BANG, Herman
Poeta danese, uno dei maestri del romanzo impressionistico nei paesi germanici. Nacque ad Als il 20 aprile 1857. Incominciò come giornalista e si schierò subito fra i seguaci dell'estetica naturalistica (v. le raccolte di saggi critici Realismen og Realister, 1880; Kritiske Studier, 1880; Herhjemme og deruden, In casa nostra e fuori, 1881); ma è significativo che fra i suoi primi tentativi poetici sia stato quello di introdurre in Danimarca il grazioso e leggiero Proverbe di tipo francese (Du og jeg, Tu ed io; Hverdagskampe, Lotte d'ogni giorno, 1879; Graa Vejr, Tempo grigio; Inde fire vægge, Fra quattro pareti, 1880). La sua vera natura era di decadente; e, più che al naturalismo, l'impostazione del suo primo romanzo Haabløse Slægter (Generazioni senza speranza, 1880) è dovuta alla sua particolare sensibilità per tutto ciò che è malato, stanco, morente: viva nel romanzo è difatti, soprattutto, l'atmosfera torbida, opprimente che grava sopra la famiglia, fra lo stato morboso del padre e la spaurita stanchezza dei figli, con la centrale figura di William Høeg, che in uno sfiaccolamento di slanci vani esaurisce una giovinezza senza forze: la stessa atmosfera che pure si ritrova anche nel secondo romanzo Faedra (1883), dove l'antico motivo tragico è fatto rivivere in un ambiente moderno, viziato da gravi tare famigliari, nella figura della contessa Ellen Urne. Tunge Melodier (Pesanti melodie), s'intitolava già la prima raccolta di novelle (1880): e realmente (cfr. anche le poesie, Digte, 1889) si ripensa spesso, leggendo, alle parole desolate del B.: "Noi soffriamo e facciamo soffrire: ecco tutto ciò che sappiamo". Dal 1884 in poi, per molti anni, corrispondente delle Nationaltidende, dicitore, conferenziere, il B. passò gran parte della vita all'estero, specialmente in Germania e in Austria e a contatto con un più vasto mondo, anche la sua arte si venne completando e schiarendo: nei romanzi Stuk (Stucco, 1887), satira della città di Copenaghen dopo il '70, con il contrasto fra la generale depressione degli animi e la mania di grandezza nelle costruzioni edilizie, Tine (1889), rappresentazione della Danimarca al tempo della guerra del '64, così ricca di colore e suggestiva che molto piacque anche a Ibsen; Ludwigsbakke (1896), con la dolce e dolente storia dell'infermiera Ida Brand; e nelle raccolte di novelle Excentriske Novellen (Novelle eccentriche, 1885), Stille Existenser (Umili esistenze, 1886), Under Aaget (Sotto il giogo, 1890), De fire Diavler (I quattro diavoli, 1895), la sua poesia non resta più esclusivamente legata a tonalità di vita patologiche: con tinte vivaci e con umoristica vena è ad esempio ritratta fra le molte miserie, la gaia bohème del mondo degli artisti; e soprattutto il B. vi diventa il poeta del grigiore dell'esistenza monotona, con tutte le piccole gioie e le grandi rinunzie di ogni giorno, il poeta della "pittoresca, comica, commovente, deliziosa, amara, insignificante" realtà, in cui sempre gl'impeti della vita si stancano a poco a poco e si estenuano. Specialmente certe umili dolorose figure di donna sono trattate con rara delicatezza di tocco. E anche lo stile spezzato, incalzante, tutto macchie di colore, trova a tratti un respiro più ampio, più calmo: la novella Ved Vejen (Sulla via), in Stille Existenser, con la sua sommessa, dolce e triste poesia della piccola vita di provincia, Tine, Ludwigsbakke sono fra le cose migliori della moderna poesia narrativa nel nord. Dopo rievocazioni varie dei lontani ricordi della giovinezza (Ti Aar, Erindringer og Hændelser, Dieci anni, Ricordi e fatti, era già uscito nel 1891; e poi uscirono Det hvide Hus, La casa bianca, novella, 1898; Det graa Hus, La casa grigia, novella, 1901), due nuovi vasti romanzi Mikaël (1904) e De uden Fadrelande (I senza patria, 1908), interpretarono, nella storia del maestro Claude Joret, "il pittor dei dolori", e nella storia del violinista Joán Ujházy, il dramma della solitudine e dell'abbandono, a cui l'artista è condannato, quando, con l'avanzare degli egoismi delle nuove generazioni o con la lontananza dall'ambiente nativo, svanisce intorno a lui il clima spirituale, a cui la sua personalità appartiene: malgrado lo stile, che spesso tradisce la maniera, in singoli momenti la sostanza umana dei due romanzi è vissuta dall'autore con un'intensità tale, che le sue parole acquistano un valore di personale diretta confessione. Durante un giro di letture e conferenze negli Stati Uniti, la morte colse il B. improvvisamente a Ogden (Utah) il 29 gennaio 1912.
Opere: Værker, 6 voll., Copenaghen 1912; Breve til P. Nansen, ed. L. Nielsen, Copenaghen 1918; tutte le opere sono state tradotte in tedesco: Berlino 1910-14.
Bibl.: F. Poppenberg, Nordische Portraits, Berlino 1904; F. Schmitt, Über H. Bang, in Mitteil. der literarhistorischen Gesel. Bonn, VII, 9 (1913); E. Ludwig, Introd. alla trad. tedesca dei Vaterlandslose, Berlino 1912.