di Vermondo Brugnatelli
Nel Sahara, a cavallo tra Mali, Niger, Algeria, Libia e Burkina Faso, vivono i Tuareg. Loro, in realtà, non si definiscono con questo nome bensì con quello di Kel Tamashek (o Kel Tamahak), cioè ‘il popolo che parla la lingua tamashek’, una delle varietà di berbero parlate nel Nord Africa. Il berbero ‘del Nord’, diffuso in tutti i paesi che si affacciano sull’Atlantico e sul Mediterraneo, dalla Mauritania fino all’Egitto, è chiamato ‘tamazight’, che è lo stesso nome della lingua dei tuareg, pronunciato diversamente.
I Tuareg, i cui territori erano stati occupati dalla Francia tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo,al momento della decolonizzazione videro il loro paese spartito tra cinque stati indipendenti, tutti con una popolazione maggioritaria di lingua, cultura e tradizioni diverse. In tutti i cinque stati gli abitanti nomadi del deserto erano considerati con sospetto o apertamente perseguitati. Con l’innalzamento delle frontiere il nomadismo fu scoraggiato, e quando anni di carestia decimarono il bestiame, l’unica risorsa dei tuareg, arrivarono ben pochi aiuti, anche per via di un elevatissimo tasso di corruzione. Nacque e si estese, allora, il fenomeno degli ishumar, masse di diseredati senza lavoro, malamente inurbati o costretti all’emigrazione. Ciò accadde in particolare in Libia, dove i Tuareg vennero utilizzati come militari. Esasperati da questa situazione, a più riprese i nomadi si ribellarono, in particolare negli anni Sessanta del Novecento, negli anni Novanta e da ultimo nel 2011.
Gli eventi degli ultimi tre anni nel Mali, che hanno visto il tentativo di secessione dell’Azawad e una vera guerra, che ha coinvolto anche la Francia e le UN, hanno avuto, e hanno tuttora, un vasto impatto non solo su scala regionale subsahariana, ma anche nel più ampio contesto del Nord Africa. Coinvolgono cioè anche tutti i paesi arabi in cui sono tuttora presenti e diffuse popolazioni di lingua berbera: mancano statistiche ufficiali, ma probabilmente si tratta di non meno di 30-40 milioni di persone. I Berberi seguono con partecipazione tutto quello che si svolge nel cuore del Sahara: i Tuareg vengono considerati un simbolo della resistenza contro ogni minaccia alla lingua e alla cultura berbere, messe in pericolo anche nei paesi nordafricani dalle politiche di arabizzazione forzata in corso da decenni.
Nei paesi del Nord Africa, le regioni di lingua berbera sono sempre state le più restie ad accettare la colonizzazione europea. Sono state centri di resistenza e di lotta, in particolare quelle montuose del Marocco e il territorio della Cabilia in Algeria. Dopo l’indipendenza, però, il potere è stato preso un po’ dovunque da gruppi dirigenti nutriti di nazionalismo arabo che hanno imposto una rigida politica linguistica e culturale, ispirata a modelli orientali, che ignorava completamente ogni minoranza e finiva per trascurare non solo culturalmente ma anche dal punto di vista sociale ed economico il mondo berbero. È stato solo a partire dal 1980 che i Berberi hanno cominciato a rivendicare pubblicamente i loro diritti linguistici e culturali. La lotta si è sempre mantenuta sul piano della contestazione politica democratica, laica e non violenta, ma si è rivelata ben determinata
a difendere i diritti umani in paesi retti da oligarchie. Da qualche anno in Cabilia esiste anche un movimento che non si limita a chiedere concessioni da parte dello stato algerino, ma propone l’autonomia e l’autodeterminazione (Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia, MAK) e ha anche formato un proprio governo in esilio.
Fin dalla nascita dei movimenti di rivendicazione culturale berbera, i Tuareg vengono considerati l’esempio di una popolazione berbera che ha saputo resistere all’assimilazione. Dal punto di vista linguistico, il tamashek conserva un ricco lessico autoctono, con un tasso di prestiti dall’arabo o dalle lingue europee molto inferiore a quello del tamazight. Per questo motivo, tutti coloro che cercano di modernizzare la lingua berbera, coniando neologismi da usare al posto di espressioni arabe o francesi, si rivolgono alla lingua dei tuareg. Molti di questi neologismi sono oggi correnti un po’ in tutto il Nord Africa, per esempio il saluto azul (‘salve!’) o l’espressione di ringraziamento tanemmirt (‘grazie’). I Tuareg hanno anche conservato l’antico alfabeto numidico (tifinagh) che i Berberi del Nord hanno ripreso e usano in modo ufficiale in Marocco. Anche riguardo alle tradizioni, il modo di vivere tuareg che non discrimina le donne è visto come un retaggio antico da preservare contro le minacce di un’islamizzazione che le vuole sottomesse. Oggi la lotta per l’indipendenza dei Tuareg ha suscitato in molti la speranza che possa nascere uno stato in cui i Berberi non siano più una minoranza, bensì la maggioranza della popolazione. In molti paesi del Nord Africa si svolgono manifestazioni di militanti berberi a favore dell’indipendenza dell’Azawad. Anche i governi di quei paesi seguono con attenzione gli sviluppi della situazione, che potrebbe avere effetti al di fuori del Sahara, soprattutto combinandosi con la domanda di libertà e giustizia emersa con le cosiddette Primavere arabe.