Il progetto di riforma delle misure cautelari personali
Un ulteriore intervento normativo è in procinto di essere adottato: si tratta del d.d.l. S.1232. Con esso il Parlamento si sta cimentando nella riscrittura di una parte considerevole del sistema cautelare. Ancora una volta l’obiettivo è di limitare significativamente l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere: riduzione delle condizioni di applicabilità, potenziamento del criterio di residualità, incremento delle ipotesi di caducazione dei provvedimenti, sanzioni disciplinari. Questo e molto altro ancora nei 17 articoli del disegno di legge.
Il Parlamento, spinto dalla volontà di offrire maggiori garanzie e di configurare la custodia cautelare in carcere come estrema ratio, è impegnato in questi mesi nella discussione di un importante testo di legge, volto a riscrivere i punti salienti del sistema cautelare. La proposta di legge è stata prima approvata dalla Camera dei deputati il 9 gennaio 2014 (d.d.l. C.631), poi approvata con modifiche dal Senato il 2 aprile 2014 (d.d.l. S.1232), ed ora è in seconda lettura nuovamente alla Camera (d.d.l. C.631-B).
Il d.d.l., come specifica la relazione di accompagnamento del Senato, «è diretto a delimitare – con un effetto di riduzione del sovraffollamento negli istituti penitenziari – l’ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, attraverso una serie di modifiche che interessano principalmente: la valutazione del giudice, l’idoneità della custodia in carcere, gli obblighi di motivazione del giudice, il procedimento». Inoltre, sono introdotti due articoli diretti a modificare: l’ordinamento penitenziario con riguardo alle visite dei genitori detenuti al minore infermo; la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati.
Si tratta di un testo di una certa complessità, infatti esso va a toccare ben 12 disposizioni del codice di procedura penale, nonché due leggi speciali.
Nell’art. 274 c.p.p. si prevede sia il nuovo requisito della «attualità», in riferimento tanto al pericolo di fuga quanto alla reiterazione del reato; sia il divieto, in entrambe le ipotesi, di dedurre le situazioni di concreto e attuale pericolo in via esclusiva «dalla gravità del titolo del reato» per cui si procede. Viene poi inserito, sempre alla lett. c), un coordinamento con la recente modifica dell’art. 280 c.p.p. (determinata dal d.l. 1.7.2013, n. 78, convertito dalla l. 9.8.2013, n. 94): anche qui si è aggiunto il riferimento al delitto di finanziamento illecito dei partiti, come fattispecie per cui è possibile applicare la custodia in carcere in caso di pericolo di reiterazione della commissione di delitti della stessa specie.
Nell’art. 275 c.p.p., in merito alla scelta delle misure, si vieta l’applicazione della custodia in carcere o degli arresti domiciliari in caso di prognosi dell’applicazione, all’esito del giudizio, della sospensione condizionale della pena o della sospensione della pena ai sensi dell’art. 656, co. 5, c.p.p. Si tratta tuttavia di una modifica che già è stata approvata, seppur con una formulazione diversa, dal d.l. 26.6.2014, n. 92 convertito con modificazioni dalla l. 11.8.2014, n. 1171. È poi contemplata la possibilità di applicazione congiunta delle altre misure coercitive o interdittive, al fine di escludere il ricorso a quella carceraria. Inoltre, si è riscritto il sistema delle presunzioni di adeguatezza, al fine di adeguarlo alle note pronunce di illegittimità costituzionale. Da una parte, si conferma il precedente regime solo per i delitti degli artt. 270, 270 bis, 416 bis e 416 ter c.p., nonché per i delitti previsti dall’art. 74 t.u. stupefacenti (d.P.R. 9.10.1990, n. 309). Dall’altra, si è inserita la presunzione relativa delle esigenze cautelari – superabile con la prova dell’inesistenza dell’esigenza o della possibilità di soddisfarla altrimenti – rispetto ai restanti reati per cui nel passato vigeva il più severo sistema delle presunzioni.
Infine, si introduce un ulteriore obbligo di motivazione: il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’articolo 275 bis, co. 1., c.p.p. Nell’art. 276 c.p.p. si vieta al giudice di disporre la sostituzione degli arresti domiciliari (le cui prescrizioni sono state trasgredite) con la custodia cautelare in carcere nei casi in cui il fatto sia di lieve entità.
Nell’art. 284 c.p.p. viene escluso il divieto di concedere gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione se il fatto per cui si procede sia di lieve entità e se le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con tale misura.
