziario. Si sottolinea poi la volontà del legislatore di affidare la gestione e la decisione di queste controversie a giudici dotati di particolare competenza in materia9 e che, ragionando diversamente, si verificherebbe una vera e propria asimmetria del sistema in quanto la natura del rimedio muterebbe a seconda che la pronuncia di declinatoria di competenza sia emessa dal giudice ordinario, a favore della sezione specializzata in materia di impresa, nell’ambito di un tribunale presso il cui distretto non è dislocata alcuna sezione specializzata, ovvero in un tribunale nel cui distretto tale sezione sia invece istituita, con la conseguenza che, in tale secondo caso, si verterebbe in un’ipotesi di ripartizione di affari all’interno di un unico ufficio e nell’altro di questione proponibile con il rimedio del regolamento di competenza10.
Il descritto orientamento giurisprudenziale è stato, tuttavia, contrastato dalla più recente giurisprudenza di legittimità11, seguita anche da gran parte della giurisprudenza di merito12 e della dottrina13, la quale è pervenuta alla diversa conclusione che la ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio.
In tali casi, la dialettica tra sezioni specializzate e sezioni ordinarie non involge un errore nell’individuazione dell’ufficio giudiziario e, quindi, la necessità di una ricollocazione territoriale della controversia.
Tale orientamento – che appare preferibile – richiama espressamente i principi affermati in materia di rapporti tra sezioni ordinarie del tribunale e le relative sezioni lavoro e fallimentare le quali costituiscono espressione dell’organizzazione interna dell’ufficio: e ciò nonostante l’art. 413 c.p.c. attribuisca al tribunale in funzione di giudice del lavoro la competenza a decidere sui rapporti di cui all’art. 409 c.p.c. e che l’art. 24 r.d. 16.3.1942, n. 267 stabilisca la competenza del tribunale che ha dichiarato il fallimento a decidere di tutte le controversie che derivano dal fallimento. Quanto poi al descritto parallelismo con le sezioni specializzate agrarie è stato correttamente osservato che queste ultime includono anche membri laici non togati – magistrati onorari altrimenti estranei al normale apparato organizzativo del tribunale – forniti di specifica qualificazione tecnica ritenuta normativamente necessaria all’integrazione delle cognizioni e del patrimonio culturale dell’organo, mentre la sezione specializzata in materia di impresa opera solo con membri togati, scelti attraverso procedure interne di selezione riguardanti il solo ufficio di tribunale o di corte interessato, sia pure avendo riguardo alla specifica competenza nella materia da trattare. D’altra parte, nel sollecitare che i magistrati addetti alle sezioni specializzate in materia di impresa siano scelti tra quelli dotati di specifica competenza (art. 2), il legislatore non ha elevato tale criterio a presupposto di valida costituzione dell’organo giurisdizionale, prospettando soltanto un criterio attitudinale preferenziale da seguire in sede di selezione dei magistrati aspiranti. Proprio tale ultima considerazione rende manifesta l’impossibilità di predicare un accostamento tra sezioni specializzate in materia di impresa e sezioni agrarie. Un ulteriore rilievo, di particolare spessore, al fine di escludere l’autonomia delle sezioni specializzate è costituito dalla circostanza che a tali sezioni possa essere assegnata anche la trattazione di procedimenti relativi a materie diverse da quelle previste dal “novellato” art. 3, co. 1, del d.lgs. n. 168/2003, sempre che ciò non comporti ritardo nella trattazione e nella decisione dei giudizi prioritariamente assegnati al tribunale delle imprese. Tale argomento risulta di non poca consistenza, in quanto, sulla base di tale normativa, le sezioni specializzate possono essere sezioni miste in cui vengono trattate sia materie riguardanti la competenza esclusiva che cause ordinarie rientranti nella normale sfera di competenza del tribunale. Ciò dimostra che la competenza specializzata resta comunque inserita nell’ambito dell’articolazione dell’ufficio giudiziario e non implica una competenza separata.
Né, d’altra parte, andrebbe sopravvalutato l’utilizzo, da parte del legislatore, del termine “competenza”, che sembra volto più a definire il perimetro delle materie devolute alla cognizione della sezione che ad individuare uno specifico ufficio giudiziario o la sua articolazione.
In questo ordine di concetti, invero, appare un vero e proprio artifizio concettuale ritenere che possa sussistere una questione di competenza in senso tecnico in una causa introdotta (erroneamente) dinanzi al tribunale (senza ulteriore specificazione nell’atto introduttivo) nell’ambito del quale sia presente la sezione specializzata effettivamente competente a conoscere quella controversia.
Ancora, come osservato da altra giurisprudenza di merito14, la formale dichiarazione di incompetenza, ancorché eventualmente adottata con ordinanza, comporterebbe un irragionevole appesantimento processuale, con necessità di riassunzione della causa, senza che ciò costituisca per alcuna delle parti una maggiore garanzia o tutela. Quanto poi al diritto soggettivo processuale delle parti a che la decisione sia affidata al giudice specializzato e non ad altri organi giudiziaria, la riassegnazione della controversia ad opera del presidente del tribunale appare pienamente idonea a offrire garanzia ed attuazione a quel diritto. In definitiva, appare preferibile considerare la sezione specializzata quale articolazione interna al tribunale presso il quale la stessa è, per legge, istituita15. Trattandosi di una questione afferente alla distribuzione interna degli uffici, le parti non potrebbero reagire all’erronea attribuzione della controversia mediante la proposizione di una eccezione di competenza, ma potrebbero sollecitare il potere-dovere ufficioso dei giudici e del capo dell’ufficio di rispettare le previsioni tabellari e, dunque, appunto quella distribuzione degli affari che si assume violata. Conseguentemente, in caso di erronea assegnazione della causa ad una sezione il giudice dovrà limitarsi a trasmettere gli atti al presidente del tribunale perché questi provveda alla corretta riassegnazione del fascicolo senza emettere un provvedimento a contenuto decisorio della controversia.
