Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
I Ballets Russes (1909-1929), fondati e diretti dal colto impresario Sergej Diaghilev, hanno trasformato lo spettacolo di balletto da amabile divertissement a creazione artistica completa e significante basandosi sulla collaborazione interdisciplinare tra straordinari danzatori (Anna Pavlova, Tamara Karsavina e Vaclav Nijinskij) e coreografi (Michail Fokin, Vaclav Nijinskij, Leonid Mjasin, Bronislava Nijinskaja e George Balanchine), musicisti di genio (Igor Stravinskij, Claude Debussy, Erik Satie), pittori d’eccezione (Lev Bakst, Pablo Picasso), librettisti d’avanguardia (Jean Cocteau) e celebri costumisti (Coco Chanel).
Diaghilev, Fokin e la fondazione di un’istituzione della danza
I Ballets russes nascono nel 1909 grazie all’intuito infallibile e all’abilità nel tessere relazioni facoltose di Sergej Diaghilew (1872-1929), direttore artistico e impresario capace di fungere da catalizzatore di una stupefacente messe di talenti provenienti dalla danza, dalla musica e dalle arti figurative e di dare in tal modo vita a una delle realtà ballettistiche più innovative della prima metà del Novecento.
Appartenente a una facoltosa e colta famiglia di commercianti di vodka della provincia russa, Diaghilev si trasferisce a San Pietroburgo per proseguire gli studi universitari e musicali. Frequenta assiduamente un mondo artistico allora in fermento, aperto alle avanguardie occidentali e capace di rielaborarle in modo originale fondendole con la propria cultura. Organizza importanti mostre di pittura ed è tra i fondatori della rivista “Mir Iskusstva” (“Il mondo dell’arte”), un raffinato periodico pubblicato dal 1899 al 1904, dedicato prevalentemente alle arti figurative, ma attento anche alla musica, alla letteratura, all’architettura, al design industriale e al teatro. Deciso a far conoscere all’estero l’arte del proprio Paese, nel 1906 cura la sezione dedicata all’arte figurativa russa nell’ambito del tradizionale Salon di Parigi. L’anno successivo organizza un festival di musica russa al Théâtre de l’Opéra dove, nel 1908, allestisce il Boris Godunov (1874) di Modest Musorgskij (1839-1881). Nel 1909, oltre a un programma musicale che include opere di Aleksander Borodin, Nikolaj Rimskij-Korsakov e Michail Glinka, porta nella capitale francese, al Théâtre du Châtelet, un gruppo di danzatori in congedo estivo dai Balletti imperiali del Teatro Marinskij di San Pietroburgo, forse non pienamente soddisfatti delle possibilità offerte loro da uno dei templi della tradizione, già scosso da uno sciopero di ballerini e allievi in cerca di miglioramenti economici e maggiori libertà artistiche. Il gruppo di eccezionali danzatori, tra cui spiccano Anna Pavlova, Tamara Karsavina e Vaclav Nijinskij, ottiene un successo prorompente: nascono i Ballets russes. L’anno seguente, soltanto la danza animerà l’ormai attesa “Saison russe”. A partire dal 1911 la compagnia diventerà stabile: il coreografo, Michail Fokin, e il primo ballerino, Nijinskij, si dimettono dal Teatro Marinskij, seguiti da altri colleghi. Il gruppo, che non si esibirà mai in patria, verrà in seguito integrato da danzatori provenienti da altri paesi europei che assumeranno nomi d’arte russi, in modo da non incrinare l’aura esotica che si rivela uno degli ingredienti di una formula quasi magica, capace di sedurre intellettuali, artisti, ballettomani e semplici ammiratori nei maggiori teatri d’Europa e d’America.
Il cartellone della prima stagione parigina offre quattro balletti, Le pavillon d’Armide, Le Festin, Les Sylphides e Cléopâtre, oltre alle Danses polovtsiennes incluse nel Principe Igor di Borodin, tutti coreografati da Fokin (1880-1942), che riallestisce alcuni lavori da lui stesso ideati per i Balletti Imperiali del Teatro Marinskij e crea nuove coreografie. Si tratta di opere non rivoluzionarie, ma che trovano le proprie ragioni in temi esotici e romantici, in un linguaggio di movimento radicato nel ricco vocabolario della danza accademica ma deciso ad abbandonare la pantomima e il decorativismo sentiti come superflui, alla ricerca di modalità adatte a esprimere il tema proprio di ogni balletto con una fluidità e una naturalezza forse non insensibili al passaggio di Isadora Duncan da San Pietroburgo, nel 1904 e nel 1905. I successivi L’oiseau de feu (1910), Le Spèctre de la Rose (1911) e Petruska (1911) rimangono tra le creazioni più popolari del repertorio dei Ballets Russes. Il pubblico viene ammaliato dal talento eccezionale dei solisti e dalla qualità del corpo di ballo, dallo sbalorditivo splendore delle scene e dei costumi (opera di pittori del calibro di Lev Bakst e Aleksander Benois), dalla compattezza determinata dalla breve durata dei brani. Hanno inizio le collaborazioni eccellenti con compositori fondamentali per la storia della musica del Novecento. Igor Stravinskij (1882-1971) crea la partitura ricca di pagine originali de L’oiseau de feu e quella di Petruska, con cui, interpretando musicalmente il dramma ambientato nella colorata Russia di una fiera, conquista il proprio stile tra potenza dinamica, liricità e coerenza logica.
