Hockey su ghiaccio
Un dipinto del maestro fiammingo Hendrik van Avercamp (1585-1634, Galleria d'Arte di Dresda) illustra una giornata invernale sui canali di Amsterdam: alcune figure stanno giocando con una palla e dei bastoni. Analoga scena è rappresentata in un quadro di un altro maestro fiammingo, Romeyn De Hooghe (1645-1708): alcune persone vicino alla riva di un canale si cimentano con gli stessi attrezzi. Quelli praticati dai personaggi dei due dipinti fiamminghi sono i progenitori di un gioco simile all'hockey, il bandy. La disputa sul momento esatto in cui si sia iniziato a giocare a hockey su ghiaccio è vecchia come il gioco stesso.
Le origini sarebbero addirittura da ricercare nel mondo antico: Persia e Grecia. L'unico dato certo è che testi canadesi riportano l'anno della prima partita: 1855. Fu allora che i soldati britannici, inquadrati nel Reggimento fucilieri reali canadesi di stanza a Halifax, giocarono una partita sulla superficie gelata dietro la caserma Tête-du-Pont, trasferendo sul ghiaccio le regole dell'hockey su prato. Nel 1911 la casa editrice francese Lafitte pubblicò un libro dedicato agli sport invernali nel quale l'autore scriveva che l'hockey su ghiaccio arrivò in Europa nel 1894 grazie al pattinatore canadese Geo Maegher e che Parigi ebbe l'onore di creare la prima squadra europea: il Paris Hockey Club.
Lo sbarco nella penisola italiana avvenne nel 1911 con il primo incontro a Torino tra il Circolo pattinatori Valentino e il Circolo pattinatori Lione; le cronache di allora non riportano i nomi di coloro che si cimentarono sulla superficie gelata del parco torinese. La costruzione nel 1923 (l'inaugurazione avvenne il 28 dicembre) del Palazzo del Ghiaccio di Milano, primo impianto artificiale esistente in Italia, diede una notevole spinta propulsiva al movimento che stava nascendo. Sull'onda dell'entusiasmo, grazie a un gruppo di sportivi del Milan Skating Club, il 10 marzo 1924 fu costituito l'Hockey Club Milano. I fondatori del club milanese, per formare i nuovi giocatori, chiamarono due allenatori che avevano imparato a giocare a hockey in Canada: Frank Roncarelli (nato a Bologna ma cresciuto in Canada) e Leon Quaglia (di origine italiana ma residente a Chamonix). Successivamente nacquero la Sportivi Ghiaccio Cortina, il progenitore dell'attuale HC Bolzano (1927), e i Diavoli Rosso-Neri Milano, società che hanno largamente contribuito alla promozione e alla diffusione di questo sport. Fino ai primi anni Cinquanta l'albo d'oro del campionato italiano è occupato quasi esclusivamente da società milanesi (con una sola 'intromissione' da parte del Cortina nel 1932), mentre dal 1960 in poi lo scudetto sarà una lotta tra le squadre cittadine e quelle delle 'montagne', rappresentate da Cortina, Bolzano, Gardena e Merano, con l'inserimento di Varese, vincitore di due campionati. Negli anni Novanta è tornata in auge Milano (HC Milano e HC Devils), che per quattro anni ha dominato la scena italiana ed europea (4° posto dei Devils in Coppa Campioni). Nella stagione 2000-01 è stato l'Asiago a conquistare lo scudetto: per la società dell'altopiano è stato il primo trionfo nazionale; la stagione seguente sono i Vipers dell'HC Junior Milano a fregiarsi del tricolore (si ripeteranno nel 2002-03 e nel 2003-04) e a classificarsi al secondo posto nella Continental Cup.
La Nazionale italiana giocò la sua prima partita il 15 marzo 1924 ai Campionati Europei di Milano: perse, per inesperienza, la partita che li opponeva ai più forti francesi (0-12); questi i giocatori che, come scrive il programma della manifestazione, indossarono per la prima volta una maglia azzurra con stemma sabaudo e pantaloni neri: Emilio Botturi, Tancredi Fassini, Tullio Gattino, Ambrogio Gobbi, Guido Mazza, Luigi Mazza, Pio Mazza, Reto Trippi. Nel dopoguerra la Nazionale partecipò a varie edizioni dei campionati mondiali, oltre che ai Giochi Olimpici di St. Moritz 1948 e Cortina d'Ampezzo 1956. Solamente con l'immissione nella selezione azzurra dei cosiddetti 'oriundi' (atleti canadesi che in gran parte presentavano cognomi di origine italiana) vi fu la prima storica vittoria dell'hockey italiano ai Campionati del Mondo gruppo B (Ortisei 1981), che permisero alla nostra squadra di confrontarsi per la prima volta con il Gotha mondiale in categoria A. Nel 1983 la nostra Nazionale retrocede nel gruppo B, ma nel 1991 ritorna nella massima serie internazionale, e vi partecipa per undici anni consecutivi, ottenendo un 6° posto nel 1994 ai Campionati del Mondo giocati a Bolzano, Alba di Canazei e Milano. Nello stesso anno la Nazionale, allenata da Bryan Lefley, si classificava al 9° posto ai Giochi Olimpici invernali di Lillehammer (Norvegia).
La Federazione italiana sport del ghiaccio (FISG) nasce a Milano nel settembre del 1926 dalla fusione di tre federazioni preesistenti: la Federazione italiana pattinaggio, la Federazione italiana di hockey e la Federazione bob club d'Italia. Alberto Bonacossa ne fu il primo presidente, a cui succedette Luigi Tornelli fino al 1933, anno in cui tutte le federazioni sportive vennero trasferite a Roma e quella del ghiaccio si unì alla Federazione dello sci, creando la FISI (Federazione italiana sport invernali). Nel dopoguerra la Federazione italiana hockey su ghiaccio e la Federazione italiana di pattinaggio su ghiaccio, distaccatesi a loro volta dalla FISI, vennero riconosciute e riammesse, rispettivamente, presso la International Ice Hockey Federation (IIHF) e la International Skating Union (ISU). Le due federazioni proseguirono in parallelo fino alla fusione nella rinata FISG il 6 settembre 1952. Presidente fu Remo Vigorelli che mantenne la carica fino al 1961, quando subentrò Enrico Calcaterra cui succedette a sua volta, nel 1972, Mario Pinferi. Nel 1980 fu la volta di Luciano Rimordi e infine, nel 1992, di Paul Seeber. Nel 2005 il presidente è Giancarlo Bolognini, eletto nel 1997.
La Federazione internazionale fondata nel 1908, la IIHF, è costituita dalle diverse associazioni hockey nazionali e governa l'attività di hockey su ghiaccio sia maschile sia femminile. Gli obiettivi della IIHF sono governare e promuovere l'hockey su ghiaccio nel mondo e in particolare sviluppare, a livello internazionale, le relazioni amichevoli fra i membri delle associazioni nazionali. La IIHF potrà prendere tutte le misure necessarie per lavorare in accordo con il proprio statuto, le leggi e le regole; ricercare sponsorizzazioni, copertura mediatica, diritti di licenza, pubblicità e merchandising per tutte le manifestazioni della IIHF; chiarire regole giuridiche; sviluppare i settori giovanili e la creazione di allenatori e arbitri; organizzare i grandi eventi sportivi; controllare i trasferimenti internazionali di giocatori e lo sviluppo di contatti con altre federazioni sportive.
Sotto il controllo di un capo arbitro e di due giudici di linea, i giocatori cercano di realizzare il maggior numero di reti possibile, attraverso la velocità d'esecuzione, la tecnica, l'inventiva, la resistenza, la prontezza di riflessi, la potenza, la durezza (mai la cattiveria), l'agilità. Queste doti, insieme alla varietà degli schemi, sono lo spettacolare messaggio che questo sport vuole trasmettere al pubblico. Ma, in questa disciplina più che altrove, sono la lealtà e la correttezza sul ghiaccio e fuori dal campo i veri valori trasmessi agli spettatori e agli hockeisti più giovani. Tecnica individuale, stabilità sui pattini, prontezza di riflessi sono ingredienti che danno vita a un reale confronto sportivo, in cui la fortuna raramente trova lo spazio per condizionare il risultato finale.
Il tracciato del campo da gioco è costituito dai seguenti elementi: una linea di centrocampo (che serve a giudicare la 'liberazione vietata': non si può cioè inviare il disco dalla propria metà campo oltre la linea di porta avversaria, né in una zona dove nessun avversario può impossessarsene); un cerchio di centrocampo; i cerchi d'ingaggio (che sono quattro e servono per le rimesse in gioco dopo un'infrazione, dette appunto ingaggi: tutti i giocatori, tranne i due contendenti, devono restarne fuori); il semicerchio dell'area di porta (che delimita la zona entro cui il portiere non può essere toccato, e al cui interno gli altri giocatori non possono fermarsi, ma solo transitare); le linee blu del fuorigioco (che dividono il campo in tre terzi, e in fase offensiva non possono essere superate, prima che l'abbia fatto il disco, da nessun giocatore attaccante).
Ogni squadra deve indirizzare il puck (disco) oltre la linea di porta della formazione avversaria. Una partita dura 60 minuti effettivi ed è divisa in tre tempi di 20 minuti ognuno, con due intervalli di 15 minuti. A seconda dei regolamenti, è possibile che al termine dei 60 minuti regolamentari, se persiste la parità fra le due squadre, venga giocato un tempo supplementare con la regola della sudden death ("morte improvvisa"), per la quale la prima squadra che realizza una rete vince ponendo automaticamente termine all'incontro. Le squadre sono composte da almeno 20 giocatori, ma sul ghiaccio non possono esserne utilizzati contemporaneamente più di sei (compreso il portiere): vi sono quindi numerose sostituzioni, che possono avvenire durante il gioco o nelle interruzioni. Di solito i giocatori vengono sostituiti ogni minuto circa.
Offside/Fuorigioco: il gioco si ferma se un giocatore attraversa la linea blu (con entrambi i pattini) nella zona di attacco prima che la linea stessa sia stata superata dal puck.
Face-off/Ingaggio: l'arbitro permette la ripresa del gioco lasciando cadere il puck fra due giocatori di squadre diverse in determinate zone del campo.
Icing/Liberazione vietata: quando un giocatore, dalla propria metà campo, indirizza il puck oltre la continuazione della linea di porta avversaria. Il gioco riprende con un ingaggio nella zona di difesa della squadra che ha commesso la liberazione vietata. Questa regola non si attua se la squadra che indirizza il puck in liberazione vietata sta giocando in inferiorità numerica causa penalità.
Per diversi motivi, tecnici o disciplinari, i giocatori possono essere penalizzati e mandati dall'arbitro per punizione in panchina (penalty box) per un periodo compreso fra i due e i dieci minuti di gioco effettivo (la maggior parte delle penalità è di due minuti). Quando la squadra in superiorità numerica realizza una rete, il giocatore penalizzato rientra immediatamente sul ghiaccio, a meno che la penalità da scontare non sia del tipo maggiore (cinque, dieci minuti o penalità-partita).
