GOES [pron. ghus], Hugo van der
Pittore fiammingo: operava nella seconda metà del sec. XV. Sono incerti la data e il luogo di nascita; ma Giovanni Lemaire di Bavai, nella sua Couronne Margaritique, lo dice di Gand. Morì nel 1482. Fatto maestro nel 1467, con la malleveria di Giusto di Gand, fu nominato giurato della corporazione pittori a Gand (1478) e nello stesso anno partecipò ai preparativi per le feste celebraie in occasione delle nozze del duca Carlo con Margherita di York e del loro ingresso trionfale in Gand. Tra il 1474 e il 1475 venne eletto decano della Gilda, ma poco dopo era frate converso nel "Rouge Cloître" presso Bruxelles. Ivi si dedicò con ardore, per cinque anni, all'esercizio della sua arte; poi per due anni fu preda di un male inesorabile. Preoccupato dal pensiero di terminare i lavori cominciati e, soprattutto, ossessionato dall'idea della sua salute eterna, egli si considerava come "un figlio della perilizione". Lo studio dell'Adorazione del mistico Agnello dei Van Eyck (v.) gl'insegnò una tecnica sicura, e il suo genio d'osservatore gli permise di conferire a figure e a cose un potente carattere. La critica osserva in lui l'influenza di Thierry Bouts e soprattutto di Roger van der Weyde. Trasse dall'arte patetica di questo il senso drammatico che gli diede una più potente espressione.
Dipinse molto a guazzo, ma quasi tutte le opere eseguite con questa tecnica poco stabile sono andate perdute. Alcuni capolavori a olio permettono di apprezzarne l'arte. Il trittico per i Portinari già in Santa Maria Nuova a Firenze (ora nella Galleria degli Uffizî), base per tutte le attribuzioni, s'impone per la potenza della sua concezione. Il maestro vi si rivela pittore religioso assolutamente originale nell'Annunziazione e nell'Adorazione dei Pastori, e grande ritrattista sia nelle figure dei Portinari, sia nei pastori dai visi illuminati di gioia. Non minore abilità dimostra l'Adorazione dei Pastori del museo di Berlino. Nell'Adorazione dei Magi, dello stesso museo si ammira una composizione piena di contrasti, la vita e il carattere delle teste, la ricchezza del colore: il maestro è all'apogeo del suo talento. Nella Morte della Vergine, museo di Bruges, l'attenzione è richiamata dal carattere e dagli atteggiamenti degli apostoli e soprattutto dal giuoco variato delle loro fisionomie; dal punto di vista psicologico, l'arte fiamminga non giunse mai ad analisi più penetrante. Tralasciando alcune copie antiche, citeremo le seguenti opere originali: una Madonna della collezione Johnson di Filadelfia, un'altra del museo Städel di Francoforte, una terza Madonna e una S. Anna con la Vergine e il Bambino al museo di Bruxelles, il celebre dittico del museo di Vienna improntato di forte, impressionante senso drammatico, i pannelli di Holyrood a Edimburgo col ritratto di Edoardo Boncie, il ritratto virile del Museo metropolitano di New York, un Donatore e S. Giovanni Battista della collezione H. Walters di Baltimora, i ritratti d'Ippolito di Berthoz e di Elisabetta di Keverwick, di un trittico della cattedrale di Bruges, ecc.
Anima irrequieta, spirito indagatore avido di risolvere problemi, il maestro non si ripeté mai. Osservatore acuto della natura, si mostra molto avveduto nel trattare lo spazio e gli effetti di luce. A lui pervenne nella pittura fiamminga il primato che era passato dai Van Eyck a Roger van der Weyden: e grande fu la sua influenza. Fu un creatore di temi, animato da uno spirito nuovo, realista e pur dotato di un senso religioso quale nessun artista fiammingo aveva posseduto mai. S'ispirarono a lui Gérard David (v.), Alberto Bouts (v.), Ambrogio Benson, Geertjen tot Sint Jans e molti pittori anonimi e miniatori di Gand e di Bruges.
Bibl.: J. Destrée, H. v. d. G., Bruxelles 1914; M.J. Friedländer, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIV, Lipsia 1921 (con bibl.); id., H. v. d. G. (Die altniederländische Malerei, IV), Berlino 1926; P. Wescher, Eine Zeichnung des H. v. d. G., in Der Cicerone, XIX (1927), pp. 474-76.