GUICCIOLI, Ignazio
Nacque a Ravenna dal conte Alessandro e da Angelina Galliani il 18 marzo 1806. Nel 1817, in seguito alla morte della madre, il padre - che l'anno dopo si risposerà con Teresa Gamba Ghiselli, futura amante di G.G. Byron - lo inviò in collegio.
Oltre all'attitudine per gli studi letterari, approfonditi a Bologna dal 1823 al 1827 grazie agli insegnamenti del letterato P. Costa, il G. manifestò precoci convinzioni patriottiche, come dimostrano i contatti tenuti fin dal 1821 con le sette carbonare romagnole.
Dal 1828, prese a trascorrere gran parte dell'anno presso il padre a Venezia: in questa città il G., assiduo frequentatore di spettacoli teatrali, conobbe personaggi dell'ambiente artistico-letterario quali F.M. Piave, V. Betteloni, V. Bellini, G. Rossini. Negli anni Trenta il suo interesse per la letteratura e il teatro si concretizzò con la pubblicazione di due drammi in versi: GliStati di Blois (1835), in cinque atti, di argomento storico, ispirato al teatro di V. Hugo, e Bandito (1839), in due atti, influenzato dalla lezione di F. Schiller e di Byron. Per non incorrere nella censura italiana, furono entrambi pubblicati anonimi a Parigi, grazie all'interessamento della matrigna.
Nell'ottobre 1839, trovandosi a Roma per affari, il G. conobbe la ventunenne Faustina Capranica, che sposò, sempre in Roma, il 19 maggio 1842 e dalla quale successivamente ebbe quattro figli. Qualche mese dopo il matrimonio, si trasferì con la moglie a Venezia per una permanenza intervallata da lunghi soggiorni nella residenza di Ravenna. Intanto, nel 1841, con breve pontificio, che attribuiva dignità marchionale al suo possedimento di Ca' del Bosco nel Ravennate, gli era stato conferito il titolo di marchese.
Nel dicembre 1845, malgrado la polizia austriaca lo tenesse in sospetto per le sue simpatie carbonare, il G. fu nominato dal Consiglio comunale della città gonfaloniere di Ravenna. Inizialmente restio ad accettare, pare per scarsa inclinazione alla politica, si convinse soltanto dopo le insistenze del governo pontificio. Una volta in carica, si adoperò per dare impulso ai lavori di costruzione del teatro e al restauro del sepolcro di Dante, nonché per dotare la zona di una ferrovia, ma gli accordi presi con il Municipio di Faenza, furono vanificati dal misoneismo di Gregorio XVI.
Nel 1846 il G. fu ricevuto due volte dal nuovo pontefice Pio IX, i cui sentimenti di apertura erano noti in Romagna ove era stato vescovo di Imola: il 15 luglio, insieme con la deputazione ravennate, il G. presentò ufficialmente al papa gli omaggi della città; il 5 agosto, sempre con una delegazione di concittadini, fu latore di una supplica con cui si evidenziava la necessità di urgenti riforme. Naturale rappresentante del notabilato locale, il G. seppe guadagnarsi una certa popolarità presso i ceti inferiori con alcune iniziative filantropiche.
Così, il 21 nov. 1846, indisse una distribuzione straordinaria di pane ai poveri; l'anno seguente, col sovrapporsi della carestia alle agitazioni politiche, fece acquistare presso il Municipio di Ancona un ingente quantitativo di cereali da distribuire al popolo a condizioni vantaggiose, scongiurando così le speculazioni degli incettatori.
