Identità costituzionale europea
La “identità costituzionale” dell’Unione europea è legata alla individuazione della linea di confine di essa con la identità nazionale degli Stati membri, garantita e intangibile giusta la previsione dell’art. 4, par. 2, TUE, alla quale, nel versante interno, fanno da puntello i cd. controlimiti, declinati da consolidata giurisprudenza costituzionale. La questione, allo stato dell’integrazione, non si esaurisce del tutto nelle “radici comuni”, culturali e giuridiche, che connotano le esperienze degli Stati membri. I tasselli, in un contesto di costituzione “incompiuta”, vengono gradualmente decifrati attraverso il “dialogo” tra la Corte del Lussemburgo e i giudici costituzionali statali, sulla base del principio di leale cooperazione.
Nella Risoluzione del Parlamento europeo del 1° marzo 2018, sulla Situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea, è ribadito che il fondamento dell’integrazione sovranazionale risiede nei valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Nel luglio successivo, la Commissione europea ha attivato la procedura di cui all’art. 7 TUE nei confronti della Polonia e al Parlamento europeo è stato chiesto di pronunciarsi sull’attivazione della procedura medesima nei confronti dell’Ungheria per violazione dei principi di legalità e dello Stato di diritto.
La questione della “identità costituzionale” dell’Unione europea è strettamente legata alla individuazione della linea di confine con la identità nazionale degli Stati membri, garantita e intangibile giusta la previsione dell’art. 4, par. 2, TUE, alla quale, nel versante interno e sul piano prettamente costituzionale, fanno da puntello i cd. controlimiti, declinati, per l’esperienza italiana, da consolidata giurisprudenza (C. cost., 21.4.1989, n. 232, 8.6.1984, n. 170 e 27.12.1973, n. 183)1. La identità europea, per altro, non può ritenersi coincidente ed esaurirsi del tutto nelle “radici” comuni, culturali e giuridiche, che connotano le esperienze degli Stati membri, le quali pur contrassegnano l’attuale “volto” dell’ordinamento sovranazionale con riferimento ai principi di funzionamento e ai valori fondanti.
Se è indubbio che l’Unione dà luogo a un’esperienza istituzionale del tutto nuova e assai peculiare ed è ben strutturata come “comunità di diritto”, per altro verso la definizione del profilo identitario rappresenta una questione politica ancora aperta che, come è stato efficacemente avvertito, «non consiste nella passiva conservazione di valori passati, ma nella tensione realizzativa verso l’unità politica che richiede un impegno quotidiano dei cittadini e delle istituzioni europee»2. Quel che, al momento, sembra acclarato è che il discorso sulla “identità costituzionale” muove necessariamente dalle “radici” culturali e istituzionali comuni ai popoli europei (e non può prescindere da esse), ma non coincide pedissequamente con le medesime: il percorso che porta dalle “radici comuni” a una “identità propria” dell’ordinamento europeo è, sul piano costituzionale, ancora incompiuto. Alla Carta dei diritti di Nizza-Strasburgo va riconosciuto il merito di aver dato unitaria visibilità al vasto patrimonio di libertà fondamentali che affonda le radici nelle tradizioni dell’ormai consolidato costituzionalismo europeo3; pi di recente, il Trattato di Lisbona del 2007 ha senz’altro impresso un’accelerazione al “processo costituente” europeo. L’art. 2 TUE, in particolare, fa riferimento a una vasta tipologia di “principi-valore”4: alcuni afferenti a quelli, per cos dire, di struttura od organizzativi (come democrazia, libertà e Stato di diritto), altri ad esigenze finalistiche e di tutela sociale, richiamando i valori della solidarietà, del pluralismo, della dignità umana, dell’uguaglianza, del rispetto dei diritti umani, della tolleranza, della giustizia, della non discriminazione e dell’uguaglianza tra donne e uomini; il successivo art. 3 menziona la “pace” tra i valori che l’Unione si prefigge di promuovere. Tali previsioni potrebbero essere assimilate alle cd. “clausole generali” che enunciano principi superiori, secondo formulazioni collaudate nelle democrazie europee (si consideri, ad esempio, l’art. 1, co. 1, della Costituzione spagnola o l’art. 20, co. 1, della Legge Fondamentale tedesca), al fine di delineare la Staatsfundamentalform5. Norme di tal genere, contenute nelle Costituzioni nazionali, fanno «riferimento ai fini e ai valori supremi che concorrono a imprimere all’ordinamento un suo contenuto tipico», enunciando gli aspetti essenziali e irrinunciabili della “forma” che gli si è inteso attribuire e forniscono, pertanto, il supremo criterio interpretativo di tutte le altre disposizioni6. Anche alle richiamate previsioni europee va riconosciuta efficacia giuridica, perché sono inserite in un Trattato internazionale (già in quello di Maastricht essi erano qualificati espressamente “principi”, all’art. 6, n. 1), presentandosi come il «nucleo di senso» che alle ulteriori disposizioni del medesimo attribuisce ben determinati significati7. Tuttavia, se norme di tale rango esprimono negli ordinamenti nazionali “decisioni politiche fondamentali” (secondo la dottrina schmittiana darebbero luogo alla Costituzione in senso positivo), nel sistema sovranazionale, invece, le “proclamazioni” non realizzano, nell’attuale stadio dell’integrazione, una vera e propria “forma di unità politica”, potendosi semmai intravedere con le medesime l’avvenuta definizione di principi e regole essenziali e cogenti per il funzionamento dell’Unione e dei suoi organi fondamentali, nonché discretive ai fini dell’ammissione e comunque dell’appartenenza alla “comunità” degli Stati membri e dei rispettivi popoli.
