BALZAC, Honoré (H. de Balzac, come firmò dopo il 1830)
Nato a Tours il 20 maggio 1799, morto a Parigi il 18 agosto 1850. Di famiglia borghese, originaria del Mezzogiorno, fu allevato modestamente; fra il 1807 e il 1813, nel collegio degli Oratoriani a Vendôme, più che agli studî attese a vaste e confuse letture: i ricordi di quegli anni dell'adolescenza si riconoscono agevolmente in Louis Lambert; proseguì la scuola a Parigi, e ne uscì con un'aspirazione vaga alle lettere, e soprattutto alla gloria, alla celebrità. Iniziò nel 1816 gli studî di giurisprudenza e lavorò presso un avvocato, e poi presso un notaio; ma nella primavera del 1819 ottenne dai genitori di potersi dedicare, per due anni di prova, alla letteratura: e tutto solo in una mansarde della via Lesdiguières si mise a scrivere una tragedia su Cromwell, che fu una delusione; allora si volse al romanzo, del genere favorito dal pubblico, fosco, grossolano e complicato, e pubblicò nel 1822 L'héritière de Birague e Jean-Louis ou la fille trouvée, seguiti a breve distanza da Clotilde de Lusignan I, Wann-Chlore (Jane la pâle), Le Vicaire des Ardennes, Argow le pirate, ecc. Per accrescere gli scarsi guadagni della penna, tentò imprese editoriali, e con l'aiuto della signora di Berny (conosciuta a Villeparisis, durante un soggiorno in famiglia nel 1821, e divenuta la sua fedele amica, la sua Dilecta) comprò una stamperia a Parigi: gli affari andarono male; v'aggiunse una fonderia di caratteri, che non lo salvò dal disastro, e di là ebbero principio quei suoi debiti insanabili che trascinò per tutta la vita e che divorarono i frutti, col tempo assai lauti, dell'opera sua di romanziere. La sua tempra laboriosa, ingenua, entusiasta affrontò le difficoltá più varie, le sgominò, o le dimenticò, per attingere - alcune volte attraverso a un vero eroismo: letterario - quella rappresentazione della società contemporanea che formò la sua passione e la sua gloria.
Il suo primo romanzo degno di lui, Les Chouans, apparso nel 1829, rivela l'imitazione di Walter Scott, ma insieme lo studio dei caratteri, dei moventi, degl'interessi personali mescolati alla lotta politica; e il momento storico, scelto nel cuore della Rivoluzione francese, lo avvicina alle scene dell'età sua. In pochi anni, attraverso studî sempre più felici e profondi di psicologia e d'ambiente (La vendetta, Gobseck, Le Chef-d'øuvre inconnu, Le colonel Chabert, Le curé de Tours...), attraverso i saggi d'una fantasia vivace, tra mistica e superstiziosa (La peau de chagrin, Louis Lambert), egli s'innalza a veri capolavori, quali Le médecin de campagne, Eugénie Grandet, Le père Goriot. In questi due ultimi libri egli pone al centro della favola una passione violenta, dominante, e quasi delirante: l'avarizia del vecchio Grandet, l'amor paterno di Goriot; e, cio ch'è notevole per intendere la visione artistica del B., l'una e l'altro sono trattate allo stesso modo: il vizio di Grandet ha una certa pietosa e terribile grandezza, la dedizione del padre alle figliuole colpevoli ottenebra la sua dignità e la sua coscienza. E le passioni eterne dell'uomo, di Arpagone e di Lear, trovano la loro espressione, non meno drammatica e piena, sullo sfondo minuto, realistico, attento ai particolari più fuggevoli e più precisi dei costumi, delle abitazioni, degli oggetti consueti; il B. vuol essere l'osservatore e il pittore della vita del suo tempo, e ha già vagheggiato di unire in una trama più vasta i suoi romanzi per abbracciare in un solo ciclo tutte le classi, tutte le condizioni, tutte le apparenze della società moderna.