Rifiutato nel gennaio 1848 il rinnovo della carica di gonfaloniere, il 16 maggio di quello stesso anno il G., rinunciando alla candidatura al Consiglio dei deputati offertagli dal comitato elettorale di Ravenna, fu eletto membro dell'Alto Consiglio dello Stato pontificio, l'organo costituzionale che, assieme al Consiglio dei deputati, attuava il regime istituito il 14 marzo 1848 da Pio IX. Nell'Alto Consiglio, i cui membri erano nominati a vita dal papa stesso, vigevano posizioni moderatamente conservatrici, dalle quali il G., primo dei quattro segretari, si distinse apertamente criticando con G. Pasolini l'assenza dalla risposta al discorso papale di qualunque cenno a una politica nazionale e alla partecipazione delle truppe pontificie alla guerra per l'indipendenza. Tuttavia i suoi rilievi rimasero inascoltati e nell'indirizzo dell'Alto Consiglio (17 luglio 1848) prevalse la prudenza che determinò una benevola risposta da parte di Pio IX, dimostratosi invece critico nella replica al messaggio del Consiglio dei deputati che non aveva nascosto qualche divergenza rispetto agli orientamenti papali. Animato da un fervido patriottismo, il G. non esitò allora a proporre all'Alto Consiglio di seguire l'esempio della Camera bassa che il 18 luglio 1848, con un nuovo messaggio, pregava il pontefice di prendere le armi contro gli Austriaci. Purtuttavia, il G. godé di un certo favore da parte di Pio IX, come provano, fra l'altro, i colloqui dell'11 settembre e del 23 nov. 1848, nel corso dei quali il papa accennò ai propri contrasti con T. Mamiani, legato al G. da amicizia.
Nel novembre 1848, oltre a ospitare nella sua residenza di Ravenna G. Garibaldi, che dopo la fuga di Pio IX a Gaeta si accingeva a dirigersi verso Roma, il G. fu membro della commissione dell'Alto Consiglio incaricata di redigere un proclama che raccomandasse ai Romani in quel difficile momento il rispetto della legge e il mantenimento dell'ordine.
Già eletto il 31 genn. 1849 dalla città e provincia di Ravenna rappresentante del popolo nell'Assemblea costituente romana, dopo la proclamazione della Repubblica il G. fu nominato ministro delle Finanze nel governo presieduto da C.E. Muzzarelli (14 febbr. 1849). Di lì a pochi giorni, insieme col ministro del Commercio P. Sterbini, fu incaricato di attuare il provvedimento con cui il comitato esecutivo, per fronteggiare la crisi finanziaria, autorizzava la Banca romana a emettere banconote per un valore di 1.300.000 scudi, 900.000 dei quali da destinare senza interessi al governo, e i restanti 400.000 da impiegare come sussidio al commercio di Roma, Bologna e Ancona. Con lo Sterbini, il G. dovette rendere esecutivi, tra gli altri, anche i decreti relativi all'incameramento dei beni ecclesiastici e al prestito forzoso sulle famiglie facoltose e le società commerciali. Si determinò allora una situazione di malcontento, aggravata dalla mancata erogazione del prestito ai commercianti bolognesi e anconetani: fatto oggetto di qualche sospetto e attaccato insieme con Sterbini in Assemblea, il 6 marzo 1849 il G. fu ben lieto di rassegnare le dimissioni.
Il 10 marzo 1849 fu inviato, insieme con G. Gabussi, dall'Assemblea a Firenze per sollecitare la fusione della Toscana con la Repubblica Romana, in vista di una comune partecipazione alla futura Costituente italiana. Sin dai primi colloqui emerse però l'ostilità del triumviro F.D. Guerrazzi a ogni ipotesi di unificazione e, il 19 marzo, il G. si congedò dal governo toscano. Destinato dalla Repubblica a un'altra missione, il 28 marzo recò a Venezia assediata l'aiuto di 100.000 scudi decretato dall'Assemblea romana. Nell'inarrestabile deterioramento della situazione, l'ultimo impegno del G. prima della caduta della Repubblica Romana lo vide inserito nella delegazione che nel maggio del 1849 trattò con gli Austriaci la resa delle città romagnole.
Il 10 luglio 1849, dopo la restaurazione del governo pontificio, il G., informato del mandato d'arresto spiccato contro tutti i membri dell'Assemblea romana, andò in esilio a San Marino. Fece ritorno a Venezia il 28 maggio 1850, attraversando in incognito i territori papali. Nonostante le esortazioni del suocero B. Capranica, non prese iniziative per rientrare nello Stato pontificio, risoluto a non accettare le condizioni poste da quel governo.
