di Marco Di Donato
Hamas, acronimo di Haraka al-Muqawama al-Islamiyya traducibile con movimento di resistenza islamico, è un movimento palestinese nato nel 1987 in seguito alla prima Intifada palestinese. Fin dalla sua nascita Hamas non ha mai fatto mistero della sua diretta affiliazione con la Fratellanza egiziana, tanto che nella sua carta fondativa giunge a definirsi come ‘una delle ali dei Fratelli musulmani’ in Palestina. Suo storico leader, nonché suo primo fondatore, è stato lo shaykh Ahmed Yassin (assassinato nel 2004) da molti studiosi presentato come ‘il leader spirituale’ di Hamas. In realtà la catena di comando del movimento palestinese ha da sempre assunto forme decisamente più complesse evolvendo e modificandosi nel corso della storia. Nel 1989 i membri di Hamas potevano infatti trovarsi in quattro differenti situazioni: incarcerati nelle prigioni israeliane, nascosti nella Striscia di Gaza o in alternativa nelle città della West Bank ed infine all’estero. Essendo questi quattro punti geografi ci impossibilitati a dialogare con regolarità fra loro, vennero conseguentemente a crearsi quattro differenti leadership in realtà riconducibili a due principali raggruppamenti: la leadership interna (Gaza, West Bank e carceri) e quella esterna (i palestinesi in esilio). Hamas, almeno in teoria, sarebbe quindi dovuto divenire un movimento con un sistema decisionale multipolare dove le quattro diverse leadership avrebbero dovuto interagire fra di loro per fornire una linea politica al movimento. Tuttavia, considerate le difficoltà di comunicazione e la pesante campagna di rastrellamento israeliana in atto all’epoca, Hamas decise di spostare tutti i suoi organi decisionali, e conseguentemente tutto il suo potere, all’estero. Da quel preciso istante in poi, il centro decisionale di Hamas venne rappresentato dal suo ufficio politico in esilio, quello che viene comunemente conosciuto come Politburo e storicamente presieduto da Khaled Mesha’al, che ha avuto quasi sempre sede a Damasco. Tuttavia a seguito delle rivolte in Siria e dell’atteggiamento ostile assunto da Hamas nei confronti del presidente siriano Bashar al-Assad, il movimento ha dovuto spostare il proprio centro decisionale in Qatar. Non è un caso che all’interno del suddetto organigramma non si sia fatta menzione delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, braccio armato ufficiale di Hamas la cui prima azione ufficiale risale al 14 maggio 1992. Le Brigate al-Qassam sono da sempre uno degli argomenti maggiormente controversi legati ad Hamas poiché nella loro storia sono state responsabili di attacchi terroristici nonché di attentati suicidi. La loro azione è stata particolarmente intensa durante gli anni Novanta e nel corso della seconda intifada quando attraverso il proprio braccio armato Hamas esprimeva il proprio netto dissenso ed il proprio rifiuto del cosiddetto ‘processo di pace arabo-israeliano’ fortemente sponsorizzato dagli Stati Uniti d’America. Tuttavia, al fianco dell’azione militare, Hamas ha inserito un vero e proprio jihad politico partecipando, dal 2004, ad elezioni municipali e legislative ed affiancando all’ormai consolidata prassi militare una nuova strategia di partecipazione politica che gli permise di ottenere una clamorosa vittoria elettorale, ottenuta in libere elezioni, per il controllo dei seggi dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) nel 2006. Tuttavia quell’inedito esperimento di gestione del potere e delle strutture statali fallì dopo pochi mesi producendo un aggravamento nelle relazioni con Fatah per il controllo dell’Anp nonché intensificando lo scontro con Israele. Uno sconto che, pur banale a dirlo, ha assunto toni progressivamente sempre più drammatici. Basta scorrere l’elenco delle più recenti operazioni militari israeliane all’interno della Striscia di Gaza per fornire un quadro dell’intensità del conflitto: Operation Cast Lead (2008-09), Operation Pillars of Cloud (2012), Operation Protective Edge (2014). In tutte e tre le operazioni il numero di civili deceduti (in maggioranza palestinesi) è stato altissimo, ma certamente il bilancio di Protective Edge rimane per ora il più alto di tutti con oltre 2000 morti e circa 10.000 feriti quasi tutti sul versante palestinese. Paradossalmente l’ultimo, sanguinoso, conflitto ha permesso ad Hamas di riconquistare parte del sostegno da parte della popolazione la quale, di fronte a quella che hanno considerato come l’ennesima aggressione israeliana all’interno della Striscia di Gaza, ha finito con il sostenere sempre più convintamente il progetto di resistenza del movimento islamico. Una fiducia certamente a tempo, dettata dall’eccezionalità del momento, ma che ha mostrato quanto la resistenza possa rappresentare un valore ancora appetibile nella mobilitazione del consenso. Del resto Hamas ha investito moltissimo in nuove e più efficaci tattiche militari negli ultimi anni e durante l’ultimo conflitto con Israele ne ha mostrata tutta l’efficacia. Non solo ha potuto utilizzare droni e nuovi missili di lunga gittata, ma ha implementato notevolmente la propria strategia comunicativa rendendo il proprio sforzo militare intellegibile ai palestinesi come anche agli occidentali. Questo soprattutto attraverso un sito, quello proprio delle Brigate al-Qassam, rinnovato nei contenuti e nella grafica il cui upgrade ha mostrato un’attenzione all’ambito mediatico finora mai troppo sviluppato rispetto a quello militare.