di Cristina Cocchieri
Sin dagli anni Cinquanta la priorità dei governi egiziani è stata quella di rispondere alla domanda di cibo, occupazione e spazi abitativi di una popolazione in costante aumento, concentrata prevalentemente nella Valle del Nilo e nel Delta. Il progetto della Nuova Valle, nato con l’obiettivo di decongestionare la Valle del Nilo e di creare un polo di sviluppo nella zona sud-occidentale del paese, ha subito negli anni delle modifiche che rispecchiano le diverse fasi dell’economia egiziana e le strategie di sviluppo dei regimi al potere. La prima fase viene inaugurata nel 1959 da Nasser e ha lo scopo di rafforzare la presenza dello stato nel governatorato della Nuova Valle e nelle aree limitrofe, per aumentare gli investimenti governativi nel settore agricolo, assicurandosi così il consenso delle masse rurali. Nel 1978 il progetto viene ripreso da Sadat, che pone l’enfasi sull’aumento dell’autosufficienza alimentare per contrastare il deterioramento della bilancia alimentare provocato dalla crescita della popolazione. Allo stesso tempo, le strategie di sviluppo del paese cambiano: da paese con un’economia in gran parte diretta dallo stato, l’Egitto si apre agli investimenti esteri e rafforza il ruolo del settore privato. Il progetto punta, dunque, a incrementare la produzione agricola attraverso la nascita di aziende moderne, proiettate sui mercati internazionali.
Nel 1997 Mubarak vara un ambizioso piano di interventi, tra i quali un rilancio del progetto della Nuova Valle, noto anche come South Valley Development Project (Svdp). Questa nuova fase prevede la creazione di un polo di sviluppo integrato nel governatorato della Nuova Valle basato su agricoltura, industrie minerarie e turismo. Nella regione di Toshka l’obiettivo del governo è di convertire circa 230 mila ettari in terreni agricoli, grazie alle acque del Nilo trasportate dal canale Sheikh Zayed. Il ruolo del settore privato era considerato prioritario per la riuscita del progetto; tuttavia la risposta degli investitori si è rivelata inferiore alle aspettative del governo a causa dei vincoli ambientali e della distanza dell’area dai principali centri urbani e dai porti del paese. Gli sviluppi del progetto appaiono oggi incerti, anche a causa dei piani di sviluppo che i paesi co-rivieraschi a monte stanno realizzando e che rischiano di alterare la portata del Nilo.
Il Svdp è un esempio di come progetti di sviluppo che prevedono lo sfruttamento di corsi d’acqua transfrontalieri possano alterare gli equilibri geopolitici all’interno di un bacino. I paesi co-rivieraschi considerano il Svdp un ostacolo alla futura stipula di accordi multilaterali nell’ambito dell’iniziativa del bacino del Nilo (Nile Basin Initiative), nata nel 1999. Allo stesso tempo, l’accresciuto fabbisogno idrico legato alla realizzazione del Svdp tende a rafforzare l’opposizione dell’Egitto agli interventi condotti dai paesi a monte, suscettibili di ridurre la portata del fiume. L’Egitto, pur cooperando formalmente con i paesi nilotici nell’iniziativa del bacino del Nilo, ha finora rifiutato di sostituire l’accordo bilaterale siglato con il Sudan nel 1959 con un accordo per un’equa ripartizione delle acque del fiume approvato da tutti i paesi co-rivieraschi. Dopo l’interruzione dei negoziati per un accordo multilaterale da parte dell’Egitto, nel 2010 Etiopia, Kenya, Uganda, Ruanda, Tanzania, Burundi e, più tardi, Sud Sudan hanno firmato il Cooperation Framework Agreement.
I rapporti di forza tra i paesi co-rivieraschi sono tuttavia mutati negli ultimi anni. L’Etiopia, dopo la risoluzione della guerra civile nel 1991 e l’inaugurazione di una politica favorevole agli investimenti diretti esteri agli inizi del 2000, ha goduto della stabilità economica necessaria all’avvio di piani di sviluppo incentrati sulla crescita del settore agricolo. La disponibilità di terra e di acqua ha reso il paese uno dei principali destinatari degli investimenti in terra (land grabbing) da parte di operatori stranieri. La quantità di risorse idriche prelevate dal Nilo a seguito di questi investimenti è ancora incerta; tuttavia, permangono preoccupazioni riguardo ai possibili effetti sulla disponibilità idrica a valle.
Il 2011 è stato un anno di svolta per le relazioni tra i paesi co-rivieraschi del Nilo. La crisi politica interna all’Egitto ha coinciso con l’avvio dei lavori per la realizzazione della Grande diga del Millennio in Etiopia. L’Egitto, che fino a quell’anno aveva fortemente contrastato progetti che potessero alterare la portata del Nilo, inaugura, a seguito della deposizione dell’ex presidente Mubarak, un ciclo di consultazioni atte a rilanciare la cooperazione nel bacino. A luglio dello stesso anno la nascita del Sud Sudan aggiunge un nuovo attore al tavolo delle trattative, alterando l’equilibrio a seguito della firma da parte del neonato stato del Cooperation Framework Agreement. La diplomazia egiziana sembra ora seguire una duplice strategia che da una parte sembra favorire la cooperazione nel bacino del Nilo e dall’altra non esclude il rilancio del Svdp.