HUMUS
Si dà il nome di humus a quel complesso di materie organiche che si riscontrano costantemente nel terreno agrario, e derivano dalla decomposizione di residui animali o vegetali, abbandonati all'attività biochimica del terreno. Si dà il nome di umificazione ai processi che conducono alla formazione dell'humus e che sono in realtà due: l'infracidamento e la putrefazione.
L'infracidamento ha luogo in presenza d'aria libera o confinata nel terreno, e conduce a una graduale trasformazione e scomparsa della materia organica, la quale abbandona un residuo minerale per lo più assimilabile, svolgendo nello stesso tempo anidride carbonica, ammoniaca e, forse, azoto libero. L'anidride carbonica è dovuta all'ossidazione del carbonio organico, e alla sua formazione partecipa indubbiamente l'ossigeno libero, in quanto l'aria confinata nel terreno s'impoverisce di questo elemento, mentre rimane sensibilmente costante il volume O2 + CO2; l'ammoniaca proviene dall'azoto della materia organica azotata. In quanto all'azoto libero non è ancora nettamente dimostrato che si svolga, perché, nelle condizioni di esperienza escogitate non è stato possibile evitare che all'infracidamento si sostituisse la putrefazione.
La putrefazione ha luogo dove l'aria difetta e in particolare nei terreni sommersi: i processi ossidativi sono limitati alle quantità di ossigeno contenute nella sostanza che si decompone e all'intervento di sali inorganici (nitrati, sali ferrici, manganici, ecc.); hanno luogo invece e prevalgono i processi di riduzione, ottenendosi, insieme con l'anidride carbonica, metano, idrogeno libero, idrogeno solforato, idrogeno fosforato, protossido di azoto, azoto libero, e poi tutta una serie di prodotti organici. Si forma anche ammoniaca, e un residuo minerale difficilmente assimilabile.
La genesi di così numerosi composti non è, caso per caso, sufficientemente chiarita; comunque si può ammettere che l'anidride carbonica si formi, finché è possibile, dal carbonio e dall'ossigeno contenuto nella materia organica; e che poi intervengano i nitrati che si trasformano in nitriti, e i sali ferrici che si trasformano in ferrosi (il solfato ferrico potrebbe anche ridursi a solfuro:
come è stato dimostrato per i terreni torbosi); che inoltre il metano tragga origine prevalentemente dalla cellulosa per attività batterica (fermentazione metanica), e che l'idrogeno si formi con processo analogo a quello studiato da P.-P. Deherain che lo riscontrò tra i gas che si sviluppano nella putrefazione del concime di cavallo, mantenuto a 4° e addizionato di liquidi alcalini, o a quello di Hoppe e Seyler che l'ottennero da formiato di calcio in presenza di batterî di fogna:
che infine l'idrogeno solforato e l'idrogeno fosforato si formino da idrogeno nascente e materia organica solforata o iosforata, probabilmente per attività batterica; mentre il protossido di azoto e l'azoto libero si ottengono rispettivamente dalla decomposizione dei nitrati, e dalla decomposizione dei nitriti (v. denitrificazione). In quanto ai composti organici azotati, la loro natura e composizione dipende dalla natura e composizione del materiale di partenza. Il processo che li determina non è stato ancora sufficientemente chiarito. Si sa peraltro che essi a seconda delle condizioni si decompongono in maniera più o meno rapida, ma solo limitatamente, talché l'umificazione per putrefazione di solito consente un graduale arricchimento del terreno in materia umica.
Per le sostanze minerali, infine, si sa soltanto che nei processi di putrefazione si ottengono come residuo poco o punto assimilabile. In sintesi, l'infracidamento e la putrefazione sono due ben distinti processi, il primo dei quali può condurre all'ossidazione completa delle materie vegetali o animali e alla loro trasformazione in prodotti volatili e residui inorganici, il secondo a quantità limitate di prodotti gassosi e ad accumulo di materia organica. È comune ai due processi la natura biochimica, in quanto l'uno e l'altro si arrestano o per aggiunta di antisettici o per riscaldamento a 115°.
