Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il rock’n’roll è stato il primo tipo di musica strettamente legato ai conflitti generazionali sviluppatisi a partire dagli anni Cinquanta, prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo occidentale. I suoi primi successi, costituiti da brani cross-over cantati da artisti sia bianchi che neri, si realizzano negli Stati Uniti della prima metà degli anni Cinquanta, in parallelo con l’inizio della carriera di Elvis Presley. Di questo fenomeno si considerano le reazioni avutesi, sia nel mondo giovanile che in quello adulto, in America e in Europa nella seconda parte degli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta.
Le origini e i primi successi
L’espressione “rock and roll” si trova in canzoni realizzate soprattutto da neri statunitensi, quantomeno a partire dagli anni Venti, spesso come allusione ambigua al ballo e all’atto sessuale. Il disc-jockey Alan Freed la usa nel titolo del suo programma radiofonico The Moondog Rock’n’Roll Party a partire dal 1952. Grazie alla sua diffusione, soprattutto in programmi radiofonici e televisivi rivolti ai giovani, la dicitura viene poi usata sempre più comunemente negli Stati Uniti come termine ombrello per indicare diversi tipi di repertorio musicale. In particolare si tratta di 45 giri incisi, soprattutto da case discografiche “indipendenti”, sia da musicisti bianchi (come all’inizio Bill Haley e Hank Williams) che da musicisti neri (all’inizio, tra gli altri, Fats Domino, Joe Turner e Billy Ward and his Dominoes), aventi tre principali aspetti comuni: innanzitutto, l’essere cross-over, essere cioè presenti in almeno due delle tre principali classifiche di vendita statunitensi (pop, country e rhythm and blues, come il caso di Sixty Minute Man dei Dominoes), anche con versioni differenti (covers), spesso realizzate prima da neri e poi da bianchi, come il caso di Rock the joint (cover del 1952 di Bill Haley – bianco – di un brano di Jimmy Preston – nero); il secondo aspetto è il presentare sound, parole, comportamenti dei musicisti e tipi di balli che riprendano aspetti di repertori sviluppatisi prevalentemente nel Sud degli Stati Uniti (quali il blues, il rhythm and blues, il country, il gospel e il jazz) e che risultino diversi da quelli che caratterizzano il repertorio preferito dagli adulti statunitensi dell’epoca (il pop bianco che continua la tradizione della canzone Tin Pan Alley); infine, il terzo aspetto in comune è l’essere molto in voga tra i teenager statunitensi, sia bianchi che neri.
Decisivo è stato poi il successo di Elvis Presley (1935-1977) e di Rock around the Clock. In questo brano, che è il primo disco inciso nel 1954 da Bill Haley and the Comets per la Decca, i due autori bianchi James Myers e Max Freedman sintetizzano molti degli elementi già ricorrenti nei brani di rhythm and blues di maggior successo per il pubblico adolescenziale. La sua uscita passa inosservata, vendendo solo 75mila copie. La successiva Shake, Rattle and Roll, cover di un brano di Joe Turner, vende invece, tra il 1954 e il 1955, oltre un milione di copie raggiungendo il settimo posto delle classifiche. Di conseguenza Rock around the Clock viene ripescata e inserita in The Blackboard Jungle (Il seme della violenza, 1955), film che, rappresentando il disagio giovanile coevo, ottiene una grande risonanza sociale. Il disco stavolta raggiunge la testa sia della classifica pop che di quella rhythm and blues, rimanendovi per otto settimane e divenendo in breve tempo uno dei dischi più venduti della storia, secondo solo alla versione di White Christmas incisa da Bing Crosby.
Elvis
Elvis Presley è stato scoperto pochi anni prima da Sam Philips, produttore dell’etichetta indipendente Sun di Memphis, che ha visto in lui il giovane cantante bianco affascinante e poliedrico di cui era da tempo in cerca. Entrato nelle classifiche di vendita rhythm and blues e country tra il 1954 e il 1955, Elvis si affida poi alle cure del manager Colonel Tom Parker, firmando un contratto con la major discografica Capitol/RCA. Contratto che in breve tempo, grazie alle esibizioni dal vivo, a una continua sequela di successi discografici (a partire da Hound dog del 1956) e alle esibizioni televisive, lo trasforma nel “re del rock’n’roll”, con una fortuna discografica ancora insuperata. Il merito va soprattutto alla sua vocalità, adatta tanto alle libertà ritmiche e alle intensità emotive dei repertori neri, quanto alle inflessioni del country e alle sfumature intonative del pop bianco, e alla sua sensualità ed espressività corporea. Grazie ad essa, egli risulta un performer trascinante e una star cinematografica (protagonista di 33 film) capace di incarnare l’immagine del giovane edonista, insofferente nei confronti del perbenismo propagandato dalla scuola, dalla chiesa e dai genitori, verso la quale gli adolescenti dell’epoca sono particolarmente attratti.
