Il Rinascimento. Politica e cultura: NOTA PRELIMINARE
NOTA PRELIMINARE
A differenza dalle altre partizioni della Storia di Venezia, quella dedicata al secolo XV ed ai primi decenni del XVI non si presenta in uno ma in due volumi. Tale fenomeno si verifica questa sola volta sull'intero arco dell'opera. Esso richiama quindi alcune indispensabili considerazioni preliminari, anche perché ha sollevato qualche problema e condotto a soluzioni particolari che meritano un chiarimento.
Tali questioni riguardano almeno in modo indiretto la fisionomia d'insieme che l'iniziativa ha assunto, mentre investono in maniera assai più diretta il profilo della prima serie in cui l'opera si presenta. Infatti, nella prospettiva nella quale quest'ultima è stata concepita e realizzata, questi due volumi consacrati al secolo XV ed agli inizi del XVI vengono a costituire anche editorialmente la parte centrale della trattazione della Storia di Venezia nella dimensione cronologica. Non sembra il caso di illustrare qui nei particolari i criteri che sono intervenuti ed hanno agito per indurre alla scelta di una tale struttura. È abbastanza evidente comunque che essi si sono ispirati ad una visione d'insieme della storia europea e non solo di quella veneziana. In altri termini ci si è fondati sulla almeno implicita convinzione che fra il percorso della prima e la parabola identificabile della seconda intercorresse un rapporto abbastanza stretto, cosicché fra l'uno e l'altra fossero sussistite delle reciproche implicazioni su diversi, se non tutti i piani.
All'interno di tale visuale, la centralità di questi due volumi della Storia di Venezia, se è anche editoriale, costituisce altresì e magari in larga parte il riflesso di scansioni storiografiche ritenute attendibili ed anzi pressoché ineliminabili: quelle di Medioevo e di Epoca moderna. Il trapasso ed insieme la giunzione fra tali fasi vengono cioè situati fra il Quattrocento ed il Cinquecento sia per l'evoluzione delle varie vicende europee sia per lo sviluppo di quelle italiane ed in certo modo per conseguenza di quelle veneziane.
Senza dubbio non si potrà eludere del tutto la questione della misura e dei modi in cui, più o meno ampiamente ed intensamente, lo sviluppo della storia veneziana sia risultato parallelo a quello dell'Occidente e congruente con quello della Penisola. Come si è appena rilevato, la concezione generale di quest'opera ha assai largamente riposato sulla validità di simili presupposti. Da tali punti di vista, anche se non solo da essi, è parso pressoché inevitabile allora attribuire a questa parte - che trattava del tramonto del Medioevo e del sorgere o dell'affermarsi dell'Età moderna - il titolo di Rinascimento. Il vocabolario storiografico del resto risulta abbastanza a corto di sostantivi fruibili o considerati validi su questo piano e da circa due secoli Rinascimento funge da termine e da nozione ai quali abitualmente si ricorre per designare questa scansione storica.
Tali considerazioni andavano premesse a quelle che seguono, che riguardano sia lo scarto esistente fra la parabola specifica delle vicende veneziane e quella della vita europea sia appunto il significato più concreto del periodo trattato in questi due volumi. Si potrebbe cominciare con l'osservare che Venezia - come del resto un po' tutta l'Italia - non fu toccata dalla fase di espansione, soprattutto economica, che l'Europa occidentale visse fra i primi anni del secolo XVI ed il 1540 all'incirca. Per essa, al contrario, questo risultò un momento assai difficile su vari piani, poiché vi si vennero a collocare le gravi turbolenze provocate dalla Lega di Cambrai e notevoli perdite territoriali anche nel Dominio da Mar. Ma ovviamente svolsero in quella temperie un ruolo tutt'altro che secondario i contraccolpi dell'apertura della rotta portoghese per l'India. Eppure in quei frangenti le strutture della Serenissima rimasero solide e praticamente intatte, malgrado le dure prove alle quali le sottoposero le vicissitudini politico-militari, economiche e finanziarie illustrate in questi due volumi da tutto un insieme di contributi. La città di Venezia insomma era allora ancora troppo ricca perché nell'uno o nell'altro aspetto di vita quotidiana, nei consumi e nell'edilizia rinnovata si avvertisse che le fonti del benessere rischiavano d'inaridirsi.
