CANTÙ, Ignazio
Nato a Brivio (Como) il 5 dic. 1810 da Celso e da Rachele Gallavresi, vi rimase fino a undici anni presso il nonno, mentre la famiglia si era trasferita a Milano. Morto il nonno, egli venne mandato a Sondrio, nel collegio dove insegnava il fratello Cesare, maggiore di lui di sei anni e divenuto capo della numerosa famiglia dopo la morte del padre. Il C. seguì poi Cesare a Como dove continuò gli studi. Completata a Milano la preparazione, nel 1831 superò a Pavia gli esami di abilitazione all'insegnamento e fu assunto nel collegio Gallio di Como, che lasciò quando fu chiamato all'istituto Boselli di Milano. Non riuscì mai, sotto il governo austriaco, ad ottenere un posto d'insegnamento pubblico. Nel 1832 sposò Margherita Clerici-Parini.
Cominciava intanto la collaborazione a periodici con racconti, bozzetti, articoli di critica letteraria e di storia, facendo le prime prove nel Ricoglitore italiano e straniero. Nel 1835-36 pubblicò a Milano Le vicende della Brianza e de' paesi circonvicini, in due volumi, che fu elogiato da C. Cattaneo negli Annali di statistica:l'autore, con "l'istoria particolare di questo territorio", aveva reso un positivo tributo alla "piccola patria", aveva saputo comporre un'opera di carattere popolare ed aveva compreso l'importanza di divulgare le "notizie naturali e civili". Articoli illustrativi di altri territori del Lombardo-Veneto il C. preparò per L'Eco della Borsa, che li pubblicò alternandoli a contributi simili del Cattaneo.
Nel 1840-41 uscì a Milano la Enciclopedia popolare e collezione di letture amene ed utili ad ogni persona compilata per cura di Ignazio Cantù, che costituisce uno dei suoi tentativi più interessanti di proporre letture educative tali da soddisfare le esigenze di tutte le classi di cittadini.
Coerentemente con la sua formazione e professione cattolica, il C. ritenne che la letteratura avesse come finalità essenziale l'ammaestramento morale. Ma nell'Enciclopedia popolare egli mosse dall'esigenza di "raccogliere nozioni utili e d'uso generale, porgere documenti e notizie su ciò che è d'una continua applicazione; badare ai bisogni del popolo della città e del villaggio, mettere l'artefice e l'agricoltore al corrente dei progressi che si fanno nell'arte che egli professa, opporsi ai pregiudizi che l'inganno e l'ignoranza diffondono, tener calcolo dei soccorsi che giovino a migliorare i costumi, la salute, la fortuna, la felicità e l'istruzione d'ogni specie, e quindi alla prosperità comune […]". Il C. non propone sostanziali rovesciamenti delle strutture della società ma, avendo davanti agli occhi l'esempio del Lombardo-Veneto dove l'istruzione era certamente più diffusa che altrove, si limita soprattutto ad incoraggiare questo processo facendosi promotore dell'elevazione popolare all'interno del sistema delle classi esistenti. Egli aveva criticato alcuni precedenti periodici per il malinteso criterio di popolarità di cui si erano fatti banditori; ma, a sua volta, l'Enciclopedia popolare fu criticata dalla Rivista europea perché, venendo meno alla sua finalità, non si sarebbe adattata all'intelligenza "degli operai e dei servitori delle città, e dei piccoli proprietari di campagna, per non parlare dei contadini".
Seguendo gli orientamenti letterari del tempo, il C. tentò il romanzo storico, e raggiunse il risultato più importante con Il marchese Annibale Porrone,storia milanese del XVII secolo, pubblicato a Milano nel 1842 e ispirato alla figura di un gentiluomo milanese, passato alla storia per la sua efferatezza, la cui biografia aveva offerto a Manzoni qualche spunto per la descrizione dei prepotenti signorotti del Seicento e dei loro bravi.
