Il mondo degli animali
Non è facile, soprattutto per chi vive in città, vedere e conoscere gli animali. Ma in realtà è sufficiente imparare a guardarsi intorno per scoprire che anche nelle nostre città vivono molti animali, piccoli e grandi, che ci possono essere utili per capire il grande libro della natura. Il nostro viaggio sta per cominciare…
Facciamoci accompagnare nella scoperta del mondo degli animali da Edoardo. Edoardo è un bambino che vive in città, in una grande casa con uno spazioso terrazzo che ha tutt'intorno grattacieli di cristallo, in cui si rispecchia il cielo. Edoardo non ha quasi mai occasione di andare a passeggiare tra i campi e sa ben poco della natura e delle sue meraviglie. Ha visto qualche documentario sugli animali ma, per esempio, crede che le carote pendano dai rami degli alberi come le mele e che i polli, appesi in fila alla rastrelliera nella vetrina del macellaio, siano nati spennati e già pronti per il forno o per la pentola.
Qualche volta Edoardo ha scoperto cose che non gli sono piaciute: un compagno di scuola gli ha sussurrato all'orecchio che le uova con cui la mamma gli prepara la frittata al formaggio escono da un buco nel didietro delle galline, che si chiama cloaca, dal quale escono anche gli escrementi! Saputo questo, Edoardo ha deciso che la frittata non gli piace più! Edoardo, che ha imparato a leggere nei libri di scuola, non sa leggere neppure una parola nel grande libro della natura.
Ma come fa Edoardo a imparare qualcosa delle piante e degli animali se corre e gioca non nei prati ma in un terrazzo al centro di una metropoli, con l'orizzonte chiuso da grattacieli di vetro e di cemento e non da montagne con cime innevate e ghiacciai? Per fortuna Edoardo è un bambino curioso e ha scoperto che il suo terrazzo è un piccolo laboratorio all'aperto, dove la vita non cessa di dar prova di sé. Ha così deciso di andare a scuola dalla natura proprio a cominciare dal suo terrazzo, in quell'osservatorio aereo al centro della città. Per prima cosa ha guardato le piante e si è accorto che, a un certo momento della primavera, le foglie delle rose cominciano a popolarsi di una moltitudine di minuscoli insetti, chiamati pidocchi.
A scuola, una volta, Edoardo ha sentito dire che un compagno aveva i pidocchi e per questo era dovuto stare a casa per diversi giorni, tornando poi tra i banchi completamente pelato.
Edoardo ha scoperto che i pidocchi invadono i capelli, saltando da una persona all'altra, e vivono nel folto delle nostre chiome alimentandosi di sangue. Con una specie di cannuccia appuntita perforano il cuoio capelluto e succhiano il sangue di chi ha la sfortuna di ospitarli, provocandogli un prurito sgradevolissimo.
Però, i pidocchi delle rose non hanno molto in comune con quelli dei capelli: si tratta di animaletti al tempo stesso simili e diversi. Quelli dei capelli succhiano il sangue, mentre quelli delle rose la linfa, che è il sangue delle piante. In altre parole, i pidocchi dei capelli sono carnivori, quelli delle rose vegetariani. Inoltre sono simili, perché appartengono allo stesso grande gruppo (classe) di animali, gli insetti; ma diversi, perché fanno parte di sottogruppi (ordini) differenti.
Tutti quanti per vivere abbiamo bisogno di nutrirci. Anche gli insetti, anche gli animali più piccoli che possiamo immaginare devono trovare il loro cibo. Un'importante differenza tra gli animali, che ci permette di distinguerli in tre grandi gruppi, è il loro menù. In base a ciò che mangiano, gli animali vengono denominati in modi diversi.
Dobbiamo considerare sia i pidocchi dell'uomo sia quelli delle piante come degli sfruttatori, dei parassiti, ovvero esseri viventi che vivono a spese di altri esseri. Edoardo è inquieto: si è talmente preoccupato di osservare i pidocchi che non si è accorto che, giorno dopo giorno, le sue belle piante di rosa sembrano diventare più sofferenti. Le foglie, invase dai minuscoli insetti, si stanno attorcigliando o si deformano: talune ingialliscono e sembra che stiano per cadere a terra. Ma se le foglie cadono, la pianta può seccarsi fino a morire in quanto sono le foglie che fabbricano il nutrimento della pianta. Difatti, i piccoli insetti, con la loro bocca come una siringa, succhiano gli zuccheri che circolano nella foglia, lungo piccoli canali simili alle nostre vene, derubando la pianta di quel cibo che lei stessa ha fabbricato.
Edoardo non sa come fare a mandare via i pidocchi dalle piante. Ma ecco che arriva in volo un insetto rotondeggiante, con le ali anteriori immobili, sollevate di lato, rosse a macchioline nere, e con quelle posteriori che battono l'aria con ritmo sostenuto. Si tratta di una coccinella! Quando si posa sulla foglia, le sue ali posteriori scompaiono sotto quelle anteriori e lei si dà subito un gran daffare: comincia a divorare i pidocchi con grande soddisfazione. Si capisce subito che è di ottimo appetito e che quegli insetti gonfi di linfa sono di suo gradimento. Si tratta, nel linguaggio degli zoologi, di una scena di predazione, in cui i pidocchi sono la preda e la coccinella il predatore.
Se pensiamo ad animali più grandi ci rendiamo conto di avere già visto scene di predazione. In un documentario Edoardo ha visto un leopardo che rincorreva, raggiungeva e azzannava al collo una gazzella. Dopo averla trasportata agilmente sui rami di un albero, cominciava a mangiarsela. La sfortunata gazzella era diventata la preda del leopardo così come i pidocchi sono le prede della coccinella.
Un po' sconvolto per la triste fine della povera gazzella, Edoardo si è deciso a chiedere alla maestra spiegazioni su ciò che ha visto. "Per vivere bisogna mangiare!" gli ha risposto la maestra. Gli esseri viventi sono gli uni il self-service degli altri, mangiano e vengono mangiati. Per esempio, sull'aia di una casa colonica, un pulcino becca dei piccoli insetti che vivono a spese dei ciuffi d'erba, ed ecco che un falco piomba dal cielo su quel pulcino e se lo porta via per divorarlo in santa pace. Sazio per il pasto, il falco sonnecchia su un ramo e non si accorge che un gatto selvatico sta strisciando verso di lui. Con un balzo il felino lo afferra e, senza far troppe storie, se lo serve per cena. Questa sequenza di fatti costituisce una catena alimentare, di cui ogni protagonista, mangiatore e mangiato, è un anello.