Detto questo, non si può proprio omettere di rilevare nello stesso tempo il forte grado di valenza artistico-culturale che tuttora accompagna e quasi caratterizza il termine e la definizione di Rinascimento. Nella misura in cui tale nozione è innanzitutto - e si può dire che si rivelò fin dall'origine quattrocentesca, almeno in parte anche a Venezia - un'immagine, non si può far a meno di sottolineare che il ricorso ad essa nel caso veneziano non può non acquistare significati del tutto particolari e sotto parecchi aspetti anche divergenti.
Riteniamo infatti che vada accuratamente evitato di accostarsi alle molteplici analisi che qui si presentano di un insieme di processi peculiari e specifici con le varie pregiudiziali che il titolo di Rinascimento sembrerebbe comportare. Esso non è stato affatto adottato allo scopo di convalidare l'aderenza delle vicende politiche o militari e degli sviluppi economico-sociali di Venezia fra 1400 e 1540 all'incirca a quei caratteri che tradizionalmente hanno connotato tale fase sul piano artistico-culturale (o che per lo meno in questa sfera sono stati considerati più rilevanti).
Nondimeno, anche qualora si volesse ridurre il Rinascimento a semplice determinazione cronologica ma senza formularlo negli schemi angusti di una periodizzazione, sarebbe in ogni caso difficile isolare i vari settori di attività - dalle manifestazioni artistiche alla cultura materiale - negando o sottovalutando influenze e rapporti reciproci. I modelli di vita urbana, i contenuti delle istituzioni politiche, lo slancio delle costruzioni edilizie, le invenzioni dell'architettura, un certo modo di spendere il denaro o di destinarlo ad investimenti immobiliari piuttosto che commerciali a rischio sono indubbiamente in correlazione diretta - ed in alcuni casi inversa - con altri fenomeni ed atteggiamenti, così da formare un'unità composita, un quadro generale coerente con caratteri propri, che è dato di cogliere al di là delle incertezze e delle ambiguità di certe prospettive storiografiche rinascimentaleggianti. Va detto altresì che gli anni con i quali i nostri due volumi si chiudono si riportano ad una congiuntura di significato precipuamente politico.
Non si può certo fare a meno di rilevare che l'ambiente veneziano largamente e brillantemente partecipò all'umanesimo ed alla rinascenza in senso lato dell'Antichità in modo particolare nel periodo trattato qui. Non solo era necessario prendere atto di tale fenomeno ma occorreva debitamente illustrarlo e perciò un buon numero di contributi rilevanti lo ha appunto fatto in maniera abbastanza ampia. Dalle loro trattazioni emergono sia la consonanza fra i protagonisti veneziani e quelli di altri centri italiani o magari europei sia la notevole originalità delle varie forme della cultura lagunare di quest'epoca. Simile originalità porta in particolare l'impronta della società patrizia, dei suoi assetti politici ed anche - come si è già accennato - delle forme della sua vita economica e collettiva, per certi aspetti dei suoi stessi ordinamenti militari.
A Venezia insomma non fu tanto una società che aderì ad una cultura, se ne rivestì, se ne fece l'illustrazione e fino alla giustificazione ideologica, ma fu piuttosto l'inverso: una visione culturale ed una concezione artistica vi vennero assorbite e plasmate da un ambiente politico-economico particolare e soprattutto dai suoi interessi socio-strutturali. Questo però non fece che rientrare perfettamente nella logica delle culture rinascimentali, che vollero essere in genere funzionali ai singoli organismi nei quali fiorirono, promuoverne le esigenze e sposarne gli obbiettivi terreni e civili, sovente elitari ed aristocratici o principeschi e magari ecclesiastici. Quale che sia stato e venga ancora ritenuto il lustro delle prestigiose creazioni intellettuali ed artistiche del Rinascimento veneziano, esse praticamente non vissero di vita propria ma dell'humus tipico e lagunare che ne costituì il molteplice condizionamento, delle linfe con le quali i vari membri di quell'organismo compatto e singolare alimentarono gli indirizzi e la fisionomia di tali creazioni.