Contemporaneamente a Presley, tra i giovani musicisti neri si impongono Chuck Berry, Little Richard, The Platters, The Coasters e The Drifters (questi ultimi sviluppano un sottogenere che, per l’ampia presenza di vocalizzi di frasi non-sense, viene chiamato “doo-wop”); tra quelli bianchi, dal country provengono Carl Perkins, Jerry Lee Lewis, Buddy Holly, Johnny Cash, Roy Orbison, Gene Vincent, Eddie Cochran, Ricky Nelson e gli Everly Brothers; dal pop vengono Connie Francis, Tommy Sands e Pat Boone. Quest’ultimo, giovane wasp (protestante di origine anglosassone, da White Anglo-Saxon Protestant) compassato, bello, elegante, di buona famiglia, uscito con ottimi voti da scuole prestigiose e felicemente sposato, fornisce un modello più rassicurante di quello espresso dallo smodato e irrequieto Presley, risultando più amato dai teenager meno conflittuali.
Reazioni negli USA
Nella seconda metà degli anni Cinquanta, il rock’n’roll, praticabile efficacemente a basso costo e realizzabile da autodidatti tramite codici culturali rapidamente acquisibili dagli adolescenti statunitensi attraverso i canali a loro disposizione, si impone come il genere musicale da loro più amato. Esso consente loro una via di accesso allo status del gruppo dei pari alternativa a quella delle attività sportive, spesso a questa preferibile giacché sentita più separata e autonoma, non solo dalla scuola, ma anche dal controllo, mediato o diretto, dei genitori.
Tra gli adulti, i sostenitori della superiorità della razza bianca vedono questa musica come il tentativo di imporre tra i giovani la cultura nera e/o alcuni dei principali aspetti più comunemente identificati all’epoca con tale cultura, quali la sensualità, la volgarità e l’edonismo sfrenato. Inoltre, l’industria musicale più legata all’editoria e all’organizzazione che ne cura gli interessi, l’ASCAP (American Society of Composers, Authors and Publishers), si sente gravemente minacciata dal successo iniziale di questa musica. Le cinque principali case discografiche statunitensi (Victor, Columbia, Capitol, Decca e Mercury), che nel 1954 hanno realizzato più dell’80 percento dei dischi in testa alle principali classifiche di vendita statunitensi, nel 1956 vedono più che dimezzato tale dominio. Inoltre, rischiano di divenire superflue molte delle figure professionali (gli orchestrali, gli arrangiatori, i copisti ecc.) precedentemente radicate nella popular music statunitense. Dopo una prima reazione volta a tentare di screditare e danneggiare il rock’n’roll, si cerca poi di integrarlo per ridurne la minaccia.
Le grandi case discografiche, attraverso la televisione e il cinema, lanciano allora i teen-idols: giovani bianchi (quali Paul Anka, Frankie Avalon o Fabian) interpreti di brani, centrati sull’amore giovanile, che recuperano l’apparato industriale della musica Tin Pan Alley, dotati di un approccio più edulcorato di quello del primo rock’n’roll del quale conservano solo alcuni elementi nel sound (è la “High school music”). Nella loro musica la percentuale di elementi provenienti in generale dalla musica nera è piuttosto ridotta, specie nell’impostazione della vocalità.
L’ascesa dei teen-idols coincide con alcuni episodi che, a partire dal 1958, segnano una crisi del primo rock’n’roll: Presley viene chiamato alle armi e al suo ritorno prende le distanze dalla propria immagine iniziale; Buddy Holly muore in un incidente aereo; Little Richard si dedica all’attività religiosa; Jerry Lee Lewis ha un forte declino (soprattutto in seguito al suo matrimonio con una tredicenne); Chuck Berry all’inizio degli anni Sessanta passa un periodo in carcere.
Il rock’n’roll in Europa
In Europa, dopo il lancio del rock’n’roll avvenuto a partire dal 1956 soprattutto grazie ai film che lo pubblicizzano, i due aspetti che attirano maggiormente l’attenzione, sia dei suoi sostenitori che dei detrattori, sono la sua diversità dalle popular music “locali” e il suo stretto legame con la gioventù americana (caratterizzata soprattutto dalle nuove mode, dai nuovi balli e dal suo conflitto col mondo adulto).