La Corte del Lussemburgo ha evidenziato che la cittadinanza europea (art. 20 TFUE) conferisce, a chiunque disponga della cittadinanza di uno Stato membro, uno «status personale dotato di portata transnazionale» e costitutiva di un elemento essenziale della «identità europea dei cittadini»8. Essa, allora, presuppone «l’esistenza di un collegamento di natura politica tra i cittadini europei, anche se non si tratta di un rapporto di appartenenza ad un popolo»9. L’affermazione di valori fondanti testimonia la volontà di costruire una «nuova forma di solidarietà civica e politica»10: non, dunque, una identità costituzionale già acquisita, ma un ricco tessuto valoriale che vale a delineare la “connotazione europea dei cittadini” che si disvela in un quadro identitario a “specificazione progressiva” che, tuttavia, non può sacrificare la identità nazionale degli Stati membri e i limiti dell’apertura di questi ultimi al processo d’integrazione (art. 11 Cost.).
Attingendo alle tradizioni costituzionali comuni la Corte di giustizia ha precisato i caratteri fondamentali di una «comunità di cultura costituzionale»11, ma le salde “radici comuni” dell’Europa come “terra di libertà” e uguaglianza – sulle cui basi si afferma come forma di governo tipica e diffusa la monarchia temperata e costituzionale secondo l’ideale montesquieuiano del potere sovrano limitato12 – non rappresentano, già di per s , “la” identità europea, quanto il sostrato culturale e istituzionale che rende, oggi, possibile decifrare una identità costituzionale come qualificazione in divenire e a formazione progressiva. Non va trascurato come l’Unione sia tenuta a rispettare la identità nazionale degli Stati membri, «insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale» (art. 4, par. 2, TUE, e Preambolo della Carta di Nizza-Strasburgo)13. Il solenne impegno trova ulteriore specificazione nell’art. 3, n. 3, quarto comma, TUE e nell’art. 22 della suddetta Carta, ove è sancito che l’Unione rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e fa saldamente parte dello acquisì comunitario, atteso che gli «elementi distintivi che caratterizzano gli ordinamenti giuridici nazionali devono guidare la costruzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia»14. Esso è ulteriormente declinato nell’art. 67, par. 1, TFUE, ove si afferma che «l’Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri», nonché nell’art. 82, par. 2, TFUE. La Corte di giustizia ha fatto applicazione del principio del rispetto della identità nazionale15, essenzialmente quale limite all’espansione del diritto europeo di fronte a peculiarità proprie dell’ordinamento costituzionale degli Stati membri (si pensi, in particolare, alla forma repubblicana e al principio d’eguaglianza rispetto al divieto d’acquisto, possesso o utilizzo di titoli nobiliari, ovvero al fattore linguistico come elemento identitario anche a livello sub-statale).
La questione della identità costituzionale rappresenta motivo di cospicuo interesse ancorché limitato a talune occasioni di incontro-collisione tra identità nazionali ed esigenze espansive del “primato” del diritto sovranazionale, ogni qual volta si tratti di perimetrarne, per cos dire, i reciproci “confini”16 in un quadro di non compiuta definizione dei rapporti fra ordinamenti statali e ordinamento europeo17 come per altro testimonia il recente ricorso all’apertura del procedimento di cui all’art. 7 TUE.
