FIDENZI, Iacopo Antonio
Attore vissuto tra la fine del sec. XVI e la prima metà del sec. XVII, famoso nel ruolo di innamorato con il nome di Cintio. Incerta la data della sua nascita; secondo F. Bartoli sarebbe nato a Firenze nel 1596, ma L. Rasi antepone la data al 1580.
L'esiguità e la frammentarietà delle notizie che lo riguardano non consentono di ricostruire puntualmente le varie fasi della sua attività. Di certo fece parte delle maggiori compagnie attive nei primi decenni del sec. XVII. Dopo il 1630 circa passò al servizio stabile del Farnese duchi di Parma, di Odoardo I e Ranuccio II prima, assumendo poi la direzione della troupe del giovane principe Alessandro.
Forse era a Parigi nel 1604 con i Gelosi, nell'ultima tournée della compagnia, che si sciolse in quell'anno in seguito alla morte di Isabella Canali Andreini. Nel 1607 si trovava a Torino con gli Accesi, una delle maggiori compagnie del momento. Questi erano sul punto di recarsi a Parigi, ma la partenza, stabilita per il 30 novembre, fu rinviata: formalmente a causa del mancato arrivo degli abiti di scena di Cintio, in realtà per le insistenze di Carlo Emanuele di Savoia, che cercava di trattenere i comici. Gli Accesi giunsero a Parigi nel febbraio 1608: la tournée - la seconda che la compagnia faceva in Francia - ebbe molto successo. L'anno seguente tornarono in Italia, nuovamente a Torino dove, per la seconda volta, si fusero con la compagnia del Fedeli (si era già verificato nel 1606), trattenendosi a recitare in questa città per tutta la stagione estiva. Scoppiati acuti dissidi tra gli attori, in particolare tra P. M. Cecchini e l'Andreini, la provvisoria unione si sciolse e le compagnie ripresero i loro giri. Dirigeva gli Accesi Pier Maria Cecchini, noto per il tipo comico di Fritellino, che insieme con la moglie Orsola, in arte Flaminia, costituiva il fulcro della troupe. E destò scalpore la relazione che legò l'irrequieta moglie di Fritellino al F., al punto tale da suscitare notevoli echi raccolti e cristallizzati in una serie di componimenti satirici (oggi dispersi) di Giambattista Marino, come si legge nella lettera che Virginia Ramponi Andreini inviò al cardinal Gonzaga nell'agosto del 1609. Ed è curioso rilevare come il Cecchini, temperamento autoritario e anche violento - aveva già ucciso per "honorate cagioni" un altro attore - sopportasse il palese legame della moglie con il Fidenzi. Da questo episodio parte L. Rasi per smentire l'ipotesi del Bartoli, che - come visto - pone la data di nascita del F. nel 1596. In questo caso egli avrebbe avuto, nel 1609, solo tredici anni: troppo giovane per essere oggetto di passione per una donna, peraltro non più giovanissima. Il Rasi suggerisce, quindi, di stabilire la nascita del F. intorno al I 580.
Il F. era ancora con gli Accesi nel 1613. Fu certamente a Napoli nel 1616, ancora con il Cecchini, chiamato per recitare nel teatro di S. Giorgio del Genovesi per il Natale di quell'anno, e forse successivamente a Milano. Nel 1617 era a Genova: un curioso riferimento a Fritellino, Flaminia e Cintio come comici Fedeli è contenuto in una richiesta per recitare in quella città; l'autorizzazione fu concessa il 12 apr. 1617. Con il Cecchini era di nuovo a Napoli nel 1618: Fritellino era stato scritturato da F. Capece e da 0. Sgambato, che gli affidarono lo spettacolo per l'inaugurazione del nuovo teatro di S. Giovanni dei Fiorentini, di cui erano i proprietari. Nel contratto di locazione il F. viene espressamente nominato come uno degli affittuari, e ciò è significativo del ruolo non irrilevante da lui sostenuto nella gestione della compagnia. L'inaugurazione ebbe luogo il 4 novembre 1618 con la messa in scena del Pastor Fido di G. B. Guarini; successivamente venne rappresentata l'Idropica dello stesso autore. Il contratto avrebbe dovuto essere valido fino al carnevale del 1620. Dopo un promettente avvio, che vide le recite nel teatro pubblico alternarsi a rappresentazioni private nei palazzi nobiliari, ai primi del nuovo anno scoppiò tra i comici e il Capece un aspro contrasto provocato da ragioni di interesse. Il Cecchini e la moglie si recarono a Roma, seguiti dal F.; la compagnia, che probabilmente si trovò a recitare in situazioni semiprivate secondo l'uso ivi vigente, raggiunse notevole popolarità. Risale al 1619 la temporanea separazione del F. dal Cecchini, dovuta a contrasti fra i due attori o, forse, alle non buone condizioni in cui si trovava la troupe di Fritellino. Ma il F. era di nuovo con il Cecchini nel novembre del 1623 a Firenze.
