AMIGONI (Amiconi), Iacopo
Le fonti più antiche (Zanetti, Zani) danno questo pittore e incisore nato a Venezia nel 1675. È ormai comunemente accettata invece la sua nascita a Napoli nel 1682, indicata per la prima volta nel 1933 da F. J. Sánchez Cánton. Egli ne ha spiegato i motivi al Fiocco in una lettera del 15 genn. 1934, in quanto nello "...expediente de pruebas de limpieza de sangre abierta para el ingreso en la Orden de Santiago de Pannelli" l'A. appare nel 1750 come quarto teste e vi si dichiara "natural de Napoles y de 68 afios de edad" (v. G. Fiocco, G. Pittoni e J. A., p. 330). Nel 1711 - sia pure come assente - è nominato a Venezia nella "fraglia dei depentori". Salvo qualche soggiorno in Italia, principalmente a Venezia, tra il1740 e il 1747, e forse a Roma, l'A. operò nelle maggiori corti europee. Dal 1717 al 1727 circa fu a Monaco di Baviera, in Inghilterra tra il 1729 e il '39, a Parigi nel 1736 e, dal 1747 in poi, alla corte di Ferdinando VI a Madrid, dove morì nel 1752.
L'attività dell'A. è documentata da opere di decorazione negli interni di palazzi e castelli residenziali, da una vivace ed espressiva serie di ritratti e da quadri a soggetto arcadico e mitologico oltre che da pale d'altare. Lavorò in Baviera, ad Augusta, nei castelli di Schlessheim, di Nymphenburg, con decorazioni a soggetti mitologici e dell'epopea omerica, in toni trasparenti e luminose rifrangenze di colore, dalla chiara affinità al gusto veneto settecentesco. A Londra lavorò per lord Tankerwille, in Powi House, a More Park, nel teatro di Covent Garden. Durante il soggiorno parigino trasse dall'ambiente francese motivi di ispirazione soprattutto nella ritrattistica. La decorazione del Palazzo reale di Aranjuez e del castello del Buen Retiro durante il suo soggiorno in Spagna alla corte di Ferdinando VI, decorazione preziosa nell'eleganza dei festoni a stucco delimitanti allegorie mitologiche e pastorali in toni azzurro-perlacei, è fondamentale per la chiarificazione della personalità dell'artista. Tra le sue pale d'altare si ricordano le tre tavole per la Frauenkirche di Monaco, la pala della Visitazione nella chiesa di S. Maria della Fava a Venezia, un'altra con S. Francesco di Sales nella stessa chiesa, la pala di S. Andrea e s. Caterina a S. Stae, il S. Girolamo Miani in gloria nella sacristia minore della chiesa di S. Maria della Salute sempre a Venezia. Opere sue si conservano in collezioni private (notevole la Giuditta e Oloferne,siglata, della collezione Ducas di Alessandria d'Egitto, dove forse l'A. si fermò durante il viaggio verso la Spagna) e in vari musei principalmente in Europa: a Lipsia (Madonna con Bambino), a Darmstadt (Betsabea e Giuditta con la testa di Oloferne), a Brunswick (Giove e Semele; Marte, Venere e Vulcano), a Francoforte, a Segovia (Giuramento di Annibale e Carlo III che parte per Napoli), all'università di Barcellona (La coppa trovata nel sacco di Giuseppe e Giuseppe ricevuto dal Faraone già a Madrid, al Prado), a Madrid (San Fernando riceve le chiavi di Siviglia al Prado, dove si trovano anche altre opere - ritratti e allegorie - di attribuzione tuttora discussa), nel Palazzo reale di Torino (Continenza di Scipione), alle Gallerie dell'Accademia di Venezia (Venere e Adone; Anzia e Abrocome che dal Fiocco era stato attribuito a C. Ligari). La critica contemporanea, riconoscendo nella formazione dell'A., impegnato all'inizio della sua attività nel San Carlomanno che si presenta all'abate di Montecassino e nel S. Carlomanno derubato del gregge (a Montecassino, cappella di S. Carlomanno; perdute), in luogo della componente della maniera del Solimena piuttosto una preponderante influenza di Luca Giordano, tende a mettere in luce soprattutto la fresca immediatezza cromatica del suo modo di dipingere di gusto strettamente veneto. Per quanto riguarda in particolare la ritrattistica, pur intuendosi in lui modi già preludenti a quelli neoclassici, è innegabile nella sua maniera una controllata luminosità di superfici modernamente cristallizzata in significativi accostamenti figurativi di suggestione quasi surrealista. Tra i più notevoli ritratti di personaggi del mondo elegante e aristocratico del tempo si ricordano i ritratti di Pietro il Grande e dell'imperatrice, dell'infanta Maria Isabella e dell'infanta Maria Teresa Antonia al Prado, il discusso ritratto del cantante Farinell al Liceo musicale di Bologna. Apprezzato dai contemporanei (Alessandro Longhi) come pittore "storico", fu anche incisore. Praticò soprattutto l'incisione a bulino e all'acquaforte, tecnica che diffuse a Londra, dove con G. Wagner, già suo allievo, fondò una vera e propria scuola dalla grafica sottile e nitida in contrasto con la tecnica "a fumo" o "maniera nera" del "mezzotinto" dall'effetto più pesante, già da tempo largamente di moda in Inghilterra. Molte opere dell'A. furono incise dal Volpato, dal Wagner, dal Bartolozzi e da altri e spesso la sua opera grafica a tema biblico e mitologico fu riprodotta nella decorazione del vasellame di gran moda nel Settecento europeo.
