Il Tardo Calcolitico anatolico
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, edizione in 75 ebook
Nel IV millennio a.C. si evidenziano profondi mutamenti nella società, nel sistema economico e in molti aspetti della cultura. Tuttavia possiamo riassumere la sostanza di tali cambiamenti in due eventi principali, da una parte la comparsa per la prima volta nello scenario mesopotamico della forma di aggregazione più complessa di una popolazione umana, la città. Dall’altra la nascita dello stato. Non è dunque fuori luogo considerare il IV millennio il periodo al quale possiamo far risalire le origini, non tanto giuridiche, quanto piuttosto antropologiche, della nostra società attuale. Lo studio e la comprensione dei meccanismi socio-economici che hanno dato il via alla formazione dello stato primario è alla base delle nostre ricerche. Bisogna considerare che il lungo processo iniziato alla fine del V millennio e che ha portato nel IV, come esito finale, alla formazione dello stato è documentato pressoché ovunque in Mesopotamia, mentre non si può dire lo stesso relativamente alla “città”. È possibile infatti osservare organizzazioni statali senza che si riscontrino sul territorio vere e proprie entità cittadine. È il caso dell’Anatolia, dove lo stato è ben riconoscibile attraverso le sue più esplicite manifestazioni ma è difficile che si esprima in contesti pienamente urbani.
Il concetto di città, come ha osservato lo stesso Gordon Childe, è difficile da definire. Siamo abituati a identificare una città come un luogo spazialmente esteso in cui vive un numero statisticamente elevato di abitanti. In realtà oltre alle dimensioni è importante la funzione che assume una località rispetto al proprio territorio. Per qualificare un luogo come “città” non è sufficiente considerare una giustapposizione di singole attività economiche svolte in un centro abitato, ma valutare il prodotto dell’azione comune della popolazione attiva, la quale assume un valore distinto a seconda del ruolo e dell’attività svolta dal singolo o dal gruppo sociale. Dunque la città è una realtà complessa e questa complessità si può riflettere sul piano archeologico. Edifici pubblici monumentali legati alla sfera religiosa o secolare, sistemi di difesa, magazzini, quartieri con architettura domestica, aree specifiche destinate ad attività artigianali; oggetti come sigilli, cretulae, metallo, materiale esotico, che rivelano una vivace attività di gestione e controllo delle materie prime, dell’artigianato e del commercio, sono tutti elementi che insieme al dato demografico e all’estensione del centro abitato contribuiscono a definire la moltitudine di attività e funzioni che viene svolta in una città. Sotto un altro punto di vista questi elementi sono gli stessi che permettono di capire il tipo di organizzazione sociale che la gestisce.
Per quel che riguarda lo stato, si tratta della più complessa forma di organizzazione socio-politica. È un sistema centralizzato ed è costituito da sovrani di “ruolo”, slegati dai legami di parentela. Lo stato è una organizzazione stratificata, diversificata al suo interno attraverso modelli residenziali che spesso si basano sulla specializzazione lavorativa, piuttosto che su legami di sangue. La struttura del potere economico è di tipo redistributivo, regolato da una burocrazia complessa. Inoltre l’economia è controllata dall’élite con accessibilità preferenziale a beni e servizi strategici. Lo stato si esprime anche attraverso edifici pubblici gestiti da funzionari specializzati. La religione stessa può essere in mano a sacerdoti a tempo pieno. Infine le capacità coercitive dello stato sono in genere forti e ben organizzate.
Come si è detto, molti aspetti riconoscibili come caratteristiche tipiche di organizzazioni statali maturano e si definiscono nel corso del IV millennio. In passato questi sviluppi venivano considerati prerogativa della sola Mesopotamia meridionale, in realtà anche l’Anatolia è partecipe di questo ampio fenomeno, sebbene le culture del Tardo Calcolitico dell’Anatolia centrale e occidentale siano ancora oggi poco conosciute.
In Anatolia sud-occidentale i siti più rappresentativi del Tardo Calcolitico sono quelli di Beycesultan (livelli XL-XX), posto lungo il ramo superiore del Meandro, di Aphrodisias, a sud dello stesso fiume, e di Kuruçay presso Burdur (livelli 6A e B). Questi siti mostrano un’architettura con case rettangolari in mattoni crudi, in continuità con la tradizione precedente. Nel livello XXIV di Beycesultan un edificio, probabilmente con funzioni pubbliche, era stato interpretato come “prototipo” del megaron, il classico edificio rettangolare a vano unico di grandi dimensioni tipico del modo egeo del III-II millennio, ma l’architettura di questi livelli non è sempre leggibile o ben conservata. La ceramica cambia rispetto al passato con una produzione brunita scura, a volte dipinta in bianco. Nella Troade, in Anatolia nord-occidentale, oltre Troia I, attribuita alla seconda metà del IV-inizio del III millennio, si ricordano i siti di Kumtepe, che precede Troia I, e di Besik Yassi Tepe che ha restituito materiali tipicamente calcolitici caratterizzati da decorazioni ottenute per brunitura della superficie. Tra le necropoli vi è quella di Kusura A associata, anche se con qualche incertezza, al Tardo Calcolitico e costituita da sepolture di adulti in pithoi. Scavi più recenti a Liman Tepe, presso Izmir (sulla costa occidentale della Turchia), hanno messo in luce strutture domestiche e sepolture in vaso di bambini privi di corredo. Lo scenario dell’Anatolia occidentale mostra pochi legami con l’area mesopotamica, ma si proietta più decisamente verso l’area egea. Nei tre metri di deposito stratificato del Tardo Calcolitico di Tarso in Cicilia sono stati messi in luce una necropoli con sepolture in pithoi come in occidente, ma i materiali ceramici risultano molto simili a quelli della Siria settentrionale e collegati alla fase F dell’Amuq.