Questi rilievi vanno dunque ben al di là del loro carattere metodologico o sociologico, poiché non si limitano alla ovvia riaffermazione dei nessi interni propri ad ogni grande comunità, in virtù dei quali non sussistono tronconi staccati ed isolabili ma sempre un insieme più o meno articolato. Queste osservazioni hanno da un lato lo scopo preciso di sottolineare che, se ci fu in Europa un organismo vitalmente capace di vivere ed ampiamente respirare la cultura rinascimentale in senso lato, fu proprio quello veneziano - senza dubbio insieme a quello della Francia dei Valois, peraltro connotato da aspetti alquanto diversi e per differenti rispetti. Dall'altro lato, anche a questo titolo tali osservazioni investono per di più la fisionomia specifica di questi due volumi, che hanno mirato a connettere quanto possibile i vari elementi attivi nell'ambiente veneziano al fine di ricostituirne la globalità. Quello che si è inteso ne risultasse è appunto un quadro del Rinascimento a Venezia, affinché il volto di quest'ultimo apparisse contemporaneamente sotto i suoi multiformi e molteplici profili.
A questo punto ci si chiede allora cosa ha significato questa fase nel complesso dello sviluppo del mondo veneziano. Non pare valga davvero la pena di rifarsi alle abbastanza viete partizioni di Medioevo e di Età moderna, per soppesare quanto del primo continuò a permanere e della seconda cominciò a sorgere fra Quattro e Cinquecento nell'ambito della città-stato di San Marco. Ci sembra infatti che se c'è in Europa un bell'esempio dell'artificialità e della scarsa consistenza di quelle scansioni storiografiche è proprio quello veneziano. Ben altrimenti reale ed anche drammatico invece fu l'insieme di problemi del quale si trovò investita Venezia fra l'inizio del Quattrocento ed il 1540 all'incirca. Essa fu allora il cuore di un dominio a geometria territoriale variabile fra Stato da Mar e Terraferma, fu la capitale di un organismo politico che si stava progressivamente strutturando ed assestando in maniera del tutto singolare, costituì il centro di un'economia-mondo fatta arduamente funzionare e poi periclitante, nonché il motore di un irradiamento culturale ad ampio raggio, che dovette impiegare le proprie pulsazioni per costituirsi un'immagine soprattutto difensiva e ripiegantesi su di sé.
Sarebbe certo arbitrario pretendere di tracciare con dei tocchi così rapidi il ritratto di questo periodo rinascimentale pieno di tensioni, sostenute da una società che pur si era avviata ad un assetto interno robusto, non privo di vitali equilibri ed ancor in grado di rispondere attivamente alle sfide che le venivano pressoché da ogni parte. Senza dubbio la centralità della fase rinascimentale, lungo tutta la più che millenaria traiettoria della comunità lagunare, sta proprio nei molteplici processi che allora vi si operarono. Il regime aristocratico, instaurato intorno al 1300 e sottoposto a varie prove nel corso del secolo XIV, fra Quattro e primo Cinquecento celebrò il periodo di maggiore vigore espansivo e dialettico sia esterno sia interno, oltre che di capacità di resistenza. L'economia marittima della città conobbe il momento di più spinta se pur contrastata capacità organizzativa e di più spiccato successo internazionale.
I viaggi delle galere da mercato che ne rappresentarono l'espressione più tipica raggiunsero nel Quattrocento il loro massimo sviluppo. Nel secolo successivo, quando la loro frequenza tese nettamente a diventare minore fin quando non intervenne la totale cessazione, i loro servizi non vennero meno ma risultarono in gran parte trasferiti alle navi mercantili `rotonde'. Anche queste conobbero anni buoni ed anni cattivi e senza dubbio la regolarità dei viaggi venne meno rispettata. Nondimeno il sistema di collegamenti ad ampio raggio non perse la sua vitalità neppure quando le congiunture politiche si rivelarono più avverse. La città-stato si mostrò ancora in grado di far fronte, non senza perdite ma globalmente, ai colpi inferti non solo da principi ben più potenti ma da congiunture inopinate. Le varie forme culturali ch'essa fu capace di realizzare allora costituirono il nocciolo di quel nuovo patrimonio che le avrebbe garantito a lungo una reputazione di eccezionalità ed un'immagine di splendore.
