Il silenzio nel rilascio del permesso di costruire
Divenuto la regola nei procedimenti ad istanza di parte (art. 20 l. 7.8.1990, n. 241), il modulo di semplificazione dell’azione amministrativa designato come «silenzio-assenso» è stato previsto, da ultimo, per il rilascio del permesso di costruire (art. 20 d.P.R. 6.6.2001, n. 380, come sostituito dall’art. 5, co. 2, n. 3, d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito con modificazioni nella l. 12.7.2011, n.106), con una disciplina che ha tenuto conto, risolvendole, anche di alcune questioni applicative sorte per altri istituti propri del settore edilizio-urbanistico.
Il d.l. 13.5.2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia, cd. «decreto-sviluppo»), convertito con modificazioni nella l. 12.7.2011, n.106, nel riscrivere alcune disposizioni del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) ha introdotto, per il rilascio del permesso di costruire, la previsione generale del silenzio-assenso (art. 20 d.P.R. n. 380/2001) e riformulato la disposizione sull’intervento sostitutivo della Regione, in caso di inerzia del Comune nell’emanazione del titolo, affidando alla legislazione regionale la determinazione di forme e modalità per l’esercizio del potere sostitutivo (art. 21 d.P.R. n. 380/2001). La novità di maggior interesse è senz’altro quella in materia di rilascio del permesso di costruire, venendo perciò archiviato il modello procedimentale, delineato dal previgente dettato normativo dell’art. 20 d.P.R. n. 380/2001, che prevedeva, alternativamente, quali possibili esiti procedimentali, il rilascio del titolo in forma espressa o la formazione di un silenzio-rifiuto: ai sensi del co. 7 della norma non più in vigore, era previsto che il provvedimento finale dovesse essere adottato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio, entro quindici giorni dalla proposta di provvedimento formalizzata dal responsabile del procedimento nel termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda, salva l’eventuale interruzione del termine per adempimenti istruttori, ovvero dall’esito della conferenza di servizi, indetta per l’acquisizione di «atti di assenso, comunque denominati, di altre amministrazioni». In mancanza dell’adozione del provvedimento finale, l’istanza doveva ritenersi denegata: «decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto». Peraltro, quest’ultimo, nonostante dal punto di vista letterale la norma sembrasse avere riguardo ad un’ipotesi di silenziodiniego, veniva interpretato dalla prevalente giurisprudenza amministrativa come una fattispecie di silenzio non significativo1, contrariamente a quanto avvenuto per l’analoga disposizione di cui all’art. 36, d.P.R. n. 380/2001 sull’istanza di permesso di costruire in sanatoria o accertamento di conformità2.
1.1 Il contenuto del testo novellato dell’art. 20 d.P.R. n. 380/2001
L’art. 20 d.P.R. n. 380/2001, è stato completamente riscritto dall’art. 5, co. 2, n. 3, d.l. n. 70/2011, convertito con modificazioni in l. n. 106/2011, con l’introduzione del modulo di semplificazione del silenzio-assenso (con l’esclusione delle ipotesi in cui sussista un vincolo paesaggistico, ambientale e culturale) nel rilascio del permesso di costruire: «Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio- assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui ai co. 9 e 10»3. Quanto alle modalità di presentazione della domanda, è previsto che questa, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell’art. 11 d.P.R. n. 380/2001 (a tenore del quale «il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo »), debba essere «corredata da un’attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio, e quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II del d.P.R. n.380/2001». Essa deve essere accompagnata, in particolare, da «una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie nel caso in cui la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali, alle norme relative all’efficienza energetica». Il termine ordinario per il rilascio del permesso di costruire è di 90 giorni, risultante dalla sommatoria del termine per la formulazione della proposta e di quello successivo previsto per l’adozione del provvedimento: l’adozione del provvedimento conclusivo deve avvenire, infatti, nel termine di 30 giorni dalla proposta del responsabile dell’ufficio, la quale, a sua volta, deve essere formulata nel termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda. In particolare, il primo termine (quello per la formulazione della proposta) può essere sospeso o interrotto: la sospensione è prevista nel caso in cui il responsabile dell’ufficio ritenga di sollecitare, ai fini del rilascio del titolo, modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario; l’interruzione del termine, invece, può essere disposta, una sola volta ed entro il termine di 30 giorni dalla presentazione della domanda, «esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa». È, inoltre, previsto il raddoppio dei termini per i comuni con più di 100.000 abitanti e il termine più breve di 75 giorni per il rilascio del premesso di costruire in relazione ad interventi assentibili anche con denuncia di inizio attività (art. 22, co. 7, d.P.R. n. 380/2001). Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto ad uno dei vincoli indicati al co. 1 (vincoli ambientali, paesaggistici o culturali), se la tutela del vincolo in questione compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine di cui al co. 6 (il termine di adozione del provvedimento finale, pari a 30 giorni decorrenti dalla proposta) decorre dal rilascio del relativo atto di assenso; se, invece compete ad una diversa autorità, ove l’interessato non abbia provveduto a produrre il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela del vincolo, il competente ufficio comunale acquisisce il relativo assenso nell’ambito della conferenza di servizi di cui all’art. 5, co. 4, e il termine di cui al co. 6 decorre dall’esito della conferenza. In entrambe le ipotesi, qualora l’atto non sia favorevole, una volta decorso il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto (co. 9 e 10). Trattandosi di materia di legislazione concorrente, ai sensi dell’art.117, co. 3 e 4, Cost., sono fatte salve le disposizioni contenute nelle leggi regionali che prevedono misure di ulteriore semplificazione e ulteriori riduzioni di termini procedimentali (co. 12). La formazione del silenzio-assenso è impedita dalla circostanza che il dirigente o il responsabile dell’ufficio abbia «opposto» motivato diniego al rilascio (co. 8). Vi è, infine, la previsione di uno specifico illecito penale per il caso di falsità nelle dichiarazioni, attestazioni o asseverazioni di cui al co. 1: «ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni di cui al co. 1, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al medesimo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni. In tali casi, il responsabile del procedimento informa il competente ordine professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari».
La riforma dell’art. 20 d.P.R. n. 380/2001 si ispira ad un’inequivoca ratio di liberalizzazione delle costruzioni private, secondo la rubrica dell’art. 5 d.l. n. 70/2011. Quest’ultimo si apre, infatti, con l‘elencazione delle diverse modifiche apportate alla legislazione vigente «per liberalizzare le costruzioni private», e prevede come prima misura, alla lett. a) del co. 1, l’«introduzione del ‘silenzio assenso’ per il rilascio del premesso di costruire ad eccezione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici e culturali». È stato osservato che la nuova disciplina può essere ricondotta a due principi-guida: la semplificazione dell’azione amministrativa e la responsabilizzazione del privato4. Al primo va ascritta l’innovazione del modulo procedimentale mediante la previsione di una fattispecie silenziosa, cui il legislatore as- segna il valore legale tipico di provvedimento di accoglimento, secondo la fattispecie-modello del silenzio-assenso, la cui regolamentazione di carattere generale è contenuta nell’art. 20 l. 7.8.1990, n. 241 (a seguito della novella intervenuta con d.l. 14.3.2005, n. 35, convertito in l. 14.5.2005, n. 80), alla cui stregua, salvi i casi di applicazione dell’art.19 (relativo, dapprima all’istituto della dichiarazione di inizio attività, cd. d.i.a., e, a seguito della riforma di cui al d.l. 31.5.2010, n. 78, convertito in l. 30.7.2010, n.122, alla segnalazione certificata di inizio attività, cd. SCIA), nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento delle domande senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di conclusione del procedimento di cui ai co. 2 o 3 dell’art. 2 della medesima l. 7.8.1990, n. 241, il provvedimento di diniego ovvero non procede all’indizione, nel termine di trenta giorni, dalla presentazione dell’istanza, ad indire una conferenza di servizi». Al principio di responsabilizzazione del privato va ascritta, invece, l’introduzione della specifica fattispecie penale del co. 13 del nuovo art. 20 d.P.R. n.380/2001. Questo principio opererebbe come contrappeso della semplificazione nel senso che, al fine di compensare la scelta del legislatore di privilegiare, tra le esigenze in conflitto (controllo pubblico del territorio e interesse a costruire), quella alla concessione del bene della vita, collegando all’inerzia della p.a. il significato di un assenso anziché di un diniego, si sarebbe introdotta, al co. 13 dell’art. 20 in parola, una fattispecie di reato che sanziona le false attestazioni, dichiarazioni o asseverazioni contenute nell’istanza di rilascio del permesso di costruire, con l’effetto di equiparare, in tal modo, la disciplina con la d.i.a., ora s.c.i.a., ove, all’art.19 l. n. 241/1990, è previsto che chiunque attesti false dichiarazioni o attestazioni è soggetto a sanzione penale5.