Anche la sorella di lui, Carlotta, detta l'Amicona, fu pittrice, ma è ricordatà soprattutto per la sua grande abilità nell'incisione "a fumo", tecnica nella quale alcuni ritratti da lei fatti, come quello della Bella Auretti, ebbero grande successo all'estero, principalmente a Londra, dove nella prima metà del '700 essa ebbe parte attiva nella scuola d'incisione del fratello.
Bibl.: A. Longhi, Compendio delle vite de' pittori veneziani..., Venezia 1762, p. 21; A. M. Zanetti, Della Pittura Veneziana e delle opere pubbliche di Veneziani Maestri, Venezia 1771, pp. 455 ss.; P. Zani, Enciclopedia metodica.., delle Belle Arti, II, 1, Parma 1819, p. 87; A. Bartsch, Le peintre graveur, XXI, Wurzburg 1920, p. 150; G. Fogolari, I dipinti veneziani settecenteschi della Galleria del Conte F. Algarotti, in Bollett. d'arte, V (1911), pp. 311-317; M. Voss, Y. A. und die Anfange der Malerei des Rokokò in Venedig, in Yahrb. d. preuss. Kunstsamml., XXXIX (1918), pp. 145-170; R. Longhi, in L'Arte, XXIII (1920), p. 95 (recensione al precedente); W. G. Constable-O. H. S. John, The Italian Rococo at Cambridge, in The Burlington Magazine, XLII (1923), pp. 47 a.; G. Fiocco, La pittura veneziana alla Mostra del '700, in Rivista di Venezia, VIII (1929), pp. 529, 540; G. Fiocco, La pittura veneziana del '600 e '700, Verona 1929, p. 60-63; F. J. Sanchez Cénton, Catalogo del Museo del Prado, Madrid 1933, p. 711; G. Fiocco, Giambattista Pittoni e Y. A. ad Alessandria d'Egitto, in Rivista di Venezia, XIV (1935), pp. 327-332; V. Moschini, La pittura italiana del Settecento, Firenze 1931, p. 50; W. Arsian, Studi sulla pittura del primo Settecento venez., in Critica d'arte, I (1935-1936), p. 238 n. 70; T. Borenius, A Portrait by I. A., in The Burlington Magazine, LXXIV (1939), pp. 39 s.; R. Pallucchini, Cinque secoli di pittura veneta, Venezia 1945, p. 118; E. Arsian, Dipinti di I. A., in Belle Arti, I, 3-4 (1947), pp. 182-190; V. Golzio, Seicento e Settecento, Torino 1950, pp. 835 s.,840, 841; R. Pallucchini, Dispense del Corso all'univ. di Bologna, anno acc. 1950-51, I, pp. 37-43; Y. Hackenbroch, An enamelled urta with decoration after A., in The Connoisseur, CXXXI (1953), pp. 63 a.; H. Zimmermann, Ueber einige Bilder der Sammlung Streit in Grauen Kloster zu Berlin, in Zeitschr. film Kunstwiss., VIII (1954), pp. 197 s.; L. Servolini, Un tema mitologico trattato da I. A. pittore e incisore, in Arte figurativa antica e moderna, II, 11 (1954), p. 33; R. Pallucchini, Il Settecento veneziano a Milano, in Arte Veneta, IX (1955), pp. 264-268; J. Woodward, A. as Portrait Painter in England, in The Burlington Magazine, XCIX (1957), pp. 21-23; A. Petrucci, L'opera del genio italiano all'estero, Gli incisori dal sec. XV al sec. XIX, Roma 1958, p. 132 (anche per Carlotta); G. M. Pio, Studiando l'A., in Arte Veneta, XII (1958), pp. 158-168; M. Levey, Painting in XVIII Cent. Venice, London 1959, pp. II, 30-32, 39, 118, 146; O. M. Poli, A.-Pellegrini-Ricci, in Arte antica e moderna, III (1960), pp. 174-189; A. Griseri, L'ultimo tempo dell'A..., in Paragone, XI (1960), n. 123, pp. 21-26; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Kilnstler, I, pp. 407 (per Carlotta), 407 s. (per Jacopo); Enciclopedia Italiana, II, pp. 975 s.