HYKSÔS
. Designazione degli stranieri che avrebbero invaso l'Egitto e vi avrebbero dominato durante la XV, XVI, XVII dinastia. Il nome Υκσως (latino Ycsos, Eusebio ‛Υκουσσώς, in armeno trascritto Hikkusin e Hykusôs), secondo un passo di Manetone in Flavio Giuseppe (Contra Apionem, I, 14), era interpretato "re (in lingua egiziana sacra υκ) pastori (in lingua popolare σως)"; altri, per riconoscervi gl'Israeliti, preferivano l'etimologia "Prigionieri (ακ) pastori". Gli eventi, secondo Flavio Giuseppe, venivano narrati da Manetone così: "Sotto il regno di Tutimaios uomini di razza sconosciuta venuti da oriente invasero, saccheggiarono, ridussero in servitù il paese, eleggendo infine uno di loro, Salatis, re a Menfi. Questi impose tributi all'Alto e al Basso Egitto, presidiò i posti migliori, collocò nella città di Avari una guarnigione forte di 240.000 soldati; con altri cinque successori costituisce la prima famiglia di sovrani stranieri (la XV dinastia) durata 259 anni e 10 mesi. Dopo 511 anni l'Egitto si sollevò; un re tebano, Misphragmutosis, li cacciò dal paese relegandoli ad Avari; il figlio Thummosis ve li assediò, ma venne a patti e lasciò che si ritraessero con le famiglie e i beni in numero di 240.000 in Siria, ove fondarono Gerusalemme". Il desiderio di avere in tali fatti la conferma della dimora e dell'esodo degl'Israeliti (che gli antisemiti univano invece alla cacciata degl'impuri) ha fatto alterare il testo manetoniano già in antico.
Discordi del pari sono i dati cronologici. Africano indica costituita da "Pastori" la XV dinastia, 6 re per anni 284; la XVI, con 32 re, anni 518; la XVII con 43 re, contemporanei a 53 (43) Tebani, anni 151 (96); in complesso 81 re in 953 anni. Eusebio chiama la XV ancora Diospolitana (250 anni); la XVI Tebana, 5 re per 190 anni; riduce i "Pastori" alla XVII, 4 re per 103. Nei documenti coevi le tracce sono poche. Prescindendo anche dal mutilo racconto popolare (pap. Sallier,1, din. XIX) che riferisce una piccola bega sorta fra il re dell'alto Egitto Seqnenrîe Te‛o sovrano in Tebe (circa il 1580-1575 a. C.) e il principe Apôpe ch'era in Avari, già dal principio della XVIII din. (Tavoletta Carnarvon) è attribuita a Kamóse (verso il 1575-1571) l'iniziativa della guerra per l'indipendenza. Il paese era minacciato a Elefantina dai Nubiani (nḥśjw) di Napata (Kôš); nella parte nord, sino alla provincia di Cusa, spadroneggiavano allora gli Arabo-siri (‛¿m.w) di Avari. Con una battaglia vittoriosa il faraone si portò di colpo a Ermopoli; in Nubia si spinse sino a Toska, ove è ricordato insieme col fratello e conreggente Ahmóse (1571-1549). E questi che ha continuato la guerra, la quale culminò dopo ripetuti assalti (come tramandano testimoni oculari) con la presa ed il saccheggio di Avari. Il grosso dei nemici si ritirò a Šarûḥen (nei pressi di Beerseba); solo dopo 3 anni di assedio capitolarono. Più tardi il faraone fece una punta in Fenicia (ṣhj) per consolidare la conquista. Un accenno alle devastazioni compiute in Egitto l'offre l'iscrizione a Speos Artemidos della regina Hatšepśówe (circa 1496) che vanta di avere rielevato "il distrutto quando gli Arabo-siri (‛¿m.w) stavano in Avari del Basso Egitto. Gli scorridori (ch'erano) fra loro abbatterono ciò che era stato fatto". Se siamo illuminati alla meglio sulla cacciata degli Hyksôs, oscurità regna intorno al loro ingresso nel paese. Comunque la fissazione astronomica della XII e XVIII dinastia restringe a 213 anni la durata delle 5 dinastie intermedie. Accettando la cronologia manetoniana, occorre inserire un intero periodo sotiaco, arrivare, come fa