Snap shot: rapido e preciso, questo tiro o passaggio è usato piuttosto frequentemente.
Slap shot: il giocatore colpisce il puck con molta forza; è il tiro più potente ma difficile da controllare (il puck può raggiungere una velocità di 130 km/h).
Backhand shot: viene utilizzato il rovescio della stecca, sia per passare sia per tirare: i portieri hanno difficoltà a intuire dove sia indirizzato il puck.
Wrist shot: un tiro con il quale il giocatore accompagna il puck con la sola potenza delle braccia; è utilizzato sia per tirare sia per passare.
I Giochi Olimpici invernali non esistevano ancora quando venne disputato il primo torneo olimpico di hockey, nel Palazzo del Ghiaccio di Anversa, durante i Giochi Olimpici estivi del 1920. La Lega internazionale di hockey su ghiaccio ‒ il cui presidente, Max Sillig, giocava in quello stesso periodo con la squadra svizzera ‒ approfittò dell'occasione per affiliare le federazioni statunitense e canadese, mentre venivano escluse dai Giochi Germania e Austria, nazioni sconfitte nella prima guerra mondiale. Il Canada, rappresentato dai Winnipeg Falcons, vincitori della Allan Cup, vinse la medaglia d'oro. Questa formazione amatoriale era formata per larga parte da giocatori di origine islandese, visto che la regione canadese del Manitoba era stata oggetto, nei primi anni del 20° secolo, di una massiccia immigrazione proprio dall'Islanda. Con dodici reti, Frank Fredrickson fu il migliore marcatore della squadra campione, davanti al difensore Harold 'Slim' Halderson con nove segnature. Entrambi vinsero nel 1925 la Stanley Cup con i Victoria Cougars. I campioni olimpici canadesi partirono poi per una lunga tournée in Europa che durò diversi mesi. Gli Stati Uniti conquistarono la medaglia d'argento, mentre i cecoslovacchi quella di bronzo.
In Francia l'hockey su ghiaccio venne inserito nel programma dei Giochi Olimpici invernali, chiamati allora 'Settimana internazionale degli sport invernali'. Gli incontri si svolsero sulla pista naturale dello Stadio Olimpico in tre periodi di 20 minuti ciascuno. Il Canada, rappresentato dai Toronto Granites, affrontò nel match decisivo gli Stati Uniti davanti a 7000 spettatori, confermandosi campione olimpico. Terza arrivò la Gran Bretagna.
I Giochi del 1928 si disputarono sul ghiaccio naturale di Badrutts Park. Per evitare scarti troppo ampi nella prima fase, il Canada campione olimpico in carica venne ammesso direttamente alla poule finale. I canadesi, rappresentati dai Toronto Varsity Grads (i diplomati dell'Università di Toronto) e allenati da Conn Smythe, conquistarono con facilità la medaglia d'oro. Si mise in mostra in particolare l'ala sinistra Dave Trottier, che al termine dei Giochi passerà professionista con i Montreal Maroons per la somma di 10.000 dollari, record per l'epoca. La Svezia salì per la prima volta sul podio, insieme alla Svizzera nella quale giocava un giovane ma già promettente Richard 'Bibi' Torriani.
I primi Giochi invernali oltreoceano si disputarono sia sul ghiaccio naturale dello Stadio Olimpico sia su quello artificiale dell'Arena Olimpica, e per i giocatori fu necessario adattarsi al passaggio dall'una all'altra superficie. In virtù della crisi economica mondiale seguita alla caduta della borsa nel 1929, parteciparono solo due squadre europee, Germania e Polonia, con i giocatori che finanziarono la trasferta in gran parte con soldi propri. Per incrementare le entrate disputarono una serie di incontri d'esibizione con teams nordamericani. Il torneo si svolse in due sessioni, ciascuna con gare di andata e ritorno, per riuscire a raggiungere un numero accettabile di partite. Per il successo finale si trovarono di fronte statunitensi e canadesi e questi ultimi vinsero la loro quarta medaglia d'oro olimpica consecutiva. Per il bronzo la Germania ebbe la meglio sulla Polonia, grazie a tre reti dell'ala Rudi Ball.
Dopo il torneo olimpico del 1932, cui prese parte un esiguo numero di squadre, in Germania ne arrivarono invece ben quindici, con tre nazioni ‒ Italia, Lettonia e Giappone ‒ che fecero il loro debutto ai Giochi invernali. Gli incontri vennero disputati su due patinoires naturali: nello Stadio Olimpico ai piedi della Zugspitze e a Riessersee. Spesso, poiché si giocava all'aperto a una temperatura di 0 °C, le partite dovevano essere interrotte per neve. Dopo aver appreso che le formazioni di Gran Bretagna e Francia erano composte prevalentemente da giocatori canadesi di origine europea, il Canada inoltrò richiesta per la loro squalifica, per poi ritirarla al termine di lunghe discussioni. La maggiore sorpresa del torneo arrivò dalla sconfitta degli Stati Uniti da parte della debuttante Italia: rimarrà quello l'unico successo in questa occasione della squadra azzurra che, infatti, non si qualificherà nemmeno per la fase finale. Anche i canadesi furono a loro volta battuti in finale dalla Gran Bretagna, superati in pratica dai loro stessi compatrioti. I progressi e il successo della Federazione britannica si spiegavano soprattutto con la creazione nel 1935 di una sorta di lega di semi-professionisti canadesi 'importati' già da un paio d'anni da alcuni club londinesi. La medaglia di bronzo andò invece agli Stati Uniti.
La lotta fra le due Federazioni statunitensi esistenti, una facente capo alla Athletic Amateur Union (AAU) e l'altra, la Amateur Hockey Association of the United States (AHAUS), riconosciuta dalla Lega internazionale, fece sì che ai Giochi Olimpici partecipassero due squadre americane contemporaneamente, una per federazione. Ma solo quella della AHAUS, diretta da Walter Brown ‒ già manager della prima squadra statunitense a vincere i Campionati del Mondo nel 1933 ‒, venne autorizzata a partecipare. Per la prima volta, inoltre, un hockeista rappresentò gli atleti nel corso della cerimonia d'apertura e lesse la Carta olimpica: Bibi Torriani, già medaglia di bronzo con la Svizzera. Avery Brundage, direttore della AAU e presidente del Comitato olimpico internazionale, riuscì infine, due giorni dopo la chiusura del torneo, a far escludere la squadra americana dalla classifica ufficiale dei Giochi Olimpici. Per contro, la competizione contò quale Campionato del Mondo per l'IIHF, e gli Stati Uniti mantennero almeno lì la propria classifica finale. Ma se gli americani furono alla fine esclusi dai Giochi, i risultati nel frattempo acquisiti giocarono a favore dei canadesi, rappresentati dalla Royal Canadian Air Force di Ottawa e vincitori sugli Stati Uniti per 12 a 3, mentre la Cecoslovacchia prevalse solo per 4 a 3. Tutti gli osservatori furono d'accordo nel riconoscere ai cecoslovacchi il miglior gioco offensivo, soprattutto grazie a Vladimír Zábrodskì, miglior marcatore della competizione con 21 reti e la prima vera stella dell'hockey europeo. Ma il Canada ebbe dalla sua parte un grande portiere, Murray Dowey, capace di incassare solo cinque reti in tutto il torneo e di essere il principale artefice dello 0 a 0 contro gli stessi cecoslovacchi, permettendo così alla sua squadra di vincere grazie alla differenza reti complessiva. La Svizzera ottenne la sua seconda medaglia di bronzo.
I Giochi Olimpici norvegesi verranno ricordati per il reintegro della Germania, anche se questo provocò vivaci polemiche, segno che gli strascichi della guerra non erano ancora del tutto sopiti. Il Canada, rappresentato dagli Edmonton Mercuries, si aggiudicò piuttosto facilmente la sua ennesima medaglia d'oro, nonostante la vittoria con gli svedesi fosse arrivata solamente a 20 secondi dalla fine e che i canadesi avessero dovuto concedere un pareggio alla formazione statunitense. La Svezia e la Cecoslovacchia terminarono il torneo con gli stessi punti e la medesima differenza reti, e i cecoslovacchi avrebbero dovuto conquistare il bronzo in virtù del successo nello scontro diretto. Ma la Federazione internazionale, riunita in congresso, modificò il regolamento e decise per la disputa di un match di spareggio, mentre la stampa cecoslovacca denunciava un 'complotto dei paesi capitalisti'. La Svezia, in svantaggio 3 a 0, rimontò, vinse 5 a 3 e conquistò la medaglia di bronzo.
Tutti gli incontri dei Giochi italiani si tennero allo Stadio Olimpico del ghiaccio, con una partecipazione di 12.000 spettatori per le gare principali. Prima che avessero inizio le Olimpiadi, la squadra italiana venne rinforzata da giocatori oriundi italo-canadesi, ma ciò non fu sufficiente per superare il primo turno. Il Canada, rappresentato dai Kitchener-Waterloo Dutchmen, si fecero sorprendere dagli Stati Uniti che misero in mostra il loro portiere Willard Ikola. I canadesi si trovarono poi a dover affrontare l'Unione Sovietica e a dover vincere con tre reti di scarto per conservare il titolo olimpico. I nordamericani cercarono di imporre un alto ritmo alla gara, ma l'URSS, dopo un primo tempo senza reti, riuscì a imporre la propria maggiore tecnica e a conquistare il successo. Medaglia d'argento per gli Stati Uniti e di bronzo per il Canada. Inizia così da Cortina l'egemonia dei sovietici ai Giochi Olimpici e nell'hockey in particolare. Fino al 1992 compreso, infatti, soltanto gli Stati Uniti, e in appena due occasioni, riuscirono a interrompere questo strapotere. L'allenatore canadese Bobby Bauer, per sottolineare la forza sovietica nel torneo, disse: "Quando voi giocate il vostro miglior hockey e perdete, che cosa potete dire?". La formazione allenata da Arkadij Ãernièëv si basava sulla forza della prima linea, formata da Evgenij Babiã, Viktor Èuvalov e Vsevolod Bobrov, ma anche sul centrale della terza, Aleksej Guryèev. L'Italia, condotta da Branduardi, Crotti e Agazzi, conquistò la settima posizione e i Giochi ebbero l'effetto di regalare grande impulso soprattutto alla città e alla squadra di Cortina, che l'anno dopo vinse nuovamente il titolo italiano a 25 anni dall'ultimo successo.
Le gare si giocarono alla Blyth Memorial Arena di Squaw Valley, in California, capace di 9000 posti a sedere. La prima volta dell'Australia sulla scena mondiale fu anche il palcoscenico per due fratelli che giocarono l'uno contro l'altro in una partita internazionale: il difensore cecoslovacco Frantièek Tikal si ritrovò contro il fratello Zdenek che prese la nazionalità australiana come rifugiato politico. Chi si attendeva un nuovo duello fra il Canada, ancora rappresentato dai Kitchener Waterloo Dutchmen, e l'URSS rimase deluso. Furono gli Stati Uniti, vincitori sul Canada, ad aggiudicarsi l'oro, il primo della loro storia olimpica. Terza si classificò l'Unione Sovietica, che mal si adattò alle piste ghiacciate americane. L'Australia si aggiudicò l'ultima piazza, ma il suo capitano Ben Acton ebbe la soddisfazione di realizzare una rete in ognuno dei match disputati.
