Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La lotta per la successione al trono di Luigi d’Angiò è vinta da Sigismondo di Lussemburgo, che torna a fare concessioni ai magnati. Alla sua morte, l’Ungheria è l’unico Paese a est a resistere all’urto ottomano. Dopo la disastrosa sconfitta della battaglia di Varna, emerge la famiglia degli Hunyadi, con Giovanni prima e poi con suo figlio Mattia Corvino, eletto re nazionale. Mattia realizza la costruzione di un regno efficiente e cerca di fare dell’Ungheria una grande potenza, in previsione dell’urto finale coi Turchi.
Sigismondo di Lussemburgo re d’Ungheria
La morte senza eredi maschi di Luigi d’Angiò innesca le lotte per la successione al trono ungherese. L’erede legittima è la figlia di Luigi, Maria, promessa sposa del figlio cadetto dell’imperatore, Sigismondo di Lussemburgo. Ma Carlo di Durazzo rivendica il trono sulla base di una linea maschile laterale degli Angiò. Assassinato Carlo nel 1387, Sigismondo sale sul trono di Ungheria. Alla morte di Maria però, nel 1395, la nobiltà ungherese decide di appoggiare il figlio di Carlo di Durazzo, Ladislao, re di Napoli. La lotta vede nuovamente uscire vittorioso Sigismondo, ma provoca anche un forte ridimensionamento dei domini originari lasciati da Luigi e del suo potere. La Polonia va a Edvige, figlia minore di Luigi, per poi essere destinata al marito Ladislao, duca di Lituania. Venezia, nel frattempo, si riaffaccia sui domini ungheresi acquistando i diritti sulla Dalmazia da Ladislao d’Angiò. Gran parte dei domini balcanici stanno cadendo sotto il controllo ottomano. Approfittando della situazione di debolezza, riprende forza l’azione della nobiltà magnatizia. Sigismondo, infatti, essendo re elettivo e bruciando tutte le sue risorse nella guerra, deve per forza venire a patti col ceto magnatizio, concludendo un’alleanza gravida di concessioni ai signori più potenti.
Il potere di Sigismondo si stabilizza maggiormente quando eredita il trono di Boemia per la morte del fratello Venceslao, e per l’elezione a imperatore. Ma l’Ungheria non trae benefici dall’unione dinastica con la Boemia, anzi, nella prima metà del XV secolo viene interessata da scorribande degli Ussiti che per un ventennio mettono a ferro e fuoco alcune regioni confinanti.
La minaccia turca e l’avanzata sul fronte balcanico comporta che Sigismondo debba incrementare in modo esponenziale le forze armate. Il che tuttavia non gli evita l’umiliante sconfitta a Nicopoli nel 1395. La popolazione, già vessata da molteplici tributi, deve, quindi, pagare un’ulteriore imposta per far fronte alle crescenti spese militari. I contadini degli inizi del XIV secolo vivono condizioni di vita peggiori di quelli del secolo precedente.
La scalata al potere degli Hunyadi
Alla morte di Sigismondo, l’Ungheria è l’unica a resistere all’urto ottomano, mentre tutti gli altri Paesi dei Balcani e del Danubio si sottomettono al sultano. L’elezione del re di Polonia Ladislao III al trono ungherese è l’ultimo tentativo di riproporre la politica di Luigi, cioè di preferire all’opzione boemo-tedesca, realizzata invece da Sigismondo, una grande alleanza tra Polonia, Ungheria, Italia.
La scelta è destinata al fallimento a seguito della morte di Ladislao nella battaglia di Varna del 1444, dove gli Ungheresi vengono duramente sconfitti dai Turchi. La battaglia viene ingaggiata per le insistenze del legato pontificio cardinale Giuliano Cesarini, che scioglie il sovrano dalla parola data nei precedenti trattati coi Turchi. Ladislao entra quindi in Bulgaria con l’esercito, ma non giungendo i rinforzi, viene schiacciato a Varna dagli Ottomani.
La battaglia di Varna rende, tuttavia, possibile l’emergere della famiglia degli Hunyadi, di origine slava. Vajak è il primo cavaliere che presta servizio alla corte di Sigismondo, dal quale riceve il castello di Hunyad in Transilvania. Anche il figlio maggiore Giovanni presta servizio alla corte di Sigismondo e si mette in luce negli scontri contro i Turchi. Inizia una scalata che lo porta al comando supremo delle armate, entra a far parte dei sette membri del governo nazionale ed è poi reggente per re Ladislao VI. Di fatto, Giovanni ha poteri enormi, anche quando Ladislao raggiunge l’Ungheria. Gode dell’appoggio e della stima della piccola nobiltà e ritiene suo compito precipuo cacciare i Turchi. Riesce a stento a sfuggire alla morte a Varna. Mentre il Paese è senza re, nel 1456, a tre anni dalla presa di Costantinopoli, Maometto II attacca l’Ungheria con 200 mila uomini. Giovanni conduce l’esercito ungherese sotto Belgrado assediata dai Turchi e libera la città. La sua vittoria bloccherà l’avanzata turca per molti decenni. Giovanni però non gode i frutti della sua vittoria, poiché muore per la pestilenza scoppiata nel campo cristiano.