Nel 1830, egli pubblica un gruppo di sei racconti sotto il titolo complessivo di Scènes de la vie privée, che mantenne a una raccolta più ampia nel 1832; nel 1833, dichiara alla signora Surville il suo proposito di collegare fra loro tutti i personaggi dei suoi romanzi, in modo da formare "una società completa", ed escogita il titolo Études de møurs au XIXe siècle, ch'escono fra il 1834 e il 1837, ripartiti in Scènes de la vie privée, Scènes de la vie de province, Scènes de la vie parisienne, a cui s'accompagna una serie di Contes et romans philosophiques, detti in seguito Études philosophiques. Pensa a un ciclo più vasto, sotto il nome di Études sociales; e nel 1841, su di uno spunto datogli da Auguste de Belloy che ritornava dall'Italia, si ferma sul titolo La Comédie humaine, quasi ad indicare la vastità del suo ciclo moderno di fronte alla Divina Commedia (e fin dal 1834, nella prima redazione della Fille aux yeux d'or, aveva scritto: "Parigi, inferno che un giorno avrà forse il suo Dante..."). Fra il 1842 e il 1846 La Commédie humaine, in 16 volumi, assorbe le due serie di Études de møurs e di Études philosophiques insieme con le nuove opere composte dal B.
Nel Père Goriot si presentano alcuni fra i personaggi destinati a grandeggiare nella Comédie humaine: come Rastignac, il gentiluomo povero e ambizioso che, giunto dalla provincia, si scaltrisce nell'alta società parigina e ne diviene uno dei dominatori più eleganti e spregiudicati; e Vautrin, il galeotto evaso, maestro delle più ardite metamorfosi sociali, ricco di energie smisurate, onde esercita nei bassifondi una reale potenza, che finísce per offrire al servigio della società, sua nemica, facendosi poliziotto (così era accaduto a Vidocq, che il B. ebbe occasione di conoscere di persona). Le figlie di Goriot, sposate, l'una al conte de Restaud, l'altra al banchiere Nucingen, si collegano a nuove famiglie, a nuove figure, che il B. richiama dall'uno all'altro romanzo in modo da darci l'illusione di persone già note, che tornano alla nostra memoria con i loro tratti particolari e definiti.
I grandi personaggi del B. profondano ciascuno le proprie radici in un fenomeno sociale e ne rivelano una crisi: César Birotteau, commerciante abile, vanitoso, di fondo onesto, travolto in un fallimento a cui il B. conferisce i colori grandiosi dell'epica; Lucien de Rubempré (Illusions perdues), bel giovine, poeta illuso, debole carattere, che la vita facile corrompe, e dà in preda a Vautrin, alle cortigiane e al suicidio; Philippe Brideau (Un ménage de garçon), ufficiale napoleonico in pensione, costretto all'ozio, dove le sue qualità di soldato e d'uomo di piacere, in contrasto con la povertà dei suoi mezzi, ne fanno un esempio terribile di egoismo e di malvagità; la "cousine Bette", figura grigia e dimessa di zitellona, che riversa il suo fiele sulla famiglia de' parenti più fortunati; il "cousin Pons" che accoppia in un animo mite la passione del collezionista e quella del parassita e scatena intorno a sé cupidigie profonde e delittuose; e persino il modesto "curato di Tours" che si trova a fronte un rivale implacabile che lo annienta. Via via che il B. avanza nell'esplorazione degli animi e . della società, l'opera sua rivela un pessimismo sempre più acre, e i caratteri ch'egli ci rappresenta si fanno più cupi e viziosi (nella Cousine Bette, ad es., il barone Hulot, dissoluto e maniaco, e la coppia dei Marneffe, crudo esempio di perversità e di prostituzione).
