hippy
I figli dei fiori
Nato in California alla fine degli anni Sessanta come movimento di contestazione giovanile, il movimento hippy si è poi propagato in tutto il mondo diventando essenzialmente un fenomeno di costume. Il rifiuto delle convenzioni e delle istituzioni borghesi, il pacifismo, l'interesse per le filosofie orientali e il ritorno alla natura sono alcuni dei suoi elementi caratteristici
A quanto sembra fu un giornalista di San Francisco, nel 1965, a usare il termine hippy per definire quei gruppi di giovani californiani, perlopiù di estrazione borghese, che adottavano modelli di comportamento e stili di vita dichiaratamente anticonformisti. Secondo alcuni la parola deriva da hip (o hep), termine gergale che indicava chi era al corrente delle ultime mode, chi seguiva le tendenze emergenti, che oggi diremmo trendy. L'atto di nascita del movimento hippy fu un grande raduno che si svolse a San Francisco nel gennaio del 1967, cui parteciparono circa 20.000 giovani.
Alle origini del fenomeno hippy vi era la controcultura della beat generation, la 'gioventù bruciata' statunitense degli anni cinquanta: beat in gergo significa "sconfitto, disperato". Gli hippy presero a prestito molti elementi della ribellione alle istituzioni borghesi, al consumismo, alla cultura di massa tipici della beat generation. Ma mentre questa fu una sorta di avanguardia artistica, il movimento fu essenzialmente un fenomeno di costume. Gli hippy crearono soprattutto uno stile di vita che dilagò dagli stati uniti nel resto del mondo, ed ebbe una profonda influenza sul movimento di protesta giovanile del Sessantotto.
Il fiore, simbolo della pace, fu l'emblema scelto dagli hippy. Il pacifismo fu uno dei tratti distintivi del movimento hippy, che ebbe un ruolo importante nella protesta contro la guerra in Vietnam. Gli hippy si mobilitarono anche per i diritti delle minoranze oppresse e discriminate: gli afroamericani ma soprattutto i pellirosse. A parte queste battaglie, però, il movimento non fu particolarmente impegnato sul piano politico e civile. Il rifiuto del sistema, cioè dell'ordine costituito e delle sue istituzioni autoritarie ‒ dalla famiglia allo stato ‒, non si traduceva in una volontà di cambiare o rovesciare con un'azione rivoluzionaria lo stato di cose. Gli hippy scelsero invece la via della fuga, la ricerca di forme di vita alternative. Cercarono così rifugio nella natura ‒ anticipando molte istanze ambientaliste ‒, nel libero amore e nelle comuni come alternativa alla famiglia tradizionale. "Allargare l'area della coscienza" era stato l'imperativo di Allen Ginsberg, uno dei padri della beat generation. E gli hippy cercarono nuove esperienze interiori nelle filosofie orientali, nei viaggi, nella musica e nelle droghe, soprattutto negli allucinogeni. L'anticonformismo degli hippy si esprimeva anche nell'abbigliamento. I benpensanti videro inorriditi i loro 'bravi ragazzi' trasformarsi da un giorno all'altro in individui con barbe incolte e capelli lunghi, orecchini, sandali francescani e camicie vistosamente fiorite. I jeans ‒ possibilmente sdruciti e oltraggiosamente attillati ‒ divennero la divisa giovanile di entrambi i sessi, e tale sono rimasti da allora. Lo 'stile hippy' in un certo senso non è mai tramontato, ed è oggetto di costanti rivisitazioni da parte dei creatori di moda.
La musica ebbe un ruolo centrale nella cultura hippy. L'apogeo del movimento hippy può essere considerato il grandioso festival rock tenuto a Woodstock, nei pressi di New York, dal 15 al 17 agosto 1969, un vero e proprio happening ("evento") per celebrare "pace, amore e musica" al quale parteciparono oltre 500.000 giovani.
Tra i numerosi artisti che si esibirono in quell'occasione vi furono Joan Baez, Jimy Hendrix, Carlos Santana, i Grateful Dead, che divennero e sono tuttora musicisti di culto per i giovani di tutto il mondo. Sul raduno di Woodstock fu realizzato nel 1970 dal regista Michael Wadleigh un famoso film documentario intitolato Woodstock - Tre giorni di pace, amore e musica.