2.1 Il rapporto con la previsione generale del silenzio assenso di cui all’art. 20 l. n. 241/1990
La nuova disciplina delle modalità di rilascio del permesso di costruire si risolve nell’introduzione di un modulo di semplificazione del procedimento amministrativo, cui si dà il nomen juris di silenzio-assenso. Questo ricorre in tutte le ipotesi nelle quali il legislatore attribuisce, in virtù di una fictio juris, all’inerzia dell’Amministrazione protratta per un determinato periodo di tempo, il significato di espressione provvedimentale di assenso-accoglimento all’istanza del privato; al silenzio-assenso va ricononosciuta, secondo l’opinione dottrinale e giurisprudenziale prevalente, la natura di comportamento concludente a cui è stato attribuito in via legislativa, un valore legale tipizzato6. La disciplina dell’istituto è contenuta all’art. 20 l. n. 241/1990 e, a seguito della novella intervenuta con d.l. n. 35/2005, convertito in l. n. 80/2005, denota il silenzio-assenso come fattispecie di generale applicazione, dalla quale sono espressamente esclusi gli atti e i procedimenti elencati al co. 4 dell’art. 20 e cioè quelli riguardanti «il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti». Una volta venuta in essere la fattispecie silenziosa, l’Amministrazione, qualora ritenga che il provvedimento di accoglimento «tacito» sia illegittimo o inopportuno, può procedere in via di autotutela, rispettivamente, al suo annullamento o alla sua revoca sempre che ricorrano i presupposti di cui agli artt. 21 quinquies e 21 nonies l. n. 241/1990, introdotti dalla l. 11.2.2005, n. 15 e, segnatamente, l’attualità dell’interesse pubblico7, anche in considerazione del tempo trascorso e dell’affidamento ingenerato nel privato. Tale disposizione deve ritenersi de plano applicabile anche al silenzio-assenso di cui al nuovo testo dell’art. 20 d.P.R. n. 380/2001. Quanto al profilo della giurisdizione, mentre le controversie relative all’applicazione dell’art. 20 l. n. 241/1990 sono espressamente devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo quanto previsto ora dal co. 5 del medesimo art. 20, aggiunto con d.l. 5.8.2010, n. 125, convertito nella l. 1.10.2010, n. 163, quelle inerenti il rilascio del permesso di costruire ricadono, a cagione della pertinenza alla materia ivi descritta, nella previsione della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, co. 1, lett. f), c.p.a. Dovrebbe , invece escludersi l’applicabilità della fattispecie di silenzioassenso al procedimento di accertamento di conformità di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, trattandosi di fattispecie del tutto peculiare nella quale al privato, resosi comunque responsabile della realizzazione di un intervento edilizio in assenza di titolo, è eccezionalmente concesso di acquisire a posteriori il permesso di costruire.
