Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La NATO (North Atlantic Treaty Organisation) è la principale delle alleanze costituite dai Paesi occidentali negli anni della guerra fredda. Sorta nel 1949 con carattere difensivo nei confronti dell’Europa occidentale, vede confluirvi Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo, Norvegia, Islanda e Danimarca. L’alleanza si è poi progressivamente allargata a nuovi membri e, dopo la fine della guerra fredda, anche ai Paesi dell’ex blocco sovietico. Contemporaneamente ne sono stati ridefiniti gli obiettivi strategici.
Una risposta alla nascita del Cominform e all’irrigidimento sovietico
La nascita del Cominform nel settembre 1947, con l’adesione dei partiti comunisti al potere e dei due maggiori partiti occidentali – PCF e PCI – costituisce l’antecedente delle iniziative volte alla formazione di un’alleanza occidentale. Il Cominform, che era formalmente un organo di consultazione e di collegamento tra i partiti comunisti europei, muoveva da un’analisi della situazione internazionale in cui si fronteggiavano due campi – quello dell’imperialismo guidato dagli USA e quello del socialismo imperniato sull’URSS – e rappresentava la prima manifestazione dell’irrigidimento sovietico, alle prese con gli effetti del piano Marshall, e del prevalere di una scelta di isolamento. Ne conseguirono nei Paesi occidentali in cui esistevano partiti comunisti di massa – Francia e Italia – agitazioni e scioperi, che erano anche motivati dalle disuguaglianze e dai forti squilibri sociali, e forti mobilitazioni in favore delle campagne per la pace, promosse dall’Unione Sovietica.
La formazione dell’alleanza occidentale si coniuga sin dalle origini con i progetti volti alla costruzione dell’unità europea. Il 17 marzo 1948 a Bruxelles viene sottoscritto dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dai Paesi del Benelux un trattato che trasferisce a livello di alleanza internazionale la risposta alla sfida costituita dall’offensiva sovietica. Infatti, sebbene sia rivolta contro eventuali pericoli di aggressione da parte della Germania, essa prevede una reciproca garanzia di aiuto militare e politico di fronte a qualsivoglia minaccia alla pace.
Nel maggio 1948 il congresso europeo, svoltosi all’Aja, pone le premesse della costituzione, nel 1949, del Consiglio d’Europa, assemblea composta dai rappresentanti dei parlamenti dei Paesi aderenti con poteri consultivi, mentre in agosto l’approvazione da parte della Commissione esteri del senato americano di una risoluzione presentata dal presidente Vandemberg pone le premesse dell’alleanza militare degli Stati Uniti con i Paesi europei e respinge il tradizionale isolazionalismo americano.
Alla base delle trattative che conducono alla formalizzazione dell’alleanza atlantica sono sostanzialmente tre fondamentali questioni: l’organizzazione difensiva dell’Europa e quindi la collocazione della Germania in questo quadro; la determinazione del casus foederis; le dimensioni dell’alleanza. L’aspetto più controverso circa i confini dell’alleanza è l’ammissione dell’Italia, in favore della quale insiste soprattutto la Francia, preoccupata del carattere prevalentemente marittimo e non continentale che si profila.
Il trattato è siglato il 1° aprile 1949. Vi aderiscono gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia, il Belgio, i Paesi Bassi, il Lussemburgo, il Portogallo, la Norvegia, l’Islanda e la Danimarca. Viene sottoscritto un trattato difensivo della durata di venti anni, il cui carattere è definito dall’articolo 5, che assicura una mutua difesa in caso di attacco. Ciò in virtù della necessità di tenere conto degli equilibri costituzionali degli Stati Uniti e delle competenze delle Camere intorno alla politica estera.Nei Paesi in cui è radicata la presenza di partiti comunisti di massa – come l’Italia, ove ai comunisti si affiancano i socialisti, e la Francia – il processo di ratifica dell’adesione all’alleanza è accompagnato da imponenti manifestazioni di protesta.
Un nuovo assetto economico, militare e politico dell’Europa
Come si è detto, la questione atlantica si connette con la costruzione di un nuovo assetto europeo. Dopo la costituzione della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA), che è il primo passo in direzione della pacificazione franco-tedesca, si pone il problema sia della presenza americana sia del riarmo della Germania. Nasce in questo contesto il progetto di un esercito europeo. Intanto, nel 1951 l’esercito atlantico integrato viene posto sotto il comando del generale Eisenhower (1890-1969) e incomincia il negoziato sul piano Pleven volto alla formazione della Comunità Economica di Difesa (CED), entro la quale risolvere la questione del riarmo tedesco. Viene accolta la proposta italiana di una soluzione federalista con la previsione della formazione di un’assemblea eletta a suffragio universale.