All’art. 289 c.p.p. si prevede che, se la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, l’interrogatorio ha luogo nei termini di cui all’art. 294, co. 1-bis, c.p.p., e non prima dell’adozione della misura.
Con l’art. 292 c.p.p. si impone «una autonoma valutazione» in merito alle esigenze cautelari, agli indizi,aimotivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa e, infine, alle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure.
Con l’art. 299 c.p.p. si consente al giudice, su richiesta del pubblico ministero, di applicare anche congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva nell’ipotesi di aggravamento delle esigenze cautelari.
All’art. 308 c.p.p. è previsto il nuovo termine di dodici mesi per la durata massima delle misure interdittive (senza più differenziazioni fra tipologie di reato) e la possibilità, per esigenze probatorie, di reiterare i provvedimenti fino allo stesso massimo termine.
Nell’art. 309 c.p.p. sono inserite plurime nuove previsioni: la richiesta di comparizione personale con conseguente diritto di comparire personalmente; l’obbligo del tribunale di annullare il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene «l’autonoma valutazione» delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa; la previsione di un termine per il deposito della decisione con possibilità di proroga; la possibilità del differimento dell’udienza su richiesta dell’imputato o d’ufficio, con contestuale proroga dei termini per la decisione e per il deposito dell’ordinanza; la perdita di efficacia della misura in caso di ritardo, non solo nel deposito degli atti e nella decisione, ma anche nel deposito della motivazione; la previsione della impossibilità di rinnovare il provvedimento a seguito della perdita di efficacia, salvo il caso della ricorrenza di eccezionali esigenze cautelari specificatamente motivate.
Il nuovo art. 324 c.p.p. prevede che, anche in sede di riesame delle ordinanze relative a misure cautelari reali, si applicano le medesime modifiche dell’art. 309 c.p.p., ad eccezione però del diritto alla partecipazione personale.
Nell’art. 310 c.p.p. è introdotto anche per il giudizio di appello il termine per il deposito della decisione e le sue eventuali proroghe, senza però la previsione della perdita di efficacia in caso di scadenza dei termini.
Nell’art. 311 c.p.p. è inserito l’obbligo per il giudice del rinvio di decidere e depositare la decisione entro termini stringenti, pena la perdita di efficacia della misura e l’impossibilità di reiterarla, con previsione però di una deroga in presenza di eccezionali esigenze cautelari.
La novella riforma anche la l. 26.7.1975, n. 354, consentendo al ristretto visite al minore infermo o al figlio, al coniuge o al convivente affetto da handicap in situazione di gravità.
È infine modificato il d.lgs. 23.2.2006, n. 109, in modo da rendere sanzionabile l’inosservanza da parte dei magistrati del rispetto delle sequenze temporali delle impugnazioni.
Una difficile lettura sistematica Volendo fare ordine fra le varie disposizioni del disegno di legge e provando a darne una lettura sistematica, è possibile raggruppare le molteplici modifiche in quattro differenti classi, impiegando come criterio di classificazione, per le prime tre, il modo in cui viene realizzato il dichiarato obiettivo di disincentivare il ricorso alla misura custodiale in carcere, mentre la quarta riunisce gli interventi extravagantes, vale a dire quelli difficilmente inseribili nell’unitario disegno normativo.
I) Gli strumenti diretti: i divieti. Un primo gruppo di disposizioni può essere accorpato perché mira direttamente a vietare l’applicazione della misura custodiale in carcere, senza mezzi termini.
Vanno inserite in questa categoria: - le disposizioni che introducono il nuovo requisito dell’attualità del pericolo rispetto alle due esigenze cautelari per le quali prima non era richiesto; alle quali si aggiunge, a corollario, il divieto di dedurre la pericolosità dal titolo di reato per cui si procede (deduzione peraltro già esclusa dalla giurisprudenza dopo qualche incertezza iniziale sul punto)2 (art. 274, lett. b e c, c.p.p.); - la disposizione relativa alla prognosi sul contenuto della sentenza definitiva rispetto alle ipotesi di “sospensione della pena” ex art. 656, co. 5, c.p.p. e di “sospensione condizionale della pena”, sebbene vada nuovamente segnalato che tale riforma è già stata attuata con un diverso provvedimento normativo (art. 275, co. 2-bis, c.p.p.); - la disposizione che vieta (in deroga al normale regime che invece obbliga) di applicare lamisura carceraria in caso di condanna per il reato di evasione se è lieve il fatto per cui si procede (art. 284, co. 5-bis, c.p.p.); - la disposizione relativa al divieto di applicare la più grave misura custodiale in caso di lievi trasgressioni sulle misure custodialimeno gravi (art. 276, co. 1-ter, c.p.p.).