Le decomposizioni per infracidamento o putrefazione sono notevolmente influenzate da numerosi fattori, quali l'umidità, la temperatura, la reazione del mezzo, ecc., ma soprattutto dalla natura chimica della sostanza. In effetti, a parità delle altre circostanze, la maggiore o minore attitudine alla decomposizione dipende dalla composizione immediata del materiale di partenza, cioè dalla maggiore o minore ricchezza in albuminoidi, materie grasse, cellulosa, materie tanniche e resinose, ceneri. I concimi hanno diversa influenza, secondo la loro composizione.
Le sostanze proteiche sono più facilmente decomponibili di ogni altro gruppo di sostanze organiche, come del resto risulta dalla tabella seguente, riferita alle leguminose, ricche in albuminoidi, in confronto ai cereali. La facilità maggiore o minore di decomposizione è indicata dalle quantità di anidride carbonica svolta nello stesso intervallo di tempo.
Le sostanze grasse sono anch'esse facilmente decomponibili, ed è dimostrato che, eliminando da un concime la parte grassa, il progresso di decomposizione si abbassa notevolmente:
Le materie cellulosiche, per contrario, sono notevolmente resistenti: di ciò ha dato una chiara dimostrazione M. E. Wollny, sottoponendo all'infracidamento, in esperienze di confronto, foglie, steli e radici di alcuni vegetali. Le foglie, notoriamente meno ricche di cellulosa, subirono una più rapida decomposizione:
Le materie resinose e le materie tanniche si comportano a un dipresso come la cellulosa e si possono considerare come d'ostacolo all'infracidamento e alla putrefazione, le prime perché proteggono i tessuti dall'azione diretta dell'acqua e dell'aria, le seconde perché con le materie albuminoidi dànno prodotti di grande stabilità. Quest'azione rallentatrice dà ragione della straordinaria lentezza con la quale si decompone la torba, ed è confermata dalle esperienze di confronto riassunte nel quadro seguente:
I concimi animali e vegetali largamente impiegati in agraria, offrono diverso grado di resistenza a seconda della loro composizione immediata. A darne un'idea valga il seguente quadro nel quale figurano i volumi di acido carbonico sviluppati da pesi di concime corrispondenti ciascuno a 1 grammo di carbonio.
L'umificazione in natura. - Da quanto precede risulta che la umificazione produce un residuo, maggiore o minore, di materia organica a seconda che gli avanzi animali o vegetali subiscono l'infracidamento o la putrefazione. Comunque, essa costituisce un grado intermedio di disfacimento della materia organica, la cui fase finale è rappresentata dalla mineralizzazione degli elementi fertilizzanti e dalla formazione ed eliminazione delle sostanze volatili. È evidente che fra i due estremi, decomposizione incipiente e decomposizione completa, si debbano in natura riscontrare tutte le gradazioni possibili, corrispondentemente alle condizioni d'ambiente e alla natura della materia decomponibile. Occorre solo ricordare che sulla decomposizione hanno notevole influenza il clima, il terreno, la vegetazione. Il clima non solo favorisce o ostacola l'opera dei microrganismi, ma concorre notevolmente a modificare l'attività clorofilliana delle piante e quindi la produzione di materia organica che affluisce nel terreno; il terreno costituisce un ambiente più o meno favorevole a seconda del grado di permeabilità e aerazione; la vegetazione, infine, con il variare dello sviluppo, della densità e della durata, determina variazioni sensibili nella quantità di materiale suscettibile di umificazione. È per questo motivo che i terreni adibiti a colture pluriannali o perenni (praterie e foreste) differiscono sotto questo punto di vista dai terreni nudi, in cui la durata della vegetazione è relativamente breve. In questi ultimi, anche quando si faccia uso di concimi organici, l'humus si accumula in quantità relativamente piccole. In uno stesso terreno, del resto, le percentuali di humus variano passando dagli strati superiori ai più profondi, com'è dimostrato dal quadro seguente riguardante un terreno di foreste di faggio:
Dal punto di vista della ricchezza in humus, i terreni sono stati classificati in:
Principali forme di humus. - Una distinzione netta va fatta anzitutto fra humus d'infracidantento e humus di putrefazione: il primo è caratterizzato da un'accentuata tendenza alla decomposizione completa e comprende due forme particolari dette humus dolce e humus grezzo; il secondo, dotato di maggiore stabilità, comprende l'humus di torba, proprio delle torbiere, a sua volta distinto in humus di basse torbiere e humus di alte torbiere.