Nel genere del romanzo storico ottocentesco il C. occupa, comunque, una posizione del tutto marginale: la sua opera è priva di mordente e d'incisività, pecca di descrittivismo esteriore e superficiale e denuncia con troppa evidenza gli intenti moralistici ed edificanti che gli sono propri. Non riesce ad abbandonare nel romanzo storico quell'atteggiamento prevalentemente didascalico che trova maggiore giustificazione in opere come l'Enciclopedia popolare. Il marchese Annibale Porrone non si distingue neppure per pregi formali; il linguaggio è modesto e documenta la facilità di scrittura dell'autore, ma anche la scarsa elaborazione alla quale il testo è stato sottoposto. L'opera, che venne dedicata ai fratelli Antonio e Giulio Litta Visconti Arese, è storicamente documentata e offre anche numerosi diligenti ritratti di personaggi storici dell'epoca; la struttura è, per il resto, tipicamente manzoniana, e l'influenza del grande modello si sente continuamente, a volte in modo pressoché letterale.
Il C. è, in sostanza, un poligrafo in grado di cimentarsi in tutti i generi letterari senza riuscire però a documentare una personalità autentica di poeta e narratore. I suoi risultati più significativi si possono trovare in alcuni bozzetti descrittivi di ambienti e costumi, e, soprattutto, nei saggi su problemi morali e sociali dove, se la visione è angusta e convenzionale, l'impegno civile ed educativo è sincero e attesta convinzione e coerenza intellettuale.
Il C. partecipò genericamente, come la maggior parte degli intellettuali, al movimento liberale prima del 1848 schierandosi con i sostenitori di Pio IX; dopo l'insurrezione delle Cinque giornate guidò su Milano una schiera di uomini provenienti dalla Brianza, accorsi per dar man forte ai milanesi in lotta contro gli Austriaci. Agli avvenimenti del marzo 1848 dedicò alcune opere, uscite a Milano nelle settimane successive: Gli ultimi cinque giorni degli Austriaci a Milano; Pio IX il più grande degli italiani; e, soprattutto, Storia ragionata e documentata della Rivoluzione lombarda, che è una delle più popolari ricostruzioni degli avvenimenti connessi alla rivolta milanese. Nel momento cruciale della lotta politica in Milano dopo la liberazione, il C. fu redattore de La Guardia nazionale, uscito dal 1º luglio al 3 ag. 1848 sotto la direzione del fratello Cesare per riproporre le istanze cattolico-liberali. Al ritorno degli Austriaci in Lombardia, riparò a Lugano trattenendovisi per alcuni mesi.
Ne Il Nuovo Burigozzo. Almanacco del ricco e del povero dedicato agli italiani, pubblicato dal 1851 al 1858, l'adesione alla tradizionale concezione cattolica della società emerge con grande evidenza. Il C. delinea gli aspetti negativi e i pericoli dell'industrialismo dal quale, a suo avviso, discenderebbero tutti i mali sociali, dall'alcoolismo alla distruzione della famiglia, che conserva invece tutta la sua forza nella società contadina.
Se alla vita dell'uomo sono indispensabili tre cose, "famiglia, patria, proprietà", e se il povero "non ha altra proprietà che le sue braccia", sarà indispensabile, secondo il C., garantire al proletariato il "diritto al lavoro"; ma il proletario dovrà, per conto suo, garantirsi nei confronti delle avversità della sorte mediante la costituzione di "associazioni" intese come unioni di lavoratori per la reciproca assistenza. Al di là delle soluzioni proposte, sembra significativo che egli abbia affrontato in anticipo temi che venivano maturando con il progressivo affermarsi della società industriale. Egli intese senza dubbio le conseguenze morali ed economiche del nascente capitalismo e del lavoro industriale, ma si limitò, in sostanza, a vederne la soluzione in provvedimenti atti a prevenire ed a combattere il fenomeno del pauperismo attraverso l'efficiente organizzazione della carità pubblica. La sua conclusione è questa: "Si rimprovera qualche volta alla società moderna quel che chiamasi suo egoismo, sua secchezza di cuore: ma la risposta a questa triviale accusa è in tante belle istituzioni caritatevoli, che sono appunto l'opera dell'età nostra, o degli anni più vicini ai nostri. Casse di risparmio, sale d'asilo e presepi, le società di patronato, le colonie penitenziarie dei giovani detenuti, le società di mutuo soccorso, le casse di sussidio, e molte altre istituzioni non meno utili, non meno consolanti fondate nel corso di quest'ultimi trent'anni. Dopo ciò bisognerà dire che all'umanità non fu mai largito con maggiore prodigalità".
