BURLO, Iacopo
Figlio di Baudo (o Baldo) di Iacopo e di Liota, appartenne a una delle tredici casate, che costituirono più tardi il patriziato triestino.
Poiché la stirpe è molto numerosa, non è sempre facile distinguere a quale ramo appartengano quei campi, vigne e case, che si vedono frequente oggetto degli atti registrati dai vicedomini del Comune, di regola per acquisti e crediti, testimonianze della posizione di rilievo che i Burlo avevano ormai raggiunto nel quadro dell'economia cittadina. Attorno alla metà del sec. XIV vi sono, inoltre, almeno tre Burlo di nome Baudo, e non sempre ne è indicata la paternità: il che ne rende estremamente difficile l'identificazione. Comunque, più che il padre del B., sembrano potenti altri due omonimi, quel Baudo di Domenico, che fu giudice rettore nel 1363, e un Baudo di Bergogna, che si conosce attraverso cospicui arrotondamenti della sua proprietà fondiaria. Tutto il gruppo familiare, però, si delinea più chiaramente dal testamento di Totta Burlo, la quale, mentre infieriva la grande peste, avendo a sua volta da poco ereditato, divideva nell'agosto 1348 i suoi beni fra i due nipoti e numerosi altri collaterali. Fra essi vi sono i tre Baudo ed e per la prima volta nominato anche il B., figlio di Baudo del fu Iacopo.
Il B., secondo le disposizioni di Totta, avrebbe dovuto sostituirsi nella proprietà di una vigna al nipote Benvenuto, qualora costui fosse morto prima di raggiungere l'età legittima. Da ciò il de Jenner, genealogista delle tredici casate, deduce che egli era allora in età minore: se tale ipotesi fosse esatta si potrebbe collocare la data di nascita verso il 1340 e arguire, di conseguenza, che per poter combattere nel 1376 nell'esercito veneziano, a un'età che superava di parecchio i trent'anni, doveva essere senz'altro nella condizione di capo d'armi.
Della sua notorietà il B. è tuttavia debitore quasi esclusivamente al Caroldo, che in un breve passo della sua cronaca ne rievoca la valorosa morte. Poco si sa, infatti, di lui finché, in una data imprecisabile, il Senato veneto gli concesse, pur essendo un provvisionato della Repubblica, di rientrare nella sua città: segno questo della grande fiducia che il B. si sarebbe guadagnato per aver scoperto "un trattato di dar via Trieste", ricevendone una ricompensa di cento ducati annui. L'episodio è comprovato dai Secreta senza, peraltro, indicazione cronologica; si potrebbe, comunque, farlo risalire al 1372, quando il clima politico di Trieste, sfavorevole a Venezia, poteva facilitare qualche tentativo di staccare la città di recente conquistata (1369). Lo stesso Tamaro, che in un primo tempo (Storia di Trieste) escluse recisamente l'esistenza di opposizione triestina al governo veneziano e parlò anzi di continuo miglioramento dei rapporti fra le due città, citandone quale prova proprio il permesso di rientro dato al B. e ad alcuni altri, più tardi (Trieste)accolse invece la notizia, assegnandola però al 1374.
Nell'estate del 1375 (3 giugno) il B. si trovava certamente a Trieste, dove componeva una lite che aveva in corso col padre e con la madre per quanto promesso a sua moglie - Polissena - nel documento dotale e poi mai corrisposto, accordandosi per un paio di vesti, che Baudo avrebbe dovuto fornirle nei quattro anni successivi. Sono poi corroborate dalle fonti ufficiali veneziane le circostanze della sua morte. Il B. cadde nel 1376, durante la guerra con il duca Leopoldo d'Austria, combattendo alle porte di Feltre, nella battaglia per la riconquista della città, tra l'agosto e il settembre. In seguito al suo comportamento valoroso, il comandante in capo propose un riconoscimento alla famiglia, alla quale vennero assegnate (5 settembre) trecento lire di grossi sulla Camera degli imprestiti, come dote alla figlia Salomea, finché non si fosse maritata, e, in caso di una sua morte prematura, al nascituro che la vedova stava attendendo. Al padre venne elargita la somma necessaria per il risarcimento dei debiti contratti dal B. per il proprio armamento; per onorarne la memoria, la Repubblica volle essere generosa anche con Omobono, "patruo condam Iacobi Burlo", il quale era stato fra i procuratori di Trieste nelle trattative di pace del 1369, ed era poi stato confinato a Venezia e ormai ridotto in povertà, accordandogli il ritorno a Trieste, "considerata fidelitate et bono portamento dicti Iacobi Burlo omnibus satis nota".