Non è sembrato comunque che vi fosse da esitare nello scegliere per questi due volumi la formula della lunga durata piuttosto che quella della frammentazione. In altri termini è apparso chiaro che non si poteva trovare, all'interno di questo periodo rinascimentale veneziano, nessuna scansione o svolta valide ed atte a giustificarne una partizione in due o più settori cronologici, magari dando corpo all'opposizione tra un Quattrocento in piena floridezza - pur rattristato dalla caduta di Costantinopoli e da quella più dolorosamente avvertita di Negroponte ed un primo quarantennio del Cinquecento oppresso da gravi difficoltà. Le forme nuove si manifestarono con ritmi differenti nei vari campi, con carattere diverso e obbedendo ad impulsi di vario tipo, affermandosi in modo graduale, se mai con qualche accelerazione ma senza evidenti rotture.
La conseguenza di maggiore rilievo che se ne è dovuta trarre sul piano della messa in opera è stata a parte qualche caso particolare che ciascun contributo affrontasse nella propria ottica il periodo più che secolare del Rinascimento che si imprendeva qui a trattare. Da questo è derivato che, pur essendo due, i volumi costituiscano altresì un insieme e cioè ciascuna delle loro parti assuma un senso innanzitutto in relazione a quell'insieme di analisi che è il più articolato ed esteso che la Storia di Venezia abbia realizzato.
Malgrado tale considerevole estensione, non proprio tutti i problemi sono stati affrontati con pari intensità e probabilmente neppure in modo uniformemente soddisfacente. Lo si potrebbe avvertire già dalla lettura dell'indice. A parte il peso delle scelte, del quale siamo perfettamente consapevoli, è superfluo ricordare che non sarebbe affatto realistico, ed è fuori delle umane possibilità, esigere un prodotto perfetto, tale termine essendo del tutto privo di senso in questo campo come in parecchi altri di analoga natura. E senza che questo abbia comportato un suo stravolgimento, il piano iniziale si è dovuto necessariamente piegare, in fase di realizzazione, ad adattamenti e modificazioni imposti dalla disponibilità di idonei collaboratori.
La presentazione di qualsiasi storia non può non essere essa stessa un prodotto storico, una elaborazione legata allo stato concreto delle ricerche ed ai loro indirizzi oltre che connessa con delle particolari contingenze. Esula del resto dal corso delle vicende scientifiche la probabilità che più di tre decine di collaborazioni giungano in porto senza scompensi della più varia specie. La formazione e la personalità dei rispettivi autori come i relativi ritmi di lavoro creano inevitabilmente problemi di ogni genere, qui piuttosto felicemente superati grazie alle maggiori doti di comprensione ed intelligenza degli uni che hanno saputo compensare qualche carenza degli altri.
Quella di cui comunque si deve tenere conto è la congiuntura storiografica specifica nella quale i diversi contributi sono stati necessariamente richiesti e forniti. Si allude in primo luogo al fatto inevitabile, ma dalle conseguenze ineludibili, che le ricerche sulla storia di Venezia sono legate a dei ritmi generali di studio che non derivano necessariamente dalle esigenze pertinenti all'analisi della storia di questa città ma da indirizzi d'indagine affermatisi in vari altri ambiti, locali o internazionali. Il sapere storico è infatti sempre una costruzione culturale, che non può non essere connessa con motivazioni ed interessi sorti e dispiegantisi di volta in volta all'interno sia di ambienti particolari sia di cerchie più vaste. Si è già rilevato in precedenza che quella stessa di Rinascimento è una nozione che si è enucleata ed imposta per ragioni generali e pur legate a svolgimenti determinati della storiografia e della società occidentali. Essa peraltro non è la sola in causa, poiché nelle indagini su Venezia rinascimentale sono venute ad incidere ulteriori e più precise correnti di preferenze problematiche che non avevano la loro origine dalle questioni veneziane più originali e che talora erano addirittura poco congruenti con queste ultime.
