hikikomori
(Hikikomori), s. m. inv. Giovane che ha scelto di condurre una vita tendente all’isolamento, rinchiuso nella propria stanza, e a comunicare solo virtualmente, mediante la rete telematica e i messaggini da telefono cellulare.
• Da noi, sembrano dire questi ragazzi a genitori e insegnanti che li guardano un po’ ansiosi chiedendosi come cavarne qualcosa, avrete solo le nostre ossa. Del resto questa moda è contemporanea ai «rannicchiati» hikikomori, quelli che si chiudono in camera, e non ne escono più. I nostri ragazzi «emo», a taglia zero, stanno però molto meglio di quei loro fratelli tendenti all’autosegregazione. Questi hanno una vita sociale, hanno dei contatti con gli altri, arrivano perfino ad innamorarsi. Tutto però in modo molto «light», leggero, poco impegnativo. (Claudio Risé, Mattino, 25 febbraio 2008, p. 1, Prima pagina) • La stanchezza che caratterizza la società occidentale colpisce in modo particolare i giovani, [...] che si rifugiano nelle loro stanze come gli hikikomori o sono costretti a far regredire il loro corpo e il loro spirito a larva anoressica; (Alessandro D’Avenia, Secolo XIX, 8 dicembre 2015, Speciale, p. XI) • «A quel punto il richiamo alle regole viene percepito come una ferita narcisistica da cui a volte nascono reazioni contro di sé o contro gli altri, oppure la tentazione di ritirarsi dalla società (sono i casi di hikikomori). È come se le aspettative ideali proprie o maturate in famiglia crollassero di colpo, e di fronte a questa nuova situazione di blocco l’adolescente talvolta prova a rimuovere l’ostacolo in modo violento per rimettersi in linea con le sue attese ideali» (Matteo Lancini riportato da Paolo Di Stefano, Corriere della sera, 19 gennaio 2017, p. 29, Cronache).
- Dal giapp. hikikomori, a sua volta composto da hiku ‘tirare’ e komoru ‘ritirarsi’.
- Già attestato nel Corriere della sera del 19 ottobre 2002, p. 20, Cronache (Daniela Monti).