CAVICEO, Iacopo
Questo strano tipo d'avventuriero nacque a Parma il 1° maggio 1443. Sacerdote e valente predicatore, fu imprigionato per certi scandali da lui provocati; riuscito a fuggire, fece vela per Costantinopoli, finché, stanco di ramingare, ottenne la grazia del rimpatrio. Indi, messosi a capo del clero malcontento, fu di nuovo costretto a lasciare la città (1473), per riparare a Roma, dove si salvò dal pugnale d'un sicario freddando l'aggressore. Ligio alla fazione dominante nella sua patria, fu inviato da Pier Maria de' Rossi a Venezia, per ottenergli la protezione di quella repubblica; ma la morte di Guido (1490), figlio del suo signore, lo trasse in nuove sventure. Ottenne il vicariato generale presso il vescovo di Rimini (1492-94), poi quello di Ferrara, di Firenze e di Siena; infine, carico d'anni e infemo, morì a Montecchio nel Reggiano, il 3 giugno 1511.
Durante la sua dimora a Ferrara, compose nell'ultimo decennio del sec. XV un romanzo intitolato Il Peregrino, che dedicò a Lucrezia Borgia (1ª ed., Parma 1508). Complicata di cento episodî poco casti, di piccanti avventure e d'ingredienti novellistici, nonché di continue allusioni a personaggi del tempo e di smaccate adulazioni, questa indigesta storia d'amore contrastato pretende di avere anche uno scopo morale sotto il velo dell'allegoria. In realtà, più che a giovare, lo scrittore mirò principalmente a riuscire ameno e interessante, con la varietà dei casi e con tutti gli artifizî d'uno stile gravemente boccaccevole, sovraccarico di latinismi, e di reminiscenze erudite. All'azione principale degli amori di Peregrino da Modena e della bella Ginevra s'intreccia una lunga serie di avventure, di pericoli, di viaggi straordinarî, di comici stratagemmi, con evidente imitazione del Filocolo boccaccesco. Nonostante lo scarso valore artistico, il romanzo piacque molto ai contemporanei, che ne smaltirono nel sec. XVI una ventina di edizioni, senza contare le traduzioni in castigliano e in francese (1527), con l'effetto che questa enorme diffusione fu giudicata perniciosa dai preditcatori francesi e riprovata dal pulpito.
Bibl.: G. B. Passano, Novellieri ital. in prosa, Torino 1878, I, p. 211 segg.; A. Ronchini, I. C., in Atti e mem. della Deput. di storia patria per le prov. Modenesi e Parmensi, IV (1868), p. 209 segg.; A. Albertazzi, Romanzieri e romanzi del Cinquecento e del Seicento, Bologna 1891, p. 7 segg.