Humus d'infracidamento: a) dolce. - Si forma nei campi e nelle foreste, donde le due forme particolari di terriccio agricolo e terriccio forestale: Il terriccio agricolo trae origine dagli avanzi dei raccolti e si trova intimamente mescolato al materiale terroso, offrendo tutti i gradi di decomposizione, dallo stato di fusti, foglie, radici, a quello di materia bruna, che ha perduto ogni traccia di struttura istologica. Presenta una debole acidità e, come è detto dianzi, un'accentuata tendenza alla decomposizione completa. Non si accumula mai in quantità notevole, né costituisce una sufficiente riserva per la fertilità d'un terreno intensamente coltivato, che praticamente richiede la concimazione organica o il sovescio. Il terriccio forestale presenta stretta analogia con il precedente, dal quale si differenzia per un certo grado di stabilità, conferitogli in parte da residui di organismi animali, per lo più residui chitinosi, non suscettibili di alterazioni. Si distingue in terriccio di copertura, dovuto per lo più a materiale fogliaceo, e terriccio di strati profondi, dovuto a radici di piante morte.
b) grezzo. - Segna il termine di passaggio tra l'humus dolce e la torba; si forma infatti in condizioni non del tutto favorevoli all'umificazione e presenta una maggiore resistenza che i terricci precedenti. Comprende l'humus di steppa, l'humus di brughiera, l'humus grezzo forestale, l'humus grezzo delle praterie. L'humus di steppa, tipico delle terre nere di Russia e delle Pampas dell'America Meridionale: il terreno di quelle regioni è un loess a grana finissima, contenente dal 6 al 10% di materia organica, e coperto da un'abbondante vegetazione erbacea, nella quale predomina la Stipa pennata; è appunto la finezza delle granulazioni che ostacola i processi di umificazione, in quanto l'umidità si arresta allo strato superficiale, e impedisce il libero accesso dell'aria; in queste condizioni l'humus si accumula in grandi quantità, donde l'aspetto caratteristico delle terre nere e la loro grande fertilità. L'humus di brughiera si forma nei terreni di brughiera in condizioni poco favorevoli all'umificazione per difetto di acqua. Nei primi stadî presenta una struttura compatta e fibrosa, più tardi diventa nerastro e acquista una consistenza simile a quella della torba. È sensibilmente acido. L'humus grezzo forestale è caratterizzato da compattezza di struttura e si forma dal fogliame giacente in condizioni speciali, quando cioè il terreno forestale sia eccessivamente asciutto e poco aerato. L'humus grezzo delle praterie di regola si forma nelle praterie molto umide e poco lavorate, per decomposizione delle piante pratensi, le cui radici, in rete fittissima, ostruiscono gli spazî aeriferi.