I canadesi cominciarono a intuire che competere con squadre amatoriali non sarebbe bastato più per battere i sovietici. Crearono quindi una squadra nazionale basata su un programma di sei anni, che raccoglieva i migliori giocatori amatoriali e i migliori universitari. Giocarono insieme per tutta la durata dell'ultima stagione precedente le Olimpiadi. Il loro punto di forza era il portiere Seth Martin, campione del mondo nel 1961, che tuttavia il giorno della gara con l'URSS si ammalò. Il suo sostituto, Ken Broderick, giocò bene, ma non abbastanza da riuscire a frenare la rimonta sovietica fino al 2 a 2 nel secondo tempo. Nel terzo, il coach canadese Bauer pensò di buttare nella mischia a sorpresa Martin, goalie ("portiere") che incuteva rispetto persino ai sovietici. L'esperto allenatore russo Anatolij Tarasov replicò dicendo ai suoi di aspettare il più possibile prima di scagliare il primo tiro contro Martin, entrato a freddo nella gara, per ritardarne il più possibile la piena entrata nel 'clima partita'. I sovietici attesero l'occasione propizia e realizzarono la rete della vittoria con Venyamin Aleksandrov. L'URSS si aggiudicò la medaglia d'oro, la Svezia quella d'argento e la Cecoslovacchia il bronzo. Per la prima volta il Canada era fuori dal podio olimpico.
Allo stadio del Ghiaccio erano presenti 12.000 spettatori per assistere agli incontri e le partite furono trasmesse in diretta dall'unico canale della televisione francese. Un'intera nazione scopriva quindi un nuovo sport. Il Canada abbandonò i suoi sogni di titolo dopo la sconfitta con la Finlandia (sarebbe arrivato comunque terzo) e il torneo si risolse in un duello fra l'URSS e la Cecoslovacchia. I sovietici erano sicuramente favoriti perché venivano da cinque anni e 39 gare di imbattibilità; ma l'allenatore cecoslovacco Jaroslav Pitner conosceva il punto debole degli avversari. Il portiere Viktor Konovalenko era infatti vulnerabile quando usciva dal proprio ritmo di gara. E Pitner riuscì a far ritardare l'inizio del match di 30 minuti per controllare i pattini dei giocatori sovietici, 30 minuti utili a far perdere la concentrazione a Konovalenko e a far vincere i suoi per 5 a 4. Ma la Cecoslovacchia, svuotata di energie dopo la storica vittoria, non andò oltre un pareggio con la Svezia e diede l'addio alla medaglia d'oro, che tornò sul petto dei giocatori sovietici.
Per la prima volta un grande avvenimento di hockey su ghiaccio venne organizzato in Giappone, dopo che Sapporo già nel 1940 si era candidata per ospitare i Giochi, poi rimandati a causa della guerra; sempre per la prima volta, inoltre, i Giochi Olimpici vennero separati dai Campionati del Mondo. Le squadre partecipanti sarebbero dovute essere 14, ma Germania Est, Francia e Romania si ritirarono per questioni economiche. La Cecoslovacchia giocò il miglior hockey della competizione, ma si fece sorprendere dagli Stati Uniti per la medaglia d'argento. Quella d'oro fu conquistata dai sovietici, che misero in mostra una serie di giovani giocatori e il miglior portiere della manifestazione: Vladislav Tret´jak, il primo russo premiato quale migliore in un torneo internazionale. Il Canada, invece, boicottò l'attività internazionale per protestare contro il divieto di partecipazione dei giocatori professionisti.
I Giochi del 1976 furono inizialmente attribuiti a Denver, ma la popolazione del Colorado si espresse contro l'organizzazione delle Olimpiadi con un referendum. Innsbruck si propose quindi di sostituirla. A giocarsi l'oro furono l'Unione Sovietica e la Cecoslovacchia, con la prima che vinse lo scontro diretto grazie a due reti di Jakuèev e Charlamov, che a cinque minuti dalla fine ribaltarono il risultato, permettendo alla propria squadra di vincere la quarta medaglia d'oro consecutiva ai Giochi. La sorpresa maggiore venne dalla Germania Ovest, medaglia di bronzo grazie alla migliore differenza reti rispetto alla Finlandia.
Per la seconda volta i Giochi vennero organizzati a Lake Placid, in un clima particolare per la guerra fredda in atto fra Stati Uniti e Unione Sovietica. In questo contesto si giocò una delle gare più famose e celebrate della storia dell'hockey su ghiaccio. Gli Stati Uniti, per avere ancora una chance di vittoria finale, dovevano superare proprio i sovietici nella penultima gara del torneo. Ma i sovietici avevano battuto per 6 a 0, prima dell'inizio dei giochi, una selezione di stelle della National Hockey League (NHL), che raggruppava l'hockey professionistico statunitense e canadese, e la stessa formazione olimpica americana 10 a 3. Come potevano pensare gli Stati Uniti di battere l'Unione Sovietica con una selezione di universitari? Ma il miracolo sul ghiaccio ebbe luogo grazie alla rete del capitano Mike Eruzione (l'unico fra i campioni olimpici che non giocherà mai in NHL) e alle parate di James Craig. Il coach americano Herb Brooks riuscì ad assemblare una squadra energica, disciplinata e rapida, capace per la prima volta di rivaleggiare con i sovietici nel pattinaggio. Un'impresa che appassionò tutto il popolo americano e che ancora oggi viene ricordata, con tutti i giocatori diventati da allora leggende. Fra le molte storie di questa squadra, quella di David Christian, figlio di William campione olimpico a sua volta con gli Stati Uniti nel 1960. Gli Stati Uniti tuttavia, vista la formula del torneo, ebbero la certezza dell'oro solo vincendo la gara successiva con la Finlandia. La medaglia di bronzo fu conquistata dalla Svezia.
I Giochi di Sarajevo si disputarono davanti a un pubblico non particolarmente competente né abituato all'hockey, ma pronto ad applaudire l'URSS dominatrice del torneo. La Germania Est, qualificata sul campo, fu costretta dalla propria Federazione a rinunciare ai Giochi poiché non aveva nessuna chance di portare medaglie ‒ e gloria ‒ al regime. La sola squadra che sembrava in grado di contrastare i sovietici era la Cecoslovacchia, che giocò senza alcuni dei suoi migliori giocatori impegnati in NHL, ma capace di aggiudicarsi la medaglia d'argento davanti alle Svezia, che arrivò terza.
Ancora memori del 'miracle on ice' (l'impresa degli universitari americani a Lake Placid otto anni prima), gli Stati Uniti cercarono di ripetersi contro l'URSS ma furono sconfitti 7 a 5. Sul 6 a 2, il canale televisivo ABC interruppe la trasmissione per riprenderla solo sul 6 a 5, evidentemente giudicando il risultato pessimo per il morale dei telespettatori. Gli Stati Uniti non si qualificarono neppure per il secondo turno. L'Unione Sovietica vinse il suo primo titolo sul suolo americano. Il Canada, offensivamente poco incisivo, ottenne solo la quarta posizione, mentre le medaglie d'argento e di bronzo andarono rispettivamente alla Finlandia, al primo vero exploit della sua storia, e alla Svezia.
In questa edizione l'URSS non esisteva più, politicamente, ma esistevano i giocatori di scuola sovietica che gareggiarono nei Giochi Olimpici sotto la bandiera della Comunità degli Stati Indipendenti, ottenendo la medaglia d'oro. Tutte le vecchie stelle sovietiche si erano trasferite in NHL tranne due: Vjaãeslav Bykov e Andrej Chomutov, in quel momento nelle file del Friburgo-Gotteron (campionato svizzero). In finale ebbero la meglio sui canadesi. Terza fu la Cecoslovacchia, alla sua ultima Olimpiade prima di dividersi in Repubblica Ceca e Slovacchia.
La Finlandia incantò il pubblico durante la prima settimana producendo un gioco offensivo elegante ed efficace, capace di battere i russi, superati poi anche dalla Germania grazie soprattutto al portiere Klaus Merk. Per la prima volta partecipò la Slovacchia, grande attrazione del torneo. La Svezia conquistò la medaglia d'oro davanti al Canada e alla stessa Finlandia.
Per la prima volta nella storia furono presenti tutte le stelle NHL. Le sei 'grandi' entrarono in gioco solamente nella seconda settimana, mentre tutte le altre nazioni affrontarono un girone preliminare. A sorpresa fu il Kazakhstan a qualificarsi ai danni della Slovacchia, mentre la Bielorussia, vera sorpresa del torneo, superò Francia e Germania. La Repubblica Ceca conquistò il suo primo titolo olimpico grazie soprattutto al portiere Dominik Haèek e all'attaccante Jaromír Jagr, superando la Russia di Pavel Bure. Terza la Finlandia che aveva avuto la meglio sulla Svezia nel derby del Nord Europa. Delusioni del torneo furono il Canada e gli Stati Uniti.
Dopo la bruciante sconfitta di Nagano, l'hockey del Nord America non aspettava che una cosa: prendersi la rivincita riunendo ancora tutti i migliori giocatori del mondo. E così accadde, con la finale annunciata fra Canada e Stati Uniti. Dopo 50 anni di attesa il Canada tornò a conquistare l'oro in una manifestazione olimpica. Non furono da meno gli statunitensi, che mancarono solo il risultato finale ma che inseguirono comunque una medaglia con grande abnegazione, riscattando anche il loro pessimo comportamento fuori dal campo a Nagano (dove danneggiarono i loro alloggi nel villaggio olimpico). Terza la Russia, che fu la sola formazione a conquistare una medaglia sia in Giappone sia negli Stati Uniti, ovvero nelle due Olimpiadi dei professionisti, mettendo in mostra talento puro.
La storia dei Campionati del Mondo inizia ufficialmente nel 1930, ma già nel 1920, 1924 e 1928, in concomitanza con i Giochi Olimpici, fu assegnato il titolo iridato. Nel 1929 a Budapest, nel suo congresso, la Lega internazionale hockey su ghiaccio decise di dare cadenza annuale alla manifestazione, al fine di non attendere le Olimpiadi per affrontare le nazioni del Nord America; questo permise anche al Giappone di partecipare per la prima volta a una manifestazione internazionale. Fino al 1968, comunque, le edizioni dei Giochi Olimpici assegnavano anche il titolo mondiale. Il titolo europeo nell'anno olimpico veniva invece assegnato alla squadra europea meglio classificata ai Giochi, almeno fino al 1990, quando il Campionato d'Europa fu abolito.
A parte il periodo fra il 1940 e il 1946, nel quale, a causa della seconda guerra mondiale, non fu organizzata alcuna competizione internazionale, i Mondiali non vennero disputati nel 1980, 1984 e 1988. In quasi tutte le edizioni di Mondiali e Olimpiadi tra il 1930 e il 1991 non era prevista alcuna finale per stabilire la squadra vincitrice: le medaglie, infatti, erano assegnate al termine di gironi all'italiana. Nel 2001 le tradizionali Pool A, B, C, D sono state sostituite rispettivamente da World Championship, World Championship Division I (Gruppo A e Gruppo B), World Championship Division II (Gruppo A e Gruppo B); nel 2003 è stata istituita la Division III.