Le coreografie di Nijinskij e Massine
Una volta consolidato il proprio successo, Diaghilev si permette scelte più audaci. Nel 1912 affida il ruolo di coreografo principale a Nijinskij, già osannato come carismatico interprete dalla tecnica sbalorditiva, artista fondamentale per il rilancio di una danza maschile da tempo scivolata in secondo piano rispetto a quella femminile. Nascono L’Après-midi d’un faune (1912), sul Prélude di Claude Debussy, che firma anche la partitura di Jeux (1913), e lo scandaloso Le Sacre du Printemps (1913), per cui Stravinskij crea musiche di dirompente attualità, connesse a una tradizione russa riletta in modo assolutamente personale; Till Eulenspiegel (1916) si appoggerà su una più quieta e datata composizione di Richard Strauss. I temi trattati sono insoliti (L’Après-midi d’un faune è incentrato sulla palesata scoperta della sessualità, Jeux mette in scena un triangolo amoroso tra tennisti) e il linguaggio di movimento si fa innovativo, tanto da essere poco compreso dal pubblico e da suscitare profondi malumori tra i danzatori, costretti a passi, posizioni e ritmi vicini a certe modalità sviluppate negli stessi anni dalla danza libera centroeuropea e poco adatti a corpi forgiati dalla tecnica accademica.
Durante la prima guerra mondiale i Ballets Russes sopravvivono a fatica, soprattutto grazie a una tournée americana a cui partecipa anche Nijinskij, che, ormai sull’orlo della follia e in completa rottura con Diaghilev (il quale non gli perdona di averlo tradito, sposandosi), abbandonerà definitivamente la compagnia nel 1917. Prende il suo posto Leonid Mjasin (1895-1979), noto come Léonide Massine, abile danzatore di carattere del Teatro Bolshoi di Mosca. Con Les femmes de bonne humeur (1917), La Boutique fantasque (1919), Le Tricorne (1919) e Pulcinella (1920), Mjasin apre una nuova fase per i Ballets Russes. Si tratta infatti di lavori in cui complesse vicende vengono raccontate da movimenti oscillanti tra la danza e il mimo, caratteri ben delineati, senso dell’ironia e gusto per il grottesco. Rimane una cifra costante l’attenta cura dell’aspetto visivo, grazie alla collaborazione di artisti come Michail Larionov, Henri Matisse e Pablo Picasso, che firma le scene, i costumi e il siparietto di Parade (1917), decisiva svolta verso l’europeizzazione dei Ballets Russes: Guillaume Wilhelm Apollinaire scrive il programma di sala, il libretto è firmato da Jean Cocteau e la musica da Erik Satie, che sceglie di inserirvi suoni tratti dalla vita quotidiana, come quelli prodotti da una macchina da scrivere.
1921-1929
Nel 1921 Diaghilev, sentitosi ancora una volta tradito a causa di una donna, allontana Mjasin. Il repertorio della compagnia torna nell’abbraccio sicuro della tradizione: a Londra debutta The Sleeping Princess (1921), un estratto da La bella addormentata nel bosco (1890) decorato sontuosamente da Bakst, con le classiche coreografie di Marius Petipa arricchite da alcuni inserti creati da Bronislava Nijinskaja (1891-1972), sorella di Vaclav, già danzatrice della compagnia fino al 1914. Nijinskaja crea Les Noces (1923), ennesima tappa della fertile collaborazione con Stravinskij, Les Biches (1924), su una partitura del ventiquattrenne Francis Poulenc che include sonorità jazz, e Le train bleu (1924), con i costumi di Coco Chanel. Si tratta di opere antinaturalistiche, irriverenti e chic, volutamente lontane dalla tradizionale sintassi del balletto classico, che nascono nell’atmosfera solare e raffinata di Montecarlo, dove la compagnia ha preso sede.
Il giovane George Balanchine (1904-1983), già allievo del Teatro Marinskij, sarà l’ultimo promettente coreografo dei Ballet Russes. Apollon Musagète (1928), capolavoro esemplare di un luminoso stile neoclassico nato sul libretto e sull’omonima partitura offerti a Diaghilev da Stravinskij, Le Bal (1929), con le scene e i costumi di Giorgio De Chirico, Le Fils Prodigue (1929), sulla musica di Sergej Prokof’ev, sono tra le prime creazioni di un artista che segnerà in modo indelebile la coreografia del Novecento.
Alla morte di Diaghilev, avvenuta a Venezia nel 1929, nessuno è in grado di prendere il suo posto e i Ballets Russes si dissolvono, dando origine a varie compagnie che sopravviveranno brevemente sull’eco della fama del gruppo originario.
L’importanza dei Ballets Russes va però ben oltre la loro ventennale esistenza. Creatori di un repertorio ancora vivo, tuttora danzato nelle versioni originali o reinterpretato dai coreografi di oggi, hanno fatto conoscere in Occidente capolavori del balletto russo tardo-romantico, come Il lago dei cigni e La bella addormentata, e riportato nella propria patria di origine Giselle (1910), massima espressione del balletto romantico francese. Hanno disseminato nel mondo danzatori, coreografi e maîtres de ballet capaci di incidere profondamente sull’arte della danza nel proprio Paese di adozione, come George Balanchine negli Stati Uniti, Marie Rambert in Gran Bretagna e Serge Lifar in Francia. Hanno ripulito la tecnica della danza accademica da quella che veniva sentita come una patina del passato e l’hanno resa asciutta e fluida, carica di senso. Hanno creato opere dalla raffinata compattezza stilistica, spesso innovatrici e radicali, fondate sulla collaborazione interdisciplinare tra straordinari danzatori e coreografi, musicisti di genio, pittori d’eccezione, librettisti d’avanguardia e celebri costumisti. Hanno modificato l’idea di spettacolo di balletto, che, in sintonia con la sensibilità contemporanea, da amabile divertissement si è trasformato in opera completa e significante.