PASSAVANTI, Iacopo
Predicatore, nato circa il 1300 a Firenze. Vestì giovinetto l'abito domenicano. Fatti gli studî teologici a Parigi, ebbe incarico di leggere filosofia a Pisa, teologia a Siena e a Roma. Sostenne importanti uffici; fra l'altro fu priore del convento di S. Maria Novella e da ultimo vicario vescovile della diocesi di Firenze. Morì nel 1357.
Compose, ed è un'opera insigne, lo Specchio di vera penitenza (1ª edizione, Firenze 1495), libro nel quale egli raccolse e ordinò in cinque Distinzioni, seguite da alcuni trattatelli morali (Della superbia, dell'umiltà, della vanagloria, della scienza, de' sogni), le cose che intorno al ben confessarsi aveva predicate in più anni, e specialmente "nella passata quaresima dell'anno presente, cioè nel 1354". Son ragionamenti semplici, umani, persuasivi, che spesso, secondo l'uso della predicazione medievale, s'infiorano d'"esempî", che il buon frate deriva (ce lo dice egli stesso) da Elinando, da Cesario o da altre fonti. E qui si ha il maggior Passavanti, il novellatore di razza, che ti fa vedere le cose ch'egli descrive, con un'arte che è sobria e misurata, e insieme incisiva. Famosa quella pagina che, in gara col Decameron, rappresenta il purgatorio sulla terra. Oltre al valore letterario, l'opera del P. è una preziosa fonte per la storia dello spirito religioso e del costume di quel secolo.
Bibl.: G. Gentili, Elogio di frate I.P., nell'ediz. dello Specchio a cura di F.L. Polidori, Firenze 1856; C. Di Pierro, Contributi alla biografia di fra I.P., in Giorn. stor. d. lett. ital., XLVII (1906), p. i segg.; A. Monteverdi, Gli esempi dello Specchio, ibid., LXI (1913), p. 266 segg.; LXIII (1914), p. 240 segg. Per l'arte: N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1934, p. 505 segg.