Le competizioni internazionali inizialmente erano sempre riservate ai dilettanti, e di conseguenza i professionisti della NHL non vi erano ammessi: fino agli anni Sessanta il Canada era rappresentato dalla vincitrice della Allan Cup (migliore squadra amatoriale della nazione). Nel 1976, sebbene il CIO mantenesse ancora il divieto per i Giochi Olimpici, la IIHF cancellò la norma sul dilettantismo, permettendo a Canada e Stati Uniti il libero utilizzo dei loro giocatori ai Campionati del Mondo (il Canada rientrò ufficialmente soltanto nel 1977). I Campionati del Mondo si disputano durante i mesi primaverili e sono sempre in concomitanza con i play-offs della NHL; di conseguenza, le varie nazionali possono utilizzare solamente quei giocatori le cui squadre sono già state eliminate dalla corsa alla Stanley Cup. Alle Olimpiadi il CIO mantenne il divieto per i giocatori professionisti fino al 1988, anche se solamente nel 1998 i dirigenti della NHL decisero di interrompere la stagione per permettere ai vari giocatori di aggregarsi alle rispettive nazionali.
La prima edizione dei Campionati Europei venne organizzata dal 10 al 12 gennaio del 1910 in Svizzera, su un lago ghiacciato a Montreux. I canadesi dell'Università di Oxford parteciparono fuori competizione. Il Club di Parigi, invece, che l'anno precedente aveva rappresentato la Francia a Chamonix in un torneo identico ma non ufficiale, non partecipò.
Nel 1911 i giocatori della Boemia, per finanziare la propria partecipazione agli Europei, in parte pagarono il viaggio di tasca propria, ma soprattutto organizzarono una raccolta pubblica di fondi. Arrivati durante la notte a Berlino con un treno di terza classe, il pomeriggio dello stesso giorno furono abbastanza freschi da battere la Svizzera con il punteggio di 13 a 0 e di superare, la sera stessa, la Germania per poi vincere i Campionati. Al loro ritorno a Praga furono accolti alla stazione da centinaia di tifosi festanti.
Nel 1912 i Campionati Europei furono annullati. Alla data di svolgimento del torneo, infatti, la Federazione austriaca non risultava ancora iscritta alla Federazione internazionale. La Federazione austriaca, fondata il 14 gennaio del 1912, risultò ufficialmente ammessa solo dal 18 marzo. Di conseguenza, alla data dei Campionati, l'Austria non era ancora un paese ammesso a disputare la manifestazione.
Nel 1913, a Monaco di Baviera, per la prima volta i giocatori portarono un numero sulla maglia, per poter meglio essere identificati. Il Belgio si laureò campione d'Europa e fra i suoi giocatori c'era anche Henri Van den Bulcke, a quel tempo presidente in carica della Federazione internazionale di hockey su ghiaccio.
Dopo il suo buon debutto ai Giochi Olimpici di Anversa, nel 1921 la Svezia si vide accordare l'organizzazione dei Campionati. Ma a Stoccolma vi furono solamente due nazioni partecipanti: i padroni di casa e la Cecoslovacchia, erede della Boemia. L'unica gara si svolse in una patinoire all'aperto con 6000 spettatori. La vittoria della Svezia diede grande impulso al lancio del suo campionato nazionale.
Nel 1924 fu l'Italia a organizzare i Campionati, a Milano, nel Palazzo del Ghiaccio. Per la prima volta, grazie alla partecipazione dell'Italia e della Spagna, fu raggiunto il numero di sei nazioni partecipanti.
Inizialmente i Campionati del 1925 si sarebbero dovuti disputare a Praga, sulla patinoire dello Slavia. Ma la temperatura troppo elevata per gennaio rese impossibile la disputa delle gare. Allo stesso modo, la pista di riserva non era più ghiacciata. Si decise così di giocare su un piccolo lago di montagna sui monti Tatra, dove furono numerosi gli spettatori.
Nel 1932, a Berlino, furono disputati gli ultimi Campionati Europei della storia, prima che questi fossero definitivamente integrati nei Campionati del Mondo.
Storia relativamente breve e travagliata quella della Coppa Italia, che dal 2000 sembra finalmente aver trovato un posto fisso nel calendario degli appuntamenti della stagione dell'hockey su ghiaccio. Infatti, il trofeo in questione, che oltre alla possibilità di fregiarsi della coccarda tricolore sulle maglie da gioco offre l'automatica qualificazione per la Continental Cup nel caso sia possibile schierare due squadre per ogni nazione, ha avuto un inizio stentato e certamente non così prestigioso come merita.
La prima edizione (rimasta per sette anni l'unica) della Coppa Italia risale alla stagione 1991-92. Un esordio come appendice all'Alpenliga, che vede per protagoniste le formazioni italiane, due per girone, escluse dalla finale del torneo internazionale. Semifinali quasi a senso unico: l'Asiago è facile vincitore sul Fassa, travolto sia all'andata sul ghiaccio ladino (10-3) sia nel ritorno all'Odegar (11-1). Nell'altra semifinale, l'Alleghe piega il Varese in entrambi i confronti (7-3 e 5-1). Finale tutta veneta davvero intensa e con un'altalena di emozioni. Asiago, nel match d'andata, mette una seria ipoteca sulla Coppa, espugnando (3-6) l'Alvise De Toni. Nel ritorno l'Alleghe si aggiudica la sfida (4-6), ma è comunque l'Asiago, grazie alla differenza reti favorevole nel doppio confronto, ad alzare al cielo il trofeo, il primo della storia del club.
Poi più nulla fino alla stagione 1997-98, quando la Coppa Italia fa nuovamente la propria comparsa, proprio in concomitanza con la pausa per i Giochi Olimpici di Nagano. Formula nuova e numero delle partecipanti triplicato (12), con le uniche defezioni, rispetto al Campionato, di Vipiteno e Renon. La fase eliminatoria (dal 5 al 14 febbraio 1998) si conclude con la seguente classifica: Cortina punti 12, Brunico 10, Fassa e Courmaosta 9, Asiago 7, Bolzano, Feltre e Varese 4, Merano, Gardena e Laces 3, Alleghe 0. Alla Final Four di Courmayeur (21 e 22 febbraio 1998) accedono le prime quattro. Nelle semifinali, il Fassa piega agevolmente il Brunico (5-1), mentre i padroni di casa s'impongono a fatica sul Cortina (4-3). Nella finale il Courmaosta supera nettamente il favorito Fassa (4-0), succedendo all'Asiago nell'albo d'oro.
La competizione si ferma ancora, fino al dicembre 2000, quando ha inizio il nuovo corso della Coppa Italia. Alla Final Four di Asiago (7, 8 e 9 dicembre 2000) accedono le prime tre formazioni classificate al termine della prima fase, in quanto il Vipiteno giunto al 4° posto rifiuta di prendere parte alla competizione, sostituito dal Merano (5° posto), senza dubbio campione di sportività. Nella prima semifinale, il Milano ha ragione (7-4) del Bolzano; mentre nell'altra, nonostante un dominio dell'Asiago lungo 60 minuti, Ake Lillebjörn tra i pali riesce a portare il Merano sino ai rigori, decisi poi da Deraspe (3-2 per l'Asiago). Nella finalissima, giocata davanti a 2500 spettatori, il Milano vola sul 2-0 (Torkki e Matteo Molteni) a inizio secondo tempo; poi, nel terzo, la rimonta dell'Asiago (2-2, firmato da Cibien e Topatigh). Ai rigori decidono le parate di Gravel e il gol di Alex Galtcheniouk (3-2), che regalano ai giallorossi di Asiago la seconda Coppa Italia della loro storia.
Un anno dopo è ancora l'Odegar di Asiago teatro della Final Four (7-8 dicembre 2001), alla quale partecipano ancora le prime quattro squadre classificate al termine del primo girone di andata e ritorno: Asiago, Bolzano, Fassa e la rivelazione Renon. Nella prima semifinale il Renon non finisce di stupire, mettendo sotto il Fassa (7-3); mentre in serata l'Asiago fatica meno del previsto per sconfiggere il Bolzano (5-1) e volare in finale. Finale che dura un tempo. Una volta scardinata la difesa altoatesina, infatti, i giallorossi chiudono rapidamente i conti (6-2, tripletta di Gendron), confermandosi sul trono della Coppa Italia, la terza.
L'edizione 2002 vede un cambiamento nella formula: finale unica (18 gennaio 2003), nel mezzo delle Universiadi di Tarvisio, tra le prime due classificate (Asiago e Milano) al termine del primo girone di andata e ritorno. Si gioca in casa della prima classificata, l'Asiago. Finale intensa ed emozionante, con un'altalena nel punteggio. Con un secondo tempo quasi perfetto l'Asiago conduce per 4-2. Sembra tutto deciso, ma Milano agguanta il pareggio, imponendosi poi ai rigori (decisivo Lefebvre) per 5-4 e conquistando così la sua prima Coppa Italia.
Nel 2003 ritorno alla formula delle Final Four: a Bolzano si affrontano, nelle due semifinali, da una parte Milano e Asiago, che vede il facile successo dei milanesi (6-3), dall'altra i padroni di casa del Bolzano che superano il Fassa (4-3). La finale, che vede favorito il Milano, si risolve invece a favore del Bolzano (4-2).
Con la costruzione, nel 1923, del Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi a Milano ebbe in pratica inizio la storia dei Campionati italiani di hockey su ghiaccio. Dalla stagione 1924-25 alla 1926-27 il primo e unico trionfatore è l'HC Milano, mentre nelle due stagioni successive il torneo non viene disputato; nella stagione 1929-30 il Milano si riprende lo scettro di campione d'Italia. In questa stagione le formazioni iscritte sono sette: Milano I, Milano II, Valentino Torino, Gardena, Cortina, Renon e Varese. Le finali vengono disputate a Cortina il 25 e 26 gennaio 1930, con questi risultati: Cortina - Milano II 2-0, Milano I - Cortina 3-0. Nel 1930-31 le squadre partecipanti si riducono a quattro. Milano I, Milano II, Cortina e Gardena. Le finali vengono giocate a Milano dal 6 al 9 febbraio 1931. Questi i risultati che permettono a Milano I di conquistare il tricolore: Milano I - Cortina 6-1, Milano I - Gardena 3-1.
Nel 1931-32 le squadre iscritte sono sette: Milano, Cortina I, Cortina II, Valentino Torino, Gardena, Excelsior Milano, Ambrosiano Milano. La finale del campionato viene disputata a Cortina il 7 febbraio 1932: Cortina - Milano 2-1. Nella stagione 1932-33 si presenta ai nastri di partenza lo stesso numero di formazioni del campionato precedente: Milano I, Milano II, Cortina, Renon, Gardena, Excelsior Milano, Valentino Torino. Le finali sono disputate a Milano con i seguenti risultati: Milano I - Cortina 3-0, Cortina - Milano I 0-4. Nel 1933-34 il campionato conta cinque formazioni iscritte. Nella classifica finale Milano I precede Cortina. Nel 1934-35 il torneo è dominato dalle squadre milanesi, sia come numero di club partecipanti, sia nella classifica finale che vede al primo posto i Diavoli Rosso-Neri I, seguiti da Milano I, Milano II e Diavoli Rosso-Neri II.