Al principio della catena alimentare ci sono animali che mangiano soltanto piante: gli erbivori. Per esempio i pidocchi, che succhiano la linfa dalle rose, oppure le mucche, che brucano l'erba. Non vedremo mai una mucca mangiare una bistecca! È vegetariana e l'erba, più o meno fresca, magari con un po' di paglia, le basta. Ma alcuni animali sono carnivori, proprio come il gatto di Edoardo, il che vuol dire niente erba e solo carne. I carnivori mangiano gli altri animali: il topo è la preda del gatto e il gatto è il suo predatore. Noi uomini invece siamo onnivori, il che significa che mangiamo di tutto. Edoardo ha letto che in certi paesi gli uomini mangiano perfino le cavallette o le larve di insetti!
Gli animali per vivere possono sfruttare le piante o altri animali. Molti si nutrono di animali più piccoli o più deboli. Ma non sempre gli animali sono in lotta tra loro. Anzi, tra gli animali si creano alleanze e cooperazioni che permettono loro di aiutarsi e di sconfiggere i nemici comuni.
Con Edoardo abbiamo osservato il secondo anello di quella che si chiama catena alimentare: il pidocchio è un animale vegetariano che sfrutta una pianta e la coccinella è un carnivoro che mangia un vegetariano. La lotta per la vita è là, su quella foglia di rosa, che tiene a Edoardo una lezione dura, ma utile, su come vanno le cose in natura. Ma c'è solo la lotta nel mondo? Dal terriccio che riempie il grande vaso in cui è radicata la pianta di rosa spunta fuori, d'improvviso, una formica, poi un'altra, un'altra ancora. Come piccoli acrobati corazzati, le formiche risalgono lungo il fusto della pianta e raggiungono la foglia. Che cosa vogliono fare? Edoardo è stupito: le formiche appena giunte sulla foglia si avventano contro la coccinella, con la chiara intenzione di farla andare via. La coccinella, aggredita, sembra in difficoltà. Le formiche con forza e tenacia la premono da tutte le parti finché riescono a spingerla sull'orlo della foglia e la coccinella, seccata da tutte quelle manovre ben poco gentili, prende il volo e se ne va.
Edoardo credeva che, scacciato il predatore, fosse venuto il turno delle formiche che si sarebbero messe a tavola, divorando a loro volta i pidocchi così conquistati. Ma no! Edoardo non crede ai suoi occhi: le formiche, compiendo rapide conversioni, si sistemano dalla parte posteriore dei pidocchi e, con le antenne, cioè i due lunghi filamenti mobili che spuntano sul loro capo, cominciano a tamburellarli dolcemente. Dall'ano dei pidocchi così sollecitati scivola fuori una goccia di colore giallo, che la formica succhia golosamente. Edoardo intuisce la verità, anche se è davvero stravagante: le formiche hanno munto i pidocchi, proprio come facciamo noi con le mucche. Solo che il liquido emesso dai pidocchi non è il latte, bensì la melata, un vero e proprio dessert che alle formiche piace da impazzire.
Insomma, i pidocchi delle piante sono le mucche delle formiche e, come i cowboy del Far West che difendevano le loro mandrie dai ladri di bestiame, così le formiche scacciano le coccinelle che divorano i loro fornitori di melata. Tra i pidocchi e le formiche esiste uno scambio di favori, una cooperazione: tu mi proteggi dai miei nemici e io ti servo in tavola un ricco dessert. Su quel terrazzo vicino al cielo, con l'orizzonte chiuso da grattacieli, al centro di una grande città, Edoardo, dopo avere osservato la lotta per la vita, si è trovato di fronte a un'antica alleanza. Perché, nella vita, c'è chi combatte una guerra perpetua e chi si allea; c'è chi si batte e chi coopera, scambiandosi favori. Edoardo ha cominciato a leggere nel grande libro della natura e i suoi occhi brillano di interesse.
Gli animali si somigliano tra loro: tanti hanno le zampe, quasi tutti hanno gli occhi, molti hanno la coda. Ma ci sono differenze ancora più grandi. Se potessimo guardare dentro ogni singolo animale scopriremmo che, a volte, nonostante l'aspetto esteriore sia simile, all'interno dei loro corpi si nascondono elementi molto diversi e viceversa.
Il gatto è un animale, ma è ben diverso dai pidocchi e dalle formiche, che pure sono anch'essi animali. Intanto il gatto ha quattro zampe; e i pidocchi? Procuriamoci una lente e osserviamo i pidocchi: hanno sei zampe! Anche i loro amici e i loro nemici, cioè le formiche e le coccinelle, che sono tutti insetti, ne hanno sei. Tutti questi animali sono detti esapodi, il che vuol dire con sei zampe. Guardiamo ancora il gatto: sulla sua testa ci sono due orecchie appuntite che possono muoversi in qua e in là, stare dritte o schiacciarsi all'indietro. Sulla testa degli insetti sono invece collocati due lunghi filamenti che si chiamano antenne, simili all'antenna che si trova sull'abitacolo dell'automobile. Però, mentre le antenne delle automobili ricevono le onde radio, quelle degli insetti, a quanto sembra, ricevono segnali da sostanze che emanano odori, anche in piccolissime quantità.
Se osserviamo la coccinella con la lente, notiamo che i suoi occhi, posti ai lati della testa, sono molto diversi dai nostri. Noi, e anche i gatti, per esempio, abbiamo un occhio che è come una pallina. È pieno di liquido, ha una piccola lente nella parte anteriore, capace di contrarsi e di dilatarsi, e in fondo, dalla parte opposta, presenta una zona sensibile, la retina, su cui si formano le immagini. L'occhio della coccinella, invece, è una mezza sfera, con tanti piccoli elementi che vedono ciascuno per conto proprio. Si dice che è un occhio composto. Per capire come funziona facciamo un esempio: tutti noi abbiamo provato, almeno una volta, a ricomporre un puzzle. Abbiamo messo insieme, con pazienza, tutti i frammenti ottenendo alla fine, per esempio, l'immagine di un paesaggio. Ora, l'occhio dell'insetto fa qualcosa di simile: tutti i piccoli occhi singoli si mettono insieme a formare un'immagine unica che però è molto più imperfetta della nostra.