Varie furono le relazioni intrattenute dal G. tra il 1855 e il 1856: a Venezia fu in rapporto con C. Cantù, suo amico da circa quindici anni; a Parigi, ove si trattenne per circa sei mesi con la famiglia, rivide G. Rossini e, come attestano due lettere (I Guiccioli, II, pp. 86 s.), frequentò per breve tempo la matrigna Teresa Gamba, vedova del padre e risposatasi in Francia, benché i rapporti con lei si fossero da tempo guastati per motivi di interesse.
Il 12 nov. 1857, per intercessione della cittadinanza ravennate, il G. ricevette da Pio IX il permesso di trattenersi brevemente a Ravenna per curare i suoi interessi, dispensato dall'obbligo della dichiarazione di fedeltà al pontefice. Tornato a Venezia, continuò a manifestare le proprie convinzioni antiaustriache: nel 1859, richiamato dalla polizia per il contegno dei suoi figli, giudicati irrispettosi verso il governo e l'imperatore, affermò di non dover rendere conto ad alcuno dei propri metodi educativi. Finalmente nel maggio 1860, a seguito dell'annessione delle Romagne al Piemonte, poté fare definitivamente ritorno a Ravenna, ove il 2 ottobre dello stesso anno, insieme con le autorità locali e i cittadini più in vista, fu presentato a Vittorio Emanuele II da L.C. Farini, suo vecchio amico. Eletto deputato nel 1867 nel primo collegio di Ravenna, si schierò nelle file della Destra. Poi, anche grazie ai meriti acquisiti dal figlio Alessandro nella soluzione della questione romana, il 1° dic. 1870, su proposta del capo del governo G. Lanza, fu nominato senatore: si trasferì dunque a Roma e prese a occuparsi soprattutto di questioni amministrative.
Il G. morì a Venezia il 15 sett. 1879.
Fonti e Bibl.: A. Guiccioli, I Guiccioli. Memorie di una famiglia patrizia, a cura di A. Alberti, Bologna 1934-35, I, pp. 53 s.; II, pp. 9 s.; N. Roncalli, Diario dall'anno 1849 al 1870, Roma-Torino-Firenze 1884, II, parte I, pp. 34, 44; C. Tivaroni, L'Italia durante il dominio austriaco (1815-1849), II (L'Italia centrale), Torino-Roma 1893, pp. 327, 369, 371, 375; Diario del principe don Agostino Chigi dal 1830 al 1855, a cura di C. Fraschetti, II, Tolentino 1906, pp. 70, 73; Assemblee del Risorgimento. Roma, III, Roma 1911, pp. 190, 298 s., 543 s., 547 s., 551-560; G. Leti, La rivoluzione e la Repubblica Romana (1848-1849), Milano 1913, ad ind.; G. Mazzini, Scritti editi e inediti (per la consultazione cfr. Indici, a cura di G. Macchia, II, 1, Imola 1972, ad nomen); Carteggio tra M. Minghetti e G. Pasolini, I, (1846-54), a cura di G. Pasolini, Torino 1924, pp. 110, 123, 159, 168; E. Montecchi, Mattia Montecchi nel Risorgimento italiano, Roma 1932, pp. XLV, 143 s., 151, 158; D. Demarco, Pio IX e la rivoluzione romana del 1848, Modena 1947, p. 78; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, V, Milano 1950, p. 78; VII, ibid. 1960, pp. 99 s.; L. Lotti, Ravenna politica fra Ottocento e Novecento, in Storia di Ravenna, V, L'età risorgimentale e contemporanea, Venezia 1996, pp. 604, 608; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, pp. 551 s.; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, III, p. 636; M. Rosi, Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Enc. biografica e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 70; Il Parlamento italiano 1861-1988, III, 1870-1874. Il periodo della Destra da Lanza a Minghetti, Milano 1989, p. 450.