Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Gli assetti del mondo postbellico sono definiti a partire dal 1943 nel corso delle grandi conferenze tra i Paesi dell’alleanza antifascista: Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica. Il nuovo ordine mondiale prefigurato dal presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt lascia il posto alla divisione dei blocchi, con l’emergere in Europa dell’URSS come nuova potenza continentale. Nella conferenza di Bretton Woods sono posti i fondamenti del nuovo sistema economico basato sul dollaro. Alla conferenza di San Francisco vengono gettate le basi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Le conferenze internazionali del dopoguerra: Teheran, Jalta, Potsdam
Gli equilibri postbellici e le questioni relative alla definizione dell’assetto dell’Europa hanno al centro grandi conferenze interalleate svoltesi nella fase conclusiva della guerra. La prima, tenutasi a Mosca nell’ottobre 1943, vede la partecipazione dei ministri degli Esteri e ha al centro dei colloqui la dichiarazione delle quattro potenze proposta dal presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt (1882-1945) in vista della creazione, a guerra conclusa, di un nuovo ordine mondiale, oltre che le questioni relative alla prosecuzione delle operazioni belliche. In quell’occasione incominciano a delinearsi le zone di influenza, che si concentrano sui nodi irrisolti della sistemazione della Polonia e della gestione dell’Italia dopo la caduta del fascismo.
La conferenza di Teheran, tenutasi dal 28 novembre al 1° dicembre 1943, è il primo e più importante dei vertici tra i leader delle potenze dell’alleanza antifascista: Roosevelt, Winston Churchill (1874-1965), primo ministro britannico, e il dittatore sovietico Stalin (1879-1953). È in quella sede che vengono affrontate le questioni che avrebbero condizionato il dopoguerra: la proposta americana di un’Organizzazione delle Nazioni Unite, a presidio di un nuovo ordine mondiale; i mutamenti territoriali della Polonia, rispetto alla quale si riconosce l’irreversibilità delle acquisizioni sovietiche e si pongono le premesse per uno spostamento a ovest dei confini; la sorte della Germania vinta, sul cui smembramento, sia pure con modalità e obiettivi differenti, paiono concordi le tre potenze. All’interno dell’alleanza antifascista, sostanzialmente convergente sugli obiettivi di guerra, iniziano a emergere i contrasti, che avrebbero fortemente condizionato il nuovo assetto del mondo, intorno al dopoguerra. Per gli Stati Uniti è prioritario un programma di lungo periodo fondato sulla creazione di un nuovo ordine mondiale garantito dalle quattro potenze (USA, URSS, Gran Bretagna e Cina nazionalista, con la quale gli Stati Uniti hanno posto le premesse della collaborazione nella conferenza del Cairo del 22-26 novembre 1943, pochi giorni prima dell’incontro di Teheran). Per la Gran Bretagna è in questa fase prioritario assicurare sia il controllo imperiale sia l’influenza nel continente europeo, mentre meno chiari appaiono gli obiettivi dell’URSS, e cioè se essa miri esclusivamente a garantire la sicurezza dei propri confini o, per il tramite di essa, a espandere la capacità di influenza in Europa.
Trascorso il 1944 che, sul piano militare, vede la fondamentale operazione Overlord (nome in codice dello sbarco in Normandia) e, su quello politico, le elezioni presidenziali americane che danno a Roosevelt il quarto mandato, all’inizio del 1945, i tre grandi si incontrano nuovamente nella conferenza di Jalta dal 4 all’11 febbraio 1945, nel corso della quale trova definizione un processo che ha contrassegnato i rapporti internazionali dalla conferenza di Teheran. La conferenza di Potsdam, tenutasi dal 17 luglio al 2 agosto 1945, perfeziona gli accordi sulla questione tedesca. La loro ambiguità cela i motivi del futuro dissenso.
Vengono quindi definiti i rapporti tra le potenze vincitrici del conflitto e le rispettive aree di influenza. Al centro è la questione della Polonia, fondamentale sia per la precisazione del nuovo assetto europeo, dato il nesso inscindibile tra i confini polacchi e la questione tedesca, sia per la soddisfazione dell’esigenza sovietica di avere garanzie intorno alla propria sicurezza.
Sulle rive del Mar Nero, i tre grandi definiscono gli accordi sul futuro dell’Europa in un clima che, sebbene sembri pervaso da uno spirito teso alla prosecuzione dell’alleanza antifascista, tanto che ci si accorda sull’intervento dell’Unione Sovietica contro il Giappone, contiene tuttavia i germi del conflitto che in Europa avrebbe opposto nei decenni successivi gli ex alleati. Essi sottoscrivono una Dichiarazione sull’Europa liberata, in base alla quale si prevedono libere e democratiche elezioni nei territori già sottoposti all’occupazione nazista. Vi è tuttavia un dissidio irriducibile tra l’URSS e le potenze occidentali, destinato a emergere successivamente, che ha naturalmente al centro la Polonia, sia riguardo i confini sia in relazione alla natura del suo governo, che i sovietici intendono mantenere nelle mani di persone fidate. In luglio, la conferenza a Potsdam. Alla guida degli Stati Uniti è assurto, in seguito alla morte di Roosevelt, avvenuta il 12 aprile 1945, il vicepresidente Harry Truman (1884-1972), mentre in Gran Bretagna, sconfitto nel corso della conferenza Churchill nelle elezioni politiche, è divenuto primo ministro il leader laburista Clement Attlee (1883-1967). Al centro dei colloqui di Potsdam sono la questione tedesca e l’avvio dei negoziati per i trattati di pace, in vista dei quali viene costituito il Council of Foreign Ministers. Dopo la resa incondizionata, la Germania, i cui confini a oriente vengono fissati sulla linea dei fiumi Oder e Neisse, è suddivisa in quattro parti: a oriente si installano i Sovietici, a occidente gli Stati Uniti (Sud), la Gran Bretagna (Ovest) e la Francia alla quale le due potenze occidentali cedono alcune aree della loro zona di occupazione. Anche la capitale Berlino, nel territorio controllato dai Sovietici e sede del Consiglio alleato, viene analogamente divisa in quattro settori. La risoluzione della diatriba sulle riparazioni di guerra, particolarmente avvertita dall’URSS, secondo la quale essa riguardava essenzialmente la propria zona di occupazione, crea le premesse per la separazione della parte orientale da quella occidentale. Del resto, conclusa la guerra, preoccupazione precipua degli Stati Uniti diviene la ripresa dell’economia tedesca, su cui gravano non solo le distruzioni belliche, ma, a partire dall’inverno, la pressione delle masse di profughi provenienti dalle zone orientali passate ai Sovietici e ai Polacchi. Sin dal gennaio 1947 a occidente si formalizza la cooperazione angloamericana con la formazione di un’entità economica separata, la “Bizona”.