Mattia Corvino
L’ascesa al potere di Giovanni è stata possibile grazie allo scontro tra magnati e piccola nobiltà. La piccola nobiltà ha la maggioranza nel Parlamento ungherese e cerca di influenzare maggiormente la politica della nazione. Di fatto Giovanni è il capo della piccola nobiltà e la sua nomina a governatore reggente è una vittoria di questo ceto sull’arrogante grande aristocrazia. La lotta si riaccende però alla morte di Giovanni, quando i magnati incitano il re Ladislao Postumo e soprattutto suo cugino Ulrico Cilli a eliminare i figli di Giovanni. La reazione del partito a favore degli Hunyadi è tale che lo stesso Ulrico viene fatto a pezzi e, non appena Ladislao Postumo muore, il popolo proclama a viva voce re l’unico figlio sopravvissuto di Giovanni, Mattia. Di fronte allo spirito unitario che presenta la piccola nobiltà nell’appoggiare la candidatura di Mattia, il baronaggio magnatizio non può fare buon viso e accettare l’elezione al trono d’Ungheria del figlio di Giovanni Hunyadi.
Mattia Corvino rappresenta l’ultima fase di grandezza della corona di Santo Stefano. La prima parte del suo regno, almeno fino al 1471, è dedicata al consolidamento del suo potere di fronte alle minacce interne ed esterne. Per quanto riguarda le prime, deve conquistarsi la fiducia della nobiltà ungherese. Riesce a ottenere di spezzare i legami clientelari tra la piccola nobiltà e il grande baronaggio. Inoltre, per rendersi indipendente, sviluppa le risorse reali, grazie alla creazione dell’imposta diretta e alla riforma dello sfruttamento minerario. Il che gli permette di possedere un esercito permanente: l’“Armata nera”. I primi provvedimenti presi da Mattia in materia militare, di fatto, creano in Ungheria una sorta di coscrizione obbligatoria, fornendo alla corona un esercito permanente senza eguali in Europa. In tempo di pace si possono contare tra fanteria e cavalleria un corpo di 40 mila uomini, in grado di crescere in tempo di guerra fino a 200 mila uomini. Grazie a questa macchina da guerra, scaccia gli Ottomani dal nord della Bosnia nel 1463. Sempre contro i Turchi, consolida fortezze e cerca di avviare alleanze con altri Paesi dell’Europa. Capisce, tuttavia, che questa via è deludente e impercorribile.
Si dedica con particolare fervore, poi, alla riforma e all’amministrazione della giustizia, con particolare sensibilità verso le condizioni delle classi sociali più umili, schiacciate dai soprusi dei magnati. Per la sua attività di giudice verrà ricordato col titolo di Giusto. Oltre a perseguire una politica di potenza, attua anche un mecenatismo culturale che funge da volano nella cultura ungherese del XV secolo. Alla sua corte, infatti, giungono gli umanisti italiani e l’umanesimo si impianta, cresce e dà i suoi frutti con la prima generazione di umanisti ungheresi.
La seconda parte del suo regno inizia da un tentativo di congiura nobiliare dei gran magnati. Mattia Corvino governa quindi con fare più assolutistico, senza mai convocare la Dieta. Nel 1471 cerca di diventare re di Boemia senza riuscirvi, ma ottenendo dal nuovo re Ladislao Jagellone, col trattato di Olmütz del 1478-1479, il possesso della Moravia, della Slesia e della Lusazia. Entra, quindi, in rotta con gli Asburgo, combattendo tra il 1482 e il 1487 contro Federico III e conducendo nel 1485 le sue truppe fin sotto le mura di Vienna. Da questa guerra ottiene il controllo della Stiria e dell’Austria meridionale. Grazie al peso di queste conquiste, cerca di farsi eleggere imperatore, ma la strada viene interrotta nel 1486 dall’elezione di Massimiliano d’Asburgo.
Mattia fa dell’Ungheria la prima potenza dell’Europa centrale. Dagli storici gli è stato rimproverato di aver disperso le sue energie rispetto all’obiettivo primario della difesa dai Turchi. Ma l’acquisizione di una forza così considerevole ha come obiettivo proprio il rafforzamento dell’Ungheria. Mattia ritiene che rioccupando le posizioni di Sigismondo, re di Ungheria e Boemia e imperatore, possa adeguatamente difendersi dal pericolo turco. Al sovrano, tuttavia, tale disegno non riesce, sia per la morte precoce, sia per l’impossibilità di legittimare l’ereditarietà della corona per il figlio Giovanni. Gli Ungheresi, invece, successivamente alla morte di Mattia offrono il trono ungherese al boemo Ladislao VII Jagellone.