BAVOSI, Iacopo (Iacopino) de' (Iacopino di Francesco)
Figlio di Francesco de' Bavosi (talora detto anche impropriamente - "de, Papazzoni" per estensione del patronimico dei due orfani minorenni di cui risulta tutore in un documento del 1366), fu operoso come pittore a Bologna dal sesto decennio del sec. XIV sino almeno al 1383. 1 documenti che lo riguardano, pubblicati dal Filippini (1912, 1915) e dal Frati (1914), danno anche notizia del figlio Pietro, pure pittore: in compagnia del quale, e di Andrea de' Bartoli, il B. si reca verso il 1365 a lavorare per Galeazzo Visconti a Milano e al castello di Pavia. Degni di nota i documentati rapporti con la confraternita bolognese di Mezzaratta, di cui risulta "massaro" nel 1366 (sottoscrivendo con il priore Pietro de' Cloavi l'impegno assunto dal pittore Simone di lavorare per la chiesa della confraternita), e alla quale lascia in legato un doppiere nel primo testamento del 4 maggio 1371 (seguito da un secondo nel 1383, anno che segna la probabile data di morte del Bavosi). Nel ben noto ciclo di affreschi, infatti, già decoranti l'oratorio di Mezzaratta (ora nella Pinacoteca Naz. di Bologna), la firma "Iacobus" tuttora figura nel riquadro della Probatica Piscina, oltre ad essere da più fonti ricordata leggibile, unita a quella di Simone, nella Circoncisione, nella Presentazione al Tempio, nella Adorazione dei Magi e, sola, nelle nove Storie di Giuseppe ebreo (ove il Malvasia legge però "Iacobus Pauli"). Da questi indiscutibili rapporti prese, in parte, le mosse l'Arslan (1931) per ricostruire finalmente entro limiti e caratteri specifici la fisionomia storica e pittorica del B. che, già in precedenza a lungo confusa con quella di Iacopo Avanzi, era venuta nel frattempo gradualmente ricomponendosi su basi stilistiche come quella dello "Pseudo Avanzi" (van Marle; Sandberg Vavalà). L'identificazione venne in seguito pressocché costantemente accettata, benché il Longhi - individuando (1950), con l'Arcangeli, nel B. uno dei protagonisti primi del Trecento pittorico bolognese e padano - lo riconosca peraltro nell'"Iacobus" collaborante con Sìmone nella Circoncisione di Mezzaratta, ma non in quello della Probatica Piscina, mentre il Toesca (1951) distingue almeno due principali maestri entro il corpus pittorico più genericamente riferito al B., accresciuto del resto da non poche, più o meno recenti e pacifiche, attribuzioni: tra cui notevoli gli affreschi mutili con la Crocefissione nel palazzo ducale di Mantova (Longhi, 1950; Perina) e la Annunciazione in S. Giovanni in Monte a Bologna (Gnudi). Degna di nota inoltre la convincente proposta (Gnudi) di riconoscere la mano del B. almeno nel gruppo dei Quattro Evangelisti, entro il ciclo vitalesco dell'abside di Pomposa.
Si tratterebbe infatti, verso il 1351, di un prezioso documento degli inizi dei B., già chiaramente tesi a volgere la determinante eredità del tardo Vitale verso il più corposo racconto e i più quieti equilibri dei citati affreschi di Mezzaratta (ora difficilmente leggibili, peraltro, le Storie di Giuseppe; mentre, con ogni probabilità, il disegno della Adorazione dei Magi èdovuto al maestro della Natività; e infine l'intenso Committente della Circoncisione, riconosciuto al B. dal Longhi, sembra in definitiva bene legare con il rapido gruppo degli astanti, e malati della Probatica Piscina).
Agli affreschi di Mezzaratta possono venire ricollegati, intorno al 1360-65, alcuni dipinti della Pinacoteca di Bologna (Dormitio Virginis, n. 170; Visione di s. Romualdo, n. 168; S. Gregorio, n. 383) e forse in particolare la Incoronazione della Vergine, n. 744, che, in genere connessa alle quattro tavolette Kress (già Gozzadini-Platt) con Storie di Cristo, S. Caterina e un Santo (per cui peraltro il Toesca, unendovi le Esequie di s. Francesco dei Musei Vaticani, suppone un terzo maestro, più vicino del B. a Vitale), appare poi assai prossima a nostro avviso sia alla tempera della coll. Longhi con Storie di S. Caterina d'Alessandria sia all'affresco con la Battaglia di Clavijo in S. Giacomo Maggiore e alla citata Annunciazione in S. Giovanni in Monte a Bologna. In stretto rapporto con Il viaggio lombardo del 1365 circa - a cui dovrebbero essere successivi quelli non documentati a Mantova e nel Veneto, se va qui accettata l'attribuzione di tre affreschi in S. Anastasia a Verona (Battesimo di Cristo, Madonna in trono col Bimbo e quattro santi, Madonna col Bimbo e s. Gottardo), di una maturità peraltro che potrebbe accennare anche a un più tardo seguace - appare la svolta successiva comunemente riconosciuta nella pittura del Bavosi. Eglì raggiunge, infatti, a contatto con le consentanee vicende padane e in aperto rifiorire di suggestioni giottesche, un suo caratteristico "espressionismo" pungente, dalla pronta notazione quotidiana, ma scarnáto sino alla violenza entro una greve misura di antico sapore romanico. Bene espressa dalla Crocefissione di Mantova (ove la libera fantasia cruda è servita da una grafia d'insolita rapidità in tipici rapporti cromatici freddi), l'età matura del B. vede pur sempre i suoi momenti più alti nei tre -noti polittici della Pinacoteca di Bologna (con la Dormitio Virginis, la Incoronazione, la Presentazione al Tempio), tra loro indiscutibilmente vicini e, nel complesso bene databili entro l'ultimo decennio della vita del Bavosi.
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