In Gran Bretagna, i giovani operai, i cui salari in quegli anni aumentano notevolmente, adottano il rock’n’roll per distinguersi dagli adulti e dai coetanei “perbene” e delle classi superiori. In questo contesto si sviluppa una predilezione per questo genere da parte dei teddy boys, la cui sottocultura, pur essendo nata nel 1953 prima dell’affermazione di questa musica in Gran Bretagna, ha con essa numerosi punti di contatto, primo fra tutti lo stretto legame col mondo americano e un carattere giovanile particolarmente adatto ad attirare l’attenzione dell’immaginazione popolare.
Il rock’n’roll, inoltre, vede la partecipazione delle ragazze, che vengono profondamente coinvolte soprattutto nel ballo. Costoro, pur non potendo permettersi gli atteggiamenti spettacolari e “duri” dei coetanei maschi, trovano un nuovo ambito nel quale sviluppare il loro comportamento da fan, precedentemente rivolto ad altri tipi di star, e la loro “cultura da camera da letto”, segreta e specificamente femminile, espressa tramite l’uso di poster, giradischi e altre merci legate al consumo musicale.
Gli adulti britannici vedono in tali fenomeni un imbarbarimento della gioventù locale, sia a livello della morale, minata dalla liberazione di istinti primordiali e licenziosità sessuale, sia a livello del gusto, minacciato da una musica considerata di livello assai inferiore alla popular music inglese. In ambito massmediatico al rock’n’roll dedica ampio spazio non la BBC bensì Radio Luxembourg, sponsorizzata da case discografiche inglesi e molto ascoltata dai giovani britannici pur non avendo sede in Inghilterra. Attraverso questi canali radiofonici, alcuni programmi televisivi e soprattutto attraverso gli influenti club londinesi, vengono lanciati numerosi divi inglesi adolescenziali sulle orme di Elvis Presley e Pat Boone, quali Tommy Steele, Cliff Richard & The Shadows e Adam Faith, ben presto protagonisti anche di film. Più che al primo rock’n’roll, essi si ispirano a esempi americani più assimilabili, quali quelli dei teen-idols e dei gruppi strumentali.
In Italia la reazione al rock’n’roll non è particolarmente diversa da quella di altri paesi europei che vedono un’analoga presenza della cultura americana. Il centro di maggiore diffusione, più vicino di altre città alla cultura internazionale, è Milano, nella quale vengono lanciati a partire dal 1957 gli “urlatori”, versione italiana dei teen idols statunitensi. Il loro primo successo è Come prima, col quale Tony Dallara ripropone stilemi del doo-wop, specie quello dei Platters. Contemporaneamente percorrono strade simili Mina (all’inizio con lo pseudonimo di Baby Gate), Adriano Celentano, Giorgio Gaber, Peppino di Capri, Ricki Gianco, Ghigo e numerosi altri giovani cantanti, molti dei quali partecipano nel 1957 al Palaghiaccio di Milano al Primo Festival Nazionale del Rock and Roll. In breve tempo, a seguito della grande partecipazione della nuova generazione all’acquisto dei dischi di questo genere, l’industria discografica italiana conosce un’impennata di vendite senza precedenti. Il 1958 è l’anno del trionfo di Modugno, a Sanremo e nel mondo, con Nel blu dipinto di blu, nella cui impostazione vocale e nel cui terzinato sono rinvenibili accenni a elementi del doo-wop. I giovani “urlatori” vengono comunque ammessi a Sanremo solo nel 1960, quando Tony Dallara vince (con Romantica) in coppia col “melodico” Renato Rascel, mentre Mina esordisce con È vero. Nel frattempo nel 1959 comincia anche una produzione di “musicarelli”, pellicole musicali a basso costo a imitazione di analoghi fenomeni internazionali, concepite appositamente per un pubblico giovanile e incentrate sulle esibizioni dei nuovi idoli canori (tra i primi titoli, I ragazzi del juke-box e Urlatori alla sbarra di Lucio Fulci, I teddy boys della canzone di Domenico Paolella e Io bacio, tu baci di Piero Vivarelli). Analogamente, in Francia ottiene un ampio successo giovanile, prima discografico e subito dopo anche cinematografico, Johnny Hallyday.