In questi anni, con il rafforzamento del regime fascista e a seguito delle sanzioni applicate dalla Società delle Nazioni all'Italia per aver invaso l'Etiopia, viene adottata una politica autarchica. A livello linguistico si procede all'italianizzazione di tutte le parole straniere e quindi, per esempio, le squadre milanesi trasformano la loro denominazione Hockey Club in Associazione disco su ghiaccio o Associazione milanese disco su ghiaccio, mentre il Cortina cambia da Hockey Club a Sportivi Ghiaccio. Con la fine della seconda guerra mondiale alcune società torneranno alla denominazione originale.
La finale del Campionato 1935-36 viene disputata a Milano il 17 marzo 1936: Diavoli Rosso-Neri Milano - Milano 1-0. Nel 1936-37 Milano vince lo scudetto per forfait dei Diavoli Rosso-Neri Milano. Nel 1937-38 la formula del campionato prevede un girone finale disputato a Milano con i seguenti risultati: Milano II - GUF Milanese Milano 3-1, Cortina - Gardena 4-0, Milano I - Nord Torino 6-0, Milano I - Milano II 5-3. A seguito di tali punteggi Milano I vince il tricolore. Nelle stagioni 1938-39 e 1939-40 il campionato non viene disputato a causa della guerra.
Nel 1940-41 il format del torneo prevede un girone finale, giocato il 20 marzo 1941, nel quale la vincente affronta Milano, già qualificato. Questi i risultati: Milano II - Milano III 5-1, Milano II - Juventus Torino 6-2. La finalissima è giocata il 26 marzo 1941: Milano I - Milano II 20-0, Milano I campione. Nelle successive cinque stagioni (dal 1941-42 al 1945-46) il campionato non viene disputato, neppure con formule ridotte, ancora per gli eventi legati alla guerra. Nel 1946-47 Milano si afferma davanti ai Diavoli Rosso-Neri, Cortina e Auronzo Misurina. Le cinque stagioni successive sono tutte dominate della città di Milano, che peraltro alterna al vertice del campionato club diversi: nel 1947-48 Milano, nel 1948-49 i Diavoli Rosso-Neri, nel 1949-50 ancora Milano, nel 1950-51 e nel 1951-52 Milano Inter.
Nel 1952-53 la formula del campionato prevede due gironi preliminari da tre squadre ciascuno, con partite di andata e ritorno, nei quali solo la prima si qualifica al girone finale cui sono già ammesse le due squadre milanesi, i Diavoli Rosso-Neri e il Milano Inter. Nel girone A Cortina e Ortisei terminano a pari merito con 6 punti, ma la differenza reti qualifica i cortinesi. Il girone B vede imporsi l'Auronzo che ha la meglio con 6 punti su Alleghe (4) e Asiago (2). La disputa del girone finale prevede solo scontri diretti e vede imporsi i forti Diavoli Rosso-Neri Milano, che con tre vittorie su tre vincono il campionato lasciandosi alle spalle il Milano Inter (4 punti), Cortina (2 punti) e Auronzo (0 punti).
La novità del Campionato della stagione 1953-54 è il girone unico con scontri diretti e la partecipazione di otto squadre (Alleghe, Asiago, Auronzo, Bolzano, Cortina, Diavoli Rosso-Neri Milano, Ortisei e Milano Inter). A Bolzano, il 7 novembre 1953, viene inaugurato il Palazzo del Ghiaccio, che sarà terreno di gioco per quarant'anni. La partita di esordio degli atleti locali contro i vice-campioni d'Italia del Milano Inter termina 5-8. Il campionato è dominato dal Milano Inter che vince a punteggio pieno, sbaragliando la concorrenza. Ottima la stagione del Bolzano che termina al secondo posto a 4 punti dalla capolista, insieme ai Diavoli Rosso-Neri Milano. Completano la classifica Cortina, Auronzo, Ortisei, Alleghe e Asiago.
Nel 1954-55 si ritorna alla formula del doppio girone di qualificazione con partite di andata e ritorno e girone finale per la conquista dello scudetto. Partecipano alle qualificazioni tutte le squadre iscritte. Il Girone A vede la qualificazione di Bolzano (11 punti) e Cortina (9 punti), a scapito di Torino (4 punti) e Ortisei (0 punti). Nel Girone B il Milano Inter vince tutti e sei gli incontri previsti e si qualifica insieme all'Auronzo (8 punti) alla fase successiva. Chiudono la classifica Alleghe (4 punti) e Diavoli Rosso-Neri Milano (0 punti), vera delusione del torneo. La superiorità del Milano Inter è ribadita anche nel girone finale: infatti la squadra milanese si riconferma campione d'Italia, chiudendo a punteggio pieno, Bolzano seconda con 4 punti, Cortina e Auronzo conquistano 1 punto. Nella stagione successiva il campionato non viene disputato per la concomitanza con i VII Giochi Olimpici Invernali.
Nel 1956-57 la formula è a girone unico con partite di andata e ritorno: si impone il Cortina, che perde solo una partita e chiude a 18 punti. A tre lunghezze il Milano Inter, poi Auronzo (10 punti), Torino (9 punti), Bolzano (8 punti); chiude la classifica Ortisei con 0 punti. La stagione 1957-58 vede il dominio incontrastato del Milano Inter, che chiude a punteggio pieno il campionato a girone unico con partite di andata e ritorno. Seconda Cortina (15 punti), seguono Bolzano (12 punti) e Scoiattoli Bolzano (8 punti), vera sorpresa del torneo. A fine classifica Auronzo (5 punti) e Ortisei, che per la seconda stagione consecutiva chiude a 0 punti.
Nel 1958-59 il campionato è rivoluzionato. I campioni in carica del Milano Inter spariscono dallo scenario a causa della fusione con i Diavoli Rosso-Neri Milano, dando vita a una nuova società: i Diavoli Milano. Solo quattro le squadre iscritte. Cortina, quasi imbattibile, chiude la stagione con 22 punti su 24 a disposizione. Poi a grande distanza i Diavoli Milano (14 punti), Bolzano (11 punti) e Auronzo (1 punto). La stagione 1959-60 vede ai nastri di partenza le stesse squadre dell'anno precedente con partite di doppia andata e doppio ritorno. A parte l'Auronzo che chiude la classifica a 0 punti, il titolo di campione d'Italia è conteso fino alla fine tra Cortina (15 punti), Bolzano (punti 16) e Diavoli Milano che si aggiudicano il tricolore con 17 punti.
Nella stagione 1960-61 a sostituire l'Auronzo, che rinuncia alla partecipazione, c'è l'Ortisei. Il campionato è giocato con la formula di andata e ritorno tra le quattro contendenti. Cortina e Diavoli Milano terminano il campionato a pari merito (10 punti). Seguono in classifica il Bolzano (4 punti) e Ortisei (0 punti). La finale viene disputata il 18 marzo 1961 a Bolzano, diretta dagli arbitri Breitenstein e Olivieri vedrà gli Scoiattoli vincere 4-0 sui Diavoli milanesi. La classifica dei marcatori è vinta da Ivo Ghezze (Cortina) e Giampiero Branduardi (Diavoli Milano) con 7 reti.
Nel 1961-62 si ritorna al campionato con doppia andata e doppio ritorno. Ancora una volta i veneti del Cortina la fanno da padroni, perdendo solo 3 punti sui 24 disponibili, al secondo posto si classificano i Diavoli Milano (14 punti), al terzo il Bolzano (12 punti) e ultimo l'Ortisei con un solo punto e nessuna partita vinta. La partita con il maggior numero di reti è Cortina - Bolzano 9-4 giocata l'11 febbraio 1961, arbitri Demetz e Luthi. In testa alla classifica marcatori c'è Gianfranco Da Rin (Cortina) con 15 reti.
Nel 1962-63 si afferma Bolzano; il primo scudetto per la formazione del capoluogo altoatesino è conquistato in un campionato allargato a 5 squadre con partite di andata e ritorno. Bolzano (13 punti) vince dopo aver lottato fino alla fine contro Cortina (12 punti), riportando l'unica sconfitta della stagione proprio contro gli ampezzani, in casa (2-3). Al terzo posto i Diavoli Milano (10 punti). Più staccati Ortisei (5 punti) e SSV Bolzano (0 punti), al loro esordio. La classifica marcatori vede imporsi Bryan Whittal (Diavoli Milano) con 30 reti.
Nel 1963-64 lo scudetto torna in Veneto, al Cortina, che l'anno precedente se l'era visto sfuggire di un soffio. Il torneo viene ulteriormente allargato a 6 formazioni. Il Torino è ammesso dalla Commissione tecnica dopo la rinuncia dell'Alleghe, vincitore del campionato di promozione. Il regolamento prevede un girone eliminatorio e un girone finale, entrambi con partite di andata e ritorno. Alla seconda parte del campionato accedono solo le prime tre classificate, mantenendo i punti acquisiti. In questa stagione Cortina (27 punti complessivi) gioca il miglior campionato della sua storia, perdendo solo un punto. Al secondo posto il Bolzano (16 punti), terzo l'Ortisei (15 punti), che riscatta in parte le stagioni deludenti degli anni passati. Non si qualificano alla fase finale i Diavoli Milano, quarti, che disputano una stagione sottotono, il SSV Bolzano e il Torino, che torna in serie A dopo 7 anni. La classifica cannonieri è vinta da Ivo Ghezze (Cortina) con 14 reti.
La stagione 1964-65, inizialmente ideata con una formula a sette squadre, vede all'ultimo momento la rinuncia del Torino per motivi finanziari e per il ritiro di alcuni giocatori; la formula del torneo dunque torna identica a quella dell'anno precedente. I campioni d'Italia in carica si riconfermano tali, dominando ancora una volta a spese di Bolzano, secondo, e Ortisei, terzo. Non qualificati i Diavoli Milano che sembra abbiano iniziato la loro parabola discendente, SSV Bolzano e Alleghe. Da segnalare che la partita Cortina - Alleghe viene data vinta (5-0) alla squadra agordina per irregolarità riscontrate nello svolgimento dell'incontro, mentre due partite (Cortina - Bolzano e Alleghe - Cortina) vengono vinte a tavolino (5-0) dagli ampezzani per ritiro da parte degli avversari. Inoltre, lo stadio del Bolzano è squalificato per un mese a causa del comportamento scorretto del pubblico. La classifica marcatori è vinta da Alfredo Coletti (Bolzano) con 18 reti.
Nel 1965-66 il campionato inizia con due novità: l'Ortisei cambia denominazione in Gardena e l'SSV Bolzano viene assorbito dal Bolzano. Cortina, la formazione più forte del momento, vince ancora il tricolore con 18 punti, lasciandosi alle spalle Gardena e Diavoli Milano. Non qualificati alla fase finale Bolzano e Alleghe. In cima alla classifica marcatori c'è Bryan Whittal (Diavoli Milano, 16 reti).