Proprio nel B. che, perdendo la vita in una guerra veneziana - non collimante, peraltro, con gli stessi interessi di Trieste, - riscattava lo zio paterno da quel confino comminatogli certamente per qualche forma di opposizione alla Repubblica o per qualche sospetto, si può cogliere, in questo periodo di indipendenza cittadina così precaria, il disorientamento e la divisione degli animi, di cui sono il sintomo la supposta sventata congiura alla quale si accenna e i numerosi oppositori di Venezia, confinati e più tardi graziati. Ma la storiografia triestina della fine del secolo scorso ha voluto esaltare nel B., fedele della Serenissima, l'esempio d'amor patrio, dimentica della secolare inconciliabilità fra le due città adriatiche e della sanguinosa lotta, che, proprio nel 1369, aveva portato all'incondizionata resa di Trieste.
Fonti e Bibl.: Vienna, Nationalbibliothek, ms. 6153 (ex Foscarini n. 230): G. G. Caroldo, Chronica Venetiarum usque ad a. 1382, c. 334r; Trieste, Biblioteca comunale, Quaderni dei Vicedomini del Comune di Trieste, voll. XVII(1347-48), c. 69rv; XVIII (1348), cc. 18r-19v; XIX (1357), c. 61v; XX (1369), cc. 34v, 44r; XXI (1363), c. 1r, 30r; XXIII (1371), pp. 2r, 42v-43r; XXV (1375), c. 11r; Ibid., ms. 1/1.B.I.: L. de Jenner, Genealogie delle tredici casate triestine, cc.162-63; Ibid., ms. 22.C.1.: Id., Alberi geneal. delle famiglie nobili triestine: Famiglia Burlo;Archivio di Stato di Venezia, Senato Misti, rubrica I, cc. 17, 19; II, cc. 110, 127; registri XXXIV, c. 18; XXXV, c. 129; XXXVI, pp. 129, 142; Ibid., Commemoriali, VII, pp. 209v-210r; Secreta Consilii Rogatorum, V, c. 27v; Codice diplom. istriano, a cura di P. Kandler, Trieste 1847, ad annum 1369; Senato Misti - Cose d'Istria, in Atti e Mem. della Soc. istriana di archeologia e storia patria, V (1889), p. 66; S. Romanin, Storia docum. di Venezia, III, Venezia 1855, p. 251; G. di Sardegna, Illustraz. di alcuni doc. militari venez. riguardanti Trieste e l'Istria, in Archeografo triestino, n.s., II (1871), 5-6, pp. 261, 284, 360, 362; Id., Mem. di soldati istriani e di altri italiani e forestieri che militarono nell'Istria allo stipendio di Venezia nei secoli XIII,XIV e XV,ibid., VII (1880-81), pp. 67 s.; G. Cesca, Le relaz. tra Trieste e Venezia sino al 1381, Verona 1881, pp. 225-27; P. Stancovich, Biografie degli uomini distinti dell'Istria, Capodistria 1888, p. 400; G. Caprin, Il Trecento a Trieste, Trieste 1897, p. 244; A. Tamaro, Storia di Trieste, I, Roma 1924, pp. 248 s., 251, 348; Id., Trieste, Roma 1930, pp. 37 s.