CELEGA (Zelega), Iacopo (Giacomo)
Figlio di Pier Paolo e imparentato (ma non ci è noto in qual grado) con Antonio Celega, appare in un documento del 1425 che lo attesta implicato in qualità di "murarius", e accanto a Marco di Amedeo, nel cantiere della Ca' d'Oro a Venezia. Sappiamo, per altro riguardo, che, prima del 1439, quando in quel ruolo per la prima volta è ricordato, fu proto dei Procucuratori di S. Marco. Il 14 giugno 1451 era già morto visto che una carta d'archivio registra l'intervento di una Luchina "relicta" dal fu "ser Iacobi Celega... de confinio sancti Ieminiani" in Venezia, come residuaria ed esecutrice testamentaria del marito (Paoletti, 1893, p. 21).
Il dossier molto esiguo delle informazioni in nostro possesso non ci consente che una modesta identificazione dell'attività del C. in quanto architetto e una identificazione non del tutto soddisfacente della sua personalità stilistica. Irriconoscibile, e comunque del tutto marginale a quanto pare, il suo apporto alla fabbrica della Ca' d'Oro, il punto di riferimento più interessante è costituito dalla "memoria" fermata sul frontespizio del "Libro Fabbrica" della chiesa veneziana di S. Elena, in occasione della posa della prima pietra del tempio il 12 settembre 1439: "El vertuoso homo ser Iachomo Zelega ingegnere de nobili procuratori di San Marcho... se ha voluto de far questa elemosina de condur el dicto lavoro" (Cicogna, 1842, p. 673). Si trattò, dunque, all'evidenza, non solo della direzione dei lavori costruttivi (Gallo), ma del progetto della chiesa: il che denuncia, quando teniam conto che fu voluta dell'Ordine dei colti monaci olivetani e che - in quanto luogo di devozione della reliquia della santa madre di Costantino - era destinata a costituirsi come importante centro religioso, la condizione elevata di prestigio professionale goduta dal Celega. S. Elega a dispetto delle sofferenze patite in seguito alla soppressione napoleonica (1807) e da restauri recenti (1928), è stata restituita all'originaria situazione: rappresenta la notevole capacità di manipolazione linguistica e stilistica non meno che l'originale raffinatezza del gusto dell'autore, sia nella trattazione lieve ed elegante della tipologia conventuale del prospetto sia nella scansione severa e solenne dello spazio dell'unica, interna navata, pur rivelandone esplicitamente la genesi nella cultura e nelle attitudini gotiche del padre del C., Pier Paolo.
Fonti e Bibl.: E. A. Cicogna, Delle inscrizioni venez.,V, Venezia 1842, p. 673; P. Paoletti, L'archit. e la scultura del Rinasc. in Venezia, Venezia 1893, pp. 16, 21; R. Gallo, La chiesa di S. Elena, Venezia 1926, p. 17; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma 1959, p. 866; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p.264.