Nella sfera delle ricerche culturali in senso lato certi argomenti, cioè, hanno costituito dei punti di attrazione e di gravitazione più di altri, senza che la logica soggiacente alle varie scelte fosse proprio la più adatta allo studio dei fenomeni veneziani. Non si può negare che gli studi sull'umanesimo lagunare e sui suoi nessi con la vita civile o politica siano stati influenzati e indotti da analoghe direzioni d'indagine sviluppatesi in precedenza e miranti all'analisi di fenomeni che parevano o erano propri di ambienti diversi, anche se spesso italiani. Si è d'altronde già fatto cenno al modo in cui si è cercato di procedere per compensare simile stato di fatto e simile tendenza, riequilibrando quest'ultima e soprattutto mettendo in rilievo le peculiarità proprie del mondo lagunare.
Tale operazione di integrazione è stata indubbiamente facilitata dal felice sviluppo nella storiografia italiana di tutto un insieme di ricerche sui problemi della città, della sua effettiva realtà ideologico-culturale come della sua edificazione e distribuzione materiale in senso lato. In altri termini il fiorire assai recente degli studi di urbanistica ed il loro approfondimento riguardante specificamente Venezia ha potuto correggere ed insieme arricchire le prospettive anteriori del cosiddetto umanesimo civile, rendendole di gran lunga più concrete e corpose oltre che più aderenti alla comprensione delle forme e della spazialità lagunari. Grazie all'apporto di queste visuali la città di cui si presenta qui la fisionomia rinascimentale è potuta apparire nella sua complessa specificità oltre che nella attualità e modernità di tante sue manifestazioni.
È un lungo arco di tempo che segna una stagione nuova nella sua storia, così nel tessuto urbano come nei rapporti con il sito lagunare. Il rinnovamento interessa la sua estensione, la distribuzione degli spazi dall'una e dall'altra parte del Canal Grande e la loro utilizzazione secondo strategie di vario ordine, le costruzioni abitative, l'articolazione dei collegamenti interni, insomma tutta l'organizzazione urbana, che si evolve nelle forme e nelle architetture, tuttavia senza l'abbandono di certe linee tradizionali nelle quali si esalta il sentimento della perennità. Interramenti e bonifiche favoriscono l'ampliamento del terreno edificabile e l'edilizia in grande sviluppo costituisce uno dei settori di attività che impegnano quote cospicue di investimenti e di forze di lavoro.
Del rinnovamento edilizio l'architettura più propriamente rinascimentale partecipa alquanto tardi. Forme gotiche si conservano assai a lungo - sia pure nella loro originalità cittadina che le rende inconfondibili - fino alla metà del Quattrocento ed anche oltre, con episodi mirabili come quelli di vari palazzi e delle tre grandi chiese conventuali. Dal momento in cui si affermano, le idee rinascimentali rivelano capacità inventive proprie dell'ambiente locale, con chiari riscontri nella pittura e nella letteratura. La trasformazione peraltro venne accelerata da una successione di incendi fortuiti nell'ultimo ventennio del Quattrocento e da una precisa politica di rinnovamento architettonico. Nelle loro varie esperienze le architetture si caricarono di allegorie e di allusioni simboliche a glorificazione della città della quale si tese a sprigionare un'immagine di centro "trionfante".
Su questo piano, come su quelli della pittura e della produzione letteraria, il "mito" di Venezia è stato risituato e messo in più adeguata prospettiva, dato che aveva bisogno di essere inteso e configurato in maniera più appropriata. In un certo senso, di per sé, le sue pur numerose manifestazioni avrebbero infatti potuto essere considerate come abbastanza secondarie, soprattutto di fronte al ben più evidente peso specifico di eventi militari, navali, economici o sociali. Ma di fatto in questo fenomeno che si rivelò assai più che culturale - come invece era stato prevalentemente percepito - si venne come a coagulare un intreccio di disegni politici, di aspirazioni di ceto, di bisogni di ricupero congiunturale e naturalmente di propaganda o di consapevole strategia dell'immagine. Esso perciò è venuto a fornire un terreno di letture molteplici e di analisi su di una particolare temperie oltre che di illustrazione della capacità inventiva di reagire della comunità cittadina.
