CHEVRIER, Humbert
Nacque all'inizio del sec. XV a Chambéry in Savoia. Dottore in diritto, fu membro del Consiglio della città di Chambéry almeno dal 1456. Vi si distinse per la sua opposizione all'approvazione dell'umiliante trattato di Feurs o Cleppé, concluso nel 1452 tra il duca di Savoia e il re di Francia, reclamando che esso fosse sottoposto agli stati. Sembra che lo Ch. sia entrato, a partire dal 1460, nel Consiglio ducale, divenendo avvocato generale del Consiglio di Chambéry. Cominciò ad avere un ruolo importante sotto il regno di Amedeo IX, quando fu tra coloro che il 2 dic. 1466 approvarono la sospensione del Consiglio cismontano di Torino durante la residenza del duca in Piemonte.
Questa misura e le altre che seguirono sono testimonianze di una politica rivolta principalmente a difendere gli interessi della parte occidentale del ducato, che considerava il Piemonte unicamente come un mezzo per rafforzare, all'interno e all'estero, la posizione dello Stato. In questa occasione lo Ch., insieme con una parte della nobiltà savoiarda, fu partigiano di un atteggiamento ostile nei riguardi di Luigi XI re di Francia e favorevole ad una alleanza con Venezia per contrastare le ambizioni del duca di Milano.
La conformità delle vedute dello Ch. con quelle della duchessa Iolanda, che esercitava il potere in nome di suo marito Amedeo IX, fece sì che il 17 genn. 1469 lo Ch. fu nominato cancelliere di Savoia, succedendo al vescovo di Losanna Giovanni Michaelis, morto il 28 dic. 1468. Nel febbraio lo Ch. sottopose all'Assemblea degli stati, riunita a Ginevra, il testo della lega conclusa con Venezia. Nel corso degli anni seguenti l'evolversi della politica sabauda in un senso meno ostile a Luigi XI e a Galeazzo Maria Sforza non intaccò la posizione dello Ch. che, pur senza essere un grande politico, seppe destreggiarsi abilmente.
Lo si vide bene nel 1471 quando il governo di Iolanda, in continue difficoltà per le pretese dei suoi cognati, fu messo in crisi da una nuova ribellione di Filippo Senzaterra, che considerava nefasta per lo Stato l'azione dei consiglieri della duchessa e principalmente quella dello stesso Chevrier. Assediata in Montmélian con il marito e i figli, Iolanda dovette consentire ad allontanare lo Ch., la cui amministrazione avrebbe dovuto esser giudicata dagli stati. Rifugiatasi a Grenoble sotto la protezione di suo fratello Luigi XI, riuscì, grazie all'intervento degli ambasciatori di Berna e di Friburgo, a negoziare con Filippo un accordo, concluso al castello di La Pérouse presso Montmélian l'8 agosto e confermato il 5 settembre: anche se lo Ch. non vi è menzionato esplicitamente, è chiaro che Iolanda non era più libera di scegliere i suoi consiglieri; il 18 settembre i sigilli furono consegnati a Sibuet de Loriol, già cancelliere di Cipro e creatura di Filippo Senzaterra. La questione del cancellierato si ripresentò quando la ratifica della lega di Mirabello (30 sett. 1471) rafforzò la posizione di Iolanda. Sibuet de Loriol era troppo legato a Filippo per essere gradito alla duchessa; d'altra parte nessuno aveva presentato reclami contro lo Ch. nei termini legali previsti, e Iolanda pertanto era decisa a restituirgli i sigilli. Ma la soluzione non era gradita al Milanesi che temevano le note simpatie filoveneziane dello Ch.: Antonio d'Appiano, rappresentante di Galeazzo Maria Sforza presso la corte di Savoia, organizzò contro di lui una vera e propria campagna diffamatoria per cui fu chiaro che, anche se nulla poteva rimproverarsi allo Ch., tutti però gli erano ostili, e particolarmente il temibile Filippo senza Terra. Costretta a prendere una decisione, la duchessa infine confessò che non poteva restituire allo Ch. la somma che egli aveva anticipato come cauzione. L'Appiano presentò un memoriale che avrebbe permesso di condannare lo Ch. alla confisca dei beni e di acquisire così "honestamente" al Tesoro da ottomila a diecimila ducati. Lo Ch. appena conobbe queste manovre si acquistò dei partigiani: alcuni grandi signori gli erano favorevoli per ragioni inconfessate; Gianluigi di Savoia vescovo di Ginevra ebbe da lui cinquecento ducati, mentre la stessa duchessa ricevette una collana d'oro. Nel febbraio del 1472 lo Ch. riebbe i sigilli.
Da allora lo Ch. non lasciò più la duchessa, che lo riconfermò nel suo Consiglio quando nell'aprile del 1472, dopo la morte di Amedeo IX, fu confermata a Vercelli reggente degli Stati di Savoia. L'anno seguente controfirmò l'approvazione dei capitoli presentati alla reggente dagli stati di Piemonte. Nell'estate di quello stesso anno lo Ch. morì di peste a Torino e vi fu sepolto nella cattedrale.
Fonti e Bibl.: S. Guichenon, Histoire généal. de la royale maison de Savoye. Preuves, Lyon 1660, pp. 412 s.; A. Tallone, Parlamento sabaudo, IV, Bologna 1931, pp. 65, 83, 236, 251, 328, 357, 361, 396, 431; IX, ibid. 1937, pp. 132, 146, 184, 290 s., 296; M. C. Daviso di Charvensod, La duchessa Iolanda, Torino 1935, pp. 92 ss., 132; L. Marini, Savoiardi e Piemontesi nello Stato sabaudo, I, Roma1962, ad Indicem.