Come già evidenziato, l’art. 3 d.lgs. n. 168/2003 si limita ad indicare una sorta di catalogo di materie demandate alla competenza delle sezioni specializzate che la giurisprudenza si è impegnata a definire nei suoi contorni essenziali. In particolare, sono stati oggetto di recenti approfondimenti i concetti inerenti ai rapporti societari, al trasferimento delle partecipazioni sociali ed alla concorrenza sleali: su tale operazione ermeneutica occorrerà ora soffermarsi.
Il legislatore non ha inteso chiarire il concetto di rapporti societari16, limitandosi a fornire un elenco esemplificativo delle fattispecie che vi rientrano. È stata però richiamata una locuzione, quella di rapporti societari appunto, già utilizzata per definire l’ambito applicativo del cd. processo societario (d.lgs. 5.1.2003, n. 5, oggi abrogato).
L’identità terminologica consente di affermare la sostanziale replicabilità dell’elaborazione intervenuta in sede di interpretazione di quella norma al fine di definire le controversie devolute alla cognizione della sezione specializzata17. Ciò posto, vigente il precedente normativo, era diffuso il convincimento che la lata estensione dei rapporti societari cui all’art. 1 d.lgs. n. 5/2003 comportasse l’applicazione del rito speciale a tutte le controversie che traevano origine e fondamento dal contratto di società, ovvero a quelle in cui venivano in considerazione rapporti tra i soci, tra i soci ed organi sociali e, più in generale, alle controversie endosocietarie, attinenti ai rapporti interni e al funzionamento dell’organismo societario18.
Anche con riferimento alla competenza delle sezioni specializzate, rimane corretto affermare che sia stata utilizzata una formula volutamente onnicomprensiva che abbraccia l’intero perimetro dei rapporti “di società”. Come è stato efficacemente affermato, «l’ampia portata semantica della locuzione “rapporti societari” (e lo scopo illustrativo e pedagogico, non già inventariale, della lista di rapporti che vi si devono comprendere, nonché l’estensione delle materie ivi censite) induce a reputare rientranti nell’ambito della competenza “societaria” delle sezioni specializzate in materia d’impresa tutti i giudizi che si connettono allo svolgimento del rapporto sociale, che si coordinano cioè alla vicenda corporativa nei suoi segmenti costitutivi, attuativi e conclusivi»19. In questo ordine di concetti, vi rientrano tutti i rapporti attraverso i quali il contratto di società si esprime o che dal contratto di società derivano e al contratto sociale sono funzionali: i rapporti fra i soci, la società e gli organi sociali, come quelli concernenti i modi di partecipazione dei soci all’operazione economica e, dunque, gli istituti di voice e di exit; i rapporti tra gli organi sociali e la società, compresi quelli relativi ai compensi degli organi sociali20. Nella prospettiva delineata, i diritti che derivano dalla partecipazione sociale sono, a tutti gli effetti, “rapporti societari”.
Vi rientrano, altresì, i rapporti sorti in vista dell’instaurazione di un rapporto societario pur se questo non è mai venuto in essere21.
D’altra parte, una interpretazione ampia della locuzione “rapporti sociali” è imposta anche dall’esame della ratio sottesa alla istituzione delle sezioni specializzate e, precisamente, quella di fare di queste il polo d’attrazione di tutti gli affari giudiziari che coinvolgono le società, anche estere, di capitali o cooperative non in ragione dell’attività d’impresa da loro svolta, ma in ragione della loro organizzazione, cioè, in sintesi, di tutti gli affari la cui trattazione implica necessariamente la risoluzione di, più o meno complesse, questioni di diritto societario22.
Anzi, una parte della dottrina è andata anche oltre, rilevando come non possa limitarsi la competenza esclusivamente in relazione alla causa petendi ed al petitum, dovendosi estendere anche ad ogni fattispecie nella quale rilevi l’accertamento dell’esistenza o inesistenza del rapporto incidenter tantum, ovvero dove l’oggetto della domanda è indirettamente influenzato dalla soluzione di questioni societarie. In altre parole, anche quando il rapporto societario ha carattere pregiudiziale rispetto al petitum o alla causa petendi, esso è da ricomprendere nelle previsioni di legge23.
Una concezione “ampia” e, si dovrebbe dire, “onnicomprensiva” del concetto di “rapporti societari” si è affacciata poi nella giurisprudenza di legittimità ove è stato, anche di recente24, affermato che la distinzione tra controversie che riguardano gli atti dell’amministratore nell’espletamento della funzione di gestione della società e controversie tra la società ed il suo amministratore inerenti ai diritti scaturenti dal rapporto tra di essi intercorrente, si mostri non rilevante ai fini della interpretazione dell’ampia previsione della nuova norma processuale dell’art. 3 sopra richiamato. Al contrario, il riferimento ai “rapporti societari” è idoneo a includere nella competenza per materia attribuita alle sezioni specializzate tutte le controversie tra la società ed i suoi amministratori trovando una simile conclusione riscontro – prima ancora che nella ratio della norma – nella sua formulazione testuale, che, se da un lato, espone un criterio di individuazione generale fornito dalla espressione “rapporti societari”, che si ritiene riferibile alle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, dall’altro, con l’espressione “ivi comprese”, aggiunge l’indicazione di alcune controversie incluse in tale ampio ambito25.
