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SADOLETO, Iacopo

di Angiolo Gambaro - Enciclopedia Italiana (1936)
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SADOLETO, Iacopo

Angiolo Gambaro

Umanista, nato a Modena il 12 luglio 1477 da Giovanni, professore di diritto civile a Ferrara, e da Francesca Machiavelli; morto a Roma il 18 ottobre 1847. Avviato agli studî giuridici, si volge presto alle lettere e alla filosofia sotto la guida di N. Leoniceno a Ferrara, dove annoda con P. Bembo un'amicizia che la comunanza di gusti letterarî e di uffici eccllesiastici doveva rendere più stretta. Trasferitosi verso il 1502 a Roma, il S. vi si perfeziona nel greco alla scuola del Carteromaco (Scipione Forteguerri) e compie la propria formazione morale e religiosa nella convivenza con il cardinale Oliviero Carafa. I suoi successi di latinista in versi e in prosa gli ottengono grande riputazione e l'accesso all'Accademia romana. Canonico di S. Lorenzo in Damaso già dal 1503, viene nominato nel 1513 segretario ai brevi di Leone X, al quale posto rimane fino al 1527, eccettuato il periodo del pontificato di Adriano VI (1522-23). Eletto vescovo di Carpentras del Contado Venassino nel 1517, raggiunge la sua diocesi per pochi mesi nel 1523 e vi dimora costantemente dal 1527 al 1536. Nominato cardinale da Paolo III il 22 dicembre 1536, alterna il suo soggiorno tra Carpentras e Roma, finché, ceduto nel 1544 il vescovato al suo coadiutore Paolo Sadoleto (v.), si ritira definitivamente in Roma. Sotto Clemente VII e Paolo III il S. disimpegnò delicate missioni presso l'imperatore Carlo V e il re Francesco I; e fu membro autorevole della commissione pontificia per la riforma della Chiesa e per il concilio.

Spirito armonico e profondamente religioso, seppe fondere nella sua vita esemplare, come nella sua attività letteraria, l'umanesimo e il cristianesimo. Scrisse carmi e poemetti, tra cui il De Laocoontis statua (1506) molto apprezzato dai suoi contemporanei e ancora dal Lessing, che ne curò una ristampa. Ma la fama maggiore gli venne dalla fine eleganza della sua prosa ciceroniana, per cui è riconosciuto, insieme con il Bembo, uno dei corifei del ciceronianismo.

Le sue opere in prosa sono: scritti filosofici, trattati di esegesi biblica, di teologia e di controversia religiosa, un libro di pedagogia, discorsi e carteggi abbondanti.

La sua filosofia, quale risulta dal De laudibus philosophiae, tesoreggiando Platone, Aristotele e Teofrasto, messi sullo stesso piano, ma specialmente Cicerone e Seneca, si risolve in un moralismo fondato sul concetto della dignità umana, pieno di discrezione e di equilibrio, e armato, più che di rigore logico, del senso comune. La sua pedagogia, esposta nel De liberis recte instituendis, riguarda l'educazione domestica, della quale però lo stato deve interessarsi. Ispirata a Platone, a Plutarco e a Quintiliano, contempera l'indirizzo umanistico, non limitato all'esclusivo culto di Cicerone, con l'educazione religiosa; e se ha il torto di non ammettere la lingua materna e d' indulgere al mnemonismo, vuole che l'educazione intellettuale comprenda, insieme con le lettere, le scienze e le arti e metta capo, come a suo coronamento, alla filosofia per dare al sapere unità teoretica e morale.

La sua teologia, dipendente da Erasmo da Rotterdam, è teologia d'umanista, imprecisa nelle idee sui due ordini naturale e soprannaturale, dominata dalla tendenza di accentuare al massimo possibile l'azione del libero arbitrio in tutte le operazioni umane e specialmente nell'opera della giustificazione e nella predestinazione. La via di mezzo, da lui seguita fra Pelagio e S. Agostino, non piacque alla suprema autorità, che condannò il suo commentario In Pauli epistolam ad Romanos. Ma, come rispondeva a una profonda esigenza del suo spirito, così si rifletté con candore nel suo atteggiamento pratico, tollerante verso tutte le dottrine.