Un arricchimento di rilievo forse non minore è venuto dall'innesto di interessi mentali, sociali ed economici sullo studio delle vicende di maggior rilievo nonché della evoluzione politica della città-stato veneziana. Sia le feconde e molteplici ricadute delle analisi urbanistiche appena citate sia tale innesto hanno impresso una notevole coerenza tanto al volume quarto quanto alla giunzione di esso con il volume quinto, che ci ha portato ad unificarli sul piano delle successive divisioni della materia in parti distinte. La parte seconda del volume quarto infatti appare come il logico ed aderente risvolto di quanto viene illustrato nella parte prima ed insieme come il preludio ed il pertinente complemento di quello che viene sviluppato nella parte terza - e di fatto iniziale - del volume quinto.
Il soddisfacimento di queste esigenze di natura per così dire strategica si è accompagnato a quello della ineliminabile richiesta di informazione, al quale un'opera come questa non può non andare incontro. A queste esigenze rispondono in particolare la parte iniziale del volume quarto (con la illustrazione delle vicende politico-militari) e l'ancor più robusta parte quarta, nel volume quinto, articolata in tre settori.
Qui è stato lasciato in secondo piano il frusto tema della decadenza, che per una lunga stagione storiografica ha costituito il motivo centrale ed obbligato dello studio di questo periodo. Alla destrutturazione del vecchio edificio economico medioevale ed alla vicenda dei traffici - pur senza sottovalutarne l'incidenza sulla vita della città - si è guardato in egual misura, in ogni caso in misura non minore che allo sviluppo degli investimenti alternativi in cui essa cercò compenso.
Così si è dato risalto agli investimenti veneziani in Terraferma, che peraltro conobbero una fase d'espansione con la liquidazione del patrimonio fondiario signorile a Treviso ed a Padova e quindi già prima che si ponessero come scelta di ripiego dei capitali che disertavano le attività commerciali. D'altra parte, perché in certe aree abbiano inizio le grandi imprese di bonifica, bisognerà aspettare la seconda metà del Cinquecento. In armonia con le più recenti interpretazioni del fenomeno, uno dei contributi qui presenti offre un quadro nuovo, ben articolato, delle attività artigianali ed industriali in espansione, che nel periodo in esame raggiunsero un'importanza non minore di quella tradizionalmente riconosciuta al commercio. Neppure in questo caso il loro straordinario sviluppo può considerarsi un ripiego ma piuttosto un ulteriore elemento di forza per un'economia che stava vivendo una fase di trasformazione, tuttavia ancora ai suoi massimi livelli. Venezia continuò a mantenersi al centro di una economia-mondo e ad imporsi in quasi tutti i settori chiave delle manifatture, nonostante gli evidenti limiti ambientali che non potevano certo favorirne l'espansione. La massiccia affermazione di queste attività non si compendiò in un movimento di materie prime e di prodotti né nell'afflusso di manodopera qualificata, portatrice di tecniche più avanzate. La moltiplicazione delle botteghe artigiane e degli impianti industriali, le lavorazioni a domicilio, la concentrazione delle forze di lavoro contribuirono in larga misura a mutare il volto della città. La popolazione si espanse, per effetto dell'immigrazione, fino a raggiungere nella prima metà del Cinquecento la punta più alta mai toccata. Aumentò anche la superficie abitata, con una diversificazione degli insediamenti riconducibile alle trasformazioni sociali e politiche. La topografia cittadina, gravitando sul vecchio nucleo abitativo consolidato in particolare sui due poli di San Marco e di Rialto - si andò completando di aree periferiche popolate e urbanizzate sotto la spinta dell'espansione industriale, con il contrassegno di un'edilizia povera e spesso precaria. È una constatazione ovvia che una città industriale dà alle forme dell'insediamento un'impronta diversa da quella pertinente ad un grande centro commerciale e marittimo.
Di grande rilievo è il fatto che neppur in questa congiuntura a Venezia le organizzazioni di mestiere riuscirono a conseguire, come altrove, delle posizioni di potere. Probabilmente, con la tendenza alla formazione di un proletariato industriale, si accentuò la presenza di vaste fasce popolari di marginali, di poveri e di quelli che lo erano potenzialmente - cioè i salariati che, perdendo il lavoro, rischiavano la povertà. Per tutti costoro operavano le numerose istituzioni d'assistenza e beneficenza laiche o ecclesiastiche, che costituivano l'altra faccia dell'organizzazione cittadina dei rituali fastosi e dei divertimenti, delle feste e del lusso condannato invano dalle leggi suntuarie.