Non può in questa sede darsi conto dell’intera casistica maturata, successivamente alla creazione delle sezioni specializzate, con riferimento ai “rapporti societari”. Non ci si può esimere dall’osservare, tuttavia, che devono essere ricondotte alla competenza specializzate le controversie inerenti il compenso degli amministratori o dei liquidatori26 e dei sindaci27. In passato, la controversia relativa al compenso spettante ai componenti di detti organi era stata esclusa dalla competenza del tribunale delle imprese poiché avente ad oggetto il rapporto di lavoro, eventualmente parasubordinato, o di opera professionale tra detto soggetto e la società28: tuttavia, oggi, non dovrebbero esservi più dubbi in merito alla non predicabilità di un rapporto di lavoro tra società ed amministratori avendo le Sezioni Unite affermato che l’amministratore di società è legato da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell’art. 409 c.p.c.29
Ancora, sono sussumibili alla competenza del tribunale delle imprese le controversie aventi ad oggetto la revoca dalla carica di amministratori30; il risarcimento del danno dovuto all’amministratore revocato dalla carica senza giusta causa31; l’accertamento e la dichiarazione di simulazione assoluta e, in subordine, di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di costituzione in fondo patrimoniale di un immobile da parte di amministratori nei cui riguardi la società aveva esercitato azione di responsabilità32; l’accertamento della legittimità di una determina adottata dal liquidatore di una società per richiedere al socio versamenti ancora dovuti33.
Peraltro, la competenza delle sezioni specializzate si estende anche a quelle controversie in cui viene in rilievo una non più attuale permanenza del rapporto societario – vuoi in relazione ad un singolo socio, vuoi con riguardo all’intera società – purché aventi ad oggetto una disputa sul modo di essere delle situazioni giuridiche soggettive conseguenti al venire meno di quel rapporto34.
Nell’ottica di una applicazione estensiva, non del tutto convincente, invece, appare l’affermazione secondo la quale è competente il tribunale ordinario sulle controversie relative alla trasformazione di società di persone in società di capitali qualora la trasformazione debba ancora essere compiuta35 proprio perché la società di capitali costituisce l’esito dell’operazione riguardata nel suo complesso.
Recente giurisprudenza di legittimità e di merito ha anche avuto occasione di soffermarsi sul corretto ambito applicativo della norma di cui alla lett. b) dell’art. 3 – che utilizza la medesima formula di cui all’art. 1, lett. b), d.lgs. n. 5/2003 – la quale prevede la competenza della sezione specializzata per le cause ed i procedimenti «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti».
Nell’esegesi della norma è sorto il dubbio se siano devolute al tribunale delle imprese tutte le cause aventi ad oggetto, anche indirettamente, un trasferimento di partecipazioni sociali ovvero se, ai fini della attribuzione, fosse necessario che la controversia vertesse su profili afferenti all’atto dispositivo e non già solo al suo oggetto. In altre parole, si poneva il problema di stabilire se la competenza delle sezioni specializzate includesse anche le azioni di cui il negozio avente ad oggetto partecipazioni sociali o diritti inerenti a partecipazioni sociali non costituisce né il petitum né la causa petendi, se non indirettamente36.
Infatti, la categoria dei procedimenti «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti» è tanto ampia da risultare idonea a comprendere anche procedimenti che ben poco potrebbero avere a che fare con la materia societaria, come quello avente ad oggetto l’azione di divisione giudiziale di un patrimonio nel quale vi sia una partecipazione sociale ovvero una impugnativa di un testamento ovvero ancora una causa relativa ad una donazione che non abbiano diretta attinenza con la partecipazione che di quella divisione, di quel testamento o di quella donazione costituisce soltanto l’oggetto: tuttavia, qui è il centro del problema, la formula legislativa («ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali») sembra indicare la competenza delle sezioni specializzate proprio in ragione di quell’oggetto e non già del “contenitore” utilizzato per il trasferimento della partecipazione37. È stata, dunque, avvertita la necessità di una interpretazione bilanciata della norma in quanto, altrimenti, si assisterebbe ad una eccessiva espansione della competenza delle sezioni specializzate in materia d’impresa. Tale strada, tuttavia, alla luce dell’ampio disposto normativo, appare difficilmente percorribile.
Secondo una ipotesi interpretativa, chiaramente restrittiva che sembra ispirare una recentissima decisione della Suprema Corte38, la competenza delle sezioni specializzate sarebbe limitata, in caso di negozi tra vivi di trasferimento delle partecipazioni sociali, alle sole cause il cui oggetto incide effettivamente sulla composizione della società, e quindi, ad esempio, ai casi in cui si impugna il negozio traslativo per fare valere o ottenere la caducazione dei suoi effetti, ciò comportando l’accertamento della persistenza della preventiva composizione della compagine societaria (es. nullità, simulazione, risoluzione di un negozio di cessione di partecipazioni sociali); dovrebbe, al contrario, escludersi la competenza delle sezioni specializzate laddove invece si discuta del medesimo negozio, ma senza una diretta incidenza sulla compagine sociale (es. azione di adempimento del pagamento del prezzo di una vendita di partecipazioni). Tale opzione interpretativa, tuttavia, introduce un criterio discretivo (incidenza della risoluzione della controversia all’interno dell’organizzazione societaria) che la norma non prende a presupposto per l’attribuzione della controversia alle sezioni specializzate e porta ad escludere tutte le cause di adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto traslativo di partecipazioni sociali che erano pacificamente soggette al rito societario.