Nel 1966-67, dopo cinque anni, si ritorna a un campionato ridimensionato, che vede la partecipazione di sole quattro squadre per la rinuncia dell'Alleghe. Cambia anche la formula che prevede un girone con doppia andata e ritorno. Il torneo è vinto dal Cortina (18 punti), seguito da Gardena e Bolzano (11 punti) e Diavoli Milano (6 punti), che disputano la peggiore stagione della loro storia. La partita con maggior numero di reti è Diavoli Milano - Gardena 3-12 del 23 febbraio 1967, arbitrata da Gasser e Stenico. L'incontro Cortina - Diavoli Milano in calendario il 18 febbraio 1967 a Cortina d'Ampezzo non ha avuto luogo per l'impraticabilità del campo di gioco. Le due società non hanno trovato l'accordo per la disputa del recupero. La classifica marcatori è vinta da Jean-Marc Asselin (Gardena) con 19 reti.
Nel 1967-68 il campionato è allargato a cinque squadre per il ritorno in massima serie del Torino, vincitore della serie B nella stagione precedente. Il Gardena disputa un girone eliminatorio e acquisisce il diritto, in un primo momento, di partecipare a quello finale; ma a seguito dei provvedimenti inflitti dalla Commissione federale di disciplina, per le ripetute assenze in campo della squadra nelle date già stabilite per la disputa degli incontri, è escluso dalla classifica per l'annullamento di tutte le partite disputate. La stagione vede il testa a testa tra Cortina (14 punti) e i Diavoli Milano (12 punti). Molto più staccati Bolzano (4 punti) e Torino (0 punti). La finale è giocata al meglio delle tre gare con i seguenti risultati: Cortina - Diavoli Milano 1-2, Diavoli Milano - Cortina 0-3, Cortina - Diavoli Milano 7-5. Pat Adair (Diavoli Milano) si aggiudica la classifica marcatori con 15 reti.
Nel 1968-69 sono quattro le iscritte al campionato. Si registrano le defezioni di Torino e Brunico. Quest'ultima formazione, dopo aver vinto il campionato di serie B nella stagione precedente, preferisce rimanere nella serie cadetta. Rientra il Gardena (19 punti), dopo la squalifica del campionato passato, e conquista per la prima volta il tricolore, conteso fino all'ultima giornata al Cortina (18 punti). Chiudono la classifica i Diavoli Milano (8 punti) e Bolzano (3 punti). La classifica dei cannonieri viene vinta da Ruggero Savaris (Cortina) con 21 reti.
Nel 1969-70 il Cortina (18 punti) torna a dettare legge e ancora una volta si aggiudica il campionato perdendo solo una gara e vincendo le rimanenti. Al secondo posto i campioni in carica del Gardena (9 punti), seguiti dai Diavoli Milano (5 punti) e Bolzano (4 punti).
Nel 1970-71 Alleghe (vincitore del campionato di Serie B 1969-70), Asiago e Auronzo accettano di partecipare alla serie A, ma i Diavoli Milano, invece, cessano l'attività: dal momento della fusione tra la Federazione italiana di pattinaggio su ghiaccio e la Federazione italiana hockey su ghiaccio (settembre 1926) è la prima volta che una squadra milanese non partecipa a un campionato. Lo strapotere del Cortina (20 punti) non sembra aver termine e con una stagione straordinaria la squadra eguaglia il record del Milano Inter della stagione 1957-58, vincendo tutti gli scontri in un torneo allargato a sei squadre con gare di andata e ritorno. Al secondo posto il Gardena (14 punti) seguito da Alleghe (11 punti), Bolzano (8 punti), Auronzo (4 punti) e Asiago (3 punti). Il capocannoniere del torneo è Jerry Lacasse (Auronzo) con 23 reti su 38 complessive segnate dalla sua squadra.
Nel 1971-72 viene introdotta una nuova formula per il campionato. Si parte con un girone unico formato da otto squadre che serve a determinare la composizione dei due gironi successivi, uno di consolazione (lo disputano le ultime quattro della prima fase) e uno per la conquista dello scudetto; tutte le squadre partono nella seconda fase con i punti acquisiti nella prima. Al girone di consolazione partecipano squadre che da poco hanno esordito o sono tornate in serie A, con la vittoria finale del Merano (25 punti). Al secondo posto l'Alleghe (16 punti), poi Asiago (9 punti) e Auronzo (5 punti). Il girone per l'assegnazione del tricolore è vinto ancora una volta da Cortina (35 punti), seguita dai Diavoli Milano (26 punti), Bolzano (25 punti) e Gardena (19 punti).
Nel 1972-73 si attua la stessa formula del campionato precedente, ma con una squadra in più: il Brunico. Il girone di consolazione viene vinto dal Gardena con 28 punti, seguito dall'Alleghe con 27. Più distaccati il Brunico (17 punti), Asiago (11 punti) e Auronzo (2 punti). Il girone finale vede il testa a testa tra Bolzano e Cortina che concludono entrambi a 39 punti, seguiti da Merano (23 punti) e Diavoli Milano (22 punti). Per determinare i nuovi campioni d'Italia è necessario uno spareggio, nel quale gli altoatesini s'impongono sugli ampezzani per 5-4 e conquistano il loro secondo tricolore.
L'edizione 1973-74 è caratterizzata dalla partecipazione di 10 squadre: nel dopoguerra per l'hockey su ghiaccio nazionale è un record. Previo girone di qualificazione, la formula prevede che saranno solo quattro le formazioni ad accedere al girone di consolazione, mentre le altre si contenderanno lo scudetto. Il girone per i piazzamenti dal sesto al decimo posto vede la vittoria del Brunico (17 punti), secondo Asiago (16 punti), terzo Latemar (13 punti) e in coda Auronzo con 5 punti. Il girone finale viene vinto dal Cortina con 52 punti, che stacca i campioni d'Italia in carica del Bolzano (43 punti), Alleghe (38 punti), Gardena (35 punti), Merano (25 punti) e Diavoli Milano (20 punti).
Nel 1974-75 stessa formula della stagione precedente e stessa formazione vincitrice. Il girone di qualificazione viene vinto dal Gardena, seguito da Bolzano e Cortina. Queste sono le tre formazioni che sembrano in grado di lottare per la vittoria finale. Ma nel girone finale i veneti ribalteranno la situazione conquistando il tricolore con 47 punti, al secondo posto Bolzano (46 punti), terzo Gardena (43 punti), poi Alleghe (32 punti), Merano (23 punti) e infine Asiago, con 15 punti, che per la prima volta partecipa al girone delle finaliste, mentre quello di consolazione viene vinto dal Brunico (18 punti), secondo Auronzo (17 punti), terzi i Diavoli Milano (14 punti). Il capocannoniere del torneo è Paul Giandomenico con 40 reti.
Nel 1975-76 il torneo vede il debutto del Renon e la scomparsa dal massimo campionato dei Diavoli Milano e del Latemar. Dopo il girone di qualificazione, il campionato viene spezzato in due. Il girone di consolazione viene vinto dal Renon (16 punti), che così, da debuttante, si rivela anche la sorpresa della stagione. Secondo Asiago (11 punti), terzo Merano (10 punti), quarto Brunico (8 punti) e ultimo Auronzo (6 punti). Il girone finale viene vinto dal Gardena (43 punti) che, a differenza della stagione precedente, riconferma la posizione ottenuta nel girone di qualificazione. Secondo il Bolzano (41 punti), terzo Cortina (35 punti) e quarto Alleghe (30 punti).
Il campionato della stagione 1976-77 vede diminuire le partecipanti, che passano da 9 a 7. Mancano a questa edizione Asiago, Merano e Auronzo. Per la prima volta accede alla massima serie la formazione del Valpellice. Il girone di qualificazione viene vinto dal Bolzano con 42 punti, seguito dai campioni in carica del Gardena (39 punti), Alleghe (33 punti), Cortina (22 punti), Renon (19 punti), Brunico (11 punti) e Valpellice (2 punti). Il girone finale vede accedere le stesse formazioni dell'anno precedente, ma il vincitore questa volta è il Bolzano (47 punti), che si impone dopo 27 turni sul Gardena (44 punti), Alleghe (35 punti) e Cortina (22 punti).
Nel torneo della stagione 1977-78 ci sono due novità: il ritorno nella massima serie di Asiago e, dopo due stagioni, di una formazione milanese (Diavoli HC Milano). La formula per l'assegnazione dello scudetto prevede nella prima fase un girone all'italiana con 2 andate e 2 ritorni e successivamente il girone finale e quello di consolazione. Al termine del campionato, il Bolzano (54 punti) si riconferma campione d'Italia, surclassando Cortina (47 punti), Gardena (44 punti), Renon (40 punti), Alleghe (31 punti), Diavoli HC Milano (30 punti), Asiago (21 punti), Valpellice (15 punti) e Brunico (6 punti).
Nel 1978-79 stessa formula dell'anno precedente e stesso vincitore. Dopo due stagioni torna il Merano che disputa un buon campionato. Dopo una discreta lotta per la conquista del titolo si impone Bolzano (58 punti) su Gardena (55 punti); molto distaccati Merano (40 punti), Cortina (37 punti), Brunico (28 punti), Asiago (24 punti), Diavoli HC Milano (21 punti), Alleghe (20 punti) e Valpellice (5 punti).
Dopo due stagioni i Diavoli Milano cessano l'attività e il campionato 1979-80, com'era già successo in precedenza, parte senza una squadra milanese; per il resto le partecipanti sono le stesse della stagione precedente, non essendoci state nuove promozioni o retrocessioni. Il girone di qualificazione viene vinto dai campioni d'Italia in carica del Bolzano con 44 punti, al secondo posto si piazza il Gardena (42 punti), al terzo Merano (34 punti), quarto Cortina (32 punti). Queste squadre accedono al girone finale. Chiudono la classifica Asiago (28 punti), Brunico (26 punti), Alleghe (16 punti) e infine Valpellice con 5 punti. Nella seconda fase i pronostici vengono ribaltati. Nella lotta tra Bolzano e Gardena si inserisce Merano e rende il confronto per la vittoria finale incerto fino alla fine. Dopo un girone di andata e ritorno prevale il Gardena con 11 punti, seguito dal Merano (10 punti), Bolzano (9 punti) e Cortina (4 punti).
Nella stagione 1980-81 la formula del campionato prevede la disputa di un unico girone con un solo turno di andata e ritorno. Il numero delle partecipanti rimane invariato. Il torneo, ancora una volta, è incerto fino al termine. Le squadre che se lo contendono sono Gardena (50 punti) e Bolzano (49 punti), le quali distaccano tutte le altre: il Brunico, terzo (32 punti), che pure disputa un'ottima stagione, il Cortina (quarto con 27 punti), il Merano (quinto con 24 punti); sesto Alleghe (21 punti), settimo Asiago (17 punti) e ottavo Valpellice (4 punti).
