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IDEA

di Guido Calogero - Enciclopedia Italiana (1933)
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IDEA

Guido Calogero

. Il termine di ιδέα passò nel linguaggio filosofico già nell'età presocratica, quando, p. es., venne usato da Democrito per significare, in conformità del suo senso originario, l'atomo stesso, che in forza del suo carattere prevalentemente formale e geometrico era in primo luogo "forma, schema visibile" (ιδέα deriva dalla radice Fιδ di ιδείν, videre). Ma la sua grande fortuna fu naturalmente causata dall'uso che Platone fece di esso, al pari che di quello di εἶδος, che gli equivaleva tanto nell'etimologia quanto nel significato. 'Ιδέαι o εἴδη furono per Platone le entità eterne, che il divenire delle cose dominavano in quanto queste, o partecipando della loro essenza o assumendole come modelli da imitare, dirigevano il loro processo in funzione di quelle: la genesi degli uomini aveva per causa finale l'idea dell'uomo. Di qui il significato di "tipo" e "modello", che più tardi venne al termine di "idea" e meglio ancora al suo derivato "ideale", e che si può dire il contributo platonico all'evoluzione del termine, il cui significato originario quadrava d'altronde perfettamente col carattere della dottrina platonica, tutta costituita d'una contemplazione visiva del rapporto fra le idee e le cose e quindi portata a considerare le stesse idee come pure forme, percepibili, se non dall'occhio sensibile, tuttavia dall'occhio dell'intelletto. Né questo carattere visuale, intuitivo, dell'idea si smarrì nei tentativi, che Platone fece nella più tarda fase della sua evoluzione filosofica, di togliere a essa il più possibile della sua materiale concretezza mediante una riduzione a entità matematica: ché anche in questo caso intervenne, a render possibile tale riduzione, l'intuitività spaziale della geometria. E l'aspetto formale dell'idea platonica si accentuò nella stessa critica aristotelica, che, riducendo l'εἶδος a pura μορϕή della concreta individualità, lo considerò come semplice forma, o concetto di classe.

Questo concetto platonico-aristotelico della realtà ideale si perpetuò in tutto il pensiero del Medioevo, ma naturalmente con le varie oscillazioni onde questo considerò a volta a volta il problema dell'esistenza di tali valori (e cioè la famosa "questione degli universali") con occhio o platonico o aristotelico o addirittura empiristico-scettico, attribuendo maggiore o minore indipendenza ed esistenza all'esse idealiter (già Cicerone aveva dato cittadinanza latina al termine idea).

Solo nell'età moderna il nome cominciò invece ad assumere quel significato di entità propriamente mentale, di contenuto di pensiero, che poi gli è rimasto proprio nella sua accezione più comune: né per tale mutazione di valore era stata invero priva di efficacia la stessa formula medievale dell'esse idealiter, che attraverso il concettualismo e il nominalismo aveva riportato l'idealitas dalla sfera dell'oggettività metafisica a quella della soggettività pensante. Per Cartesio idea è ogni contenuto di coscienza, nell'accezione più generale (ostendo me nomen ideae sumere pro omni eo quod immediate a mente percipitur): di qui la distinzione, che tanta importanza doveva assumere per la sua gnoseologia e metafisica, fra le idee "innate" e quelle "avventizie" e "fattizie". Ma più frequente, anche nella prima età moderna, fu la limitazione dell'uso del termine a quei contenuti di pensiero che non implicassero l'immediata attestazione d'una realtà esterna (il cui esse idealiter, si sarebbe appunto detto nel Medioevo, non corrispondesse immediatamente a un esse realiter); così Spinoza definì l'idea come mentis conceptum, quem mens format, propterea quod res est cogitans, e Leibniz come propinquam quamdam cogitandi de re facultatem sive facilitatem. Analogamente, l'empirismo inglese (Hobbes, Locke, Hume) considerò le idee come riflessi mnemonici del senso, e dalla loro "associazione" derivò tutto lo sviluppo del sapere umano; ma il Berkeley tornò alla cartesiana larghezza di significato, e chiamò "idee" anche le percezioni sensibili, che d'altronde non riflettevano per lui alcuna realtà materiale esistendo oggettivamente solo nel pensiero di Dio.