Peraltro, vi sono azioni che, pur non incidendo direttamente sulla composizione della società, appaiono certamente rientrare nella competenza delle sezioni specializzate. Si pensi, ad esempio, alla causa in cui l’acquirente di una partecipazione sociale intenda far valere eventuali clausole di garanzia in ordine alla consistenza patrimoniale della partecipazione stessa. In tale ipotesi, la controversia – ove non destinata ad ottenere la risoluzione del contratto, ma eventualmente il risarcimento del danno – non ha un diretto riflesso sulla composizione della società, rimanendo il rapporto giuridico confinato tra le parti del negozio traslativo delle quote e restando la società (ed il suo assetto organizzativo) sullo sfondo: tuttavia, non appare errato considerare come proprio tali controversie rispondono maggiormente alla ratio dell’istituzione del tribunale delle imprese in quanto, proprio in esse, si avverte la necessità di una maggiore specializzazione del giudice e di una maggiore celerità della risposta giudiziaria che costituiscono, come è noto, i presupposti ideali dell’introduzione della nuova normativa.
Conseguentemente deve ritenersi preferibile l’orientamento secondo il quale la competenza delle sezioni specializzate sussisterebbe in tutti i casi in cui l’oggetto della domanda è un diritto derivante da un negozio avente ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali.
L’esattezza degli esposti rilievi trova conferma nel dato testuale della norma. È stato, infatti, affermato39 che, nella lett. b), sono individuate come oggetto dell’attribuzione di competenza le controversie concernenti il trasferimento delle partecipazioni sociali o quelle concernenti ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali. Quindi con la disgiuntiva «o» si fa riferimento ai «diritti inerenti». La previsione delle prime due tipologie di controversie è fatta anch’essa con l’uso della disgiuntiva «o». Ne segue che l’ulteriore disgiuntiva «o» che precede il riferimento alle controversie relative ai diritti inerenti si presta ad essere intesa non già nel senso che il legislatore abbia voluto riferirsi ai diritti inerenti le sole partecipazioni sociali (cioè i diritti del socio discendenti dalla partecipazione sociale), bensì nel senso che tali diritti siano quelli nascenti dalle due ipotesi contemplate prima, cioè dal trasferimento delle partecipazioni sociali, id est dai relativi negozi di trasferimento, e da ogni altro negozio avente ad oggetto comunque le partecipazioni sociali.
Opinare diversamente, interpretando il concetto di «diritti inerenti» esclusivamente con riferimento ai diritti del socio connessi alla partecipazione sociale, sarebbe contrario all’esegesi complessiva dell’art. 3 in quanto si porrebbe in contraddizione con il fatto che le controversie inerenti i diritti di cd. partecipazione del socio sono comunque già previste dalla lett. a), che parla di cause e procedimenti relativi a «rapporti societari» e si presta a comprendere anche il rapporto fra socio e società riguardo ai diritti nascenti dalla partecipazione sociale. Una simile interpretazione della lett. b) svuoterebbe questa parte della disposizione di qualsiasi contenuto realmente precettivo. La stessa espressione cause relative «a ogni altro negozio avente ad oggetto comunque le partecipazioni sociali» risulta talmente generica da non poter essere intesa come limitata alle controversie sulla validità e efficacia del negozio: l’espressione «relativi» quanto alle cause ed ai procedimenti è così lata che richiede solo che la controversia abbia un collegamento con il negozio.
In questa prospettiva, sono state ritenute soggette alla competenza delle sezioni specializzate le controversie aventi ad oggetto il credito per il corrispettivo della cessione di una partecipazione sociale che sia stato ceduto dal creditore ad un terzo40; l’acquisto di una partecipazione sociale mediante cessione di crediti pro solvendo41; l’accertamento della simulazione della cessione delle quote sociali funzionale alla azione di riduzione42; la nullità del testamento che aveva disposto di una partecipazione sociale in favore di un soggetto e la simulazione del successivo trasferimento della partecipazione a un terzo43; la risoluzione di un contratto (patto di garanzia e manleva) stipulato tra cedente e cessionario, contestualmente alla stipula tra i medesimi di un (diverso e separato) atto di cessione di quote sociali di una società a responsabilità limitata44; l’accertamento della simulazione assoluta degli atti dispositivi, pur non aventi ad oggetto le quote sociali, in grado di incidere, anche in via indiretta, sull’organizzazione della società; la revocazione della donazione di una quota di società a responsabilità limitata per ingratitudine ex art. 801 c.c.45
Attraverso il richiamo all’art. 134 d.lgs n. 30/2005, l’art. 3 d.lgs. n. 168/2003 attrae alla competenza del tribunale delle imprese i procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale.
Nel corso del 2017, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, confermando l’orientamento maggioritario ma non pacifico, la nozione di concorrenza sleale interferente.
