FAIṢAL, ibn ‛abd el-‛azīz al sa‛ūd
Re di Arabia, nato a er-Riyāḍ il 19 aprile 1906, morto ivi nel 1975. Secondogenito del fondatore del regno saudiano, esordì negli affari di stato nel 1926, quando fu nominato vicerè dell'appena conquistato Ḥigiāz; nel 1945 rappresentò il regno alla Conferenza di S. Francisco. Nel 1953, morto il padre e divenuto re il fratello Sa‛ūd, fu designato principe ereditario e nominato primo ministro e ministro degli Esteri. Nel 1958 i membri della famiglia reale e gli ‛ulamā', allarmati da una crisi finanziaria provocata dalla cattiva gestione di Sa‛ud, lo investirono di pieni poteri nella direzione degli affari interni ed esteri; nel 1960, quando vi rinunciò, la crisi era superata grazie a opportuni provvedimenti e riforme. Il conflitto con il fratello riemerse nel 1962, quando fu di nuovo nominato primo ministro e ministro degli Esteri, e si risolse solo nel novembre 1964 con la deposizione di Sa‛ūd per inabilità e l'ascesa di F. al trono. Spirito austero e sinceramente religioso, seppe contemperare il suo attaccamento alla tradizione con le necessità del progresso, promovendo all'interno una politica di cauta ma costante modernizzazione, nella quale non esitò a servirsi di esperti stranieri, specialmente nei campi dell'istruzione (che fu estesa alle donne), dell'agricoltura, delle comunicazioni, dello s fruttamento delle risorse naturali. Nemico delle ideologie materialistiche, promosse la solidarietà islamica e non esitò a intervenire per impedire l'installarsi in stati confinanti con il suo regno di regimi che considerava ad esse ispirati, anche a costo di conflitti con altri stati arabi. Il profilarsi di pericoli, veri o presunti, per i luoghi santi di Gerusalemme, occupata dal 1967 dagl'israeliani, lo indusse a una più attiva politica di mobilitazione delle risorse arabe per la loro liberazione, impegnando con successo tutto il suo prestigio. Nel 1973, scoppiata la quarta guerra contro Israele, la tradizionale amicizia con gli Stati Uniti non gl'impedì di allinearsi con gli altri stati nell'embargo petrolifero, imposto come mezzo di pressione perché inducessero Israele a mutare politica. Gli avvenimenti successivi lo rivelarono come elemento determinante nella politica vicino-orientale, e la notizia della sua uccisione ad opera di un nipote, il 25 marzo 1975, suscitò nel mondo profonda commozione e preoccupazione.