Nel 1624-25 il F. era con i Fedeli in Francia. Nel settembre del 1626 si trovava a Roma, se è vero che il Cecchini, in tournée nell'Italia settentrionale, manifestava l'intenzione di unirsi con la compagnia di Cintio in quella città. Nel 1627 era di nuovo a Firenze, nella compagnia dei Confidenti. L'anno seguente fece parte, insieme con N. Barbieri, della compagnia dei Confederati. Nel 1631-33 era con F. e M. Antonazzoni in una delle compagnie formatesi dopo lo scioglimento dei Confidenti, e con i Confidenti - nuovamente riuniti - era a Firenze, nel teatro di Baldracca, negli anni 1636-37.
Il passaggio del F. dalle compagnie capocomicali alla guida della formazione al servizio dei duchi di Parma - che risale alla metà degli anni Trenta e durerà fino al 1650 - è documentato da una sua lettera del 1638, inviata ad un gentiluomo di corte dei Farnese da Roma, dove Cintio aveva condotto la compagnia ducale, di cui dichiara avere la completa responsabilità amministrativa e artistica: "quello che ha il carico di reggere la compagnia e di metter fuori i soggetti".
Nel 1650 il F. era a Padova, dove si era recato per curare una malattia agli occhi. Una sua lettera - entrambe le lettere del F., conservate nell'Archivio di Stato di Modena, sono riportate dal Rasi - ne attesta la presenza nella troupe del marchese degli Obizzi, podestà di Padova e proprietario di teatri a Padova e Ferrara. Dalla lettera si desume, peraltro, che l'appartenenza di Cintio alla compagnia del marchese degli Obizzi era telúporanea e che la soggezione ai Farnese non poteva considerarsi del tutto conclusa se il duca lo richiedeva al suo servizio per il carnevale dell'anno seguente. Il tono, mesto e rammaricato, evidenzia, al di là delle esasperazioni di rito, la condizione di grande precarietà in cui poteva venire a trovarsi un attore, pure al culmine di una lunga e luminosa carriera.
Il carattere di innamorato, che il F. spesso interpretò, presumeva, da parte degli attori che lo interpretavano, la capacità di esprimersi attraverso un linguaggio colto e toscaneggiante, non ombreggiato da alcuna sfumatura vernacolare. Il Petrarca, mediato dal petrarchismo, i lirici cinquecenteschi e barocchi costituivano le basi della formazione culturale richiesta all'attore, andando a formare un'ampia riserva di materiale letterario imparato a memoria e utilizzato ogniqualvolta le esigenze drammaturgiche lo richiedevano. Questo bagaglio culturale talora confluiva in una produzione poetica intessuta di retorica, di citazioni erudite, di eleganti costruzioni letterarie. Il F. non si era sottratto a questa consuetudine. Aveva composto, nel 1613, alcune rime inserite nella raccolta di poesie curata da F. Antonazzoni per la morte dell'attrice Camilla Rocca Nobili, pubblicata nello stesso anno a Venezia. Sempre a Venezia aveva pubblicato nel 1628 un Effetto di divozione, consacrato al merito indicibile de i due famosi in amicizia, e per sangue e per l'opere illustrissimi, Nicolò Barbarigo e Marco Trevisano, composto di tre sonetti e un'ode. Nel 1652 riunirà la sua produzione poetica in un unico volume, pubblicato a Piacenza con il titolo Poetici capricci, che dedicherà al suo mecenate Alessandro Farnese.
Divenuto ormai inadatto - causa l'età - alla parte di innamorato, il F. non abbandonò il palcoscenico, passando a interpretare il ruolo del mercante.
Morì intorno al 1655.
Fonti e Bibl.: N. Barbieri, La Supplica. Discorso famigliare... (1634), a cura di F. Taviani, Milano 1972, p. 19; G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante..., Venezia 1734-47, II, pp. 316 s.; F. S. Bartoli, Notizie istoriche de' comici italiani... I, Padova 1782, pp. 211 ss.; F. Inghirami, Storia della Toscana, XII, Fiesole 1843, pp. 42 s.; A. Bartoli, Scenari inediti della Commedia dell'arte. Contributo alla storia del teatro popolare italiano, Firenze 1880, p. CXXIV; A. Baschet, Les comédiens italiens à la cour de France sous Charles IX, Henry III, Henry IV et Louis XIII, Paris 1882, p. 165; B. Croce, I teatri di Napoli dal Rinascimento al secolo decimottavo (1891), 5 ediz., Bari 1966, pp. 28-41, 55-61; L. Rasi, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, I, 2, Firenze 1897, pp. 880-885; A. Solerti, Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, p. 170; I. Sanesi, La commedia, II, Milano 1935, pp. 26 s.; M. Apollonio, Storia della commedia dell'arte, Firenze 1930, pp. 253 s.; K. M. Lea, Italian popular comedy. A study in the Commedia dell'arte 1560-1630..., Oxford 1934, pp. 102-105, 282-287, 290-293, 302 s., 326; N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Milano-Roma, I, 1940, p. 368; U. Prota Giurleo, I teatri di Napoli nel Seicento. La commedia e le maschere, Napoli 1962, pp. 29, 71, 131, 215; A. Evangelista, Le compagnie dei comici dell'arte nel teatrino di Baldracca a Firenze: notizie dagli epistolari (1576-1653), in Quaderni di Teatro, VI (1984), n.24, pp. 50-72; C. Molinari, La Commedia dell'arte, Milano 1985, pp. 38, 73, 76, 141, 161-164, 173; Enc. dello spettac., III, col. 873, s. v. Cintio.