Nel 1981-82, dopo solo una stagione, si torna alla formula del girone di qualificazione e girone finale. La novità è la partecipazione al campionato di una nuova formazione: il Varese. La prima fase è vinta e dominata dal Bolzano con 60 punti, al secondo posto si piazza a sorpresa il Brunico (41 punti), terzo Asiago (40 punti), quarti, a pari merito, i campioni in carica del Gardena (36 punti) e il Merano, ma i gardenesi accederanno al girone finale. Poi Cortina (27 punti), Alleghe (24 punti), Valpellice (18 punti) e Varese (6 punti). Nella seconda fase, il Brunico (12 punti) impegnerà seriamente il Bolzano, che però alla fine con 14 punti conquisterà il suo sesto tricolore. Chiudono il girone finale Asiago (6 punti) e Gardena (4 punti).
Nel 1982-83 stessa formula e stesse squadre della stagione precedente, con l'unica differenza che per il girone finale si qualificano sei squadre e non quattro, mantenendo i punti conquistati negli scontri diretti. Il girone di qualificazione vede primeggiare il Bolzano con 53 punti, seguito dal Brunico (49 punti), Asiago (41 punti), Gardena (36 punti), Merano (35 punti), Cortina (31 punti), Alleghe (27 punti), Valpellice (10 punti) e Varese (6 punti). Il girone finale viene letteralmente dominato dai campioni d'Italia in carica del Bolzano (46 punti) che non perdono neanche un punto e conquistano per il secondo anno consecutivo il tricolore. Al secondo posto si piazza il Gardena (34 punti), poi Asiago (29 punti), Brunico (27 punti), Merano (25 punti) e Cortina (19 punti).
Il debutto dei play-offs (otto squadre, con serie al meglio dei tre incontri) risale alla stagione 1983-84, quando il Bolzano, campione in carica, si gioca lo scudetto nel derby con il Merano, costretto alla resa in due sole partite. L'anno seguente si impone ancora Bolzano (nei quarti alla 'bella' supera l'Asiago), ma questa volta a contendergli lo scettro arriva l'Alleghe, alla sua prima, storica finale, che riesce a portarlo sino alla decisiva gara 3, finendo poi travolto per 14-3. L'epilogo della stagione 1985-86 vede approdare alla finale tricolore, dopo aver estromesso il Varese, l'Asiago, che incrocia le stecche con il Merano, capace di spuntarla al termine di gara 3. Lo scudetto continua a cambiare padrone nelle edizioni successive (intanto semifinali e finali passano al meglio dei 5 incontri), spostandosi per quattro anni tra Varese e Bolzano. I lombardi conquistano il loro primo titolo nella stagione 1986-87 (3-0 al Bolzano), centrando il bis due anni più tardi contro il Fassa (3-0), alla prima e ancora unica finale della sua storia. Bolzano, invece, festeggia nel 1987-88 lo scudetto della 'stella' (il 10°) ancora contro il Merano, travolto 3-0; nel 1989-90, invece, è l'Asiago di Cliff Ronning a cedere agli altoatesini al termine di una serie stupenda e di un'interminabile gara 3, giocata nello storico Palafiera e decisa, dopo 13 tiri di rigore per parte, dal penalty di Bruno Zarrillo.
Gli anni Novanta, contraddistinti in gran parte dal dualismo tra Milano (Saima e Devils) e Bolzano, iniziano con un'edizione, quella del 1990-91, unica nel suo genere: nessuno scontro a eliminazione diretta, ma un girone all'italiana per assegnare lo scudetto. A contenderselo Milano e Bolzano, con i lombardi che, davanti all'immenso spettacolo del Forum (11.000 spettatori), respingono l'assalto degli altoatesini (3-3), riportando il tricolore a Milano. È la fine dell'era Bolzano e l'inizio di quella milanese, con i Devils dei record, che, dopo aver sofferto in semifinale (3-2 all'Asiago), strappano lo scudetto ai rivali cittadini nella storica finale-derby (3-1), con gara 4 giocata a porte chiuse e decisa da un rigore di Santino Pellegrino. La squadra rossonera cambia campioni e denominazione nei due anni successivi, ma i risultati rimangono invariati e così arrivano gli scudetti targati Lion e Milan, entrambi a spese del Bolzano, che, però, cede in entrambi i casi solo alla quinta e decisiva sfida. Il 1994-95 sancisce il ritorno del Bolzano, che si riprende lo scettro tricolore superando il Varese al termine di un'emozionante serie (3-2). Il biennio successivo è, invece, caratterizzato da scudetti ottenuti dal Bolzano ai danni del Milano 24. Nel 1997-98 Milano non c'è più e così a scuotere i play-offs arriva il ciclone Vipiteno, generatosi dopo aver vinto lo spareggio per l'ammissione, che, tra lo stupore generale, spazza via Asiago e Fassa, prima di infrangersi contro la solidità e l'esperienza del Bolzano (4-0). Il titolo rimane in Alto Adige anche l'anno seguente, ma si sposta in riva al Passirio, con il Merano di Miroslav Fryãer capace di conquistare lo scudetto togliendolo agli eterni rivali del Bolzano al termine di una serie finale (3-0) non priva di polemiche.
Il Campionato 1999-2000, il più 'italiano' degli ultimi anni (un solo straniero), è quello dell'Asiago dei record (su tutti quello delle 40 vittorie consecutive), che tuttavia cade proprio sulla linea del traguardo. Il Bolzano (3-1) conquista il 16° scudetto della sua storia dopo essere tornato dall'inferno nella semifinale contro l'Alleghe, ribaltando, unica volta nella storia dei play-offs, uno 0-2 nella serie. La rivincita dell'Asiago si consuma comunque un anno più tardi, quando, dopo un'altra stagione vissuta al comando, conquista il primo scudetto battendo il Milano (3-1). Milano che, a sua volta, trova la sua vendetta sportiva l'anno seguente: deludente in regular season (6° posto), la squadra del coach Adolf Insam si trasforma nei play-offs, eliminando Vipiteno nei quarti, Asiago in semifinale e travolgendo (4-0) l'Alleghe nella finale, che ora si disputa al meglio delle sette partite. Nelle ultime due stagioni il duello è sempre lo stesso: Milano - Asiago. Nel 2002-03 il fattore campo salta sistematicamente nelle prime quattro sfide, poi Milano rompe questa tendenza, aggiudicandosi gara 5. Gara 6 vede l'Asiago portarsi sul 2-0, ma Milano non cede e giunge al pareggio. Overtime senza gol, ancora una volta i rigori a decidere. Milano è glaciale e con Thomas Sjögren firma il suo secondo scudetto consecutivo. Nel 2003-04 Milano espugna l'Odegar in gara 1, ma l'Asiago ribalta l'inerzia della serie aggiudicandosi gara 2 (ai rigori) e gara 3. In gara 4 Milano torna a crederci, superando ai rigori un Asiago troppo rinunciatario. Gara 5 per un tempo e mezzo è di marca asiaghese, poi un errore di François Gravel e una prodezza di Sjögren firmano il doppio sorpasso dei Vipers. Gara 6 rimarrà per sempre nella storia di questa interminabile sfida. Asiago si illude per un tempo (0-2), poi la furia e la ferocia agonistica del Milano spazzano via le speranze altopianesi e regalano al popolo rosso-blu il terzo scudetto consecutivo.
Fra i protagonisti più significativi dell'hockey su ghiaccio meritano di essere ricordati: Gordie Howe, Giancarlo Agazzi, Gianfranco Da Rin, Ernesto Crotti, Phil Esposito, Vladislav Tret´jak, Vjaãeslav Fetisov, Wayne Gretzky, Mario Lemieux.
Gordie Howe (nato a Floral, Saskatchewan, il 31 marzo 1928) è conosciuto semplicemente come 'Mr. Hockey'. Era da poco terminata la seconda guerra mondiale quando fece il suo ingresso per la prima volta in NHL, nella stagione in cui Wayne Gretzky giocava per l'ultima volta nella Lega maggiore. Howe è stato dominante fra i marcatori, nelle battaglie in balaustra, nelle reti che hanno deciso una partita. Nessun giocatore è riuscito ad avvicinarsi al livello di eccellenza di Howe, nonostante ci siano stati in circolazione realizzatori migliori, migliori pattinatori e giocatori più duri. Incredibilmente, Howe terminò fra i migliori cinque una striscia di 20 stagioni NHL consecutive. Per durare così a lungo, Howe ha avuto bisogno di grandi qualità, sia fisiche sia mentali; fu selezionato 21 volte nei migliori teams della Lega, 12 delle quali nel miglior sestetto NHL. Sei volte ha guidato la classifica dei realizzatori e sei volte ha vinto il premio di miglior giocatore della Lega. Con Detroit, la sua squadra, ha conquistato quattro volte la Stanley Cup. Per molte generazioni Gordie Howe non è stato solo Mr. Hockey, bensì l'hockey stesso.
Giancarlo Agazzi (nato a Milano il 18 luglio 1933) è stato uno dei più grandi giocatori italiani, capace di promuovere l'hockey su ghiaccio, soprattutto fra i giovani, sia sul campo sia dietro una scrivania. Tra il 1951 e il 1960 ha vinto sei titoli italiani, tutti con la formazione di Milano sotto diverse denominazioni. Nel mezzo, una parentesi da giocatore a Torino. Ha vinto inoltre due volte consecutivamente la Coppa Spengler, nel 1953 e nel 1954, un'impresa storica in uno dei tornei internazionali a livello di club più importanti al mondo. Con la nazionale, di cui è stato anche capitano, fece il suo esordio contro la Francia il 14 febbraio del 1950 e disputò 120 incontri, fra i quali quelli per le Olimpiadi di Cortina 1956, realizzando in totale 54 reti. Conclusa la carriera agonistica a soli 31 anni, è rimasto nell'ambiente hockeistico in qualità di allenatore, dirigente e membro del Comitato regionale lombardo della FISG. A lui è dedicato ogni anno il Memorial Giancarlo Agazzi, torneo riservato alle categorie giovanili.
Gianfranco Da Rin (nato a Cortina d'Ampezzo il 15 giugno 1935) è l'atleta italiano che maggiormente ha segnato l'hockey su ghiaccio del dopoguerra, risultando uno dei migliori di sempre e sicuramente il giocatore che può vantare più successi. Inizia l'attività nel 1947 con la Sportivi Ghiaccio Cortina, squadra con cui vincerà ben 14 titoli italiani. La prima chiamata in nazionale arriva nel 1952 per Italia-Svizzera. Fino al 1959 gioca da attaccante (ala destra) poi, su consiglio del suo allenatore Billy Cupolo, gioca fino al termine della carriera come difensore per sfruttare le sue doti di regista del gioco e il suo fisico possente. Con la formazione di Cortina scende sul ghiaccio in oltre 1000 incontri di Campionato e, oltre ai titoli di campione d'Italia, conquista due Coppe delle Alpi (1961 e 1970), una finale di Coppa dei campioni (1971). Con la nazionale italiana partecipa a due Olimpiadi (Cortina 1956 e Innsbruck 1964), nove campionati del Mondo e due edizioni del Criterium d'Europa. Le sue presenze con la maglia azzurra, comprese le gare amichevoli, sono 250, ed è capitano dal 1963 al 1975. Nel 1972 gli viene conferito a Venezia l'Oscar dello sport. Dopo il 1975 la sua carriera nell'hockey prosegue come tecnico: è allenatore di Cortina, Milano, Brunico e Asiago in serie A, allenatore federale del settore giovanile dal 1978 al 1986 per under 18 e under 20. Dal 1980 è anche consigliere nazionale dell'Associazione Azzurri d'Italia, nonché presidente della sezione della provincia di Belluno dal 1970.
