IDRIA (ὑδρία, hydria)
Forma di vaso, che, come si rileva dal nome, era destinato particolarmente a contenere acqua. Di esso infatti vediamo fornite nelle rappresentazioni vascolari le donne che vanno ad attingere acqua alla fontana, e le Danaidi intente al loro vano lavoro; un'idria reca l'Aurora quando sorge a spargere la rugiada sul mondo, e idrie portano sulle spalle alcuni giovani del fregio fidiaco del Partenone. Per quanto non sia da escludere che il nome potesse avere anche un significato più largo, la forma caratteristica dell'idria, facilmente riconoscibile, s'dentifica con ogni sicurezza in quella che ha come sua principale peculiarità la presenza di tre manici, due laterali orizzontali, uno sul tergo verticale, che congiunge il sommo della pancia con l'orlo della bocca. Nella linea generale della sagoma l'idria s'assomiglia del resto all'anfora: ha, come questa, basso piede, corpo grosso svasato in alto, o, negli esemplari del tempo migliore, di forma ovoide, collo più o meno alto e stretto. Sennonché, dato l'uso cui serviva, si cercò in generale di farla meno alta e meno grande dell'anfora, e di segnare con più netto distacco il corpo dal collo. Il terzo manico serviva per maneggiarla più agevolmente.
L'idria è vaso assai comune in tutta la ceramica antica, dall'età micenea all'ellenistica in Grecia e in Italia: alcune officine (idrie dette ceretane) la fabbricano con quasi assoluta esclusività. In età ellenistica, in Egitto (Hadra, e altre necropoli di Alessandria), è adoperata come vaso funerario. Frequenti sono gli esemplari in bronzo.
Fuori degli usi comuni della vita l'idria è adoperata per riporvi i voti nelle assemblee giudiziarie. Una variante dell'idria è la κάλπις, che ha il collo nettamente separato dalla pancia, questa più gonfia, l'ansa sul tergo meno ampia.
Bibl.: E. Pottier, in Daremberg e Saglio, Dict., III, p. 319 segg.