Su un punto si realizza una convergenza: il processo di Norimberga contro alcuni tra i massimi responsabili dello Stato nazista. Apertosi nell’autunno 1945, si conclude l’anno successivo con dieci condanne a morte e diciannove a diverse pene detentive.
Il ruolo guida delle due superpotenze: USA e URSS
Gli Stati Uniti assurgono con la guerra a leader mondiale e conoscono significativi incrementi demografici ed economici: il prodotto nazionale lordo passa dai 91 miliardi di dollari del 1939 ai 212 miliardi di dollari del 1945. Con la conferenza di Bretton Woods, nel 1944, viene definito un sistema monetario internazionale che ha nel dollaro il punto fondamentale di riferimento. Sul piano militare, lo scoppio della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki dà agli Stati Uniti un’incontrastata supremazia. L’Unione Sovietica di Stalin, che alla guerra ha pagato il maggior tributo di vite umane (si calcola che hanno perso la vita oltre 20 milioni di persone), da un lato vede seriamente danneggiata l’economia, dall’altro emerge come la maggiore potenza continentale. Per la Gran Bretagna il secondo conflitto mondiale, per contro, ha sanzionato il declino irreversibile nel ruolo di superpotenza.
Il conflitto strisciante che oppone gli ex alleati non si limita all’Europa. Se nel marzo 1946, in una celebre conferenza tenuta a Fulton, Churchill ammonisce che una “cortina di ferro” sta calando sul Vecchio Continente, un’altra area in cui emergono contrasti rispetto agli accordi precedenti è l’Iran, ove i Sovietici tardano a ritirare le truppe di occupazione, operazione prevista appunto per il marzo 1946. Nel maggio i Sovietici rispettano gli accordi, ma si fa strada la convinzione, contenuta nel celebre telegramma del diplomatico americano George Kennan (1904-2005) del febbraio 1946, che non sia possibile stabilire una tranquilla convivenza con essi. In un articolo su “Foreign affairs” del luglio 1947, Kennan illustra la linea del containement delle tendenze espansionistiche sovietiche. Del resto, sin dal 12 marzo 1947, Truman aveva esposto al Congresso la sua “dottrina”, fondata sulla convinzione che “la politica degli Stati Uniti debba essere quella di sostenere i popoli liberi che cercano di opporsi ai tentativi di asservimento da parte di minoranze armate o di pressioni esterne”. Il riferimento immediato è alla Turchia e alla Grecia, Paesi in favore dei quali viene approvato uno stanziamento di 400 milioni di dollari, ma ha una portata più vasta, dato che investe tutta l’Europa occidentale. Nella dichiarazione sono contenuti i prodromi della politica che il segretario di Stato George Marshall (1880-1959) illustrerà il 5 giugno 1947 all’università di Harvard: egli annuncia l’aiuto americano alla ripresa economica europea, formalizzato nei mesi successivi con l’European Recovery Program, approvato dai due rami del parlamento americano dopo che nel febbraio 1948 il “colpo di Praga” ha escluso i partiti non comunisti dal governo della Cecoslovacchia.
Alla conferenza di Jalta era stata ripresa anche la discussione intorno alla proposta degli Stati Uniti di un’Organizzazione delle Nazioni Unite, i cui principi erano stati accettati già alla conferenza di Teheran ed erano usciti ulteriormente precisati nella conferenza svoltasi a Washington nella villa di Dumbarton Oaks, tra il 21 agosto e il 29 settembre 1944. A Jalta erano stati sciolti i nodi ancora irrisolti riguardo sia il diritto di partecipazione sia le procedure di voto nel Consiglio di sicurezza. La conferenza di San Francisco, apertasi il 25 aprile 1945, si conclude il 26 giugno con la sottoscrizione di un documento da parte di 50 paesi. Il trattato, entrato in vigore il 24 ottobre 1945, attribuisce all’ONU il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Compongono l’Organizzazione delle Nazioni Unite tre organi: l’Assemblea, il Consiglio di sicurezza e il Segretario generale. Il Consiglio è l’organo di sicurezza del quale fanno parte undici paesi: cinque permanenti – Cina, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica – gli altri eletti a turno. Le decisioni del Consiglio di sicurezza prevedono il consenso dei cinque membri permanenti, che possono opporre un veto alle deliberazioni non condivise. Questo meccanismo ha a lungo paralizzato la vita dell’ONU. Attualmente è in discussione un progetto di riforma del massimo organismo internazionale, al quale l’Italia è stata ammessa soltanto nel 1955.