Al momento, i tasselli identitari vengono via via decifrati nel “dialogo” tra la Corte del Lussemburgo e i giudici costituzionali statali in sede di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE18. I rapporti tra Unione e Stati membri si reggono sul principio di leale cooperazione (art. 4, par. 3, TUE) che richiede reciproco rispetto e assistenza, senza i quali «le ragioni dell’unità pretendessero di cancellare il nucleo stesso dei valori su cui si regge lo Stato membro. E non vi sarebbe neppure se la difesa della diversità eccedesse quel nucleo giungendo ad ostacolare la costruzione del futuro di pace, fondato su valori comuni, di cui parla il preambolo della Carta di Nizza»19. La Grande Sezione20, dopo aver ribadito che il principio di legalità dei reati e delle pene appartiene alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri (art. 49 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), ha precisato che il diritto europeo non può condurre alla disapplicazione di norme nazionali, allorché si determini una violazione del predetto principio per insufficiente determinatezza della norma incriminatrice o dell’applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità pi severo di quello vigente al momento della commissione del reato, fermo restando che spetta al legislatore nazionale stabilire norme (nel caso in specie, concernenti i termini di prescrizione di reati finanziari che ledono gli interessi dell’Unione) che consentano di ottemperare agli obblighi europei. Come mostra, emblematicamente, il “caso” appena richiamato (chiuso nell’ordinamento interno con la sent. cost. n. 115/2018), l’inapplicabilità della “regola Taricco”21 ha la propria fonte non solo nella Costituzione repubblicana, ma anche nel diritto dell’Unione, s da non ingenerarsi «alcuna ragione di contrasto»22 tra i principi supremi dei due ordinamenti con riguardo alla legalità in senso sostanziale nell’ottica della punibilità. Si potrebbe annoverare in tale percorso anche la domanda di pronuncia pregiudiziale dello Arbitragehof belga, in esito alla quale la Corte del Lussemburgo ha sottolineato come l’Unione sia fondata sul principio dello Stato di diritto e, conseguentemente, le proprie istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti ai trattati e ai principi generali di diritto, al pari degli Stati membri quando danno attuazione al diritto dell’Unione23. Altrettanto significativi sono quella avanzata dal Tribunal Constitucional, che ha consentito alla stessa Corte di dare atto della conseguita uniformità dello standard di tutela dei diritti fondamentali cui attende la Decisione quadro in materia di mandato d’arresto europeo24, e il rinvio operato dal Conseil constitutionnel, in cui la Corte mette a fuoco la sussistenza del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo e dei principi del giusto processo che ammettono mezzi nazionali di tutela sospensiva contro la decisione del giudice nazionale di esecuzione del mandato d’arresto europeo25. La identità costituzionale europea, in definitiva, viene a delinearsi progressivamente lungo il cammino di armonizzazione dei valori-beni giuridici – su cui l’Unione si fonda, grazie alla derivazione di essi dal patrimonio degli Stati membri – con i precetti costituzionali degli ordinamenti statali che ai primi si riannodano sul versante sovranazionale.
1 Demuro, G., I contro-limiti e le identità costituzionali, in Diritto Costituzionale, n. 2/2018, 15 ss., opportunamente osserva che nel sistema europeo esiste una doppia identità, nazionale ed europea, che convive nella tolleranza e la cui interazione può favorire una ripresa del Political Consitutionalism per la costruzione stabile di un’identità plurale.
2 Per tali notazioni, Martinelli, A., L’identità europea, in Quad. di sociologia, n. 55/2011, 41 ss.
3 Tra i primi contributi, al riguardo, Pizzorusso, A., Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, 2002.
4 Castorina, E., I valori fondanti dell’Unione europea, in Castorina, E., Riflessioni sul processo costituente europeo, Torino, 2010, 379 ss.
5 Herzog, R., Art. 20, in Maunz, T.-D rig, G.-Herzog, R.-Scholz, R., a cura di, Grungesetz Kommentar, Monaco, 1980, 5.
6 Mortati, C., Art. 1, Principi fondamentali, in Branca, G., a cura di, Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1975, 1 s.
7 Cfr. le Conclusioni dell’Avvocato Generale Verica Trstenjak, presentate il 30 giugno 2009 nella causa C101/08, Audiolux.
8 In tal senso, cfr. C. giust., 2.6.2016, C-438/14, Nabiel Peter Bogendorff von Wolffersdorff e, pi di recente, le Conclusioni dell’Avvocato Generale M. Szpunar, presentate il 4 febbraio 2016 nella causa C. giust., 13.9.2016, C-165/14, Alfredo Rendón Marín c. Administración del Estado.