Nel corso del Consiglio atlantico svoltosi a Ottawa nel settembre 1951 assume carattere definitivo la struttura della NATO, con l’attuazione dell’articolo 9 e la creazione di una serie di organi. Nel febbraio 1952 viene fissata a Parigi la sede del Comando generale alleato e della struttura generale. Nel 1952 Eisenhower, eletto presidente degli Stati Uniti, viene sostituito dal generale Matthew Ridgway (1895-1993). Nel Consiglio atlantico di Lisbona del febbraio 1952, l’alleanza viene allargata alla Turchia e alla Grecia, mentre il riarmo della Germania è collocato nell’ambito della CED, il cui trattato istitutivo viene formulato con gli accordi di Bonn del maggio 1952. Ma l’iter di ratifica del trattato si infrange sullo scoglio delle difficoltà della politica francese. Manca una maggioranza favorevole e l’Assemblea nazionale affossa la CED nel voto del 30 agosto 1952.
La bocciatura francese riapre la via al rilancio del Patto di Bruxelles. Nel corso della conferenza di Londra del 28 settembre-3 ottobre 1954 viene costituita l’Unione Europea Occidentale (UEO), con la partecipazione dell’Italia e della Germania, la quale entra a fare parte della NATO. Nell’ottobre 1956, con gli accordi di Parigi intorno alla Saar, che rientra a far parte della Germania, viene completata l’edificazione di un sistema difensivo dell’Europa occidentale. Alla costituzione dell’UEO il blocco sovietico risponde con la formazione nel 1955 del Patto di Varsavia.
Negli anni successivi ha nuovo impulso il processo di unificazione sul piano economico dell’Europa con la costituzione nel 1957 della Comunità Economica Europea da parte della Germania, della Francia, dell’Italia e dei tre Paesi del Benelux. Intanto, all’interno dell’amministrazione americana sono in atto mutamenti sensibili circa le strategie militari nel mondo bipolare con il passaggio graduale dalla tesi della rappresaglia massiccia con forze convenzionali e nucleari a quella della “risposta flessibile”, che viene assunta come propria dalla NATO soltanto nel 1967. Nel quadro della revisione americana si pone la scelta franco-inglese di dotarsi di un arsenale atomico proprio, sebbene i due casi si differenziano radicalmente, dato che nel caso inglese è il frutto di una collaborazione con gli Stati Uniti. In questo scenario si colloca il veto del generale Charles de Gaulle (1890-1970), dal 1958 al potere in Francia, all’ingresso della Gran Bretagna, che ne aveva fatto domanda, nella CEE. Da parte di de Gaulle vi è infatti la ricerca di una dimensione europea autonoma dall’alleanza atlantica. La firma, il 22 gennaio 1963, pochi giorni dopo avere pronunciato il no all’ingresso della Gran Bretagna, di un trattato di collaborazione franco-tedesca deve costituire per il generale il perno della sicurezza europea. È uno scontro che investe complessivamente la concezione dell’Europa, che tuttavia trova solo formalmente al fianco del generale de Gaulle la Germania del cristiano democratico Konrad Adenauer (1876-1967). Infatti, la Germania conferma contestualmente alla sottoscrizione dell’accordo con la Francia la fedeltà all’alleanza atlantica entro la quale intende affrontare i problemi della difesa. La Francia di de Gaulle nel marzo 1966 decide l’uscita dal comando integrato della NATO, ma non dall’alleanza, sicché il quartiere generale viene spostato a Bruxelles. In realtà, le resistenze di de Gaulle, così come l’accordo con la Germania, sono la conseguenza delle perplessità europee circa l’ombrello americano alla difesa europea dopo l’adozione della strategia della “risposta flessibile”. La Francia si dota di una propria force de frappe, intraprende una propria strategia culminata nel viaggio di de Gaulle a Mosca nel giugno del 1966 nel corso del quale, ritenuta conclusa la guerra fredda, propone un’Europa che vada dall’Atlantico agli Urali. E tuttavia l’uscita di scena di Adenauer nell’ottobre 1963 indebolisce il disegno di de Gaulle, mentre nel 1967 la costituzione di un Nuclear Planning Group vede l’ammissione anche della Germania. Nel 1968, il trattato di non proliferazione delle armi nucleari ribadisce l’egemonia in quel campo delle due superpotenze.