Noi e gli animali vediamo il mondo in maniera diversa. Al punto che, in certi casi, si può dire che, pur vivendo insieme, abitiamo in pianeti differenti. In parole povere, se l'occhio dell'uomo è simile a una macchina fotografica, quello degli insetti, grosso modo, funziona come la televisione. E i colori? Gli insetti, le api per esempio, oltre a vedere come in un puzzle ricomposto, sono ciechi al rosso, cioè non riescono a percepire questo colore, ma in compenso possono vedere l'ultravioletto, per il quale siamo ciechi noi.
Il gatto, altro esempio, vede i colori come quelli di un acquerello sbiadito e anche per lui il rosso è quasi del tutto invisibile.
Le antenne non servono solo a sentire gli odori. Le abbiamo già viste in azione quando le formiche hanno tamburellato sul dorso dei pidocchi, usandole un po' come le bacchette di un tamburo, come se dessero loro l'ordine di farsi mungere. Le stesse formiche, tra loro, 'gesticolano' con le antenne, ovvero muovono le antenne in tutte le direzioni e sembra si dicano qualcosa: ma cosa? Nessuno lo sa. Dunque, le antenne degli insetti servono per odorare e per comunicare e quindi hanno funzioni diverse dalle nostre orecchie e da quelle dei gatti, che servono per sentire i suoni.
Se potessimo vedere attraverso i corpi scopriremmo altre grandi differenze tra gli animali. Tutti gli animali mangiano, vedono, sentono, camminano, respirano. Ogni animale ha sviluppato organi e strutture interni adatti al proprio sistema di vita, che gli permettono di compiere tutte le funzioni necessarie.
Immaginiamo di poter vedere dentro il corpo del gatto e dentro il corpo della coccinella, che è molto simile a quello dei pidocchi o delle formiche. La testa del gatto, protetta da una scatola ossea, contiene una massa biancastra, una sostanza molle, con molte pieghe in superficie. Questa massa è il cervello, che nella parte bassa continua e si prolunga in una sorta di grissino sempre più sottile, il midollo spinale. Il midollo è contenuto in una specie di tubo formato da tante piccole ossa poste in fila indiana, che terminano nella coda. queste ossa, chiamate vertebre, sono come i pezzi di un meccano flessibile e costituiscono la colonna vertebrale. Alla colonna si agganciano altre ossa: le costole, che a loro volta formano una gabbia che racchiude gli organi interni. Innanzi tutto i polmoni: un mantice che inspira ed espira l'aria, posto nella gabbia delle costole insieme al cuore. Il cuore è una specie di pompa che spinge il sangue in circolo. Dal cervello e dal midollo spinale partono e tornano i nervi, che inviano ordini ai muscoli e agli organi e allo stesso tempo ricevono da questi informazioni.
La coccinella è fatta diversamente. Innanzitutto non ha ossa (scheletro) che la sostengono e la proteggono. Però ha l'esterno del corpo ricoperto di una corazza che la rende simile a un cavaliere armato di tutto punto (esoscheletro). Il suo cuore è un tubicino posto lungo la schiena che si contrae debolmente; all'interno della sua testa possiamo osservare una specie di cervello ma al posto del midollo spinale la coccinella possiede una successione di gangli. Questi gangli che si snodano lungo il ventre della coccinella sono come i singoli anelli di una catena, dalla quale partono e tornano i nervi.
Se continuiamo a osservare il corpo del gatto e della coccinella noteremo che in quest'ultima non c'è traccia dei polmoni. Ma com'è possibile? Sappiamo che per vivere dobbiamo respirare e che i polmoni servono proprio a questo. Dunque, la coccinella non respira? È impossibile! Infatti la coccinella respira, ma lo fa a modo suo.
Quando noi respiriamo, inspiriamo l'aria e la inviamo nei polmoni. Qui i globuli rossi del sangue trasportano l'ossigeno per tutto il corpo. Approfittando delle sue piccole dimensioni, la coccinella ha sviluppato un modo semplice per respirare, molto più efficiente del nostro. Sul corpo della coccinella sono presenti piccoli fori laterali. Questi fori si prolungano all'interno dell'organismo della coccinella formando una ragnatela di tubi sempre più sottili, detti trachee. Questi tubicini vanno in ogni parte del corpo della coccinella cosicché l'ossigeno dell'aria, una volta entrato nei tubicini, non ha bisogno di essere trasportato dai globuli rossi: viene consegnato direttamente a domicilio.
Gli animali, tutti gli animali, si dividono in due grandi gruppi: gli invertebrati, ovvero quegli animali che non hanno la colonna vertebrale, e i vertebrati, cioè quelli che ce l'hanno. Del primo gruppo fanno parte gli insetti, i millepiedi, i ragni, i granchi, le cozze, i calamari, i polipi, le meduse e tantissimi altri. Mentre appartengono al secondo gruppo, quello dei vertebrati, i pesci, le rane, le vipere, gli uccelli, il gatto di Edoardo ed Edoardo stesso!
Finora abbiamo osservato con Edoardo gli animali più vicini a noi: il suo gatto e gli insetti che abbiamo visto sul suo terrazzo. Ma in città è possibile vedere anche altri animali, in particolare gli uccelli. Devono essere ben diversi dagli altri animali se hanno la possibilità di volare!
Gli uccelli volano. Perché noi no? Intanto perché gli uccelli hanno le ali, che sono come braccia allungate e ricoperte di penne. In secondo luogo gli uccelli hanno molte ossa vuote e quindi, essendo più leggeri, o comunque meno 'densi', possono volare. Le penne degli uccelli sono molto numerose e ricoprono tutto il loro corpo: un cigno, per esempio, ne ha circa ventimila! Le penne delle ali si dividono in grandi, dette remiganti, e piccole, che servono da copertura. Ma come fanno gli uccelli a volare? Hanno muscoli che permettono loro di battere le ali in su e in giù: i muscoli si attaccano a un osso che sporge sul loro petto e funziona come se fosse il perno di una leva. Questo volo ad ala battente si alterna con il volo planato. In tal caso, l'uccello tiene le ali allargate e ferme e scende lentamente scivolando sull'aria, proprio come fanno gli alianti. I gabbiani, che vivono per lo più vicino al mare, e le cicogne sono bravissimi nel volo planato! Ma ci sono anche uccelli che riescono a salire planando, poiché sfruttano le correnti dell'aria. Infatti l'aria calda tende a salire: alcuni uccelli, come per esempio gli albatri, prendono l'ascensore di queste correnti e, tenendo le ali ben aperte e ferme, riescono a planare verso l'alto invece che verso il basso.