All’indomani dell’introduzione del d.lgs. n. 30/2005, si erano delineati due orientamenti, l’uno, estensivo, secondo il quale l’interferenza doveva essere valorizzata come incidenza, anche solo economica, sulla circolazione di beni oggetto di privativa46, l’altro, restrittivo, che ravvisava la competenza delle sezioni specializzate solo nel caso in cui accanto alla richiesta di accertamento e repressione delle condotte di concorrenza sleale fosse proposta autonoma domanda volta a salvaguardare i diritti di proprietà industriale o intellettuale47.
Tuttavia, come successivamente rilevato, il problema non era tanto quello di interpretare in senso restrittivo o estensivo la nozione di concorrenza, ma quello di delineare, con precisione e come criterio valutabile ex ante, il concetto di interferenza48 che costituisce una espressione atecnica che non trova riscontri nel codice di rito e, dunque, non può essere assimilata agli istituti della connessione e dell’accessorietà come dimostra la circostanza che, ove il legislatore avesse voluto fare riferimento ad istituti conosciuti dall’ordinamento processuale, non avrebbe avuto necessità di individuare un diverso criterio di attribuzione diretta della competenza49.
Così, è stato recentemente ribadito50 che la competenza delle sezioni specializzate deriva non già dal manifestarsi dell’interferenza con la proposizione di una azione reale a tutela di un diritto esclusivo, ma dall’esame dei fatti allegati e posti a fondamento della domanda di repressione della concorrenza sleale. Si ha, dunque, interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva. Al contrario, si ha concorrenza sleale “pura” quando la lesione dei diritti riservati non sia, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, tale da dover essere valutata, sia pure incidenter tantum, nella sua sussistenza e nel suo ambito di rilevanza.
In definitiva, la fattispecie di concorrenza sleale interferente con diritti di proprietà industriale non richiede il contemporaneo esercizio dell’azione risarcitoria del comportamento sleale con quello dell’accertamento di un diritto di privativa, ma soltanto che sussista un qualche “collegamento” tra la condotta lesiva e l’esistenza di un segno distintivo del soggetto leso.
Il tribunale delle imprese – fondato sui pilastri della concentrazione degli affari in taluni uffici giudiziari e della specializzazione del giudice – è divenuto oggi un modello di organizzazione del sistema giustizia.
Come è stato osservato51, la crescente complessità del sistema delle fonti del diritto ed al contempo dei fenomeni che il diritto mira a regolare, la proliferazione di discipline settoriali, gli effetti della cd. globalizzazione, la necessità che il sapere del giudice si apra anche a cognizioni diverse da quelle strettamente giuridiche (in particolare, economiche ed aziendalistiche) rende assolutamente necessaria la specializzazione del giudice e ciò al fine di offrire una risposta – non solo in termini di tempistica, ma anche di qualità e di prevedibilità della decisione – di giustizia efficiente ed efficace.
A tali esigenze il tribunale delle imprese ha dato una risposta che, pur tra molte incertezze, sembra andare nella giusta direzione52. La concentrazione di procedimenti relativi ad un numero limitato di materie presso un numero ristretto di uffici giudiziari, unitamente al “recupero” della collegialità della decisione, favorisce di per sé la elaborazione di orientamenti condivisi all’interno di ciascuna sezione specializzata e la circolazione, tanto rapida (grazie anche ai nuovi strumenti tecnologici) quanto efficace, degli orientamenti tra le diverse sezioni specializzate53. E non può certamente negarsi che ciò favorisca, a favore delle parti, anche la prevedibilità delle decisioni. Un ulteriore recente intervento legislativo ha interessato i rapporti tra ufficio del registro delle imprese, giudice del registro e tribunale delle imprese. Infatti, il d.lgs. 25.11.2016, n. 219 ha modificato l’art. 8 della l. 29.12.1993, n. 580 parametrando l’ufficio del registro delle imprese tenuto dalle camere di commercio e retto da un “conservatore unico” alla circoscrizione territoriale su cui ha competenza il tribunale delle imprese. Inoltre, per effetto della modifica normativa, è oggi previsto che l’ufficio del registro delle imprese provveda alla tenuta del registro sotto la vigilanza di uno o più giudici delegati (cd. giudici del registro) scelti tra i giudici assegnati alle sezioni specializzate in materia di impresa, e nominati dal presidente del tribunale competente per territorio e presso cui è istituita la sezione specializzata in materia di impresa, su indicazione del presidente della medesima sezione. Sebbene con riferimento al giudice del registro non possa parlarsi di attribuzione alle sezioni specializzate di una ulteriore competenza, limitandosi la riforma a predicare che i giudici del registro vadano individuati (esclusivamente) tra quelli assegnati alle predette sezioni, la modifica legislativa non appare di poco momento perché implica una ulteriore valorizzazione del tribunale delle imprese perseguendo il duplice obiettivo di una maggiore uniformità della giurisprudenza dei vari giudici del registro e della specializzazione di essi54.
La fiducia riposta dal legislatore in una siffatta metodologia di organizzazione degli uffici è stata, d’altra parte, recentemente confermata dalla istituzione55, presso i tribunali ordinari del luogo nel quale hanno sede le corti d’appello, delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. Tali sezioni replicano, in qualche modo, il modello organizzativo del tribunale delle imprese, in quanto – salvo per quanto attiene alla collegialità della decisione prevista solo in talune ipotesi (art. 3, co. 4 e 4-bis) – anche esse sono fondate sui principi della concentrazione delle competenze su determinate materie in taluni uffici giudiziari e della specializzazione del giudice. E non ci si può esimere dall’osservare come sia all’esame del legislatore la costituzione di sezioni specializzate in materia di famiglia.
Nondimeno, ai fini dell’effettivo raggiungimento degli scopi che il legislatore si era prefisso, appaiono indispensabili una intensa attività degli interpreti ed anche alcuni interventi normativi. Con riferimento a questi ultimi56, sarebbe, infatti, opportuno un ampliamento delle materie devolute alla cognizione del tribunale delle imprese con l’inserimento anche delle controversie in materia di concorrenza sleale, ancorché non interferenti con l’esercizio di diritti di proprietà industriale e intellettuale (così da evitare le incertezze di cui si è dato conto); delle controversie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa; delle azioni di classe; delle controversie in materia di società di persone; di tutti gli appalti pubblici57.
L’opera degli interpreti deve essere, invece, indirizzata verso la definitiva verifica della natura delle sezioni specializzate e verso una precisazione dei contorni delle materie. Con riferimento al primo aspetto, sebbene sembri in via di consolidamento l’orientamento, corretto, secondo il quale la ripartizione delle funzioni tra sezione ordinaria e sezione specializzata del medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, le attuali persistenti incertezze della giurisprudenza e della dottrina giustificano e, anzi, richiedono un tempestivo intervento delle Sezioni Unite. La precisazione del perimetro delle singole materie di competenza spetta, invece, in primo luogo, alla giurisprudenza di merito che dovrà ispirarsi alla volontà del legislatore di specializzare il giudice e di fare del tribunale delle imprese il polo d’attrazione di tutti gli affari giudiziari afferenti alle materie del diritto industriale, del diritto societario e degli appalti pubblici di rilevanza comunitaria.
In definitiva, l’istituzione del tribunale delle imprese segna un importante passo a favore di una migliore organizzazione degli uffici giudiziari: il completamento di tale programma è, però, rimesso alla coordinata attività del legislatore, della dottrina e della giurisprudenza.
1 Definita «ingannevole etichetta» da Celentano, P., Le sezioni specializzate in materia d’impresa, in Società, 2012, 812 e «suggestivo titolo» da Riva Crugnola, E., Il tribunale delle imprese, in Libro dell’anno del Diritto 2013, Roma, 2013, 520. In effetti, l’espressione «tribunale delle imprese» si rinviene soltanto nella rubrica dell’art. 2 d.l. n. 1/2012 come risultante dopo la legge di conversione e non trova riscontro alcuno nel testo normativo del d.lgs. n. 168/2003.
2 Ciò rende, in questa tipologia di cause, inammissibile il ricorso al procedimento sommario di cognizione in quanto l’art. 702 bis c.p.c. riserva tale opzione esclusivamente alle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica.
3 Così si esprime la relazione al d.l. n. 1/2012.
4 Secondo la nuova formulazione dell’art. 2, co. 2, d.lgs. n. 168/2003 ai giudici delle sezioni specializzate può essere assegnata anche la trattazione di processi diversi, purché ciò non comporti ritardo nella trattazione e decisione dei giudizi in materia di impresa. Tuttavia, a quanto consta, soltanto il Tribunale di Napoli non si è avvalso di tale facoltà con la conseguenza che la relativa sezione specializzata in materia di impresa è l’unica in Italia a trattare, in via esclusiva, le sole materie di cui all’art. 3 del citato d.lgs.
5 Tale problematica è già stata affrontata da Riva Crugnola, E., Il tribunale delle imprese, cit., 523.
6 Da ultimo, Cass., 27.10.2016, n. 21775; Cass., 24.7.2015, n. 15619; Cass., 9.7.2015, n. 14369. Tra le decisioni meno recenti, cfr., Cass., 14.6.2010, n. 14251; Cass., 25.9.2009, n. 20690.
7 Trib. Napoli, 31.52016, in Società, 2017, 93, con nota di Borriello, G.Guadagno, I., Rapporto tra sezione delle imprese e altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario; App. Firenze, 7.7.2016, in ilprocessocivile.it, con Focus di Romano, G., Questioni ancora aperte in tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa; Trib. Napoli, 22.3.2016, in Società, 2016, 900; App. Napoli, 20.2.2014, ivi, 2015, 63 con nota di Vettori, L., Il Tribunale delle imprese tra questioni di competenza e di specializzazione; Trib. Napoli, 22.3.2016, ivi, 2016, 900.
8 Baccaglini, L., Sezioni specializzate per l’impresa e competenza per materia, in Riv. dir. proc., 2016, 857 ss.; Graziosi, A., Dall’arbitrato societario al tribunale delle imprese, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 103 ss.; Tavassi, M., Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, in Corr. giur., 2012, 1115.
9 Sul punto, in particolare Baccaglini, L., op. cit., 864 (che riprende il pensiero già espresso da Graziosi, A., op. cit., 105), «le garanzie processuali delle parti, soprattutto quando attengono alla costituzione del giudice, non possono essere posposte ad esigenze organizzative e di distribuzione del lavoro, che sono comunque interne agli uffici giudiziari. La previsione legislativa di un corpo di giudici speciali per la risoluzione di controversie complesse, come quelle industrialistiche o societarie – per quanto mal attuata dal legislatore – crea nelle parti un vero e proprio diritto soggettivo processuale a che la decisione sia affidata a quei giudici e non ad altri organi giudiziari».