Valore assai più speciale attribuì invece al termine di idea il Kant, che l'adoperò per designare i concetti della ragione, i quali, a differenza delle categorie dell'intelletto, non avevano per la conoscenza valore costitutivo, ma semplicemente regolativo, rappresentando ideali a cui si doveva tendere nell'ampliamento della conoscenza, senza peraltro poter mai presumere di chiuderli, salvi di antinomie dialettiche, nel cerchio dell'esperienza possibile. Tali le quattro idee cosmologiche, la psicologica, la teologica, l'estetica, e via dicendo. Nell'idealismo postkantiano, caduta già col Fichte la preoccupazione d'una realtà esterna a cui dovesse riferirsi la fenomenizzazione conoscitiva, i valori che per il Kant vivevano nel puro regno dei fini e delle norme e non potevano discendere al concreto contatto col reale non ebbero più bisogno, per esistere, di tale realistica integrazione: di qui l'idealismo trascendentale dello Schelling, e quello assoluto del Hegel, a cui l'idea apparve come categoria suprema del tutto, sintesi ultima della concettualità e della realtà, dell'essere e del pensiero. Lo Schopenhauer, invece, che opponendosi al panlogismo degl'idealisti vedeva nella volontà cosmica il principio del mondo, considerò le idee come semplici gradi dell'oggettivazione rappresentativa di tale principio; e l'idealismo contemporaneo, che è tale più ancora nel senso soggettivistico onde con quel nome si presentava, p. es., ed era combattuta dal Kant, la dottrina del Berkeley, che non in quello panlogistico dei postkantiani, è ormai, si potrebbe dire, un idealismo senza idea, tendendo sempre più a relegare anche questo concetto nel vecchio armamentario logico-gnoseologico da cui si viene liberando, o almeno a risolverlo senz'altro in quello stesso del "concetto".

Bibl.: Cfr. idealismo, e le singole voci e bibliografie concernenti i pensatori citati.

Vedi anche
dialettica Tecnica e abilità di presenta­re gli argomenti adatti a dimostrare un assunto, a persuadere un interlocutore. filosofia Il termine e il concetto di διαλεκτικὴ τέχνὴ, propriamemte «arte dialogica», risale al 5° sec. a.C., a quell’ambiente socratico in cui il metodo del discutere per brevi domande e risposte ... forma botanica forma biologica Insieme di piante che, anche se sistematicamente lontane, hanno in comune caratteri ecologici e di adattamento. Tra i vari sistemi di classificazione delle forma biologiche, il più noto è quello di C. Raunkiaer, basato sull’adattamento delle piante alle condizioni ambientali ... realtà realtà Qualità e condizione di ciò che esiste effettivamente e concretamente. filosofia La nozione di realta è legata al problema tipicamente moderno dell'esistenza del mondo esterno. A partire da R. Descartes si era, infatti, affermata la tesi secondo cui gli uomini conoscono soltanto le idee, ossia ... Benedetto Spinòza Spinòza (nederl. Spinoza), Benedetto (lat. Benedictus [ebr. Baruch] de Spinoza). - Filosofo (Amsterdam 1632 - L'Aia 1677), di famiglia ebraica emigrata dal Portogallo. Per le sue opinioni apertamente professate e sostenute, contrarie all'ortodossia religiosa, fu scomunicato dalla comunità ebraica sefardita ...
Tag
  • IDEALISMO TRASCENDENTALE
  • EMPIRISMO INGLESE
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Altri risultati per IDEA
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    Enciclopedia on line
    Nel significato più ampio e generico, ogni singolo contenuto del pensiero, ogni entità mentale, e più in particolare, la rappresentazione di un oggetto alla mente, la nozione che la mente si forma o riceve di una cosa reale o immaginaria. Filosofia Il termine greco ἰδέα entrò nel linguaggio filosofico ...
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    Dizionario di filosofia (2009)
    Il termine gr. ἰδέα («aspetto, forma, apparenza» dal tema di ἰδεῖν «vedere») passò nel linguaggio filosofico già nell’età presocratica, quando, per es., venne usato da Democrito per significare, in conformità con il suo senso originario, l’atomo stesso, che in forza del suo carattere prevalentemente ...
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    Dizionario delle Scienze Fisiche (1996)
    idèa [Der. del gr. idéa "aspetto", "apparenza", dal tema di idéin "vedere"] [FAF] La rappresentazione mentale di qualcosa e quindi entità mentale, concetto. Il termine, usato per la prima volta da Democrito per indicare l'atomo, in quanto forma, schema visibile, passò poi nella filosofia platonica a ...
Vocabolario
idèa
idea idèa s. f. [dal gr. ἰδέα, propr. «aspetto, forma, apparenza», dal tema di ἰδεῖν «vedere»]. – 1. a. Nel sign. più ampio e generico, ogni singolo contenuto del pensiero, ogni entità mentale, e più in partic. la rappresentazione di un...
sìmbolo
simbolo sìmbolo s. m. [dal lat. symbŏlus e symbŏlum, gr. σύμβολον «accostamento», «segno di riconoscimento», «simbolo», der. di συμβάλλω «mettere insieme, far coincidere» (comp. di σύν «insieme» e βάλλω «gettare»)]. – 1. Nell’uso degli...
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