COLOMBIER, Henri de
Nacque intorno al 1365 da Humbert signore di Vuillerens.
Il padre fu più volte balivo del paese di Vaud sotto l'autorità del conte di Savoia; la famiglia, che apparteneva alla piccola nobiltà, si afferma principalmente grazie agli incarichi ricoperti dai suoi membri presso la corte di Savoia.
Nel 1390 il C. sposò Jaquette de Duin; in seguito a questo matrimonio divenne signore di Vufflens-le-Châtel (presso Morges, nell'attuale Cantone di Vaud), di cui portò abitualmente il titolo. Nello stesso anno venne chiamato, insieme con il fratello maggiore François, nell'esercito che Amedeo VII andava raccogliendo in Piemonte a sostegno di Gian Galeazzo Visconti, suo alleato: a questo servizio, normale per un signore banderese, si aggiunse per il C. e per suo fratello una missione a Milano e a Pavia dove si abboccarono con il Visconti per il rinnovo dell'alleanza fra il conte di Savoia e Milano. La morte del Conte Rosso rallentò per un certo tempo la carriera del C., il quale si schierò tra i partigiani di Bona di Borbone e nel giugno del 1397 fu tra i garanti che Oddo di Grandson designò a Bourg-en-Bresse, quando preparava il suo duello giudiziario contro Gérard d'Estavayer. Occupato anche in contese familiari nella contea di Vaud, il C. non ricompare con importanti funzioni, se non più tardi, al tempo della effettiva presa di potere da parte del conte Amedeo VIII; restò tuttavia nell'entourage del giovane sovrano, di cui è detto scudiero e per conto del quale nel 1403 assoldò alcune lance.
Ritroviamo il C. al fianco di Umberto il Bastardo, fratellastro di Amedeo VIII, quando questi fu incaricato delle operazioni militari in Piemonte; nell'agosto del 1404 fu nominato capitano generale del Piemonte succedendo a Iblet de Challant. Ricoprì tale carica fino al 1421, facendo esperienza in quelle stesse regioni su cui i Savoia cercavano di estendere la loro egemonia a danno non solo di Milano e del Monferrato, ma anche delle dinastie locali che pian piano finirono col riconoscere la supremazia della casa di Savoia. L'azione del C., tuttavia, non si esplicò in vere e proprie campagne militari, ma si limitò alla difesa delle piazze e al mantenimento dell'ordine: difesa contro Facino Cane ed altri capitani al servizio del Monferrato e di Milano; mantenimento dell'ordine per evitare guerre locali ed impedire che, come avvenne nel 1409, le genti del conte fossero coinvolte nel conflitto tra il marchese di Monferrato e il Boucicaut. In questo tomo di tempo il C. cominciò anche ad essere impiegato in missioni diplomatiche. Nel 1407 negoziò il matrimonio di Giovanna di Savoia con Gian Giacomo Paleologo marchese del Monferrato; quindi, insieme con altri due alti personaggi, gli fu affidato l'incarico di raccogliere in Piemonte il sussidio riscosso per l'occasione. Nel 1411 fu l'artefice principale, insieme con Enrico Scarampi vescovo di Feltre, delle trattative di pace tra il duca di Milano, da un lato, e il conte di Savoia, il principe di Acaia e il marchese del Monferrato, dall'altro.
Quando la morte di Giovanni Maria Visconti, quella di Facino Cane e la conquista del potere a Milano da parte di Filippo Maria Visconti ebbero reso vano ogni accordo precedente, il C. continuò a essere il più attivo rappresentante di Amedeo VIII in Piemonte, tenendo continuamente informato il sovrano sull'evolversi della situazione e negoziando in suo nome direttamente con il nuovo duca di Milano.
