Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La stagione provocatoria del movimento dadaista è tanto intensa quanto breve: prende le mosse dagli incontri di un gruppo di intellettuali presso il Cabaret Voltaire, fondato a Zurigo il 5 febbraio 1916. La sua funzione principale è distruggere una concezione cristallizzata dell’arte a vantaggio di un’arte nuova che nelle sue manifestazioni finisce per rivelarsi anche uno stile di vita, provocatorio e dissacrante nei confronti della tradizione, ma finalizzata a riscoprire nuove e rinnovate fonti di gioia e creatività.
La culla
Il 5 febbraio 1916 viene inaugurato a Zurigo il Cabaret Voltaire. Le serate del locale, fondato dal regista teatrale Hugo Ball e animate da un gruppo di intellettuali europei anarchici rifugiatisi in Svizzera durante la prima guerra mondiale, diventano presto note per le manifestazioni artistiche inusuali e provocatorie che vi si svolgono: messa in scena di spettacoli, letture e recitazioni di poesie, esposizione di opere d’avanguardia e d’arte “primitiva”.
La nuova visione dell’arte che si propone durante queste serate si chiamerà dadaismo. Gli artisti che si riconoscono nel movimento rifiutano ogni atteggiamento razionalistico e considerano la distruzione dell’arte tradizionale, legata alle convenzioni borghesi, come passaggio necessario per la nascita di un’arte nuova coincidente con la vita.
L’atto creativo dadaista si affida a un meccanismo di pura casualità. Come ci ricorda uno dei massimi esponenti del movimento, il poeta rumeno ed estensore dei “manifesti” dadaisti Tristan Tzara : “Per fare un poema dadaista. Prendete un giornale. Prendete delle forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che contate di dare al vostro poema. Ritagliate l’articolo. Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che formano questo articolo e mettetele in un sacco. Agitate piano. Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro, disponendoli nell’ordine in cui hanno lasciato il sacco. Copiate coscienziosamente. Il poema vi assomiglierà. Ed eccovi ‘uno scrittore infinitamente originale e d’una sensibilità affascinante, sebbene incompresa dall’uomo della strada’”.
L’arte dadaista riceve, inoltre, un decisivo contributo dalle teorie psicoanalitiche sviluppate in quegli anni da Sigmund Freud. In proposito lo scultore e pittore tedesco Hans Arp afferma: “La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria”.
Alla concretizzazione della nuova estetica dadaista contribuiscono in maniera essenziale i ready-made, opere realizzate con oggetti comuni senza finalità estetiche, che, isolati dal contesto originario, sono presentati come opere d’arte. L’effetto prodotto da queste “creazioni” è che qualsiasi oggetto può essere considerato opera d’arte, e di conseguenza che niente è arte. L’artista non è più, quindi, colui che sa produrre arte, ma colui che sa proporre nuovi significati all’arte.
Marcel Duchamp e il ready-made
Marcel Duchamp, benché ufficialmente non ne abbia mai accettato l’appartenenza, è considerato uno dei protagonisti all’origine del movimento. Le sue prime esperienze pittoriche sono molto eterogenee, attraversando il neoimpressionismo, il fauvismo, il simbolismo e il futurismo. Particolare attenzione è posta da Duchamp alla nascente avanguardia cubista, da cui però si distacca presto, dopo che nel 1912 il suo quadro Nudo che scende le scale n. 2 viene rifiutato dal Salon des Indépendants, poiché ritenuto non sufficientemente cubista.
Nel 1915 Duchamp si reca per la prima volta a New York, dove, insieme al gallerista Alfred Stieglitz e agli artisti Man Ray e Francis Picabia, dà vita al dada americano (1915-1919). In questi anni espone i primi ready-made, tra cui Ruota di bicicletta (1913) e la celebre Fontana (1917). Attraverso quest’ultima opera, in realtà un normale orinatoio rovesciato, Duchamp riesce ad attuare un’operazione di lucida provocazione concettuale: presenta Fontana alla mostra organizzata dalla Society of Independent Artists di New York e firma l’opera con lo pseudonimo R. Mutt. Malgrado la giuria decida di non esporre il pezzo, una fotografia dell’opera compare sulla rivista “The Blind Man”, pubblicata dallo stesso Duchamp, il quale, fingendo di prendere le parti dello sconosciuto autore, scrive: “Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no. Egli l’ha scelta. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni giorno, lo ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto”.