In ogni condizione sociale il B. scopre dunque i germi distruttori delle passioni, e ne atteggia lo sviluppo con un'osservazione adeguata ai singoli ambienti, evocando tutt'una schiera di uomini politici, di banchieri, d'usurai d'ogni risma, da Gobseck a Rigou (Les paysans) che, per la funzione enorme che ha in quel mondo il denaro, l'avvolgono tutto come piovre; di giornalisti, d'artisti, di medici, di magistrati, d'avvocati, d'impiegati, di piccoli borghesi, di contadini. E insieme con le varie classi, le varie regioni della Francia, con una speciale curiosità della vita di provincia a cui s'oppone - sempre presente all'orizzonte - il fascino della vita parigina. In confronto delle "Scene della vita parigina" e di quelle della "vita di provincia", le "Scene della vita militare" rimasero più scarne, con i soli Chouans: per un grande romanzo su La bataille, il B. raccolse documenti e testimonianze, senza concretarne il disegno: le ultime pagine di Une ténébreuse affaire descrivono il campo militare alla vigilia di Jena, nel Médecin de campagne un capitolo è dedicato alla leggenda popolare dell'epopea napoleonica, in analogia con le canzoni del Béranger. Une ténebreuse affaire, ispirato all'oscuro processo per il ratto del senatore Clément de Ris, ci dimostra l'intenso interesse che il B. nutrì per i retroscena della politica, per gl'intrighi dell'alta polizia; sotto quest'aspetto, le figure fittizie di Rastignac e di De Marsay concordano con i "ritratti" storici del Talleyrand e del Fouché.
La Comédie humaine comprende le seguenti opere: Les Chouans, e la Physiologie du mariage, pubblicati nel 1829; nel 1830, El Verdugo, Étude de femme, La paix du ménage, La Maison du Chat-qui-pelote, Le bal de Sceaux, La Vendetta, Gobseck, Une double famille, Adieu, L'elixir de longue vie, Sarrazine, Une passion dans le désert, Un épisode sous la Terreur; 1831, Le Réquisitionnaire, Les proscrits, Le chef d'øuvre inconnu, L'auberge rouge, La peau de chagrin, Jésus-Christ en Flandre, Maître Cornelius; 1832, La Bourse, Madame Firmiani, Le message, Le colonel Chabert, Le curé de Tours, La femme abandonnée, Louis Lambert, La grenadière, Les Marana; 1833, Le médecin de campagne, Eugénie Grandet, L'illustre Gaudissart; 1834, La recherche de l'absolu, La femme de trente ans, Le père Goriot; 1835, un drame au bord de la mer, Melmoth réconcilié, Le contrat de mariage, Séraphita; 1836, La Messe de l'athée, L'Interdiction, Le lys dans la vallée, Facino Cane, L'enfant maudit, La vieille fille; 1837, Les Employés, Gambara, Histoire de la grandeur et de la décadence de César Birotteau; 1818, Le cabinet des antiques, La Maiffison Nucingen, Une fille d'Eve; 1839, Le curé de village, Les sécrets de la princesse de Cadignan, Massimilla Doni; 1840, Pierrette, Z. Marcas, Pierre Grassou, Un prince de la Bohème; 1841, Une ténébreuse affaire, Ursule Mirouet, La fausse maîtresse, Mémoires de deux jeunes mariées; 1842, Un début dans la vie, Albert Savarus, La Rabouilleuse, Autre étude de femme; 1843, Honorine, La Muse de département, Sur Catherine de Médicis (riunisce, con un'ampia introduzione, Le martyr calviniste, pubbl. nel 1841, La confidence des Ruggieri, 1836, e Les deux rêves, 1830); 1844, Modeste Mignon, Gaudissart II, Beatrix, Les Paysans; 1845, in homme d'affaire; 1846, Les comediens sans le savoir, La cousine Bette, Petites misères de la vie conjugale; 1847, Le cousin Pons, L'envers de l'histoire contemporaine, Le député d'Arcis, 1a parte. Sotto il titolo Splendeurs et misères des Àrtisanes si raccolgono Esther heureuse, À combien l'amour revient aux vieillards, Où mènent les mauvais chemins, apparsi a varie riprese nel 1839, 1843 e 1846; La dernière incarnation de Vautrin (1847), che termina il ciclo, continuò a stamparsi separata. Illusions perdues comprende Les deux poètes (1837), Un grand homme de province à Paris (1839) e Les souffrances d'un inventeur (1843); l'Histoire des treize, Ferragus chef des Dévorants (1833), La duchesse de Langeais (1833 e 1834), La .fille aux yeux d'or (1834).