Humus di putrefazione di torba. - È dovuto alla putrefazione dei vegetali fuori del contatto dell'aria e in condizioni del tutto sfavorevoli all'infracidamento. In un primo tempo alle alterazioni della struttura e composizione del vegetale concorrono indubbiamente organismi inferiori; negli stadî ulteriori, a partire cioè da un certo grado di acidità, esse procedono lentamente solo per attività chimica, mentre ogni attività biologica si spegne. Le torbiere basse o subacquee producono un humus polveroso, nerastro, di reazione nettamente acido; le torbiere alte, o di muschio, presentano invece uno strato superficiale giallastro in cui si distinguono ancora i residui vegetali, poi uno strato di notevole spessore di color bruno e abbastanza consistente, finalmente uno strato nero e terroso.
Proprietà e costituzione dell'humus. - L'humus ha aspetto fibroso o terroso e colorazioni variabili dal bruno al nero; ha peso specifico reale di 1,462, peso specifico apparente di 0,3349, è fortemente igroscopico. Dal punto di vista fisico-chimico è un colloide reversibile del tipo dell'argilla, ma a particelle estremamente sottili, non visibili all'ultramicroscopio; è insensibile agli elettroliti monovalenti, ma precipita con i plurivalenti. Chimicamente considerato, presenta una percentuale di carbonio che oscilla intorno al 58%, e di tale percentuale si fa uso nella pratica analitica; contiene costantemente azoto che può salire fino al 5%, ma la sua composizione chimica non è costante e non si può ancora considerarlo né come individuo chimico, né come miscuglio di prodotti ben definiti; esso appare bensì un intricato miscuglio, che ha permesso l'isolamento di un certo numero di individui chimici, dei quali però non si sa ancora se debbano considerarsi quali componenti fondamentali o piuttosto accessorî.
I primi ricercatori (G. I. Mulder, J. J. Berzelius, Detmer, ecc.), riuscirono a ricavarne i seguenti prodotti: l'acido ulmico e l'ulmina, caratteristici l'uno e l'altro dell'humus bruno, che si formano nelle prime fasi dell'infracidamento o della putrefazione; l'acido umico e l'umina, costituenti principali dell'humus nero, i quali segnano il punto culminante dell'umificazione; gli acidi crenico e apocrenico, provenienti da un'ulteriore ossidazione dei precedenti composti.
In realtà, se si guarda ai dati analitici contenuti nel seguente specchietto, è forza riconoscere che i citati sperimentatori non ebbero tra mano prodotti allo stato di purezza: quei nomi dunque non sono riferibili a individui chimici ben definiti, ma restano solo a significare la parte di materia organica che dall'estratto alcalino precipita con gli acidi (composti ulmici e umici) e la parte che non precipita (acido crenico e apocrenico).
Dagli stessi dati risulta però che in genere dette sostanze sono più ricche di carbonio che non gl'idrati di carbonio dai quali potrebbero derivare, mentre il rapporto fra idrogeno e ossigeno si mantiene a un dipresso come nell'acqua. La cosa risulta molto evidente se si paragonano le composizioni della cellulosa e dell'acido umico:
Questa constatazione costituì il punto di partenza per una lunga serie di esperienze dirette alla preparazione di humus artificiale con impiego di composti chimici ben noti, e prima di tutto con idrati di carbonio. Così M. Berthelot e André dimostrarono che sottoponendo all'ebollizione con acido cloridico soluzioni di glucosio, saccarosio o anche della salda d'amido, esse s'imbruniscono rapidamente con formazione di sostanze analoghe all'humus naturale; e altri sperimentatori, allargando questo tipo di ricerche, dimostrarono che materie umiche si ottengono per ossidazione di una larga serie di composti, quali l'acido furancarbonico, i fenoli polivalenti, i chinoni, il triptofano, le proteine, gli amido-acidi, ecc.; tutte esperienze che hanno concorso utilmente a spiegare la genesi dell'humus e che si sono prestate a varie ipotesi sulla costituzione di esso, ma che non hanno ancora carattere conclusivo. Né sotto questo punto di vista sono state più fortunate le indagini di Schreiner e Shorey, che dalle materie organiche del terreno, trattate con idrato sodico al 2% e poi con alcool a 95°, riuscirono a isolare dalle sostanze precipitate: eteri e acidi resinosi, gliceridi, acidi paraffinico e lignocerinico C23H47 • COOH, acido agrocerico
agrosterolo C24H44•H2O, punto di fusione 237°, fitosterolo C26H44•H2O, punto di fusione 135°; e dalle sostanze non precipitate: acido diossistearico
acidopicolin-carbonico C6H6N•COOH; xantina e ipoxantina C5H4O2N4, C5H4ON4; citosina C4H5ON3•H2O, arginina e istidina C6H14O2N4 e pentosani C6H9O2N5.
