Taine, Hippolyte-Adolphe
Storico e pensatore francese (Vouziers, Ardenne, 1828 - Parigi 1893). Allievo dell’École normale di Parigi, ammiratore di Spinoza e di Hegel, fu costretto (1851) a insegnare in provincia perché avversato dall’imperante eclettismo ispirato da Cousin; lasciato l’insegnamento, ritornò a Parigi, e con l’Essai sur Tite Live (1856; trad. it. Saggio su Tito Livio), l’Histoire de la littérature anglaise (3 voll., 1863) e altre opere, riuscì a imporsi al mondo accademico del tempo. Prof. dal 1864 di estetica e belle arti alla Scuola delle belle arti (La philosophie de l’art, 1865; trad. it. parziale Filosofia dell’arte. Parti 1. e 5.), fu indotto dalla guerra franco-prussiana del 1870 e dalle vicende della Comune di Parigi a occuparsi di questioni politiche. Studiò la formazione statale del suo paese nella classica opera Les origines de la France contemporaine (1876-94, 6 voll., di cui l’ultimo postumo; trad. it. Le origini della Francia contemporanea), che prende le mosse dall’ancien régime e cerca di mostrare come la Rivoluzione francese e gli assetti istituzionali che ne derivarono, dominati dal radicalismo giacobino, fossero una deviazione dalla linea naturale di svolgimento della storia francese. T. è una delle figure più rappresentative del mondo culturale europeo del sec. 19°. Filosofo (ma in questo campo, con la sua costante contaminazione di idealismo germanico e di positivismo inglese, fu soprattutto un divulgatore); critico di lettere e arti con tendenze positivistiche e materialistiche, ma anche con gusto finissimo; storico viziato da schemi pseudofilosofici e sociologizzanti ma anche maestro nel creare ‘tipi storici’, anglomane fino a diventare francofobo, T. fu una personalità di studioso assai discussa. Il rilievo dato ai concetti di razza (complesso di caratteri psichici ereditari ed esclusivi di un popolo), di ambiente (inteso in un’accezione meccanicistica, quale sistema di forze condizionanti) e di momento (il periodo storico in cui il singolo è inserito) indirizzò la sua storiografia verso la ricerca delle «cause», lasciando ben poco spazio all’attività creatrice delle volontà individuali e collettive. In ambito psicologico, importante il suo saggio De l’intelligence (2 voll., 1870), dove la psicologia assume valore di disciplina scientifica autonoma (contro l’opinione di Comte) in stretto collegamento, secondo la sua impostazione coerentemente materialistica e positivistica, con la psicopatologia e la fisiologia del sistema nervoso.