Pierrette, Le curé de Tours e La Rabouilleuse col nuovo titolo Un ménage de garçon, formano la serie dei Célibataires; Cousine Bette e Le cousin Pons quella dei Parents pauvres. Nel 1855 apparvero Les Petits bourgeois, per cura di Charles Rabou, che aveva anche ultimato Le Député d'Arcis nel 1853.
Il B. tentò il teatro, con minor fortuna (Vautrin, Les ressources de Quinola, Paméla Giraud, La Marâtre): il suo primo dramma, e il più importante, Le faiseur ou Mercadet (Mercadei l'affarista), abbozzato nel 1838, fu rappresentato soltanto dopo la sua morte, nel 1851, con i ritocchi del D'Ennery.
La vita dell'uomo si confonde quasi interamente, dal 1830 in poi, con la storia dell'artista: le sue grandi imprese finanziarie fiorirono soprattutto nella sua immaginazione; pensò alla vita politica, e alla deputazione nel 1835, ma non diede seguito al suo disegno; aspirò all'Accademia francese, che non lo accolse, poiché il romanzo non sembrava ancora un genere abbastanza serio ed elevato. Immerso e come perduto nel suo lavoro, molte volte nascosto per evitare i creditori, e avido tuttavia di sfarzo e di grandezze, coltivò poche amicizie fra gli scrittori romantici, Hugo, la Sand, il Gautier, che gli vollero bene e riconobbero in lui ricchi elementi di simpatia; fu il primo a mostrare ammirazione per l'opera dello Stendhal, quando si pubblicò la Chartreuse de Parme; invece, si trovò in aspro conflitto con il Sainte-Beuve, carattere chiuso e restio, piuttosto malevolo, in tutto diverso (anche per la finezza del gusto critico) dal B. Ebbe sincere e oneste amicizie femminili: la signora Surville, Zulma Carraud ed altre. La signora de Bermy fu la donna che l'amò veramente, e ch'egli amò giovine, serbandole poi sempre un'affettuosa gratitudine; morì nel 1836, e un suo velato ritratto ci rimane nella figura di Madame de Mortsauf (Le lys dans la vallée). Qualche idillio aristocratico lo sedusse e lo fece più che altro soffrire, sì ch'egli ne trasse vendetta con l'arte sua (La Duchesse de Langeais allude alla duchessa di Castries); nel 1832 aveva iniziato una corrispondenza epistolare con la "Straniera" che gli aveva scritto da Odessa, e che gli si rivelò poi come una gran dama polacca, la contessa Hanska; s'incontrò con lei l'anno seguente in Svizzera; la rivide nel 1835 a Vienna, e più di frequente dal 1843 in poi, mentr'essa era già vedova, nell'una o nell'altra città d'Europa. Le nozze vagheggiate impazientemente dal B. furono protratte per l'esitanza della signora; la sua famiglia la sconsigliava apertamente. Nell'autunno del '47, B. fu presso di lei in Ucraina, vi tornò in pessime condizioni di salute nel '49, ed ella infine si decise a sposarlo, poiché lo sapeva condannato, e non volle negargli quell'ultima consolazione: il 14 marzo 1850 ebbe luogo il matrimonio, a cui seguì un viaggio penoso fino a Parigi; e qui in breve egli morì. Robusto nella sua giovinezza, esuberante, prodigo delle sue forze in un lavoro insonne ed estenuante, aveva stancato il suo cuore e consumato la sua fibra anzi tempo.
Il B. conobbe l'Italia: fu a Torino nel 1836, nel '37 a Milano e a Venezia; frequentò il salotto della contessa Maffei, quello della contesssa Soranzo, ebbe una discussione letteraria con Tullio Dandolo, che la proseguì sulla Gazzetta privilegiata di Venezia, in difesa dei romanzi del Manzoni, del Grossi, del D'Azeglio; a Genova, che aveva già visitato rapidamente nel 1832, tornò fra il 1837 e il '38 per affari; viaggiò in Sardegna, dove sperava di sfruttare una miniera d'argento, e nel '46 si spinse fino a Roma per raggiungervi la Hanska. A dame, gentiluomini, artisti italiani dedicò alcuni dei suoi romanzi; e questi furono tradotti ben presto fra noi; furono molto letti, ma, nel periodo del Risorgimento, non molto ammirati.
Nel 1837, un milanese, Antonio Lissoni "antico ufficiale di cavalleria" provvide alla Difesa dell'onore dell'armi italiane, oltraggiato dal signor di Balzac, perché questi, nelle Marana, aveva rappresentato il personaggio di Montefiore, capitano italiano nell'esercito napoleonico, come un tipo spregevole d'avventuriero. Ma il proposito del B. non era ingiurioso; dal complesso de' suoi personaggi italiani emerge piuttosto l'idea - che gli si confermò nel breve soggiorno venezian0, e che ritroviamo, con grandi analogie, nei romanzi della Sand - che il lungo servaggio avesse quasi sconnesse le coscienze, e che ogni cuore, abbandonato a sè, cercasse il suo destino nelle passioni amorose, confuse con la seduzione delle arti, e segnatamente della musica. Massimilla Doni esprime tutto ciò, attraverso la maniera un po' leziosa ed enfatica ch'è propria del B., quand'egli vuole innalzarsi alle passioni "poetiche" (maniera da cui non va immune, ad esempio, Le lys dans la vallée), e le scene di teatro lasciano qualche spiraglio al pensiero della patria oppressa dallo straniero. La chimera della musica in un demente costituisce il tema centrale di Gambara; e nel bozzetto di Facino Cane il vecchio e povero sonatore, ch'è il principe di Varese (onde il suo titolo passerà ben presto a Marco Vendramin, di Massimilla Doni, per quel richiamo ed intreccio consueto dei personaggi della Comédie humaine), evoca nel suo volto sofferente il ricordo della maschera di Dante. - Sebbene il B. dichiari, nelle prime pagine d'Honorine, che in Italia "le type noble" non s'incontra ormai più che nel popolo, come, dopo l'incendio delle città, le medaglie rimangono nascoste fra le ceneri ("ce phénomène s'observe chez toutes les nations ruinées"), le sue bellezze italiane appartengono tutte alle più grandi famiglie: Onorina stessa, ch'egli assomiglia alla Notte di Michelangelo, ravvolta di vesti moderne, e Massimilla Doni, e la principessa Colonna di Albert Savarus, salda nel suo dovere e nella sua virtù; per non dire di Ginevra (La Vendetta), la giovine còrsa, d'una famiglia amica dei Bonaparte, che attinge nella sua ora mortale un'espressione così pura, così "nivea", che la distingue fra tutte le eroine di Balzac. E insomma il concetto di un'altera nobiltà non poteva scompagnarsi dalla gloria dell'arte, che appariva al Balzac come superstite fra le rovine d'Italia: ciò che, d'altra parte, dimostra - poiché Massimilla Doni è del 1839 e Albert Savarus del 1842 - che dalla Lombardia, dalla Venezia, egli aveva riportato la visione di un'Italia affranta dal dominio straniero, senza aver compreso il vigore del Risorgimento che animava in segreto quelle terre generose e le stesse famiglie che l'avevano accolto quale ospite illustre.
Al Medioevo italiano il B. risalì col racconto Les proscrits, dove campeggia la persona di Dante, esule a Parigi; ma l'età storica che lo attrasse maggiormente fu quella del nostro Rinascimento: oltre agli accenni, sparsi per i suoi libri, a Giulio II, all'Ariosto, a Raffaello, a Michelangelo, al Bandello, la sua predilezione si rivela attraverso due figure femminili, assai diverse fra loro, ma tutt'e due colorite da una intensa fantasia: Imperia e Caterina de' Medici. Nella "bella Imperia", che apre e conclude la serie dei Contes drôlatiques, il Balzac volle rappresentare il tipo della cortigiana gloriosa e "leonina", fiorente fra i liberi costumi e la passione estetica e sensuale del Cinquecento; dopo di lui, Imperia oscurò presso i moderni il nome delle sue compagne più colte e al tempo loro più famose, quali Tullia d'Aragona e Veronica Franco.