Ma nessuna di queste sostanze riproduce o spiega i caratteri della vera materia umica o sostanza nera, evidentemente sfuggita alle ricerche degli sperimentatori e che perciò si considera ancora come componente fondamentale d'ignota costituzione.
In quanto a quella parte di materia organica del terreno, solubile in alcali e riprecipitabile dagli acidi, cui si dà il nome di acido umico, si tratta di materia salificabile con i metalli alcalini, con gli alcalini terrosi e anche con i metalli pesanti. I sali alcalini sono solubili nell'acqua e, in particolare, l'idrato potassico si scioglie nelle acque di scolo delle torbiere e si riscontra a volta nei cosiddetti "fiumi neri"; le cui acque presentano una colorazione brunastra (affluenti dell'Orenoco e del fiume delle Amazzoni). Le soluzioni alcaline degli acidi umici, decomposte con acidi forti, dànno un precipitato voluminoso, che con l'essiccamento imbrunisce e diventa difficilmente solubile; con gli acidi deboli (borico, carbonico, ecc.) non dànno alcun precipitato; con metalli alcalino-terrosi, con gli ossidi di ferro e di alluminio formano composti insolubili, capaci però di ridisciogliersi negli acidi e nei carbonati alcalini. Particolare importanza presenta l'umato - di calcio il quale si decompone con maggiore facilità che non l'acido libero; da ciò una più attiva decomposizione delle sostanze umiche nei terreni sottoposti ad ammendamenti calcarei. Dall'insolubilità dell'umato di calcio deriva anche la limpidezza delle acque calcaree che sono a contatto con terreni ricchi di humus.
Determinazione quantitativa dell'humus. - Secondo il metodo del Piettre, si esaurisce un certo peso di terreno con piridina diluita, si evapora il solvente e si pesa il residuo (humus libero); il terreno, già sottoposto a questo trattamento, si tratta con acido cloridrico che decompone gli umati, quindi si sottopone a nuova estrazione con piridina. Il nuovo residuo dà l'humus combinato.
Influenza dell'humus sulla fertilità del suolo. - Alla fertilità del suolo è indispensabile una quantità moderata di humus, la quale per le ordinarie colture si aggira intorno al 5-6%; quantità eccessive si dimostrano invece assai nocive.
L'humus costituisce un' importante sorgente di azoto, non solo in quanto esso stesso è materia azotata che si trasforma lentamente in ammoniaca, ma anche perché la sua acidità serve a fissare l'ammoniaca dell'aria. Insieme con l'azoto ammoniacale, durante la decomposizione, mette in libertà altri elementi minerali, come sali di potassio, fosfati, ecc., che, come è noto, concorrono alla nutrizione minerale delle piante.
L'humus esercita anche una notevole azione solubilizzante sui silicati doppî di alluminio e di potassio e trasforma il fosfato neutro di calcio in fosfati acidi solubili, rendendo prontamente assimilabili quelle sostanze che altrimenti entrerebbero in circolazione con estrema lentezza. Si noti che a questo risultato perviene anche per via indiretta, fornendo continuamente anidride carbonica, la quale concorre notevolmente ai processi di solubilizzazione.