La nuova disciplina del silenzio-assenso sull’istanza di rilascio del permesso di costruire risolve espressamente una questione interpretativa che si era posta in sede di rilascio dell’autorizzazione paesistica8 ovvero il problema del computo del termine complessivo per il rilascio del titolo in caso integrazioni istruttorie e documentali (co. 4 e 5, art. 20 d.P.R. n. 380/2001). Il termine è sospeso, allorquando il responsabile del procedimento ritenga che, ai fini del rilascio del titolo, sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario; in tal caso, può farne richiesta all’interessato entro il termine previsto dal co. 3 per la formulazione della proposta di provvedimento e tale richiesta «sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di cui al co. 3». Nel diverso caso in cui il responsabile del procedimento ritenga necessario acquisire «documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente», il termine è interrotto e «ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa ». La formazione del provvedimento silenzioso è, poi, impedita dalla «opposizione di motivato diniego» da parte del dirigente o del responsabile dell’ufficio: ci si è chiesto se con tale espressione debba intendersi la mera adozione della determinazione negativa, come di recente affermato, in tema di autorizzazione paesistica, rilasciata secondo il regime vigente sino al 31.12.2009, di cui all’art. 159, d.lgs. 22.1.2004, n. 42, dal Consiglio di Stato9, oppure sia necessario che tale determinazione sia anche comunicata all’interessato. La seconda opzione interpretativa è senza’altro da preferirsi ove si tenga conto delle prescrizioni di cui alla richiamata disciplina generale del silenzio assenso (art. 20, co. 1, l. n. 241/1990): «Fatta salva l’applicazione dell’art. 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’art. 2, co. 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del co. 2»10. Tale effetto impeditivo non andrebbe, peraltro, riconosciuto alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ex art. 10 bis l. n. 241/1990, trattandosi di un mero «preavviso di diniego», laddove la norma sembra avere riguardo all’atto di diniego in senso proprio11.
L’art. 5 d.l. n. 70/2011 ha riscritto anche l’art. 21, d.P.R. n. 380/2001: «Le regioni, con proprie leggi, determinano forme e modalità per l’eventuale esercizio del potere sostitutivo nei confronti dell’ufficio dell’amministrazione comunale competente per il rilascio del permesso di costruire». Il legislatore nazionale ha, in tal modo, rinunciato a regolare una fattispecie di cd. silenzio devolutivo. Con tale espressione si designa l’ipotesi in cui la legge dispone che, qualora un’autorità non provveda al compimento di un atto di sua competenza, generalmente richiesto da un privato, entro un termine prefissato, tale atto sia adottato, in via sostitutiva, da una diversa autorità, di regola un ente superiore rispetto al primo. Il silenzio devolutivo attiene perciò ai rapporti intersoggettivi tra enti e determina un trasferimento di competenza, relativamente ad una determinata fattispecie, del potere di provvedere da un ente minore ad uno maggiore12.
1 TAR Campania, Salerno, sez. II, 7.2.2011, n. 194: «l’art. 20, d.P.R. 6.6.2001, n. 380, secondo il quale le domande di permesso di costruire devono essere esaminate e definite entro termini ben definiti, trascorsi i quali, sulla domanda si intende formato il silenzio-rifiuto, va interpretato nel senso che, trascorso tale termine, non si è di fronte ad un silenzio reso significativo dalla legge in termini di diniego implicito della pretesa avanzata, ma ad un silenzio- inadempimento coincidente con la mera inerzia dell’amministrazione; in tal senso depone anche l’art. 21 del decreto che, qualificando implicitamente il comportamento omissivo dell’amministrazione quale inerzia procedimentale, prevede la possibilità dell’intervento sostitutivo regionale; lo stesso art. 20, inoltre, prescrive che l’amministrazione competente, pur dopo lo spirare del termine legalmente assegnatole per la conclusione del procedimento, non solo non perde il potere di determinarsi espressamente sulla domanda di permesso di costruire, ma addirittura permane nell’obbligo di doverlo fare, soprattutto quando l’istante insista formalmente per l’ottenimento di un provvedimento espresso di conclusione del procedimento medesimo».