La sequenza cronologica della pianura dell’Amuq, territorio compreso tra le città di Antiochia, Reyhanlý e Kýrýkhan in Turchia meridionale al confine con la Siria, pubblicata nel 1960 con sapiente accuratezza da Robert Braidwood sulla base dei materiali provenienti da 178 siti archeologici, costituisce la cosiddetta Amuq series, cioè una sequenza crono-tipologica su cui si fonda ancora oggi la cronologia della tarda preistoria del Vicino Oriente. Recenti progetti di riesame del quadro cronologico vicino-orientale, in particolare per l’Anatolia e la Jezira, hanno aggiornato e arricchito di maggiori dettagli la struttura cronologica conosciuta, ma non hanno minato la solidità dell’impianto di Braidwood. La fase F dell’Amuq oltre che in contesti di superficie fu identificata anche negli scavi di Tell Judaidah nel saggio JK3 e a Çatalhöyük nell’area W 16. Questa fase è caratterizzata soprattutto da produzioni ceramiche come le reserved slip ware e le chaff-faced ware, l’insieme delle quali sono attribuibili a una datazione compresa tra il 4000 e il 3300. Le culture dell’Anatolia centrale aventi rapporti con le regioni orientali dell’altopiano si sviluppano soprattutto con la seconda metà del IV millennio e sono rappresentati dai siti di Aliþar Höyük, Alaca Höyük e Çadir Höyük. Essi rivelano caratteri originali e del tutto autonomi rispetto alla Mesopotamia meridionale. Le ceramiche tipiche di questi territori sono le cosiddette red-black ware; sebbene risultino in uso soprattutto durante tutto il III millennio cioè nell’antica età del Bronzo, esse fanno la loro comparsa proprio nel Tardo Calcolitico e rappresentano le tipiche ceramiche delle comunità dell’altopiano. L’aspetto più caratteristico di queste produzioni riguarda il colore delle superfici interna ed esterna, su cui spicca il rosso e nero, colore ottenuto attraverso un processo tecnologico in fase di cottura; non si tratta dunque di una produzione dipinta o ingubbiata.
Con la fine del Neolitico di Çatalhöyük e Hacilar le culture anatoliche rivelano la loro originalità nel condividere con il sud della Mesopotamia quel processo di trasformazione della società verso organizzazioni complesse, ma questo itinerario assumerà esiti diversi perché i centri abitati anatolici non si svilupperanno mai in veri e propri centri urbani. Questo processo è evidente in uno dei siti sull’alto Eufrate nella piana di Malatya in Anatolia orientale e cioè ad Arslantepe (letteralmente “la collina dei leoni”). Gli scavi, iniziati nel 1961, hanno rivelato una sequenza stratigrafica ininterrotta dal V millennio fino all’epoca bizantina. All’inizio del IV millennio – Arslantepe VII (3800-3350) – sono attribuiti una serie di abitati, in uno dei quali è presente un’architettura complessa costituita da un edificio monumentale probabilmente a carattere cerimoniale e da edifici privati destinati all’élite locale. Molti indizi rivelano che ad Arslantepe doveva esistere già in questo periodo un sistema di organizzazione politica ed economica che favoriva gruppi o famiglie emergenti. Vi era certamente la presenza di lavoro dipendente e abbiamo chiara testimonianza di un sistema amministrativo per il controllo delle risorse alimentari. Il grande edificio monumentale di Arslantepe, il Tempio C, è una struttura isolata a pianta tripartita, secondo un modello mesopotamico, impostata su di una piattaforma costituita da lastre di pietra con un’ampia sala centrale. Le pareti interne erano movimentate da nicchie e decorate con pitture in rosso e nero. Due file di piccole stanze laterali dovevano avere forse funzione di supporto alle attività cerimoniali. Se il “tempio” mostra chiari influssi meridionali, le case private hanno carattere del tutto locale. Centinaia di ciotole tornite prodotte in serie sono state trovate all’interno della sala centrale del tempio, mentre numerose di esse risultavano accatastate in una delle stanze laterali in attesa di essere usate. Questo tipo di produzione, che rivela una manifattura grossolana, veloce, priva di decorazione, doveva essere destinata probabilmente a fornire razioni alimentari al personale che operava nel tempio, anche se non è facile comprendere se si sia trattato di vere e proprie razioni distribuite a lavoratori dipendenti o piuttosto di cibo e bevande destinate a puro scopo cerimoniale. Resta il fatto che le persone coinvolte dovevano essere molto numerose. All’architettura monumentale e alla ceramica di massa si associa la presenza di numerose cretulae messe in luce proprio nel complesso templare. Le cretulae sono un indizio importante di una attività amministrativa per la gestione di beni acquisiti e probabilmente destinati alla redistribuzione in regime di controllo. Dunque ad Arslantepe già nella prima metà del IV millennio si manifestano tutti quegli elementi tipici che sono espressione delle società complesse e che contemporaneamente fanno la loro apparizione nella Mesopotamia settentrionale. Quello che si osserva è che in Anatolia, sebbene più limitatamente all’Anatolia orientale e in particolare all’alto Eufrate, i prodromi per la nascita dello stato sono insiti nella cultura locale che, anche se in forma autonoma, è partecipe dei profondi cambiamenti di cui l’intera Mesopotamia in questo momento è protagonista, ma molti segni di questo mutamento erano preannunciati in questo territorio già nel precedente periodo Ubaid. Se da un lato il periodo VII di Arslantepe mostra i primi segni di quello che sarà alla fine del IV millennio un sito con una organizzazione prettamente statale, dall’altra l’insediamento non si svilupperà mai in senso urbano.