Si tratta di situazioni assai eterogenee fra loro (requisiti per le esigenze cautelari, presunzioni legislative di non proporzionalità o di non adeguatezza), che tuttavia si caratterizzano per il dato comune di mirare a precludere l’applicazione della custodia carceraria in situazioni normativamente tipizzate, ma che tuttavia lasciano alla discrezionalità del giudice e alla casistica giurisprudenziale un ampio margine di manovra. Basti pensare alla “vaghezza quantitativa” sia del termine «attuale» sia del termine «lieve».
II) Gli strumenti indiretti: la residualità. In secondo luogo, vi sono tutte quelle previsioni che permettono di ridurre l’applicazione della custodia in carcere indirettamente, quindi non attraverso dei divieti, ma incentivando l’impiego delle altre misure. In pratica si procede al “potenziamento operativo” del criterio dell’adeguatezza, tramite la rimodulazione e l’inasprimento delle cautele meno invasive. Il giudice è così messo nella possibilità di servirsi di valide alternative
Alla misura carceraria, perché si predispongono strumenti altrettanto incisivi,mameno afflittivi.
Vanno inserite in questa categoria: - le disposizioni che prevedendo la possibilità di cumulare più misure, sia in sede di applicazione che in sede di modifica, affinché l’intervento possa modellarsi meglio alle esigenze cautelari; in pratica attraverso il cumulo è come se si inserissero delle ulteriori misure atipiche, che si configurano come meno invasive della cautela carceraria, ma più efficaci rispetto alle altre misure prese isolatamente (artt. 275, c. 3; 299, c. 4, c.p.p.); - la disposizione che rafforza l’efficacia delle misure interdittive, attraverso l’estensione dei termini di durata (art. 308, c. 2, c.p.p.); - la disposizione che incentiva gli obblighi di motivazione proprio sul punto della residualità; si tratta, certo, di una disposizione pedagogica, che tuttavia ribadisce la necessità di considerare seriamente le possibili soluzioni alternative (art. 275, co. 3-bis, c.p.p.); - le disposizioni che hanno modificato le presunzioni di adeguatezza della custodia in carcere; sebbene la disciplina miri soprattutto a coordinarsi con le note dichiarazioni di incostituzionalità e a prevenire il rischio di nuovi interventi censori del Giudice delle leggi (ad eccezione dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, la cui inclusione fra i delitti per cui la presunzione assoluta rimane ferma, realizzerebbe una violazione del “giudicato costituzionale”3); senza dubbio anche in questi casi si espande sensibilmente la valutazione di residualità dell’intervento (art. 275, co. 3, c.p.p.).
III) Gli strumenti coercitivi: le sanzioni. In terzo luogo possono segnalarsi le modifiche “sanzionatorie”: ovverosia quelle volte a rafforzare il sistema attraverso la previsione, in caso di inosservanza dei precetti, di una sanzione processuale o extraprocessuale.
Si tratta di strumenti a funzione, in senso lato, “general preventiva”.
Si possono menzionare: - l’annullamento con rinvio da parte del giudice del riesame dell’ordinanza priva dell’autonoma valutazione degli elementi fondanti la misura: le esigenze, i presupposti, gli elementi difensivi (artt. 292, c. 2, lett. c, c-bis, e 309, co. 9, c.p.p.); - la caducazione dell’efficacia della misura annullata, sia se il giudice del rinvio non si pronunci entro termini stringenti, sia se il tribunale in sede di riesame non rispetti il nuovo requisito temporale richiesto per il deposito dellamotivazione (artt. 311, co. 5-bis, e 309, co. 10, c.p.p.); - l’impossibilità di reiterare la misura, se essa si è caducata per il mancato rispetto dei termini da parte del giudice del rinvio o del giudice del riesame, salvo le previste eccezioni (artt. 309, co. 10 e 311, co. 5-bis, c.p.p.); - la previsione di un apposito illecito disciplinare per “mancata osservanza dei termini” che regolano le cadenze del riesame e del rinvio (art. 2, lett. q-bis, d.lgs. n. 109/2006).