Edoardo vede dalla sua finestra le rondini che solcano rapidamente il cielo, ma non sa che esistono anche uccelli che non sono capaci di volare: lo struzzo, per esempio. Lo struzzo è un grande uccello che ha ali troppo piccole per permettergli di decollare. Allora a cosa possono essere utili le sue ali? Servono allo struzzo maschio per pavoneggiarsi, aprendole a ventaglio quando corteggia la 'sua bella'. Lo struzzo non vola, è vero, ma in compenso corre a più di sessanta chilometri l'ora, soprattutto se lo tallona una leonessa con gran brutte intenzioni! Lo struzzo vive in Africa, ma ci sono altri uccelli inetti al volo: il nandù, che abita nell'America Meridionale, e l'emù, che vive in Australia: una bella famiglia di incapaci! Anche i pinguini, che vivono per lo più in Antartide, salvo alcuni che si sono stanziati nelle Isole Galapagos, hanno rinunciato alle gioie del volo, scegliendo di diventare come pesci. Nuotano che è un piacere vederli: le piccole ali servono loro come pinne e i piedi come timone. Sono capaci di percorrere centinaia di chilometri per andare a riprodursi in luoghi speciali. Sono anche grandi tuffatori e si immergono fino a 400 metri di profondità per cacciare i pesci di cui si nutrono.
Edoardo ha letto che anche le uova degli uccelli, a modo loro, sono 'intelligenti'. Infatti, le uova delle urie e delle alche, uccelli che le depongono senza nido sui bordi delle scogliere, non sono di forma rotonda, ma a forma di pera. Se fossero rotonde rotolerebbero facilmente in mare, invece con la loro forma particolare possono ruotare su sé stesse, ma rotolano con difficoltà.
Dal canto loro, le uova che vengono deposte in nidi tra l'erba e le sterpaglie sono vistosamente maculate, oppure di colori diversi, in modo da risultare meno visibili per tutti quegli animali che si cibano di uova e che potrebbero mangiarsele. Il numero delle uova varia da uccello a uccello. Un albatro depone un solo uovo all'anno, la pernice grigia può deporne fino a venti, e le nostre galline meritano il primo premio: 350 uova all'anno!
Vi siete mai chiesti da dove proviene il miele, quel liquido dorato dolcissimo che alcuni di noi mangiano a colazione? Potrebbe essere come una marmellata, fatta di frutta e zuccheri, ma non è così. Il miele, prima di arrivare sulle nostre tavole, compie un bel viaggio che ha come protagonisti piccoli insetti a strisce gialle e nere: le api
Torniamo sul terrazzo di Edoardo: in un vaso cresce una pianta di rosmarino ricca di fiori sui quali si posano tutte indaffarate alcune api che raccolgono il nettare in fondo alla corolla dei fiori. Le api sono insetti, come le coccinelle e le formiche. Perché le api raccolgono il nettare? Le api, ma questo vale anche per molti altri insetti, hanno fatto dei fiori il loro ristorante self-service e i fiori si danno un gran daffare per attirare questi strani clienti. Emettono profumi intensi, esibiscono colori vivaci che sono come segnali stradali per indicare alle api dove si trova il nettare. Il nettare è fatto di goccioline di un liquido zuccherino, prodotto da piccole ghiandole situate alla base dei petali. Le api lo raccolgono e lo portano nell'alveare, dove il nettare, perdendo acqua e subendo alcune trasformazioni, diventa miele. Dunque, al contrario della marmellata, che è fabbricata dall'uomo, il miele è un alimento prodotto dal popolo laborioso delle api. Le api lo producono e lo mettono in serbo per l'inverno, quando, spariti i fiori, non avrebbero più nulla da mettere sotto i 'denti'. Il miele viene dato dalle api alle loro larve, che vengono allevate in camerette esagonali di cera (alveare) e nutrite amorosamente.
Insieme al nettare le api raccolgono anche un altro elemento dei fiori, che si chiama polline: una polvere finissima prodotta dagli organi maschili dei fiori. La natura non vuole che un fiore 'si sposi' con sé stesso: ama la diversità e la favorisce in tutti i modi. Perciò ha concepito gli esseri viventi in maniera che il polline di un fiore, cioè la sua parte maschile, finisca sulla parte femminile del fiore di un'altra pianta sorella. Ma come è possibile? Le piante hanno le radici e non possono mica andarsene in giro a cercarne un'altra per sposarsi! Ragion per cui alcune piante hanno scelto di affidare il loro polline al vento, mentre altre hanno fatto ricorso agli insetti, soprattutto alle api, come 'postini' del polline. Molti altri insetti favoriscono le nozze dei fiori: per esempio le farfalle, o alcune mosche speciali, simili nell'aspetto e nel colore alle api.
In America vivono alcuni uccelli minuscoli, i colibrì, detti anche uccelli mosca, spesso non più grandi di una farfalla, che, con il loro lungo becco, pescano il nettare in fondo alla corolla dei fiori e, sporcandosi di polline, lo portano in giro. Esistono perfino pipistrelli molto piccoli che di notte frequentano i fiori e ne prendono il nettare con la loro lingua lunga e sottile. Anche questi, imbrattandosi di polline, lo passano da un fiore all'altro!
Edoardo capisce, finalmente, il senso di tutta la storia: come tra i pidocchi e le formiche, così tra i fiori e certi insetti, api in prima fila, è stato firmato un trattato di alleanza che prevede uno scambio di favori. Le api vanno sui fiori per raccogliere nettare e polline, e così facendo, senza saperlo, si sporcano tutto il corpo di quella prodigiosa polverina. Passando di fiore in fiore portano il polline in giro, rendendo possibile le nozze a distanza delle piante. Se gli insetti non portassero il polline di fiore in fiore, dovremmo rinunciare alle mele, alle pere, ai meloni, alle ciliegie e a tanti altri frutti e ortaggi.
Le api fanno il mestiere del postino con grande efficienza, perché cominciano di buon mattino a visitare i fiori e continuano per tutto il giorno, portando il polline all'indirizzo giusto.
