ICTINO ('Ικτῖνος, Ictinus)
Architetto greco, il cui nome è collegato con uno dei più grandi capolavori dell'architettura di tutti i tempi, il Partenone, e con altri insigni edifizî. Di lui sappiamo che fiorì nella seconda metà del sec. V a. C. e che era probabilmente ateniese; egli è ricordato come autore, oltre che del Partenone, del Tempio di Apollo a Basse e del Telesterion di Eleusi (Paus., VIII, 41; Strabone, IX, p. 395,12; Plutarco, Pericle, 13). Le testimonianze sono peraltro contraddittorie, nel senso che per il Partenone si unisce il nome di I. con quello di Callicrate. Ma mentre questi, che fu anche architetto, appare piuttosto come direttore generale e forse appaltatore dei lavori, la creazione architettonica si deve invece far rimontare a I., che in essa, modificando sapientemente lo schema del tempio dorico, riuscì a costruire un insieme armonico e spontaneo, dando il modello definitivo dell'edifizio sacro d'ordine dorico, con colonne alte 5 volte e mezzo il diametro, a 20 scanalature, e fondendo bene con il tipo dorico elementi ionici. Un'altra creazione architettonica di I. fu forse il Telesterion di Eleusi (v.).
Che I. sia autore del rifacimento pericleo della sala, che aveva già avuto una fase micenea, una pisistratica e una di Cimone, con successivi ingrandimenti, ci è attestato da Vitruvio (VII, praef. 16); ma Plutarco non lo ricorda, dando invece i nomi degli architetti Corebo, Metagene e Xenocle. Perciò molti archeologi negano la sua partecipazione all'opera, mentre dalle stesse parole di Plutarco pare si possa dedurre che gli altri artisti devono aver seguito nelle varie parti un piano unico, per il quale la testimonianza di Vitruvio è più che verosimile. Per il terzo edifizio, il tempio di Basse presso Figalia, che Pausania, oltre a dirci esplicitamente, come si è visto, che I. ne fu l'autore, ci afferma essere per armonia di linee e bellezza di marmi il più bello dei templi del Peloponneso dopo quello di Atena Alea a Tegea, le difficoltà, nonostante le apparenze, sussistono ugualmente, come per il Partenone e per il Telesterion di Eleusi.
Mentre infatti Pausania collega il nome di Apollo Epicurio con la peste che avrebbe desolato i Figalesi nella guerra del Peloponneso, e ne trova una prova nel fatto che I. fu architetto del tempio, da molti la circostanza è esclusa, sia perché pare che la peste non si estendesse fuori dell'Attica, sia perché altrimenti - si obietta - si dovrebbe pensare a un innalzamento dopo la guerra, essendo allora le circostanze belliche sfavorevoli a così grandiosa costruzione, soprattutto da parte di un ateniese a Figalia, mentre invece lo stile dell'edificio ci dice che esso è sicuramente anteriore al 421 (pace di Nicia). Si è voluto quindi negare autenticità alla testimonianza di Pausania; ma, nonostante che la cosa possa essere discussa, nulla ci autorizza a non credere a Pausania, anche nel caso che l'innalzamento del tempio, com'è probabile, non sia collegato con la peste: perché nel suo passo una sola affermazione appare basata su dati sicuri, quella che I. fu l'autore dell'edifizio. L'eccellente conservazione del tempio di Basse ci permette di seguire l'evoluzione dell'arte di I. È infatti posteriore al Partenone e al Telesterion di Eleusi, e probabilmente anteriore allo scoppio della guerra del Peloponneso, cioè degli anni immediatamente dopo l'inaugurazione della Parthenos (tra il 438 e il 432), quando I. forse seguì Fidia nel Peloponneso, dove il grande scultore si rifugiò dopo le note vicende giudiziarie in Atene. A Basse, in un bellissimo paesaggio a 1020 m. s. m., I. ebbe il compito di trasformare un piccolo santuario; questo si stendeva in direzione E.-O.: egli lo rispettò, circondandolo col nuovo tempio, che tuttavia, per ragioni di terreno, dovette svolgere in direzione N-S. Questo tempio periptero ha una cella con colonne ioniche lavorate per tre quarti e appoggiate al muro, in modo da formare quasi tante cappelle. Vi si nota inoltre un caratteristico capitello, con accenni all'uso dell'acanto proprio del capitello corinzio.
Così I., che già nel Partenone aveva introdotto ardite e felici innovazioni, specialmente nei vestiboli e nel colonnato di fondo della cella e nell'ampiezza straordinaria di questa, mostrò nel tempio di Basse la feconda originalità del suo genio, curando anche la perfetta esecuzione tecnica dell'edificio.
Bibl.: V. principalmente l'articolo del Weickert in Thieme-Becker, Künstler-Lex., VIII, Lipsia 1925, p. 560 e segg. (dove è data tutta la precedente bibliografia); l'articolo più antico (1914) di E. Fabricius, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., IX, col. 995 segg.; Pausania, Descrizione della Grecia, ed. da Hitzig e H. Blümner, Lipsia 1896-99, I, p. 271 segg.; III, p. 265 segg.; e P. Ducati, Arte classica, 2ª ed., Torino 1927, pp. 287, 306 e 345.