9 In questi termini, cfr. le Conclusioni dell’Avvocato Generale Poiares Maduro nella causa Rottmann (C-135/08, par. 23), il quale precisa che «tale nesso politico unisce … i popoli dell’Europa. Esso si fonda sul loro impegno reciproco ad aprire le rispettive comunità politiche agli altri cittadini europei e a costruire una nuova forma di solidarietà civica e politica su scala europea. Il nesso in questione non presuppone l’esistenza di un unico popolo, ma di uno spazio politico europeo, dal quale scaturiscono diritti e doveri».
10 Cfr., ancora, Martinelli, A., L’identità europea, cit.
11 Cfr. le conclusioni dell’Avvocato Generale P. Cruz Villal n, presentate il 14 gennaio 2015 nella causa C. giust., 16.6.2015, C-62/14, Peter Gauweiler e altri.
12 Interessanti considerazioni, al riguardo, da parte di Chabod, F., Storia dell’idea d’Europa, Roma-Bari, 2005, p. 99 ss.
13 Sul significato politico della previsione, Constantinesco, V., La confrontation entre identité constitutionnelle européenne et identités constitutionnelles nationales, convergence ou contradiction; Contrepoint ou hiérarchie;, in L’Union européenne: Union de droit, Union des droits – Mélanges en l’honneur de Philippe Manin, Éditions A. Pedone, Parigi, 2010, 79 ss.
14 Cfr. le Conclusioni dell’Avvocato Generale Yves Bot, presentate il 2 ottobre 2012 nella causa C. giust. 26.2.2013, C-399/11, Melloni.
15 Nella sent. 22.12.2010, C-208/09, Sayn-Wittgenstein (punto 92), il giudice europeo ha affermato che l’identità nazionale austriaca è caratterizzata dalla forma repubblicana dello Stato, con incidenza in materia di titoli nobiliari; nella sent. 12.5.2011, C-391/09, Runevič-Vardyn e Wardyn (punto 86), ha precisato che nell’identità nazionale degli Stati membri è compresa la tutela della lingua ufficiale; la sent. 24.5.2011, C-51/08, Commissione/Lussemburgo (punto 124), verte sul requisito della cittadinanza per l’accesso alla professione di notaio in Lussemburgo. Cfr., altresì, le Conclusioni dell’Avvocato Generale N. Jääskinen in Las (C. giust. 16.4.2013, C-202/11, Anton Las c. PSA Antwerp NV, par. 59), il quale sottolinea che l’identità nazionale include gli aspetti che definiscono la lingua o le diverse lingue ufficiali, nonché, eventualmente, le suddivisioni territoriali nelle quali esse vengono utilizzate. In dottrina, pi di recente, Polimeni, S., Controlimiti e identità costituzionale nazionale, Napoli, 2018, 238 ss.
16 Tale profilo è opportunamente evidenziato da Ferro, G.A., Iura (non) novit Curia; Polemica tra le Corti e proposte dialogiche per farvi fronte (a margine del caso Taricco), in Rivista della cooperazione giuridica internazionale, 2018, 9 ss.
17 Luciani, M., Integrazione europea, sovranità statale e sovranità popolare, in www.treccani.it.
18 Spunti in tal senso in Martin, S., L’identité de l’État dans l’Union européenne: entre «identité nationale» et «identité constitutionnelle», in Revue française de droit constitutionnel, 2012/3 (n° 91), 39 ss. Il metodo del dialogo è ritenuto, in ogni caso, irrinunciabile da Ruggeri, A., Rapporti interordinamentali e conflitti tra identità costituzionali (traendo spunto dal caso Taricco), in Dir. pen. cont. – Riv. Trim., 2017, fasc. 4, 125.
19 Ord. n. 24 del 2017, punto n. 6, che ha sottoposto alla Corte di giustizia, in via pregiudiziale, questioni d’interpretazione dell’art. 325, §§ 1 e 2, TFUE, e della sentenza in causa C-105/14, Taricco.
20 C. giust., 5.12.2017, C-42/17, M.A.S. e M.B.
21 C. giust., 8.9.2015, C-105/14, Ivo Taricco e altri.
22 Cfr. C. cost., 31.5.2018, n. 115, n. 14 del considerato in diritto.
23 C. giust., 3.5.2007, C-303/05, Advocaten voor de Wereld VZW c. Leden van de Ministerraad.
24 C. giust., 26.2.2013, C-399/11, Stefano Melloni c. Ministerio Fiscal.
25 C. giust., 30.5.2013, C-168/13 PPU, Jeremy F. c. Premier ministre.