More, Henry
Filosofo inglese (Grantham 1614 - Cambridge 1687). Studiò al Christ’s College di Cambridge, dove poi rimase tutta la vita come fellow. Fu uno dei principali rappresentanti, con Cudworth, del platonismo di Cambridge. Legato alla tradizione platonica del Rinascimento italiano, ne riprese le suggestioni soprattutto sul versante mistico e teosofico, in continuità con la tradizione ermetica e cabalistica, e risentì anche dei problemi e delle discussioni della nuova filosofia e scienza dell’età sua. Dopo una iniziale ammirazione per Descartes, venne sempre più opponendosi alla sua filosofia anzitutto per il problema dello spazio, centrale nella metafisica di M.: egli ritiene che lo spazio sia la caratteristica di tutte le sostanze e non, come voleva Descartes, solo della materia; tutti gli esseri, spirituali e materiali, sono estesi; di qui la teoria metafisica dello spazio come estensione eterna, infinita, indivisibile (dal punto di vista fisico lo spazio è invece finito e divisibile), tanto da poter essere considerato come un’oscura rappresentazione dell’essenza o dell’essenziale presenza di Dio. Tali teorie esercitarono un influsso su Newton. Netta anche l’opposizione al meccanicismo – sentito come via aperta all’ateismo – e la riduzione dei problemi fisici a principi spirituali (con esiti chiaramente influenzati da motivi magici). Notevole influenza ha avuto l’etica di M.: questa è fondata sull’analisi della facultas boniformis, facoltà che svolge la sua funzione normativa equilibrando l’elemento intellettualistico e quello affettivo al quale spetta la spinta dell’azione; ultimo fondamento di ogni virtù è l’amore intellettuale. Tra le sue opere si segnalano: Philosophical poems (1647); Antidotus adversus atheismum (1652); Coniectura cabalistica (1653); Enchiridion ethicum (1667); Divine dialogues (1668); Enchiridion metaphysicum (1671); De anima (1677).