Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
In senso lato, il programma di Hilbert consiste nel progetto di codificare tutta la matematica in uno schema assiomatico-formale. Se il contenuto di una teoria matematica è dato dalla formalizzazione, preminenti sono la questione della sua completezza e della sua coerenza. In particolare, la dimostrazione della coerenza di ogni teoria matematica, a cominciare dall’aritmetica, deve essere ottenuta per mezzo di strumenti finitari, ossia la certezza deve essere ridotta alla manipolazione finita di simboli.
L’assiomatizzazione dell’aritmetica
Secondo il grande matematico tedesco David Hilbert, per “restituire alla matematica l’antica reputazione di verità incontestabile” minacciata da antinomie e paradossi, ma anche da “inutili divieti”, occorre che il suo intero corpo sia concepito come un insieme di sistemi assiomatici formali. Nella sua prospettiva, chiamata formalista – elaborata sistematicamente negli anni fra il 1920 e il 1930 – le teorie matematiche sono formali nella misura in cui i loro simboli sono manipolabili in accordo a certe regole esplicite che ne ignorano l’interpretazione. Un sistema assiomatico formale può dunque essere così descritto:
1) un linguaggio formale L con particolari stringhe di simboli dette formule ben formate (fbf), ossia configurazioni di simboli che soddisfano certe condizioni di struttura;
2) un insieme di fbf chiamate assiomi;
3) un insieme di regole d’inferenza per derivare teoremi dagli assiomi.
Così, una dimostrazione matematica non è altro che una successione finita di formule ben formate ciascuna delle quali è un assioma oppure è derivata per mezzo di regole d’inferenza dalle formule precedenti della successione: un teorema è l’ultima formula ben formata nella successione che costituisce la dimostrazione. Secondo Hilbert un sistema assiomatico formale permette di esprimere un criterio inequivocabile per la verità e l’esistenza matematica: la coerenza degli assiomi implica la loro verità e dunque l’esistenza degli oggetti matematici descritti. Questa prospettiva generalizzava quella proposta nelle Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della Geometria) del 1899, dove Hilbert aveva presentato un’assiomatizzazione della geometria euclidea rimuovendo il significato intuitivo che attribuiamo alle comuni nozioni geometriche di punto, retta, piano: non sono altro che enti che, legati da certe relazioni, soddisfano i 21 assiomi del suo sistema.
Complessivamente il problema dei fondamenti della matematica è ridotto al problema, esclusivamente sintattico, di assicurare che ogni sistema formale soddisfi il criterio della completezza sintattica e della coerenza: un sistema formale è completo quando ogni sua formula ben formata risulta dimostrabile oppure refutabile; un sistema formale è coerente se nessuna negazione di un teorema è a sua volta un teorema. La coerenza e la completezza vanno di pari passo perché una volta che si dimostra che un sistema assiomatico è coerente e completo, allora non corriamo il pericolo di dimostrare dei teoremi falsi e di non dimostrare tutti i teoremi veri. L’idea di fondo di Hilbert è che i mezzi per ottenere le dimostrazioni di coerenza sono forniti dalla matematica stessa: il suo ambizioso programma consiste nel rendere la matematica stessa oggetto di studio matematico. Questo studio per così dire “riflessivo” è organizzato da una nuova disciplina denominata metamatematica, o teoria della dimostrazione (Beweistheorie), termine usato per la prima volta nel 1917 in una conferenza a Zurigo, Axiomatisches Denken (Pensiero assiomatico, 1918).
La teoria della dimostrazione si prefigge l’obiettivo di stabilire la coerenza dei sistemi formali con metodi ritenuti intuitivamente ovvi, finitari, cioè mediante argomenti combinatori o algoritmici che assumono solo l’infinito potenziale, inteso cioè non come una realtà (infinito attuale), ma come un processo, una costruzione della nostra mente di un qualcosa che ha sempre qualcos’altro oltre a sé.
Esiste così una stratificazione dei piani linguistici: la metateoria (la teoria della dimostrazione) è descritta nel modo più preciso possibile da un metalinguaggio con cui è possibile parlare del linguaggio oggetto delle teorie matematiche formali. In particolare, Hilbert congettura non solo la completezza della teoria formale dell’aritmetica, ma anche la possibilità di dimostrarne la coerenza con metodi finitari. Nelle Grundlagen aveva ricondotto la coerenza degli assiomi della geometria euclidea alla coerenza degli assiomi dell’aritmetica dei reali e la questione della non contraddittorietà degli assiomi dell’aritmetica, già nel 1900 – in occasione della conferenza mondiale di matematica di Parigi –, era stata collocata da Hilbert al secondo posto della lista dei problemi aperti.
Tuttavia, nel 1931, il giovane logico austriaco Kurt Gödel risponde in senso negativo a entrambe le congetture: se la teoria formale dell’aritmetica è coerente, allora è incompleta, ossia c’è un enunciato che essa lascia indeciso. E inoltre, se l’aritmetica è coerente, allora non è possibile dimostrare la sua coerenza con metodi finitari. Nel 1936, nella memoria Die Widerspruchsfreiheit der reinen Zahlentheorie (La coerenza della teoria pura dei numeri), Gerhard Gentzen dimostra la coerenza dell’aritmetica coinvolgendo, come principio esterno, l’induzione fino a un ordinale transfinito epsilon-zero con aleph uguale alla cardinalità dei naturali.