L’apertura al dialogo verso l’Europa dell’Est: la distensione
La risposta della Germania, dopo che nel 1967 anche formalmente viene adottata dalla NATO la strategia della “risposta flessibile” si indirizza verso l’ Ostpolitik , una politica di dialogo cioè con il socialismo reale dell’Oriente. Giunta al potere nel 1977 una Grosse Koalition tra la CDU (Unione Cristiano-Democratica), la CSU (Unione Cristiano-Sociale) guidata da Kurt Kiesinger (1904-1988), che diviene cancelliere, e la SPD (Partito Socialdemocratico Tedesco) di Willy Brandt (1913-1992), ministro degli Esteri, l’Ospolitik muove i primi passi. Assunta la cancelleria nel settembre 1969, Brandt ne accentua l’Ostpolitik, la quale, partendo dall’assunto della necessità di non lasciare esposta militarmente la Germania, si prefigge, nel quadro del riconoscimento dello status quo, di stabilire un diverso modus vivendi sia con l’Est europeo in generale sia in particolare con la Germania orientale. Il processo culmina con l’ammissione nel 1972 di entrambi i Paesi all’ONU.
È il clima della distensione che, oltre a consentire un dialogo e un riconoscimento sostanziale delle frontiere scaturite a conclusione della seconda guerra mondiale, culmina con la conferenza di Helsinki del 1975.
La ripresa espansionistica dell’Unione Sovietica sul finire degli anni Settanta si riflette sul piano europeo con l’installazione di nuovi missili a gittata intermedia, gli SS20, percepiti dagli europei come una diretta minaccia rivolta contro di essi. Nel dicembre 1979, il Consiglio dei ministri degli Esteri e della Difesa della NATO decide lo schieramento di nuovi missili e, nel contempo, di avviare negoziati per la loro riduzione. E tuttavia la poderosa campagna pacifista che ne deriva, mette in evidenza la diversità di vedute tra europei e Stati Uniti circa i rapporti con l’URSS dopo l’invasione da parte di questa dell’Afghanistan e l’opzione americana in favore della strategia della risposta globale. La NATO, inoltre, si arricchisce di nuovi membri. La Grecia, ritiratasi nel 1974 dopo la guerra con Cipro e il mancato appoggio degli Alleati, rientra nel 1980. Nel 1982 viene ammessa la Spagna. Nello stesso anno, con l’intervento di proprie truppe in Libano, la NATO interviene per la prima volta fuori del teatro europeo. Nel corso degli anni Ottanta, maturano intanto processi di mutamento del quadro istituzionale europeo, che sarebbero culminati con il trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, costitutivi dell’Unione Europea.
L’avvento nel 1985 di Gorbacev (1931-) alla guida dell’Unione Sovietica, il ripensamento dei rapporti con gli Stati Uniti all’interno di una strategia volta alla riforma del sistema del socialismo reale hanno come conclusione non solo la fine della presenza sovietica in Europa, ma la dissoluzione del blocco orientale imperniato sul patto di Varsavia e della stessa URSS. Ne consegue un mutamento sostanziale della natura della NATO, le cui truppe intervengono nel corso della guerra civile jugoslava nel 1995 e nel 1999.
Il 1999 è un anno cruciale. Non solo alla NATO aderiscono la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia, ma ne viene ridefinita la strategia. Ora i pericoli alla sicurezza hanno dimensione globale e investono campi come il terrorismo, il sabotaggio, la criminalità organizzata, l’interruzione del flusso di risorse vitali. È un mutamento qualitativo fondamentale rispetto al trattato istitutivo dell’alleanza. Dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 truppe della NATO intervengono in Afghanistan. Stretti accordi bilaterali vengono stabiliti con la Russia e con l’Ucraina e nel 2002 si dà vita a un Consiglio NATO-Russia, presieduto dal segretario generale della NATO. Nel 2004 l’alleanza si allarga ulteriormente con l’adesione di Bulgaria, Estonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia, mentre nel 1995 ha inizio un dialogo Mediterraneo con sei Paesi – divenuti sette nel 2000 – dell’area nordafricana e mediorientale. Nel 1994 ha anche preso avvio il progetto di partneriato per la pace, volto alla cooperazione con Paesi europei non membri dell’alleanza.