Abbiamo 5 sensi: olfatto, udito, tatto, gusto e vista. Anche gli altri animali possiedono questi sensi. Alcuni di loro, però, hanno capacità speciali che li aiutano se uno dei cinque sensi funziona poco, o se le condizioni esterne non permettono loro di usarlo. Pure a noi piacerebbe avere sensi speciali per vedere senza luce o per sentire suoni o rumori lontanissimi…
Edoardo è sempre più curioso: qualcuno gli ha rivelato che gli animali possono avere sensi che noi non abbiamo e che possiamo soltanto immaginare. Per esempio, ci sono pesci che vivono nelle acque fangose e torbide di certi fiumi africani, e nonostante questo non vanno mai a sbattere e inseguono senza difficoltà le loro prede. In parole povere, sembrerebbero vederci benissimo, anche dove è impossibile vedere qualcosa. Come fanno? Si orientano secondo le variazioni dei campi elettrici emessi da loro o dalle loro prede. Ogni essere vivente emana attorno a sé un campo elettrico. Ricordiamoci di quei nervi che partono dal cervello e arrivano ai muscoli inviando i messaggi per contrarsi, oppure dai muscoli o dalla pelle arrivano al cervello, avvertendolo, per esempio, che abbiamo messo la mano su una cosa rovente. Questi ordini sono, nell'essenza, impulsi elettrici che corrono lungo il nervo. Quindi ogni essere vivente emana attorno a sé un campo elettrico. E se c'è un ostacolo? L'ostacolo deforma il campo elettrico che circonda il corpo del pesce e il pesce lo percepisce come un impulso per cambiare direzione. E se un altro pesce nuota nei paraggi? La sua elettricità ne svela la presenza, e sono guai se la svela a un predatore!
Il serpente a sonagli, che vive nelle zone brulle dell' America Settentrionale, è un grande cacciatore di piccoli animali. Il serpente li stordisce col veleno e poi li inghiotte tutti interi, magari ancora vivi. È noto oramai da tempo che il serpente, come i pesci dei fiumi torbidi dell'Africa, insegue e cattura le sue prede addirittura al buio. Si serve anche lui delle variazioni di un campo elettrico? Assolutamente no! La faccenda è del tutto diversa. Il serpente a sonagli ha sul muso una fossetta che 'vede' l'immagine di calore che si forma attorno alle sue vittime.
Tutti gli esseri viventi, chi più chi meno, sono come piccole stufe. Alcuni organismi, come i serpenti, si raffreddano se fa freddo e si riscaldano se fa caldo. Altri, come i gatti e come noi, sanno mantenere la temperatura del corpo a un certo livello, anche se quella del mondo esterno scende o sale. Di conseguenza, attorno a ogni corpo, si forma, per così dire, un involucro di calore, che uno strumento inventato da poco, il termografo, può rendere visibile. Il serpente a sonagli, da milioni di anni prima che l'uomo lo inventasse, è dotato di un termografo molto speciale, che utilizza per 'vedere' le sue prede. Per meglio dire, vede l'immagine termica delle sue prede e quelle non possono più scappare. Il serpente 'vede' il loro calore e finisce per mangiarsele. Insomma, ha un termografo biologico al suo servizio!
Edoardo si è spesso chiesto se gli animali parlino tra loro come noi. Si può dire che emettono suoni, ma non parole. E c'è una bella differenza. Facciamo un esempio: un gruppo di uccelli è alla pastura in un prato, ed ecco che un falco si profila nel cielo. L'uccello che lo vede per primo lancia un grido di allarme e tutti volano via. Se invece del falco avesse fatto la sua comparsa un gatto, il grido sarebbe stato identico e si sarebbe ugualmente verificato un fuggi fuggi generale. Che cosa ha comunicato ai compagni la piccola sentinella? Semplice: ha trasferito in loro la sua paura.
Se, invece, un uomo vede un leopardo, la sua voce tradirà l'emozione, ma la parola leopardo farà nascere nella mente di chi l'ascolta l'immagine di quel felino, e non, fate conto, di un leone. In tal modo, l'uomo non solo comunica la paura, ma anche di che cosa avere paura.
Alcuni animali sono capaci di orientarsi benissimo e di tornare al loro nido o alla loro tana anche in condizioni difficili. Tra questi, sia alcuni uccelli sia alcuni pesci compiono ogni anno viaggi straordinari per procurarsi il cibo o per riprodursi.
Edoardo ha letto che i colombi fanno qualcosa di molto simile a ciò che facevano anticamente i marinai. Quando ancora non c'erano gli strumenti per navigare, i marinai si orientavano con il Sole e con le stelle. Anche i colombi e molti altri uccelli sono capaci di orientarsi in maniera spettacolare: portati lontano da casa per decine e decine di chilometri, ritornano al luogo di partenza. Per quanto ne sappiamo, volando di giorno, i nostri colombi guardano il Sole ed eventualmente, di notte, le stelle. Ma se le nubi coprono il cielo? I colombi continuano ugualmente a volare nella giusta direzione. Perché i colombi possiedono una specie di guida interna, una sorta di bussola nel loro corpo, che indica loro dove andare. Qualche scienziato sostiene che i colombi si orientano anche con gli odori. Ma come?
Pensiamo a una storia immaginaria: Edoardo è stato rapito da certi malfattori. Legato e bendato non può vedere nulla, ma il suo naso è libero e riesce a memorizzare gli odori che via via giungono a lui lungo il percorso. Sente il profumo di un tiglio in fiore, poi il buon odore di un ristorante dove si cuociono delle bistecche, e quindi il cattivo odore di una fabbrica di mangimi. Supponiamo, a questo punto, che Edoardo riesca a liberarsi e a fuggire. Come ritroverà la via di casa? Può decidere di ripercorrere all'indietro la successione dei diversi odori che hanno colpito il suo naso: prima si imbatterà nell'odore della fabbrica, poi del ristorante, infine del tiglio in fiore, ed eccolo di ritorno dai suoi genitori.
I colombi fanno così? È possibile. Resta però una difficoltà: gli uccelli hanno la vista molto acuta ma l'olfatto scarso. Vedono bene lontano, ma sentono male gli odori. Per cui… lasciamo agli scienziati di decidere in merito.
A proposito di animali che fanno lunghi viaggi, l'anguilla si mette di sicuro in prima fila. Questo pesce, che somiglia a un serpente, per lo meno da adulto è capace di compiere in mare un viaggio di 6.000 chilometri e di ritornare al luogo di partenza, percorrendo altri 6.000 chilometri. L'anguilla vive normalmente nelle acque delle valli di Comacchio e di altri luoghi costieri simili dell'Italia settentrionale ma, giunto il momento delle nozze, intraprende un viaggio che la porta al centro dell'Oceano Atlantico. L'anguilla scende attraverso le acque del delta del Po fino al Mare Adriatico, costeggia tutta la penisola italiana, nuota nel Mare Mediterraneo fino ad attraversare lo Stretto di Gibilterra, andando poi, a pinne spiegate, verso il cuore dell'Oceano Atlantico, in un posto ricco di alghe speciali, che prende il nome di Mare dei Sargassi. Lì si riproduce in gran segreto, e nessuno è mai riuscito a vederla. Dopo la riproduzione, l'anguilla ritorna al punto di partenza percorrendo la strada al contrario.
Gli uccelli sono animali straordinari, che danno spesso prove di forza al limite dell'incredibile. Soprattutto superano loro stessi nel corso delle migrazioni, spostandosi, come nel caso delle rondini, per migliaia di chilometri ogni anno dai luoghi scelti per svernare a quelli per nidificare, e viceversa. Le oche a testa barrata sono in grado di superare la gigantesca catena dell'Himalaya, volando a più di 8.000 metri di altezza. Resta misterioso come possano sopportare, pur mantenendo in azione i muscoli, la forte diminuzione di ossigeno. Anche la sterna artica è un gran volatore: compie il più lungo percorso conosciuto, dal Polo Nord al Polo Sud: ben 30.000 chilometri!
Alcuni insetti sono emulatori degli uccelli. La farfalla monarca, per esempio, compie un viaggio di 4.000 chilometri dal Canada al Messico, e se paragoniamo le dimensioni della sterna e quelle dell'insetto, senz'altro ci rendiamo conto delle straordinarie potenzialità di questi piccoli animali.
Ci sono in natura animali davvero particolari. Alcuni di loro possono trasformarsi molte volte nel corso della vita, e in modo così stupefacente che non siamo più in grado di riconoscerli. Altri, per sfuggire ai predatori, possono addirittura cambiare colore. Altri ancora durante l'anno abbandonano la loro pelle e ne 'indossano' una nuova
Le larve delle api appena nate non hanno le ali e il corpo a strisce gialle e nere. Somigliano piuttosto a piccoli vermi. Ma a un certo momento subiscono una meravigliosa trasformazione: diventano api adulte, con ali, zampe e un corpo del tutto nuovo.
Succede lo stesso per le farfalle: il bruco, che mangia le foglie delle piante, a un certo punto si trasforma in una specie di mummia (la crisalide) immobile, appesa allo stelo di un fiore. Un bel giorno la mummia si apre e ne esce non più il bruco, ma una bella farfalla, che subito spicca il volo. Questo fenomeno prende il nome di metamorfosi ed è, a ben pensarci, una cosa davvero straordinaria. Dove c'era un verme, ora c'è una bella farfalla!
Anche l'anguilla, come il bruco che si trasforma in una farfalla, nel corso della sua vita cambia 'vestito', e lo fa per ben cinque volte. Appena nata, l'anguilla ha la forma di una fogliolina trasparente, che gli studiosi hanno chiamato leptocefalo. In seguito assume una forma rotondeggiante, detta ceca. Non ancora contenta delle sue trasformazioni, l'anguilla assume nel frattempo una forma intermedia tra la ceca e l'adulto, detta ragano, e alla fine la troviamo adulta, con il suo aspetto serpentiforme e con un bel ventre colorato di giallo. Ma non è ancora finita. Quando viene il momento di far figli, l'anguilla cambia abito ancora una volta: il suo ventre, che era giallo come l'oro, diventa bianco come l'argento e l'animale è pronto per il suo grande viaggio.
Che gli insetti siano dei veri trasformisti è dimostrato dalle forme diversissime con le quali possono presentarsi e, molte volte, anche nascondersi. Si conoscono insetti che somigliano in maniera impressionante a foglie e diventano invisibili sulla chioma degli alberi. Altri hanno il corpo allungato e, quando si appendono a un ramo, sembrano diventare degli stecchi. Ma non basta: sono capaci anche di portare tali illusioni visive all'estremo, recitando di essere quello che non sono. Esiste, infatti, una piccola cavalletta che se ne va in giro ripiegando il ventre in alto e verso l'avanti, simulando l'aculeo avvelenato di uno scorpione. In altre parole è come se recitasse la parte dello scorpione così bene armato e se qualche animaletto si fa ingannare dall'aspetto è certo che le gira al largo.
Anche le rane, che si possono incontrare nei fossi lungo i sentieri di campagna, o negli stagni, subiscono un curioso cambiamento di forma secondo l'età. Dalle uova, purtroppo sempre meno numerose per l'inquinamento delle acque in cui sono state deposte, escono piccole creature sferiche, con una codina molto mobile, che prendono il nome di girini. Questi girini, alla fine del loro sviluppo, che si svolge interamente nell'acqua, diventano le rane vere e proprie, quelle che al nostro avvicinarsi si tuffano, con un gran salto, nel fosso; sono facilitate, in questa acrobazia, dalle zampe posteriori, che sono lunghe e a gomito.
Povere rane: Edoardo ha letto che in Francia, ma anche in Italia, le rane finiscono in padella o nel risotto di qualche buongustaio. Ma lui, dal canto suo, di sicuro si rifiuterebbe di mangiarle!
Quando proviamo a fare ordine nella nostra stanza, per ritrovare tutte le cose, cerchiamo di metterle in modo tale che oggetti simili o uguali siano vicini. Per esempio, mettiamo le matite nere con altre matite nere, i pennarelli con i pennarelli, i libri di favole con i libri di favole, le macchinette con le macchinette. Qualcuno ha provato a fare ordine tra gli animali
La coccinella e il gatto sono ambedue animali ed è facile distinguerli perché il loro aspetto è molto diverso. Edoardo però ha letto che i pipistrelli volano, ma non sono uccelli. Anzi, malgrado tutto, sono parenti più prossimi del suo gatto, il quale però non vola, che delle rondini, le quali invece volano. E i delfini, che abitano in mare e hanno il corpo affusolato di un pesce e anche le pinne, in realtà non sono pesci. Un vero rompicapo! Proprio per questo nel 18o secolo uno scienziato di nome Carlo Linneo aveva cominciato a mettere ciascuno al suo posto, partendo dalle piante e proseguendo con gli animali. Tanto per dire, aveva sistemato i pipistrelli, i delfini e i gatti in uno stesso grande gruppo, di cui fanno parte anche gli uomini: la classe dei mammiferi.
I mammiferi sono quegli animali che allattano i loro piccoli, ed è proprio quello che fanno i pipistrelli, i delfini… e noi. Gli uccelli, invece, non allattano i piccoli, ma li imboccano. Inoltre, il corpo degli uccelli è coperto di penne, quello dei mammiferi di peli. Le ali degli uccelli e quelle dei pipistrelli sono come braccia trasformate. Le ali degli insetti, invece, in numero di quattro o di due (come nel caso delle mosche), hanno un'origine completamente diversa: si tratta di membrane che crescono fuori o dentro il loro corpo. Proprio per questo gli uccelli e i pipistrelli sono parenti più prossimi tra loro che degli insetti. E non importa se tutti quanti questi animali volano!
A loro volta, le pinne dei delfini non sono pinne, ma hanno come sostegno le stesse ossa che troviamo nelle ali degli uccelli e dei pipistrelli. Certo, i delfini non sono uccelli ma sono mammiferi e, benché somiglino ai pesci, risultano parenti più stretti degli uccelli che degli insetti.
Anche Linneo, qualche secolo fa, si era trovato davanti a questa confusione e per cominciare aveva riunito in gruppi gli esseri viventi simili tra loro. Innanzi tutto la differenza più importante è tra le piante e gli animali. Esistono due mondi separati e diversi chiamati regni: l'uno per le piante, il regno vegetale, e l'altro per i pidocchi, i gatti, i delfini, le rondini, ovvero il regno animale. Ma i pidocchi non hanno le vertebre mentre i gatti sì, per cui, come abbiamo già accennato, bisogna dividere il regno animale in due gruppi: i vertebrati e gli invertebrati. Sappiamo già che il gatto appartiene alla classe dei mammiferi e che mangia la carne, quindi mettiamolo nell'ordine dei carnivori; mentre il pidocchio è un insetto vegetariano e si trova nell'ordine degli ortotteri, che si nutrono dei succhi delle piante.
Se volessimo fare la carta d'identità di un gatto, secondo l'ordine di Linneo dovremmo dire che il gatto appartiene al regno animale, al gruppo dei vertebrati, alla classe dei mammiferi. E fa parte, con i leoni e le tigri, della famiglia dei felidi.
Linneo attribuì a ogni specie un nome e… un 'cognome'. Nome e cognome sono in latino, la lingua ufficiale degli scienziati del suo tempo, e in latino sono scritti ancora oggi i nomi scientifici degli animali.
A questo punto, quali sono il cognome e il nome che Linneo ha attribuito al gatto? Felis è il cognome, ovvero il genere, che si scrive con la lettera maiuscola, e catus il nome, ovvero la specie, che si scrive con la minuscola. In tal modo Linneo ha iscritto all'anagrafe degli animali qualche migliaio di creature, sistemandole tutte nelle opportune caselle del grande gioco dell'oca zoologico.
Il nostro viaggio con Edoardo termina qui. Ora abbiamo soltanto sbirciato una piccolissima parte del grande libro della natura, ma abbiamo già abbastanza informazioni per approfondire la conoscenza del mondo degli animali!
"Questo fatto accadde quando gli uomini ancora non esistevano. In quel tempo solo gli alberi erano immobili. Tutti gli altri esseri si muovevano liberamente. Persino i fiori andavano in visita ai loro amici. A volte anche i pesci si univano a loro perché potevano lasciare l'acqua. Tutti potevano parlarsi e capirsi tra di loro".
In quel tempo gli animali sono molto diversi l'uno dall'altro: alcuni nuotano, altri camminano, strisciano o volano. Ognuno parla una lingua particolare, ma tutti sono in grado di comprendere le parole degli altri. Una notte, però, tutto cambia: si tiene una grande festa alla quale il rospo non è invitato. Gli animali lo considerano brutto, repellente e quando, nonostante tutto, si presenta alla festa, cominciano a insultarlo e a deriderlo.
Il rospo sopporta a lungo, poi perde la pazienza e comincia a gonfiarsi, a gonfiarsi, a gonfiarsi, tanto che il veleno sprizza fuori dalla sua pelle e imbratta tutti gli altri animali. Da quella notte tutto cambia e gli animali non possono più parlarsi né capirsi. Si racconta, però, che una volta, in una notte di temporale, un lupo raffreddato e una capretta ingenua si siano rifugiati nella stessa capanna. La capretta si stringe al lupo, pensando si tratti di una sua compagna, più grande. Il lupo abbraccia la capretta, pensando sia un lupacchiotto spaventato. Per lunghe ore si tengono compagnia, si parlano, si abbracciano, ma quando il temporale finisce, ognuno riprende la sua strada, non sospettando che quella notte si sia verificato un prodigio.
Quando compare l'uomo sulla Terra, gli animali sono incuriositi da quello strano essere che cammina a due zampe, emette suoni mai sentiti prima e li accompagna con mosse davvero insolite. Tutti vorrebbero saperne di più sull'uomo, come vive, cosa pensa, quali sono le sue storie. Ma nessuno sembra in grado di farlo perché fin dall'inizio l'uomo e gli animali non sono in grado di comunicare tra loro. Can Guro sa che l'uomo è una creatura pericolosa: caccia, pesca e non perde occasione per usare le sue terribili armi. Sa che avvicinarsi all'uomo può portare guai, anche molto seri, ma ha un grande desiderio da realizzare, un sogno impossibile da inseguire: vuole un paio di pantaloni. Da quando li ha visti indossati dall'uomo, non pensa ad altro. Avendo provato in ogni modo a ottenere i pantaloni in dono, ricavandone solo un grande spavento, Can Guro chiede aiuto a due cari amici: Cerco Piteco e Pappa Gallo.
"Cerco Piteco assunse un'aria grave e saputa: "Intanto tu lo sai come fanno gli Uoh Mini a capirsi tra di loro?". "No". "Per mezzo di un verso che fanno e che non è il belato, né il nitrito, né il muggito, né il barrito, né il grugnito, né il raglio, né il latrato, né altro verso di noialtri animali, ma tutti questi versi insieme, più qualche altra cosa".
"E come si chiama questo verso?". "Si chiama Parola"."Ah, Parola!". "Ma non basta, oltre che con la Parola, gli Uoh Mini si capiscono con dei movimenti delle mani e, in genere, di tutto il corpo. Questi movimenti loro li chiamano Gesto"".
Pappa Gallo e Cerco Piteco si offrono di comunicare con l'uomo. Loro si danno l'aria di conoscere gli Uoh Mini meglio di chiunque altro. Ma Pappa Gallo ha imparato a parlare da bambini non troppo educati e Cerco Piteco imita le boccacce e i gesti che i visitatori gli rivolgono allo zoo.
Così, quando si trovano di fronte agli Uoh Mini, Pappa Gallo riesce a pronunciare solo parolacce, mentre Cerco Piteco si esibisce in gesti volgari. Gli Uoh Mini si arrabbiano moltissimo e, pronti a vendicarsi dell'affronto subìto, cominciano a inseguirli minacciosi. "Così, niente pantaloni per Can Guro; niente camicia per Pappa Gallo; niente mutande per Cerco Piteco. Ma soprattutto, niente comunicazione tra gli Uoh Mini e gli Ani Mali".
A volte, però, per incantesimi o in situazioni davvero particolari, le cose si mettono diversamente, e gli uomini e gli animali possono comunicare, capirsi e vivere insieme straordinarie avventure. Nella giungla indiana Mowgli, un cucciolo d'uomo, piccolo ma molto coraggioso, viene accolto e adottato dai lupi, dopo che una tigre ha assalito suo padre e i taglialegna che si trovavano con lui. Quella tigre è la temibile e infida Shere Khan, che non rispetta la Legge della Giungla, neppure quando questa proibisce di uccidere l'uomo e di mangiarlo. Shere Khan si è accorta che Mowgli è riuscito a mettersi in salvo: Babbo Lupo lo ha portato nella sua tana, per allevarlo assieme ai cuccioli. La tigre, seppure a malincuore, deve rinunciare alla sua preda.
Mowgli impara a vivere nella giungla, a scoprire i suoi segreti, a conoscere i suoi abitanti e le loro abitudini. "Babbo Lupo gli insegnò il fatto suo, e come vanno le cose nella Giungla, finché ogni fruscio nell'erba, ogni alito di calda aria notturna, ogni nota dei gufi sul suo capo, ogni raschio degli artigli di un pipistrello che si appollaiava per un po' su un albero, e ogni tonfo di ogni pesciolino che salta in uno stagno, significarono per lui quanto per un uomo d'affari l'attività del suo ufficio. Quando non era occupato ad apprendere si adagiava al sole e dormiva, e mangiava e poi tornava a dormire; quando si sentiva sporco o accaldato nuotava negli stagni della foresta; e quando aveva voglia di miele si arrampicava a cercarlo".
Mowgli cresce assieme ai cuccioli e impara presto a rispettare le regole della natura.
"La Legge questa è della giungla - come il cielo antica e forte; va a conforto del Lupo osservante, per il Lupo ribelle è la morte.
La Legge procede a spirale come liana intorno alla scorza: la forza del Branco è il Lupo, il Branco del Lupo è la forza".
Il cucciolo d'uomo ascolta, domanda, osserva, impara. Di ogni animale conosce la forza e la debolezza, i limiti e le possibilità. Non si stanca mai di ascoltare le loro parole, di dialogare, di scoprire i segreti che li legano l'uno all'altro. Sa che la vita di ciascuno dipende dal rispetto di sé e degli altri. Sa che ogni trasgressione può portare a drammatiche conseguenze.
Tanto tempo prima di Mowgli re Salomone, grazie a un anello magico, poteva parlare agli animali e comprendere le loro parole. Salomone è infaticabile nei suoi compiti di regnante, ma una volta all'anno, per due settimane, si concede una vacanza da trascorrere in campagna, sempre nello stesso posto. I suoi ospiti sono due vecchi, marito e moglie, che lo accolgono con gioia ed estremo piacere. Volendo ringraziarli dell'ospitalità, il re chiede loro cosa desiderino in cambio. I vecchi rispondono che il dono più grande e più gradito sarebbe quello di riuscire a comprendere il linguaggio degli animali. Salomone mette in guardia i vecchi sulla pericolosità di quel dono, ma i due insistono e il re non può rifiutarsi di accettare quella richiesta. Da quel giorno marito e moglie si mettono all'ascolto degli animali. Nessuno dei due si aspetta che parlino davvero tra loro né che qualche volta tramino inganni e burle nei confronti dei padroni. Il vecchio è quello che più spesso assiste alle conversazioni che avvengono nella stalla, nell'ovile e nel pollaio. "Un giorno vide una pollastrella vezzosa che faceva la civetta nel cortile del vicino. Il gallo la richiamò e le diede una bella lezione, rimproverandola aspramente: "Non uscire più senza il mio permesso. Voi galline dovete mettervi in testa che qui si fa come dico io. Non solo voi undici, anche cinquanta posso governarne. Non sono certo un debole come il nostro padrone, che ha una sola moglie e invece di farsi obbedire si sottomette"".
Il vecchio torna a casa, si arrabbia con la moglie e diventa cattivo. La vecchia, allora, decide di chiedere aiuto a Salomone. "Egli indagò, e quando capì cos'era successo, fece dimenticare all'uomo la lingua degli animali". Il re è saggio, utilizza con parsimonia l'anello magico. Sa che quando vengono interrogati, anche se a modo loro, gli animali dicono la verità e che la verità, a volte, può essere scomoda.
Ma anche Salomone è un uomo e la curiosità lo spinge a interrogare l'usignolo sulla fedeltà delle sue tante mogli. L'uccellino gli rivela che una delle sue 999 spose è innamorata di un uomo più giovane. Il re, furioso, getta via l'anello e rinuncia per sempre al suo magico dono. Da quel giorno, in gran segreto, l'anello di Salomone è passato di mano in mano, e solo stando molto attenti si possono riconoscere persone che ne sono entrate in possesso, anche solo per qualche istante. C'è un momento dell'anno, però, in cui il potere dell'anello si fa più forte e il suo magico dono si estende a tutti gli esseri umani. Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, mentre i bambini attendono con ansia la Befana e i suoi doni, gli animali tornano a parlare. Gli uomini possono capire le loro parole, ma preferiscono non farlo. Forse vogliono rispettarne i segreti, o forse, temendo una punizione per non essersi comportati bene, hanno paura di sentire ciò che gli animali dicono. Ma questa è un'altra storia. (Anna Antoniazzi)
Maria Antonietta Carta, Il re Salomone e il linguaggio degli animali, in Fiabe siriane, Mondadori, Milano 1997 [Ill.]
Yuichi Kimura, In una notte di temporale, Salani, Firenze 1998 [Ill.]
Rudyard Kipling, Il libro della giungla, Piemme, Casale Monferrato 1996 [Ill.]
Rudyard Kipling, Il libro della giungla, in I libri della giungla e altri racconti di animali, Einaudi, Torino 1998
Rudyard Kipling, Il libro della giungla, Mondadori, Milano 2002 [Ill.]
Alberto Moravia, Senza pantaloni senza comunicazione, in Storie della preistoria, Bompiani, Milano 2001 [Ill.]
Diane Tong, La vendetta del rospo, in Storie e fiabe degli zingari, Tea, Milano 1997 [Ill.]