LIGOZZI, Iacopo
Pittore, nato intorno al 1547 a Verona, morto il 26 marzo 1626 a Firenze. Figlio di Ermanno, pittore anch'esso, fu probabilmente scolaro di A. Badile. Della sua giovinezza rimane in patria un grande fregio a fresco imitante la cavalcata di Carlo V e di Clemente VII del Brusasorzi. Stabilitosi a Firenze nel 1578 subì dapprima l'influenza di quell'ambiente pittorico d'indirizzo michelangiolesco bronzinesco, ma con l'avanzare degli anni egli si riaccostò sempre più alla vecchia tradizione veronese; il modellare e il piegheggiare del Caroto, i velluti e le sete marezzate del Morone si riconoscono in suoi affreschi e suoi quadri, mentre le sue composizioni spesso s'ispirano a Paolo Veronese. Per tal modo egli ebbe larga e benefica influenza sullo sviluppo cromatico e compositivo della pittura fiorentina successiva. Godendo di particolare reputazione come miniatore, dipinse (1582) per i Medici e per Ulisse Aldrovandi tavole di storia naturale di insuperabile precisione. Circa il 1590 eseguì la decorazione della Tribuna degli Uffizî delle cui collezioni sotto Ferdinando II ebbe per primo il titolo di soprintendente. Tra gl'infiniti quadri e affreschi del L. ne ricordiamo a Firenze in Palazzo Vecchio (1591), nell'Annunziata (1598), in San Giovannino degli Scolopî, in Ognissanti (1602), in S. Croce (1611), in S. Maria Novella (dopo il 1620) ecc.; a Lucca in S. Anastasio (1594), in duomo (1596), in San Giovanni; a Pescia in S. Francesco (1595); a S. Gimignano, a Pisa, a Bibbiena, a Ravenna, a Modena, ecc. Nel 1619 mandò in patria un'immensa tela con la consegna delle chiavi di Verona al doge, dove il L. si sforzò ancora di ricordare l'arte di Paolo Veronese.
Bibl.: H. Voss, Die Malerei der Spätrenaissance in Florenz u. Rom, Berlino 1920, II; O. H. Giglioli, in Dedalo, IV (1923-24), pp. 554-70; R. Brenzoni, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIII, Lipsia 1929 (con ampia bibl.); inoltre: G. Gamba, I. L., in Madonna Verona, XV (1922).