2 Cfr. Cons.St., sez. IV, 13.1.2010, n. 100: «premesso che l’art. 36 del testo unico sull’edilizia ha previsto che ‘sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata’, il decorso del termine di sessanta giorni equivale all’emanazione di un provvedimento di rigetto dell’istanza, tenuto conto del tenore letterale dell’originario art. 13, l. 28.2.1985, n. 47 e dei lavori preparatori del testo unico sull’edilizia n. 380 del 2001 (dovendosi intendere l’espressione “la richiesta si intende rifiutata” non dissimilmente da quella originariamente prevista dal medesimo art. 13)»; TAR Campania, Napoli, sez. III, 27.1.2010, n. 327: «a fronte di un’istanza di sanatoria ex art. 36, d.P.R. 6.6.2001, n. 380, il silenzio dell’Amministrazione costituisce un’ipotesi di silenzio significativo, al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento di rigetto dell’istanza, così determinandosi una situazione del tutto simile a quella che si verificherebbe in caso di un provvedimento espresso. Va dunque affermato che il silenzio serbato dal Comune sulla domanda di sanatoria ex art. 13, l. n. 47/1985, modificato dall’art. 36, d.P.R. n.380/2001, è qualificabile come silenzio provvedimentale, con contenuto di rigetto, e non come silenzio-inadempimento all’obbligo di provvedere impugnabile ex art. 2, l. 21.7.2000, n. 205».
3 Urbani, Le innovazioni in materia di edilizia privata nella legge 106/ 2011 di conversione del DL n. 70 del 13 maggio 2011. Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia, in www.giustamm.it, 2011. L’A. rammenta che il silenzio-assenso per il rilascio del permesso di costruire era già stato introdotto temporaneamente dal cd. decreto Nicolazzi (l. n. 94/1982) ed era stato soppresso dalla l. n. 174/1992, non avendo riscosso molto favore, per la scarsa disponibilità degli istituti di credito a concedere mutui dietro semplice presentazione della richiesta di concessione, mancando il titolo abilitativo a garanzia del finanziamento concesso.
4 Urbani, Le innovazioni in materia di edilizia privata, cit.
5 Urbani, Le innovazioni in materia di edilizia privata, cit., in www.giustamm.it, 2011. L’A. discorre di norma «tremontiana», intesa a ridurre i carichi di spesa che il bilancio statale deve sopportare annualmente per risarcire i danni da ritardo, soprattutto alla luce degli indirizzi giurisprudenziali protesi ad ampliare il novero dei danni risarcibili in presenza di un colpevole ritardo della Pubblica amministrazione nel condurre e nel concludere i procedimenti. Eliminando la necessità per l’Amministrazione di adottare il provvedimento richiesto in un certo termine, l’eventuale comportamento inerte o dilatorio di questa non può più dar luogo ad alcun danno, mancandone il presupposto principale ovvero la lesione dell’interesse del privato.
6 Giovagnoli, I silenzi della pubblica amministrazione dopo la legge 80/2005, in Il nuovo diritto amministrativo, diretto da Caringella-De Marzo, Milano, 2005, 292.
7 Nel caso della revoca, l’art. 21 quinquies l. 7.8.1990, n. 241 richiede la sussistenza di «sopravvenuti motivi di pubblico interesse» ovvero il «mutamento della situazione di fatto» o una «nuova valutazione dell’interesse pubblico originario»; nel caso dell’annullamento, l’art.21 nonies discorre genericamente di sussistenza di «ragioni di interesse pubblico».
8 Cfr. Cons. St., sez. VI , 3.5.2011, n. 2611.
9 Cfr. Cons. St., sez. VI , 1.12.2010, n. 8379.
10 Botteon, Il “decreto sviluppo” e l’edilizia, in www.lexitalia, 2011.
11 Botteon, Il “decreto sviluppo”, cit.
12 Nella legge sul procedimento amministrativo (art. 17, l. 7.8.1990, n. 241), vi è la previsione di carattere generale dell’istituto in tema di valutazioni tecniche nell’ambito dell’istruttoria procedimentale: «ove per disposizione espressa di legge o di regolamento sia previsto che per l’adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell’amministrazione procedente nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell’amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari».