Ventotene, Il Manifesto di
Documento scritto da Altiero Spinelli (➔) ed Ernesto Rossi durante l’inverno del 1941, il cui titolo completo è Il Manifesto per un’Europa libera ed unita, ma noto come ‘Il Manifesto di V.’, soprattutto nell’edizione clandestina del 1944, curata da E. Colorni. Il Manifesto, frutto di riflessioni sviluppatesi nel corso della cosiddetta ‘guerra dei 30 anni’ che ha sconvolto l’Europa dal 1914 al 1945, rappresenta un mutamento di paradigma essenziale nel progetto di un continente europeo unificato.
L’idea o meglio l’ideale di una federazione europea circolava in Europa da un secolo e mezzo, se si fa riferimento al progetto scritto nel 1814 da H. de Saint-Simon e A. Thierry per la riorganizzazione della società europea secondo un modello sovranazionale, ma questo ideale non aveva mai dato vita a un movimento politico né era stato considerato dai suoi promotori come un obiettivo concreto per la generazione dei loro contemporanei.
Partendo dall’analisi delle ragioni che avevano provocato due guerre mondiali e ispirandosi contemporaneamente a testi anglosassoni e alle riflessioni di L. Einaudi (➔) sulla crisi dello Stato-nazione, il Manifesto di V. abbandonava la convinzione evoluzionista del pacifismo passivo tipica della dottrina liberale – secondo la quale le società erano naturalmente portate a svilupparsi verso forme superiori di convivenza – per aprire una prospettiva diversa di pacifismo attivo, sulla base della necessità di offrire all’Europa il progetto di un nuovo sistema fondato sull’interdipendenza degli Stati e non più sull’equilibrio fra Stati sovrani. In questo senso, la teoria dello Stato federale concepita da Spinelli e Rossi e l’azione politica che ne è stata il suo naturale corollario hanno lasciato il segno nel tempo, collocandosi nel solco del pensiero politico realista.Teoria e azione insite nel M. si sono distinte sia dalle concezioni del federalismo come un’ideologia destinata a imporsi fatalmente nel corso della storia, che culminerà nella federazione mondiale, sia dalle dottrine liberali, democratiche e socialiste che attribuivano rispettivamente alle politiche economico-mercantiliste, ai sistemi totalitari e al capitalismo le cause della guerra.
Spinelli e Rossi, confinati dal regime fascista nel carcere a cielo aperto di V. insieme a qualche centinaio di confinati politici o delinquenti comuni, elaborarono la loro dottrina dello Stato federale mentre l’Europa era quasi tutta occupata dalle armate di Hitler, disordinatamente accompagnate dall’esercito di Mussolini. Approfittando delle maglie larghe della polizia fascista, il Manifesto di V. nacque, così, scritto a 4 mani da Spinelli e Rossi con contributi intellettuali rilevanti del socialista ebreo Colorni, di sua moglie U. Hirschmann, poi divenuta compagna di Spinelli, e di altri antifascisti non comunisti come G. Braccialarghe, A. Buleghin, D. Roberto, L. Fundo e S. Skendi.
Il M. fu diviso in 3 parti: una dedicata alla crisi della società moderna, l’altra all’unità europea dopo la guerra, entrambe scritte da Spinelli, e la terza, scritta da Rossi, alla riforma della società. Secondo lo stesso Spinelli, del Manifesto restano attuali tre elementi di valutazione: la necessità di un’azione politica per la realizzazione della Federazione europea nel tempo presente, la continuità di quest’azione affidata a un movimento di rivoluzionari di professione, l’adesione al progetto di unire l’Europa su basi federali come metro di giudizio delle forze politiche tradizionali.