Pensatore inglese (Cosgrove, Northamptonshire, 1820 - Oxford 1871). Ebbe alti gradi nella gerarchia ecclesiastica. Fu il più notevole continuatore dell'indirizzo filosofico, riallacciantesi al criticismo kantiano, inaugurato in Inghilterra da W. Hamilton. Si occupò in particolare del rapporto tra significato, verifica e verità nell'ambito di una teoria della conoscenza che risente delle posizioni della scuola scozzese (in particolare di Th. Reid). Sottolineò, nelle sue ricerche sulla conoscenza e sulla coscienza, il ruolo preminente dell'attenzione, vista come volontà, fornendo a sostegno delle sue tesi un'interessante fenomenologia di alcuni processi psicologici (fantasticherie, stati di semincoscienza). Particolarmente criticato (specie da parte di J. Stuart Mill) il suo agnosticismo religioso, rigoroso svolgimento delle dottrine di Hamilton. L'assoluto è per M. del tutto inconoscibile, inaccessibile alla ragione umana, oggetto esclusivamente della fede. Opere: Artis logicae rudimenta (1849); Phrontisterion (1850); Prolegomena logica (1851); The limits of demonstrative science (1853); Man's conception of eternity (1854); Psychology, the test of moral and metaphysical philosophy (1855); The limits of religious thought (1858); Metaphysics or the philosophy of consciousness phenomenal and real (1860); The philosophy of the conditioned (1866). Postume: Letters, lectures and reviews (1873); The gnostic heresies (1875).