Negli anni successivi Duchamp sospende la sua produzione artistica, divenendo consulente di collezionisti privati e gallerie americane, oltre che appassionato giocatore di scacchi. Dal 1946 al 1966 si dedica segretamente a un’ultima enigmatica opera dal titolo Etant donnés: 1° la chute d’eau, 2° le gaz d’éclairage, che consiste in una parziale visione di una donna nuda sdraiata su dei rovi, con in mano una lampada a gas accesa.
Quest’opera, della cui esistenza si è appreso solo dopo la sua morte, chiude il percorso di un artista che ha avuto il merito di aprire la strada a tutte le forme d’arte concettuale che si svilupperanno negli anni successivi.
Francis Picabia
Altro importante esponente del movimento dada è il pittore francese Francis Picabia. Nato a Parigi nel 1879, inizia a dipingere e a ottenere un discreto successo con pitture neoimpressioniste e fauve. Già dal 1913 le sue opere cominciano a presentare elementi cubisti e astratti, che, anche attraverso l’incontro con Duchamp, sviluppano un definitivo superamento dei tradizionali schemi formali.
Dal 1915, anno che segna l’inizio del periodo macchinistico (ossia relativo all’inserimento nelle composizioni di elementi meccanico-anatomici simbolici), Picabia partecipa a manifestazioni dadaiste a New York, Zurigo e Parigi. Ma già nel 1921 prende forma un suo distacco dall’estetica dadaista, accusata da Picabia di aver perso la sua carica dirompente. Il passaggio successivo è un avvicinamento al nascente movimento surrealista. Ritornato a Parigi, alla fine della seconda guerra mondiale, riprende a dipingere una pittura figurativa di carattere surrealista e a scrivere poesie, fino alla sua morte nel 1953.
Il dada in America: Man Ray
Benché il dadaismo si fosse sostanzialmente sviluppato in ambito europeo, negli stessi anni prende forma un analogo approccio all’arte negli Stati Uniti. Protagonista del movimento americano, oltre al gallerista Stieglitz, Duchamp e Picabia, è il pittore e fotografo Man Ray. Dopo i primi lavori di matrice cubista realizzati a New York tra il 1910 e il 1915, l’artista statunitense (il cui vero nome era Emmanuel Radnitzki) ha sviluppato la sua personale ricerca artistica soprattutto attraverso la fotografia, intesa come la fine “della fatica di riprodurre le proporzioni e l’anatomia dei soggetti”.
Soggetti delle prime fotografie, realizzate nel 1915, sono i cosidetti Oggetti d’affezione, concepiti attraverso l’accostamento di diversi oggetti d’uso comune e fotografati con meticolosa attenzione alle luci e alle ombre. Nel 1921 si trasferisce con Marcel Duchamp a Parigi, dove diviene fotografo professionista. In questo periodo nascono le Rayografie, ossia i negativi degli oggetti in precedenza appoggiati sulla carta, che Man Ray introduce anche nel cinema, nella scultura e nei ready-made. Altro tema rilevante nella produzione dell’artista americano sono i ritratti, in cui la scelta di fotografare in pose apparentemente casuali e in maniera estremamente ravvicinata sembra proiettare i soggetti al di fuori del loro spazio.
Agli inizi degli anni Venti l’intensa stagione del movimento dadaista si avvia verso la conclusione, avendo in ogni caso avuto il merito di assolvere al suo principale obiettivo: distruggere attraverso la provocazione la concezione statica e cristallizzata dell’arte. Molti dei principali protagonisti del movimento scelsero nuove strade che si concretizzarono, nella seconda metà degli anni Venti, con la nascita del movimento surrealista.