Si tratta di misure tutte accumunate dalla necessità di garantire il rispetto del dettato normativo. Si vuole così superare – con la forza di un provvedimento legislativo – la consolidata interpretazione giurisprudenziale, orientata assai diversamente su queste fondamentali tematiche4. Basti ricordare quelle pronunce che permettono la reiterazione del provvedimento cautelare a seguito della sua perdita di efficacia5; quelle che consentono con generosità al giudice del riesame l’integrazione dell’ordinanza impositiva6; quelle che escludono l’applicabilità della sanzione dell’inefficacia in caso di scadenza dei termini per il deposito della motivazione7; quelle che non estendono al giudizio di rinvio la sequenza temporale del riesame8. Emerge, in definitiva, come il legislato remiri a tutti i costi a imporre “da subito” l’osservanza delle disposizioni fondamentali che regolano il sistema cautelare. È un pugno sul tavolo, anzi due, visto che le sanzioni processuali sono per lo più doppiate anche da sanzioni disciplinari, connotate da un inconsueto requisito di “determinatezza”.
Tuttavia va notato come la severità del sistema è stata attenuata attraverso importanti deroghe: si rende così “esigibile” il rispetto del dettato normativo.
È infatti prevista la possibilità di posticipare la data dell’udienza e i termini per il deposito della motivazione; inoltre è consentito reiterare il provvedimento di fronte a improrogabili esigenze cautelari.
Ma va anche rilevato che la focalizzazione dell’attenzione “sull’autonoma” valutazione dei tre elementi fondamentali del provvedimento cautelare, non è detto che risolva il dibattito giurisprudenziale sul confine fra ciò che il giudice del riesame possa o non possa emendare. Del pari, di non facile interpretazione risulterà l’individuazione dello spazio operativo delle deroghe al divieto di reiterazione della misura: sicché non va escluso che si riproponga una soluzione giurisprudenziale volta a stemperare, se non annullare, il severo precetto normativo.
IV) Misure extravagantes. Vanno infine menzionati due importanti interventi, volti ad attribuire diritti difensivi e diritti tratta mentali.
Da una parte è stato previsto il diritto alla partecipazione personale nel riesame (art. 309, co. 6 e 8-bis, c.p.p.). Il legislatore vuole così buttarsi alle spalle il venticinquennale dibattito sull’audizione del ristretto fuori o dentro il circondario9. Dibattito che però inevitabilmente si sposterà sul connesso tema della modalità di partecipazione in videoconferenza<a style="text-decoration: none" href="%(link9)">10.
Dall’altra va menzionato il diritto, durante l’esecuzione della misura custodiale, a non impedire l’esplicazione della vita famigliare nel suo aspetto maggiormente solidale (artt. 21 ter l. n. 354/1975).
1 Su cui v. Daniele, M., Il palliativo del nuovo art. 275 c.
2 bis c.p.p., in www.penalecontemporaneo.it, 22.9.2014; Ceresa Gastaldo, M., Tempi duri per i legislatori liberali, ivi, 10.7.2014; Viganò, F.,Una norma da eliminare: l’art. 8 del d.l. 92/2014, ivi, 7.7.2014. 2 Cfr., da una parte Cass. pen., 26.10.990, n. 2828 e, dall’altra, Cass. pen, 1.4.1992, n. 1406 e Cass. pen., 25.8.1992, n. 3091.
3 C. cost., 22.7. 2011, n. 231.
4 Cfr. Spagnolo, P., Il Tribunale della Libertà, Milano, 2008, passim; Ceresa Gastaldo, M., Riformare il riesame dei provvedimenti di coercizione cautelare, in Riv. dir. proc., 2011, 1177 s.;Marzaduri, E., Linee di riforma sulle impugnazioni de libertatis, in www.penalecontemporaneo.it, 3.10.2014.
5 Ex plurimis Cass. pen., S.U., 1.7.1992, n. 11.
6 Ex plurimis Cass. pen., 15.7.2010, n. 33753.
7 Ex plurimis Cass. pen., 18.3.2003, n. 21007.
8 Ex plurimis Cass. pen., S.U., 17.4.1996, n. 204463.
9 Cfr. Spagnolo, P., Il Tribunale della Libertà, cit., 220 ss.
10 Cfr. Spagnolo, P., Il Tribunale della Libertà, cit., 232 ss.