La colorazione bruna che l'humus impartisce al terreno aumenta l'attitudine di questo ad assorbire di giorno notevole quantità di calore e a irradiarlo debolmente di notte. Dotato com'è di forte potere igroscopico esso mantiene nei terreni conveniente grado di umidità. Benefica è anche la sua influenza per i numerosi microrganismi che alberga e che secernono enzimi solubilizzanti dei fosfati e dei silicati. L'humus, finalmente, per la sua natura colloidale conferisce maggiore coesione ai terreni sabbiosi, maggiore permeabilità ai terreni argillosi, e li rende più fertili.
La sua presenza è dunque vantaggiosa sotto tutti i punti di vista, a condizione però che non sia presente in eccesso, nel qual caso impartisce al terreno una reazione fortemente acida, contraria alla fertilità. È così che i terreni delle foreste, e più ancora i terreni torbosi, costituiscono un ambiente poco propizio alle ordinarie coltivazioni. L'inconveniente può essere rimosso eliminando con opere di prosciugamento l'eccesso d'acqua che eventualmente imbeve il terreno o praticando l'ammendamento calcareo. Ma, astrazion fatta da questo caso particolare al quale è facile rimediare, l'humus rappresenta un fattore prezioso per la fertilità del suolo e l'agricoltore deve con ogni cura evitare ch'esso si riduca a minime proporzioni, come può avvenire con l'uso esclusivo e continuato di concimi minerali. Quest'osservazione vale soprattutto per i terreni sabbiosi e aridi e per quelli destinati a coltura granaria con maggese nudo, perché ivi la materia organica sparisce rapidamente per riprodursi assai lentamente. In queste condizioni i lavori accurati e l'uso di concimi chimici non esercitano tutta la loro efficacia, se non previa introduzione, nella rotazione granaria, di leguminose foraggere o di sovescio, o previa somministrazione di letame o di altri concimi organici capaci di rifare la riserva in humus.
Gli animali hanno grande importanza nei riguardi dell'humus. I lombrici (v. lombrico), come mise in evidenza Darwin, nutrendosi delle sostanze organiche e dei minuti organismi che vivono nel terriccio, ingoiano continuamente particelle di terreno e le emettono con le feci. I lombrici eseguono così, in tutto il mondo, una sorta di concimazione del terriccio e l'entità di questo processo è molto notevole se si tien conto che, secondo Darwin, ogni anno passerebbero attraverso l'intestino dei lombrici 10 tonnellate di terra per ogni acro di terreno inglese. Poiché gli escrementi dei lombrici vengono emessi alla superficie del terreno e i lombrici possono mangiare solo oggetti relativamente piccoli, i corpi di dimensioni superiori a quella che può esser mangiata dai lombrici, vanno a poco a poco approfondandosi nel terreno. Questi animali eseguono così anche una stacciatura dell'humus. Nel terreno vivono anche numerosi Protozoi (Rizopodi, Flagellati, Ciliati) e Rotiferi, alcuni dei quali sono caratteristici di determinati terreni. I Protozoi in special modo hanno grande importanza nell'economia dei terreni, come distruttori di batterî. Si viene così a creare tra questi minuti organismi tutto un legame di dipendenza, ancor oggi incompletamente noto, da cui dipendono le qualità dell'humus.
Bibl.: G. J. Mulder, Die Chemie der Ackerkrume, Berlino 1861; P. E. Müller, Studien über die naturlichen Humisformen, Berlino 1887; V. Ollech, Über den Humus und seine Beziehungen zur Bodenfruchtbarkeit, Berlino 1890; M. Berthelot, Chimie végétale et agricole, Parigi 1899, voll. 4; E. Wollny, Die Zersetzung der organischen Stoffe und die Humus bildungen, mit Rücksicht auf die Bodenkultur, Heidelberg 1897; S. Odén, Die Huminsäuren, Dresda 1922; P. Ehrenberg, Die boden Kolloide, Dresda 1922; B. M. Morgosches e W. Fuchs, Über Naturprodukte, Dresda 1923.