Ernesto 'Tino' Crotti (nato a Milano il 18 luglio 1936) non è l'unico esempio di giocatore capace di affermarsi in più di uno sport, ma è uno dei pochissimi che sia stato capace di conquistare in due specialità la maglia azzurra. Nazionale di hockey su ghiaccio con più di cento presenze, Crotti ha infatti collezionato oltre cinquanta gettoni anche con la maglia azzurra della nazionale di hockey su pista, dimostrando in entrambe le discipline una bravura che gli proviene da una non comune intelligenza di gioco. Inizia con l'hockey su ghiaccio a13 anni e a 16 anni è già in nazionale, esordendo contro la Svizzera B a Montana. Di proprietà dell'Amatori HC, Crotti passa successivamente all'HC Milano, conquistandosi in breve tempo il riconoscimento di miglior giocatore italiano dell'epoca e vincendo diversi titoli italiani. Con l'Italia Crotti conquista il Criterium d'Europa nel 1953 e 1954, e partecipa alle Olimpiadi di Cortina del 1956. Come giocatore di hockey su pista, invece, vince alcuni campionati italiani con la maglia dell'Hockey Club Novara. Terminata la sua attività agonistica nel 1968, Crotti si è dedicato all'hockey su ghiaccio in qualità di dirigente, occupando per diversi anni la carica di presidente della Commissione tecnica hockey della Federazione.
Phil Esposito (nato a Sault Ste. Marie, Ontario, il 20 febbraio 1942) è stato il centro che, prima dell'avvento di Wayne Gretzky, ha avuto il miglior record di reti realizzate (76) in una sola stagione. Fra i suoi riconoscimenti l'Art Ross Trophy per 5 volte, l'Hart per 2, come pure il Lester B. Person Award e il Lester Patrick Trophy per il lustro dato all'hockey negli Stati Uniti. In più, è stato 10 volte All-Star e ha rappresentato il Canada nelle Summit Series del 1972, nella Canada Cup del 1976 e nel Campionato del Mondo del 1977. Con la sua squadra, i Boston Bruins, ha realizzato almeno 40 reti in sette stagioni consecutive, e almeno 50 reti in cinque stagioni consecutive. Nella sua stagione con 76 reti, ha unito alle segnature anche 76 assists per il record della Lega, a quel tempo, di 152 punti complessivi. Nel 1981 'Espo' ha lasciato l'attività dopo cinque stagioni con i New York Rangers, che hanno deciso di ritirare la sua maglia. Esposito è divenuto uno degli assistenti allenatori dei Rangers, per poi accettare la posizione di analyst televisivo per il network del Madison Square Garden. Nel 1986 è stato nominato vice presidente e general manager ancora dei Rangers, la stessa posizione che ha poi accettato per Tampa Bay Lightning quando il team è entrato nella Lega.
Vladislav Tret′jak (nato a Mosca il 25 aprile 1952). Nella mente dei tifosi di hockey di tutto il mondo il nome di Tret′jak è sinonimo di 'portiere d'eccellenza'. Ma prima delle Summit Series del 1972, la stella sovietica era sconosciuta al grande pubblico nordamericano, se non addirittura sottovalutata dagli scouts NHL. Con la nazionale dell'Unione Sovietica ha conquistato l'incredibile cifra di 10 campionati del Mondo, 9 titoli europei, oltre a 3 Olimpiadi: 1972, 1976 e 1984, rimanendo imbattuto per buona parte di un decennio nei tornei internazionali. È stato inoltre il miglior giocatore della Canada Cup del 1981, portando l'URSS alla prima vittoria nella manifestazione. Dal 1971 al 1984 è stato nominato quale miglior portiere del Campionato sovietico e per 5 volte è stato nominato miglior giocatore in assoluto; con la sua formazione di club, il CSKA, ha vinto 13 volte il titolo nazionale in 14 stagioni ed è stato premiato con l'Ordine di Lenin per i suoi servizi all'URSS nel 1978. Si è ritirato dalle competizioni dopo la vittoria sulla Cecoslovacchia per 2 a 0 e il conseguente titolo olimpico del 1984 a Sarajevo. Appena prima dell'inizio della stagione 1990-91, il coach dei Chicago Blackhawks Mike Keenan lo ha voluto nello staff di allenatori della squadra per allevare i giovani portieri del team, fra i quali Ed Belfour. Fra le sue attività in campo hockeistico, la pubblicazione del primo libro su come diventare un portiere e sulle tecniche di allenamento, e una serie di scuole di hockey per ragazzi. Oltre che grande giocatore, Tret′jak è anche un grande ambasciatore dell'hockey e insegnante sia per professionisti che per ragazzi. Come tale è stato inserito nella Hockey Hall of Fame.
Vjaãeslav 'Slava' Fetisov (nato a Mosca il 20 aprile 1958) è stato uno dei più grandi campioni prodotti dalla scuola sovietica russa, nel ruolo di difensore. Cresciuto nel CSKA Mosca, a 16 anni viene inserito nelle formazioni giovanili, in cui esprime immediatamente il proprio talento difensivo, meritandosi la convocazione non solo per la nazionale sovietica juniores (che vinse il titolo mondiale nel 1977 e nel 1978), ma anche per quella maggiore, con cui ha debuttato a soli 19 anni; nella prima partita con la maglia rossa dell'URSS, disputata il 22 aprile 1977 contro la Finlandia, Fetisov realizza una rete. In breve tempo, Slava diviene capitano e leader dell'URSS e del CSKA, conducendo le due formazioni a risultati eccezionali, quali dodici successi nel Campionato sovietico, sette titoli mondiali, due medaglie d'oro olimpiche, una Canada Cup. Tecnicamente, Fetisov era non solo dotato di una grandissima mobilità e di un incredibile senso della posizione, che gli permettevano di proteggere il proprio portiere in maniera perfetta, ma anche di grande intelligenza e istinto hockeistico, con cui creava splendide occasioni da rete per i propri compagni di squadra. Oltre ai titoli di squadra, Fetisov ha ricevuto numerosi riconoscimenti individuali: è stato eletto 9 volte All-Star nel Campionato sovietico, 3 volte miglior giocatore, ha vinto 4 volte il Trofeo Leningradskaja Pravda (assegnato al difensore con più reti segnate), l'Ordine di Lenin (consegnato dal governo sovietico) e l'Ordine olimpico (consegnato dal CIO). Nel 1989 ha lasciato la Russia per la NHL firmando un contratto con i New Jersey Devils. Ma per vincere l'unico trofeo che mancava alla sua bacheca, la Stanley Cup, ha dovuto trasferirsi nel 1995 ai Detroit Redwings, con i quali ha vinto la coppa per due volte consecutive, nel 1997 e nel 1998. Dopo il ritiro, Slava è stato assunto come assistant coach di New Jersey e con questo ruolo ha vinto ancora una volta la Stanley Cup.
Wayne Gretzky (nato a Brantford, Ontario, il 26 gennaio 1961) è senza dubbio il più famoso e molto probabilmente forte giocatore di hockey su ghiaccio di ogni tempo. È detentore dei più importanti record individuali nella storia di questa disciplina, molti dei quali rimarranno inavvicinabili per lungo tempo. Giocatore entusiasmante da vedere, è stato quello più dominante nella storia del gioco. A 17 anni rappresenta per la prima volta il Canada ai Campionati Mondiali giovanili, vincendo la classifica marcatori e il titolo di miglior centro della manifestazione. Con gli Edmonton Olilers, la sua prima squadra in NHL, Wayne vince 4 volte la Stanley Cup, circondato da giocatori del calibro di Mark Messier, Glenn Anderson, Jari Kurri e Paul Coffey. Il suo stile è considerato unico e l'area davanti alla linea di porta viene comunemente chiamata 'l'ufficio di Gretzky'. Nell'estate del 1988 Wayne viene ceduto ai Los Angeles Kings, portando la sua attitudine alla vittoria e una lunga serie di 'tutto esaurito' al Forum. Gretzky conduce i Kings nel 1993 alla prima, e fino a ora unica, finale della loro storia, sconfitti tuttavia dai Montreal Canadiens in cinque partite. A Los Angeles Wayne diviene il giocatore con il maggior numero di reti e di assists della storia dell'hockey, record che resistono tuttora. Dopo i Kings, Gretzky approda ai St. Louis Blues, dove trova Brett Hull e come coach Mike Keenan, che già lo aveva allenato nella Canada Cup. Ma dopo una sola stagione firma un contratto triennale con i New York Rangers del suo vecchio compagno Mark Messier e, al termine della stagione 1998-99, si ritira dalle competizioni. La NHL ha ritirato il suo numero, il 99, che non potrà mai più essere indossato da alcun giocatore. Ha partecipato inoltre allo All-Star Game in ogni sua stagione di NHL e ha vestito la maglia della nazionale canadese alle Olimpiadi di Nagano, ai Campionati del Mondo, in Canada Cup per quattro edizioni e alla World Cup del 1996. Nell'estate del 2000 diventa azionista di minoranza dei Phoenix Coyotes della NHL ed è nominato direttore esecutivo del Team olimpico canadese. Gretzky è membro della Hockey Hall of Fame.
Mario Lemieux (nato a Montreal, il 5 ottobre 1965). Nel nome c'è già buona parte del suo destino: in francese, infatti, le mieux significa "il migliore". Fu scelto nel draft del 1984 dai Pittsburgh Penguins, che cercavano con assoluta necessità un grande realizzatore naturale per risollevare le proprie sorti sportive e anche incrementare l'interesse del mercato. Lemieux rispose subito positivamente a entrambe le richieste, vincendo il titolo di miglior rookie dell'anno, chiudendo poi la sua prima stagione da professionista alla guida del Canada in una sorprendente affermazione sull'Unione Sovietica nel Campionato del Mondo e conquistando la medaglia d'argento. In NHL Lemieux è titolare di molti record individuali e molti premi, ma soprattutto ha portato i suoi Penguins a vincere due volte la Stanley Cup. Lemieux ha combattuto e sconfitto il morbo di Hodgkin, che lo ha tenuto lontano dalle competizioni per quasi due intere stagioni dal 1992-93 al 1994-95. Ma quando è tornato a giocare era esattamente il giocatore di prima, capace di dominare il gioco e segnare molti punti. Ritiratosi nel 1997, ha ripreso nel 2000, dopo aver l'anno precedente acquistato i Pittsburgh Penguins. È stato nominato capitano della spedizione canadese ai Giochi Olimpici di Salt Lake City del 2002.