10 Su tale ultimo argomento, in particolare, Cass. n. 15619/2015, cit.
11 Cass., 22.3.2017, n. 7227; Cass., 19.5.2016, n. 10332; Cass., 27.10.2016, n. 21774. Ma si vedano, in particolare, Cass., 22.11.2011, n. 24656 che ha operato il revirement rispetto alla giurisprudenza precedente; Cass., 23.5.2014, n. 11448; Cass., 10.6.2014, n. 13025.
12 Trib. Milano, 7.7.2017, in giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Venezia, 19.1.2016, in IlCaso.it; Trib. Milano, 28.7.2015, ivi; Trib. Firenze, 16.7.2015, in Foro it., 2016, I, 721.
13 Giussani, A., L’attribuzione delle controversie industrialistiche alle sezioni per l’impresa, in Il processo industriale, a cura di A. Giussani, Torino, 2012, 5 ss.; Casaburi, G., Sezioni specializzate, sezioni ordinarie, cit., 57 ss.; Santagada, F., La competenza per connessione delle sezioni specializzate in materia di imprese, in Riv. dir. proc., 2014, 1361 ss.
14 Trib. Milano, 13.4.2010, in Riv. dir. ind., 2011, 231.
15 Così, Riva Crugnola, E., Il tribunale delle imprese, cit., 523, che evidenzia come tale soluzione fosse seguita anche dal C.S.M., il quale (delibera 11 luglio 2012) ha previsto la possibilità di soluzioni tabellari “elastiche” che spaziano dalla concentrazione presso un’unica sezione specializzata di tutte le materie interessate dalla riforma fino alla suddivisione delle stesse materie tra due sezioni, entrambe specializzate in materia di impresa, laddove i flussi numerici e le preesistenti soluzioni organizzative lo rendano opportuno.
16 Su tale concetto, da ultimo, Niccolini, G., A proposito di una massima imprecisa (con una breve chiosa critica e con qualche osservazione sulla competenza del tribunale delle imprese a conoscere delle controversie sul compenso di amministratori e liquidatori di società di capitali), in Riv. dir. impr., 2016, 276; Houben, M., Sulla competenza del tribunale delle imprese in materia di titoli obbligazionari, in Banca borsa, 2017, II, 364; Celentano, P., op. cit., 820.
17 In questo senso, richiamando il precedente normativo del rito societario, cfr., Trib. Massa, 4.4.2016, in Giur. it., 2016, 1412 con nota di Niccolini, G., Note minime a margine di un’ordinanza sulla competenza “societaria” del tribunale delle imprese.
18 Così, Dalmotto, E., Sub artt. 124, in Il nuovo diritto societario, a cura di G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso e P. Montalenti, Bologna, 2004, 2775.
19 Niccolini, G., A proposito di una massima imprecisa, cit., 272.
20 Così Sandulli, M., La competenza del tribunale delle imprese in materia societaria, in Nuovo dir. soc., 2013, fasc. 8, 16.
21 Sandulli, M., op. loc. ultt. citt., che menziona il caso del rimborso di quanto conferito in prospettiva della costituzione di una società.
22 In questo senso, Celentano, P., op. cit., 820.
23 Sandulli, M., op. cit., 15 il quale rileva come l’interpretazione ampia della norma sia imposta dal co. 3 dell’art. 3 laddove sono attratte alla competenza delle sezione specializzate anche le cause ed i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelle indicate ai commi precedenti.
24 Cass., 7.7.2016, n. 13956.
25 Oltre a Cass. n. 13956/2016, cit., si vedano Cass., 9.7.2015, n. 14369 e Cass., 11.2.2016, n. 2759; Trib. Roma, 8.5.2017, n. 8963, in forumiuris.it.
26 Cass. n. 13956/2016, cit.
27 Trib. Roma, 3.9.2015, in Società, 2016, 887, con nota di Fainelli, F., Compensi spettanti ai componenti di organi sociali: la competenza al Tribunale delle imprese.
28 In questo senso, Cass., 23.5.2014, n. 11448.
29 Cass., S.U., 20.1.2017, n. 1545, secondo la quale i compensi spettanti ai predetti soggetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dal quarto comma dell’art. 545 c.p.c.
30 Cass., 9.7.2015, n. 14369, in Foro it., 2015, I, 3876 con nota di Niccolini, G., Competenza del tribunale delle imprese sulle controversie tra amministratori e società.
31 Trib. Viterbo, 18.12.2015, inedita, menzionata da Niccolini, G., A proposito di una massima imprecisa, cit., 281.
32 Trib. Castrovillari, 13.10.2014, in IlCaso.it.
33 In quanto, trattandosi di decisione dell’organo gestorio che investe la struttura ed il funzionamento della società rientra nell’ambito del genus dei rapporti sociali. Così, Trib. Napoli, 18.10.2016, in Società, 2017, 1016, con nota di Adorno, M., La competenza del Tribunale delle imprese sulla determina adottata dal liquidatore di una società.
34 Trib. Massa, 4.4.2016, cit. che aveva riguardo alla domanda di un creditore di una società cancellata dal registro delle imprese volta a far dichiarare che l’immobile di cui era proprietaria la società è pervenuto ai soci.