W. M. Flinders Petrie, a 1779 anni; assurdo storico per un'età testimoniata appena da qualche scarabeo e da qualche statua. La lunga lista dei nomi nel papiro di Torino e il breve regno, anche di qualche mese e di giorni, attribuito a parecchi di essi, fa supporre che un folle avvicendarsi di avventurieri sconvolse lo stato egiziano. I dibattiti, del resto, vengono troncati da un frammentino ancora inedito del papiro che dà per i 6 Hyksôs 108 anni. Gli stranieri vi sono detti, a differenza dei faraoni, Heq'ew-ḫe'śôwe, come F. Ll. Griffith e K. Sethe avevano supposto. L'espressione probabilmente significa, in questa accezione, non il generico "sovrani del deserto" ovvero "sovrani dei paesi stranieri", ma il più specifico "sovrani delle montagne", perché nei testi è riferito ai capi della Palestina. Essi ancora per tutta la XVIII dinastia hanno costituito un'opposizione vivace all'impero egiziano in Asia. La disgregazione dello stato egizio deve avere offerto il destro, magari a pochi audaci, di stabilirsi nella parte orientale del Delta e almeno per un secolo affermare il proprio potere sullo sconvolto paese. Non si trattò, come da alcuni è stato esageratamente giudicato, della fondazione di un grande impero, che si sarebbe esteso su Creta e Babilonia; ma di un modesto sconfinamento, come ne avvennero tanti nella storia egizia e prima e dopo. Neppure abbiamo tracce d'influenza di questi Hyksôs sulla vetusta civiltà: se, come pare, il cavallo apparve nel paese in quell'intervallo, non è detto che lo abbiano condotto dalle loro montagne; giunse dall'alta Siria ove l'avevano introdotto gl'Indoeuropei; e con questa l'Egitto era in continui contatti. Un passo dell'iscrizione già citata di Hatšepśówe: "Essi governarono senza (il dio) Rîe, non c'era uno che agisse conforme il precetto del dio", ribadito nel papiro Sallier da: "Egli (Apôpe) si fece Sêth come signore e non servì alcun dio ch'era nel paese tutto, fuor che Sêth", fa pensare che in fatto di religione si mostrassero intolleranti. Quanto all'identità degli Hyksôs con gl'Israeliti, affermata sin da antico - Tolomeo di Mende colloca l'esodo "sotto il regno di Amosis (ossia Ahmóse) (Fragm. Graec. Hist., IV, 485) - nulla si può affermare finché non siano fissate la realtà storica e la cronologia delle tradizioni ebraiche.
Bibl.: Oltre ai trattati di storia generale e di cronologia citati alla voce egitto, vedi Fr. W. Bissing, Was wissen wir von den Hyksos, in Forschungen u. Fortschritte, VI (1930), p. 74 segg.; J. Capart, Les monuments dits Hyksos, Bruxelles 1914; Chabas, Les Pasteurs en Égypte, Amsterdam 1868; A. De Cara, Gli Hyksos o re pastori in Egitto, Roma 1889; A. Erman, Zur Chronologie der Hyksos, in Zeitschr. f. äg. Sprache, XVIII, pp. 125-27; B. Gunn e A. H. Gardiner, New renderings of eg. Texts, II. The expulsion of the Hyksos, in Journal eg. Arch., V (1918), pp. 36-54; W. M. Müller, Studien zur vorderasiat. Geschichte, in Mitth. Vorderas. Gesellsch., III (1898); E. Naville, Bubastis, in Mem. Eg. Expl. Fund, VIII (1891); Newberry, Notes on the Carnarvon Tablet no. I, in Proc. Soc. Bibl. Arch., XXXV, pp. 117-122; W. M. Flinders Petrie, Hyksos and Israelite Cities, Londra 1904; K. Sethe, Neue Spuren der Hyksos, in Zeit. f. äg. Sprache, XLVII, pp. 73-86; G. Steindorff, Zur Geschichte der Hyksos, in Festschr. z. Deutsch. Historikertag in Leipzig, Lipsia 1894; R. Weill, Les Hyksos et la restauration nationale, in Journ. Asiat., XVI (1910), pp. 247-339, 507-579; XVII (1911), pp. 5-53; A. Wiedemann, Notes on the Cult of Set and on the Hyksos kings, in Proc. Soc. Biblical Arch., VIII, pp. 92-95.