URFÉ, Honoré d'
Scrittore francese, nato nel febbraio del 1567 a Marsiglia, morto a Villafranca sul Mare nel 1625. La famiglia era originaria del Forez, la cui valle H. d'U. descriverà nel suo romanzo; per parte della madre apparteneva alla casa ducale di Savoia, e lo zio, il conte Onorato, era governatore della Provenza. Ritiratosi negli stati della Savoia, nel 1599 abbandona l'Ordine di Malta in cui era entrato assai giovane e senza vocazione, per sposare la cognata, Diana di Chateaumorand, divorziata dal fratello di H. d'U.; ma anche questo ben presto si separa da lei, che forse non amò mai. La sua vita, tutta ispirata all'esistenza aristocratica e cortigiana, lo porta da Torino a Parigi, dai suoi possedimenti del Forez alle campagne militari del duca di Savoia: nel 1625 partecipava attivamente alla guerra contro Genova.
H. d'U. compose poesie religiose, epîtres morales, una pastorale, la Sireine, sotto la viva impressione delle sue letture preferite: Ronsard, Petrarca, Tasso. Ma l'opera a cui lavorò per molti anni e che riassume il gusto del tempo e le aspirazioni sentimentali e intellettuali di tutto un ambiente francese ed europeo è l'Astrée, romanzo abbondante, diffuso, variopinto di episodî, di paesaggi, di ozî passionali, di rêveries fluide e pigre. Le prime due parti apparvero negli anni 1607-1610, la terza nel 1619, la quarta postuma nel 1627, a cura del segretario Balthazar Baro, che ne aggiunse una quinta (1628), assai inferiore ma adatta a concluderne la trama vagabonda e diffusa. Vi si narra l'inquieto, contraddittorio ed errabondo amore di Céladon, l'amante ideale, sognante, inattivo, remissivo, con Astrea, la fanciulla egoista, d'ingegno sottile, di sensibilità capricciosa, volubile, tirannica, piena di grazia e di civetteria. La storia centrale è frantumata in moltissimi episodî, che ritardano l'azione, ma creano quell'atmosfera vaga, irreale, contemplativa e dispersiva che appagava la fantasia astratta e letteraria del tempo.
Ciò che predomina nel romanzo di H. d'U. è un senso insistente della natura, della sua libertà, nonché un facile abbandono a una dolce sensiblerie preromantica.
H. d'U. aveva dinnanzi a sé una tradizione romanzesca, di tono fondamentalmente upianistico, ma con aspirazioni narrative, psicologiche, mondane, che traducevano una sognante e raffinata sensibilità europea. L'Astrée compendia - non solo nella vaga e diffusa dovizia del contenuto, ma soprattutto nello spirito idilliaco, sottilmente elegiaco, fatto di morbidi atteggiamenti contemplativi - le aspirazioni di un intero secolo; le sue fonti, italiane e spagnole, avevano già una risonanza internazionale e interpretavano le idealità di una particolare classe sociale: aristocratica, cortigiana, un po' illuminata nel sentire i valori sociali e le ragioni intellettuali della vita, consapevole di vivere una condizione privilegiata. Tutti quei motivi di astratta mentalità cavalleresca e romanzesca, i diversi atteggiamenti letterarî di natura sentimentale, elegiaca e idillica si fondevano nell'Astrée e si configuravano in funzione d'una società mondana che proprio allora veniva modellando i proprî ideali di raffinata e oziosa supremazia spirituale. H. d'U. accoglieva le voci molteplici e tuttavia uniformi della tradizione ispano-italiana: dal genere della "pastorale", che, attraverso all'imitazione italiana, era arrivata al lirismo idillico di B. Ribeiro e alla fortunata Diana di J. de Montemayor (1542; prima traduzione francese di N. Collin, del 1578), fino all'Aminta del Tasso (1581) e al Pastor fido del Guarini (1585); nella stessa letteratura francese H. d'U. trovava un precedente nelle Bergeries de Juliette (1585) di Olénix du Montsacré (cioè Nicolas de Montreux); complessivamente l'Astrée ha contemperato nella sua sovrabbondante esuberanza descrittiva la corrente italiana, rivolta piuttosto a scoprire le vicende psicologiche e ad elaborare i temi lirici e sentimentali, e quella spagnola, più cavalleresca e coreografica. Su questa falsariga l'Astrée ha ricalcato anche i difetti più evidenti: una sincera ma immatura e astratta aspirazione alla vita della natura, alla libertà idillica di un primitivismo agreste, senza tuttavia sentirne il senso della genuinità e della naturalezza; una prevalenza di motivi passionali, stilisticamente lenti e stagnanti, a tutto discapito dell'elemento narrativo e drammatico; una struttura, infine, dispersiva, fluttuante, fatta di ritorni analitici e di ripetizioni e parallelismi psicologici, spezzata da episodî similari e monotoni, senza interno progresso. E tuttavia la sua fortuna fu grande, poiché si veniva a formare il primo romanzo e si traduceva a sazietà quella vaga simpatia per il mondo della natura che costituirà l'aspetto predominante della sensiblerie preromantica: Madame de Sévigné, curiosa di sentimentalità più che veramente appassionata, ne sentiva il fascino; La Fontaine la riteneva fra le opere di più squisita fattura, J. J. Rousseau vi trovava profonde affinità, tanto che si decideva a fare un pellegrinaggio lungo la piccola e modesta valle del Forez, che nell'Astrée era assurta a valore di simbolo.
Ediz. e bibl.: Ediz. completa 1632-1633 e 1647. Cfr. O. Reure, La vie et les øuvres d'H. d'U., Parigi 1910; A. le Breton, Le roman au XVIe siècle, Parigi 1890; P. Morillot, nella letteratura di J. Petit de Julleville, IV, Dix-septième siècle, Parigi 1897 (5ª ed. 1924). E. Droz, Corneille et l'Astrée, in Revue d'histoire littér. de la France, 1921.