35 Trib. Spoleto, 9.3.2016, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 1205.
36 In argomento, Celentano, P., Le sezioni specializzate in materia d’impresa, cit., 821.
37 In senso favorevole all’attrazione della competenza delle sezioni specializzate, Sandulli, M., op. cit., 17 il quale osserva che, in caso di divisione di partecipazioni sociali, anche se lo strumento del trasferimento è estraneo alla tipologia societaria, il bene oggetto del rapporto è un bene societario in funzione della sua appartenenza.
38 Cass., 4.4.2017, n. 8738 la quale ha stabilito che nelle controversie relative alle partecipazioni sociali o ai “diritti inerenti” queste ultime, la competenza si determina in relazione all’oggetto della controversia, dovendo sussistere un legame diretto di questa con i rapporti societari e le partecipazioni sociali, riscontrabile alla stregua del criterio generale del petitum sostanziale, identificabile in funzione soprattutto della causa petendi, per la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio (nella specie, la Corte ha ritenuto la competenza delle sezioni ordinarie del tribunale in relazione ad un’azione diretta ad ottenere la nullità di un contratto di intermediazione nell’acquisto di azioni a fine di investimento, la cui causa petendi andava, quindi, individuata nel contratto di investimento e non nel trasferimento delle partecipazioni sociali).
39 Cass., 16.10.2014, n. 21910, la cui motivazione è stata ripresa da Cass., 21.2.2017, n. 4523.
40 Cass. n. 21910/2014, cit.
41 Cass., 21.2.2017, n. 4523.
42 Trib. Pesaro, 13.7.2013, in altalex.com.
43 Trib. Catania, 3.7.2014, in altalex.com.
44 Trib. Massa, 23.1.2015, in IlCaso.it.
45 Trib. Roma, 22.10.2015, in giurisprudenzadelleimprese.it, ma contra, Trib. Napoli, 22.3.2016, in Banca borsa, 2017, II, 364 che ha affermato che non sussiste la competenza delle sezioni specializzate per le controversie aventi ad oggetto la revoca di donazioni di titoli obbligazionari, trattandosi di materia che non riguarda rapporti societari.
46 In questo senso, Trib. Napoli, ord. 19.5.2004, in Riv. dir. ind., 2004, 163 e Trib. Roma, 23.4.2004, ivi, 2005, 297.
47 Trib. Venezia, 15.7.2004 e Trib. Milano, 14.4.2004, entrambe in Riv. dir. ind., 2005, 32.
48 Cass., 19.6.2008, n. 16744.
49 Cass., 9.4.2008, n. 9167.
50 Cass., 29.8.2017, n. 20508; Cass., 9.5.2017, n. 11309. La prima decisione aveva ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni formulata, ai sensi dell’art. 2598 c.c. nei confronti del proprio ex amministratore, da una società a responsabilità limitata per attività di concorrenza sleale e abuso di informazioni riservate, concretizzatosi nell’indebita sottrazione di clienti commerciali della società e nella violazione dei diritti sulle informazioni aziendali e sul know how. La seconda decisione ha stabilito che appartiene al tribunale ordinario, e non alle sezioni specializzate, la competenza a decidere sulla domanda di accertamento di un’ipotesi di concorrenza sleale in cui la prospettata lesione degli interessi della società danneggiata riguardi l’appropriazione, mediante storno di dirigenti, di informazioni aziendali, di processi produttivi e di esperienze tecnico-industriali e commerciali (cd. know how aziendale, in senso ampio), ma non sia ipotizzata la sussistenza di privative o altri diritti di proprietà intellettuale, direttamente o indirettamente risultanti quali elementi costitutivi, o relativi all’accertamento, dell’illecito concorrenziale. Ma si vedano Cass., 4.11.2015, n. 22584 e Cass., 23.9.2013, n. 21762.
51 Celentano, P., op. cit., 808.
52 Per una analisi degli effetti della riforma del tribunale delle imprese, cfr., Riva Crugnola, E., Il funzionamento effettivo delle sezioni specializzate in materia di impresa, in La riforma del diritto societario nella “giurisprudenza delle imprese”, a cura di M. Cera, P. Mondini e G. Presti, Milano, 2017, 1 ss.
53 Riva Crugnola, E., op. ult. cit., 4.
54 Non può, però, sottacersi che il recente intervento normativo implica anche un disallineamento tra le funzioni demandate al giudice del registro e le competenze assegnate alle sezioni specializzate. Infatti, mentre il primo si occupa delle iscrizioni di atti che riguardano gli imprenditori individuali e le società di persone, tali materie sono estranee alla competenza del tribunale delle imprese.
55 Attraverso il d.l. 17.2.2017, n. 13 convertito, con modificazioni, dalla l. 13.4.2017, n. 46.
56 Nell’ottica indicata nel testo, appaiono una occasione “persa” gli interventi normativi di cui alla l. 3.11.2016, n. 214 che, modificando l’art. 3, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 168/2003 ha escluso dalla competenza del tribunale delle imprese le azioni di merito e cautelari per le quali l’Accordo su un tribunale unificato dei brevetti, fatto a Bruxelles il 19 febbraio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea C 175 del 20 giugno 2013, prevede la competenza esclusiva del tribunale unificato dei brevetti, fatto salvo il regime transitorio di cui all’art. 83 del medesimo Accordo ed al d.lgs. 15.3.2017, n. 35 che, modificando la lett. b) del medesimo comma, ha assoggettato alla competenza delle sezioni specializzate anche la materia dei diritti connessi al diritto d’autore.
57 Come, infatti, previsto nel disegno di legge presentato alla Camera dei deputati n. 2953.