Nel 1870 il C. fondò in Milano l'Educatore italiano, giornale di quell'Istituto di mutuo soccorso tra gli istruttori e gli educatori d'Italia, da lui fondato nell'anno 1857, che era stato il primo tentativo di dare un'organizzazione agli insegnanti. Nel 1859, anzi, il C. aveva chiesto al Cattaneo di ospitare nel Politecnico gli atti dell'Istituto, ma questi aveva giudicato la pubblicazione d'interesse troppo particolare e si era dichiarato propenso ad accoglierli soltanto tra gli"annunzisenza paginatura", cosicché non se ne fece niente. Dopo la liberazione della Lombardia (1859) ottenne una cattedra d'insegnamento di storia e geografia nelle scuole pubbliche e nel 1873 fu nominato ispettore scolastico del circondario di Monza.
In questo ambito di interessi pedagogico-didattici vanno ricordate, oltre ai libri per la donna e per i "giovinetti", anche le opere narrative "pel popolo e per le scuole" come Storia d'Italia ne' suoi patimenti e nelle sue glorie (Milano 1866); Il trionfo del lavoro o l'operaio in Val Monterone (ibid. 1868); Manipoli di fiori: poesie e dialoghi per asili,scuole e famiglie (ibid. 1871); Cespo di rose: poesie e dialoghi per asili,scuole e famiglie (ibid. 1875)ed i veri e propri libri di testo scolastico di geografia (La Terra,Compendio di geografia, ibid. 1862)e di storia (L'Italia,storia contemporanea adattata alle scuole, ibid. 1870).
Nello scritto Portafogli di un operaio (Milano 1868) il C., riprendendo ancora il problema della condizione del lavoratore nella società industriale, accolse la tesi secondo cui, attraverso l'istruzione, il risparmio e il lavoro, gli operai sarebbero potuti diventare a loro volta padroni. Alla stessa motivazione si riallaccia Uno per tutti e tutti per uno,mutualità e cooperazione (Milano 1871), in cui il cooperativismo è posto in una prospettiva piccolo-borghese di socialismo conservatore (Bulferetti). Lo atteggiamento del C. nei confronti del socialismo rivoluzionario, che è di assoluta condanna, emerge con chiarerezza dallo scritto La Comune di Parigi nel 1871,repubblica,rivoluzione,incendi e stragi (Milano 1871). Morì a Monza il 20apr. 1877.
Fonti e Bibl.:Per un elenco degli scritti del C. si rimanda ad A. Vismara, Bibliogr. delle pubblicazioni di I. C., Milano 1877. Cfr. inoltre C. Cattaneo, Epistol., a cura di R. Caddeo, III, Firenze 1954, pp. 245 s.; necrologi in Arch. stor. lombardo, IV (1877), pp. 653 ss., e in L'Educatore ital., 1877, nn. 17, 18, 19, 29, e 1878, n. 18; A. Bertolini, I.C., Milano 1878; A. Sacchetti Sassetti, I fratelli Cantù e il Risorgimento ital., in Rass. stor. del Risorgimento, XVI (1929), pp. 153-199; K. R. Greenfield, Economia e liberalismo nel Risorgimento, Bari 1940, pp. 296 ss., 308, 361; L. Bulferetti, Le ideologie socialistiche in Italia nell'età del positivismo evoluzionistico (1870-1892), Firenze 1951, p. 85; I periodici popol. del Risorgimento, a cura di D. Bertoni Jovine, Milano 1959, I, pp. XLVII-L, CXXXIV-CXXXV, 89-113; II, pp. 107-113; G. Fantuzzi, Carlo Porta, e M. Marcazzan, Tommaso Grossi, in Letteratura italiana. I minori, Milano 1961, pp. 2314, 2414, 2416, 2418, 2436 (in particolare per il C. biografo del Grossi); F. Chabod, Storia della politica estera ital. dal 1870 al 1898, I, Le premesse, Bari 1962, p. 349; D. Bertoni Jovine, Storia dell'educazione popolare in Italia, Bari 1965, p. 317; S. Romagnoli, Narratori e prosatori del Romanticismo, in Storia della letter. ital., a cura di E. Cecchi e N. Sapegno, VIII, Milano 1968, pp. 82, 185, 189; E. Codignola, Pedagogisti ed educatori, Milano 1939, p. 112; Diz. enc. della lett. ital., Bari 1966, I, p. 562.