Amico dei cardinali P. Bembo, F. Fregoso, G. Contarini, R. Pole, G. Morone, del vescovo G. M. Giberti e di Vittoria Colonna, non cessò di propugnare come mezzi per tenere unita la cristianità pericolante: all'interno, riforma della Chiesa; all'esterno, dolcezza verso i dissidenti. Pure lasciando al papato intera supremazia sulle anime, implorò che questa si esercitasse non con la violenza, bensì con la carità e la tranquilla dimostrazione del vero. A tali vedute, benché in sospetto del partito intransigente capitanato dal cardinale G. P. Carafa (il futuro Paolo IV), si conformò nelle controversie religiose, nell'epistola al senato e popolo di Ginevra, nell'Exhortatio ai principi e popoli di Germania, nelle lettere ai novatori, quali F. Melantone e G. Sturm, e infine nella sua attività al Concilio di Trento, dove le sue parole furono di pace e di moderazione.

Opere: Opera omnia, Magonza 1607; Verona 1737-38, voll. 4: questa seconda edizione è la più completa e abitualmente citata. - Scritti pubblicati dopo: frammento del De republica christiana, a cura di Lazzeri, Roma 1754; De extructione catholicae Ecclesiae, a cura di A. Mai, in Spicilegium romanum, II, Roma 1839, p. 101 segg.; De peccato originali, in appendice al vol. di S. Ritter, Un umanista teologo: I. S., ivi 1912, pp. 139-179. Particolare fortuna ebbe il De libens recte instituendis, tradotto nelle principali lingue moderne: delle due traduzioni italiane, l'una è anonima, Venezia 1745, l'altra (Sulla educazione dei figliuoli, dialogo del card. I. S.) è a cura di G. L. Montanari, 3ª ediz., Parma 1847.

La migliore e più ricca raccolta delle lettere del S. è quella di V. A. Costanzi, così distribuita: Epistolae pontificiae, Roma 1759, vol.1; Epistolae familiares, ivi 1760-1764, voll. 3; Epistolarum appendix, ivi 1767, vol.1. Da aggiungere: A. Ronchini, Lettere del card. I. S. e di Paolo S. suo nipote, Modena 1872; C. Malagola, Una lettera inedita del Bembo e due del S., Torino 1875.

Bibl.: A. Fiordibello (lat. Florebellus), De vita I. S., con le note di V. A. Costanzi, premesso al vol. cit. Epistolae pontificiae; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, i, Modena 1777; id., Biblioteca modenese, IV, ivi 1783; A. Joly, Étude sur I. S., Caen 1857; P. Trump, S. als Pädagog, Schweinfurt 1890; A. Piazzi, La pedagogia di I. S., in Rivista ital. di filosofia, nov.-dic. 1890; G. v. Schulthess-Rechberg, Der Kardinal I. S., Zurigo 1909; S. Ritter, Un umanista teologo, I. S., Roma 1912; D. Felcini, L'educazione nel "Galateo" di Mons. della Casa e nel "De liberis" di I. S., ivi 1912; L. v. Pastor, Storia dei papi, IV, i, ivi 1921, pp. 411-12 e passim; W. H. Woodward, La pedagogia del Rinascimento, Firenze 1923, pp. 165-177; G. Puglia, Giacomo S., Valle di Pompei 1923.

Vedi anche
Reginald Pole Pole (it. Pòlo), Reginald. - Ecclesiastico (Stourton Castle, Staffordshire, 1500 - Londra 1558). Si oppose allo scisma di Enrico VIII. Cardinale dal 1536, promosse la conciliazione con i riformati e nel 1545 fu tra i legati papali al Concilio di Trento. Arcivescovo di Canterbury (1556) e consigliere ... Pàolo III papa Pàolo III papa. - Alessandro Farnese (Canino 1468 - Roma 1549). Papa dal 1534, il suo pontificato fu segnato soprattutto dalla reazione contro il protestantesimo. Approvò l'ordine dei gesuiti, costituì la Congregazione del Sant'uffizio (Inquisizione romana, 1542) e infine, nel dicembre 1545, convocò ... Pietro Carnesécchi Carnesécchi ‹-s-›, Pietro. - Riformatore (Firenze 1508 - Roma 1567). Figlio di un alto funzionario di casa Medici, avviato alla carriera ecclesiastica, si recò giovanissimo a Roma, accolto in casa dello zio materno, il card. Bibbiena. E il card. Giulio de' Medici, che ne aveva grande stima, quando fu ... Gasparo Contarini Cardinale (Venezia 1483 - Bologna 1542); nominato cardinale da Paolo III nel 1535, dopo aver reso importanti servigi politici e diplomatici a Venezia, fu il più deciso tra i fautori di una riforma interna della Chiesa. Presidente della commissione convocata nel 1536 per preparare il concilio e studiare ...
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