BERTALDO, Iacopo
Prelato e giurista veneto, visse fra il secolo XIII e il XIV. La prima notizia in nostro possesso che lo riguarda si trova in un atto notarile del 14 dic. 1276: egli vi figura come notaio e prete della parrocchia veneziana di S. Pantaleone. Sempre a Venezia, e nella medesima parrocchia, il B. ci appare in altri suoi rogiti, che vanno dal 1279 al 1308. Scarsamente fondata è la notizia che sia diventato, intorno al 1310, piovano di S. Pantaleone. In un documento del 1298 gli è attribuito il titolo di "aule incliti ducis Veneciarum cancellarius", e la carica di cancelliere del doge egli ricopriva ancora nel 1313. Al 26 agosto di questo stesso anno risale il primo documento in cui viene detto "episcopus Vegle"; col titolo di vescovo di Veglia detta anche il suo testamento (10 sett. 1314) e, con lo stesso titolo, alla sua morte (3 apr. 1315) lo ricorderà, nella chiesa di S. Pantaleone, l'epigrafe sepolcrale, poi distrutta con la tomba, durante lavori di rifacimento.
Il B. occupa un posto di rilievo nella storia della giurisprudenza veneziana, grazie al suo Splendor Venetorum civitatis consuetudinum. Questo il titolo con cui l'opera ci è pervenuta e con cui è stata pubblicata alla fine del secolo scorso da F. Schupfer, ma si è ragionevolmente supposto, in base a un passo del prologo, che l'autore intendesse chiamare il suo libro semplicemente Venetarum consuetudinum lucidarium, e che il titolo con cui conosciamo il lavoro del B. sia stato aggiunto in seguito; cosa non improbabile, del resto, se si considera che la stesura dell'opera, iniziata - come sembra - nel 1311, fu interrotta, secondo ogni verosimiglianza, dalla morte dell'autore.
Il B. indirizza l'opera a un Marco, suo amico carissimo: dall'autore stesso sappiamo che Marco è persona impegnata nell'attivitá giudiziaria; si è congetturato, perciò, trattarsi di Marco Barbo, che fu podestà di Chioggia, o, come sembra più probabile, di Marco Lando, che, nel 1311, fu giudice del procuratore. Comunque, la figura del dedicatario e le espressioni con le quali gli si rivolge il B. indicano chiaramente che l'opera fu concepita come manuale delle consuetudini forensi al servizio della pratica quotidiana del giudicare.
Così come ci è pervenuto, lo Splendor può dividersi in due parti di diversa estensione: la prima, di contenuto generale, tratta, in poche pagine, della consuetudine in genere e del suo valore, delle diverse curie in cui s'articola, in Venezia, l'amministrazione della giustizia, delle competenze e del funzionamento di ciascuna di esse; la seconda parte, che costituisce il corpo dell'opera, tratta in particolare tutto quanto si riferisce alla curia "del proprio", cominciando dal nome, dalle prerogative, dalle norme che la governano; ne illustra quindi, in 21 paragrafi, le diverse attribuzioni e il modo di esercitarle. Si studia, così, la definizione del concetto di beni immobili, il possesso, l'investitura, la prescrizione, la divisione, la restituzione della dote, i diversi clamores, i testamenti,i breviari, le commissarie, le violazioni del diritto di proprietà, le testimonianze, i trasporti e le rogadie. Incompleto è l'ultimo paragrafo e manca il paragrafo 22, relativo alle successioni "ab intestato", dal B. annunziato nell'elenco che precede la trattazione specifica delle competenze della curia proprii.
Il piano complessivo dell'opera, quale si può ricostruire dagli accenni dell'autore, prevedeva la trattazione organica di tutte le curie giudiziali venete, escluse solo quelle dell'"esaminador" e del "Consiglio minore", e costituisce una grave perdita per le nostre conoscenze il fatto che l'opera sia rimasta incompleta. Ma, anche così mutilo, lo Splendor costituisce, per la storia del diritto veneziano, una fonte di prim'ordine, per le notizie copiose su consuetudini e istituti procedurali, a cui è prevalentemente rivolto, com'è naturale, l'interesse dell'autore, ma anche per gli accenni, non infrequenti, a istituti di diritto sostanziale.
Lo Splendor è stato pubblicato da F. Schupfer, Bologna 1895; poi in Bibl. Iurid. Medii Aevi, a cura di A. Gaudenzi, III, Bologna 1901, pp. 97-153.
Bibl.: Per le notizie biografiche: F. Corner, Ecclesiae Venetae, Venezia 1749, II, pp. 363 s.; G. degli Agostini, Notizie ist. crit. intorno la vita e le opere degli scrittori veneziani…, Venezia 1752, pp. 515-20; M. Foscarini, Della letterat. veneziana, Padova 1752, I, p. 25 (dove il B. viene erroneamente detto Bertoldo); E. A. Cicogna, Saggio di bibl. veneziana, Venezia 1847, pp. 187, 385. Inoltre per un'adeguata valutazione dello Splendor, nel contesto storico-culturale: V. La Mantia, recens. all'ediz. Schupfer in Riv. stor. ital., XIII (396), pp. 385-90; E. Besta, I. B. e lo Splendor Venet. civit. consuet., in Nuovo arch.veneto, XIII (1897), pp. 109-33; F. Schupfer, Manuale di storia del diritto ital., Città di Castello 1908, pp. 458 s.; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto ital., diretta da P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, pp. 465 s.