Nel libro che ha per titolo Sur Catherine de Médicis, composto fra il 1828 e il 1842, il B. ha voluto esporre tutta la sua "dottrina" della Monarchia, additandone il tipo ideale nella regina italiana, che altri aveva denigrato come l'espressione crudele del machiavellismo coronato, e altri compianto con la frase che piacque al B.: "Ce n'est pas une femme, c'est la royauté qui vient de mourir!" Legittimista, egli giustifica, nella sua requisitoria contro la democrazia e i governi di discussione, il potere d'azione rappresentato da Caterina de' Medici: così le attribuisce il senso profetico della politica della Rivoluzione e il coraggio d'averla combattuta nel suo germe, adottando i mezzi necessarî che formano in ogni tempo la "morale segreta" d'un governo che medita un vasto dominio. Il popolo, diventato re, ha agito contro i nobili e la monarchia, come questa contro gl'insorti del sec. XVI; Robespierre ritenta fatalmente la prova di Caterina de' Medici. Queste pagine politiche di Balzac sono tumultuose, fumose talvolta e sregolate; ma ci aiutano a seguirlo attraverso la sua vasta figurazione della società moderna, e ci spiegano quel suo sacro sgomento dinanzi all'impassibile nazione; quello sgomento, non privo d'una sua spirituale grandezza, di cui son penetrati gli episodi dei romanzi di B., ove s'annunzi o si discopra il volto pallido e cesareo di Napoleone.
Ediz.: Øuvres de Balzac (Parigi Houssiaux 1855, 20 volumi); édition définitive (Calmann-Lévy, 1869-1876, in 24 voll., e 1885-1888, in 52 voll.); édition du centenaire (Calmann-Lévy, economica in 55 voll.); ediz. critica, in corso di pubblicazione, per cura di M. Bouteron e H. Longnon (ed. Conard, Parigi 1912 e segg.: annunziata in 40 voll.). Il t. XXIV dell'ediz. Calmann-Lévy, 1876, contiene la Correspondance; le Lettres à l'Étrangère, apparse nella Revue de Paris fra il 1894 e il 1898, furono raccolte in due volumi (1899 e 1906).
Bibl.: Spoelberch de Lovenjoul, Histoire des oeuvres de H. de Balzac, 3ª ed., Parigi 1888 (lo Sp., ricco collezionista, raccolse documenti e manoscritti balzacchiani, ora nella biblioteca di Chantilly); A. Cerfbeer e J. Christophe, Le répértoire de la Comédie humaine de Balzac, Parigi 1887 (dizionario biografico dei personaggi che appariscono ne' suoi romanzi). Sulla vita di Balzac: E. Biré, Honoré de Balzac, Parigi 1897; G. Hanotaux e G. Vicaire, Balzac imprimeur et fondeur de caractères, Parigi 1902; id., La jeunesse de Balzac, Parigi 1903; J. Bertaut, Balzac anecdotique; L.-J. Arrigon, Les débuts littéraires d'Honoré de Balzac, Parigi 1924; id., Les années romantiques de Balzac, Parigi 1927. R. Benjamin ne ha tessuto una "vie romancée" colorita e chiassosa: La vie prodigieuse d'H. de B., Parigi 1925. Studî complessivi: A. Lebreton, B., l'homme et l'oeuvre, Parigi 1905; A. Bellessort, B. et son oeuvre, Parigi 1925. Saggi critici: F. Brunetière, H. de Balzac, Parigi 1906; E. R. Curtius, Balzac, Bonn 1923. Su Balzac e l'Italia: G. Gigli, B. in Italia: contributo alla biografia di O. di B., Milano 1920; M. Pisani, L'Italia nella "Commedia umana", Napoli 1927; F. Baldensperger, Orientations étrangères chez H. de B., Parigi 1927 (cap. VIII).