Mentre si è già accennato al fatto che non era proprio consentito sviluppare ogni aspetto con pari uniformità ed intensità, si deve tenere conto altresì della struttura generale dell'opera. Quest'ultima prevede infatti che alcuni di questi aspetti vengano trattati a parte, in una serie di volumi impostati sul lungo periodo, nell'intento che questo possa rivelarsi un approccio più efficace se non più proprio. Ci riferiamo in particolare ai problemi della demografia e dell'ambiente, così a quelli della Chiesa o più specificamente giuridici. Tale richiamo era indispensabile per il lettore, come ha costituito un criterio di obbligatorio riferimento per la costruzione di questi volumi dedicati al Rinascimento.
Essi insomma hanno cercato di contemperare le varie prospettive di cui si è fatto cenno, combinandole in modo dinamico e bilanciato allo scopo di offrire una visione equilibrata del periodo rinascimentale a Venezia. Come si è già suggerito, la fisionomia di tale fase corrisponde - in questa città-stato - in assai debole misura alla nozione stereotipa o tradizionale di Rinascimento. Si potrebbe anzi aggiungere che, a ben guardare, come alla storia veneziana sono ben poco consone le partizioni di Medioevo e di Età moderna così può convenire soltanto in modo convenzionale e del tutto approssimativo l'etichetta di Rinascimento per designare la realtà globale dei due secoli XV e XVI iniziale.
Non vi è dubbio che a Venezia fra il 1400 ed il 1540 all'incirca il peso specifico dei fenomeni politico-amministrativi da un lato e socio-economici dall'altro fu di gran lunga maggiore di quello che è lecito attribuire alle manifestazioni più specificamente artistico-culturali, malgrado il prestigio acquisito da queste ultime. Tale Rinascimento fu per Venezia - almeno quanto il Trecento - una fase drammatica sotto parecchi riguardi. La città-stato lagunare rimase davvero senza posa sulla breccia in quel periodo, tanto sul piano militare e territoriale quanto su quello dei traffici e conseguentemente dell'accumulazione della ricchezza. L'eccezionale stabilità politica ed anche la pur notevole compattezza interna le permisero di tener testa - se non sempre di far fronte - a tutte le situazioni, anche alle più difficili. La conquista della Terraferma, che modificava radicalmente la base territoriale dello Stato, la portò ad assumere una parte importante nelle contese italiane, con un impegno militare e finanziario da grande potenza. Problemi non minori li pose la conservazione dei suoi interessi nel Mediterraneo orientale, sempre più minacciati dall'avanzata turca. La conclusione del ciclo, il più drammatico della vita della città, con il passaggio ad una politica difensiva, significava che le ambizioni dei progetti erano state appagate.
In ogni modo appare certo che il periodo rinascimentale venne a costituire quello centrale della sua storia. In esso in primo luogo, dopo il rodaggio trecentesco, il regime aristocratico trovò la sua definitiva consacrazione ed avviò lo Stato verso un assetto che a torto verrebbe definito moderno nel senso corrente del termine ma si classificò piuttosto in un tipo del tutto originale ed anomalo rispetto agli sviluppi che gli organismi principeschi coevi ebbero nell'Europa occidentale. In secondo luogo, fra l'inizio del Quattrocento e la prima metà del secolo successivo, si verificò gradualmente una svolta definitiva fra la lunga fase mercantile e quella proto-industriale e soprattutto terriera. Infine, pur restando Venezia il baricentro del duplice dominio marittimo ed italico, l'incidenza di quelle due componenti - che pur rimasero complementari - si venne a trovare finalmente invertita.
Così nel periodo rinascimentale, come prima e dopo ma con più acuta e tesa presa di coscienza, da un lato Venezia con ammirabile continuità seppe restare se stessa battendosi su quasi ogni piano per rimanerlo, dall'altro il suo destino si trovò suggellato. Al di là del 1540 non vi fu più per essa nessun vero e proprio imprevisto ed altresì più nessuna vera prospettiva di rinnovamento.