Nel luglio del 1414 il C. fece parte di una ambasceria che Amedeo VIII inviò, sotto la guida di Umberto il Bastardo dapprima a Costanza, dove era riunito il concilio per la composizione dello scisma, e poi a Soletta, dove si trovava l'imperatore Sigismondo. Il C. seguì quest'ultimo fino a Spira e ad Aquisgrana, ed assistette alla cerimonia in cui il sovrano lussemburghese fu coronato re dei Romani. Rientrato in Savoia, il C. partì di nuovo il mese seguente per Costanza per incontrarvi Sigismondo. Il motivo di questi abboccamenti aveva probabilmente a vedere, più che con i gravi problemi discussi dal concilio, con la questione dei feudi del signore di Villars, contesi fra Amedeo VIII e il duca di Borgogna. Nel 1416 - l'anno in cui l'imperatore Sigismondo creò Amedeo VIII duca di Savoia - il C. andò a Venezia con il maresciallo di Savoia Gaspard de Montmayeur per noleggiare tre galee che avrebbero dovuto servire ad un pellegrinaggio che Amedeo VIII aveva fatto voto di compiere in Terrasanta. Il duca, tuttavia, dovette rinunciare a tale progetto e nel 1418, dopo aver ottenuto la dispensa dal voto, mandò in Palestina, al suo posto, il C. e Jean de Compey con una notevole elemosina da offrire a suo nome ai luoghi sacri.
Sempre più ascoltato da Amedeo VIII per quel che riguardava gli affari italiani, il C. divenne con Pierre Marchand, Nicod Festi e Manfredi di Saluzzo, uno degli artefici di quella politica che tra il 1422 e il 1426 cercò di sfruttare, a vantaggio dell'espansionismo sabaudo, il conflitto di potenza che opponeva a Filippo Maria Visconti le repubbliche di Firenze e di Venezia. Nel 1424 il C., insieme col Festi si recò a Norimberga presso il re dei Romani, probabilmente per trattare un arbitrato tra quest'ultimo e la Repubblica di Venezia. Infine nel 1426, quando il duca di Savoia aderì alla lega contro Milano, feceparte della ambasceria solenne inviata a Venezia per firmare l'accordo (7 luglio 1426). La dichiarazione di guerra tra il duca di Savoia e Milano, che fece immediatamente seguito a questo atto, offrì al C. l'occasione di prendere nuovamente parte, questa volta come comandante dell'artiglieria, ad una campagna militare; contemporaneamente, con Claude de Saix, organizzò lo spionaggio nel Milanese. Ad ottobre, quando il Visconti chiese di trattare, il C. riprese la sua attività di diplomatico avviando i negoziati per una pace separata: furono negoziati laboriosi. perché Amedeo VIII, che faceva il doppio gioco tra Venezia e Milano, rendeva il C. sospetto ai Veneziani, i quali temevano appunto un accordo segreto a loro danno con il Visconti. La pace, firmata il 30 dicembre, non durò a lungo, e le ostilità tra il duca di Savoia e Milano ripresero nell'agosto del 1427. Intanto l'attività del C. continuava a suscitare le diffidenze dei Veneziani: un suo viaggio a Parma, compiuto nel giugno del 1427 per incontrarvi il Carmagnola, comandante dell'esercito della lega, fu considerato come un atto di spionaggio a favore del duca di Milano.
Ciò non impedì al C. di proseguire il suo viaggio fino a Venezia, nonostante lo scarso desiderio di rivederlo che si aveva colà; al ritorno l'inviato sabaudo passò per Milano, e infine, in agosto, rientrò a Torino. Ormai era il C. a tenere le fila dei negoziati che i diplomatici sabaudi andavano conducendo con il Visconti e con il cardinal Albergati, il quale, in nome del papa, tentava di interporsi tra i contendenti. Nell'ottobre si recò a Ferrara e a Bologna per abboccarsi con l'Albergati e con i rappresentanti della lega. Intanto si andava concretando l'intesa tra Amedeo VIII e il duca di Milano: la pace fu firmata a Torino il 3 dic. 1427 e sancì la cessione di Vercelli al duca sabaudo, ed il matrimonio di Filippo Maria con la figlia del duca di Savoia, Maria. Il C. apprese la notizia dell'accordo a Ferrara; si allontanò immediatamente dalla città, temendo le reazioni che potevano essere provocate dalle sue simpatie milanesi, e rientrò in Savoia. Amedeo VIII dovette intervenire per difendere, non senza difficoltà, l'onore del suo ambasciatore contro le accuse di doppiezza, che gli ambasciatori di Firenze e di Venezia non mancarono di indirizzargli. Il C. ritornò in Italia come membro della delegazione che, nel settembre del 1428, accompagnò la figlia di Amedeo VIII, Maria, che andava sposa a Filippo Maria Visconti secondo le clausole del trattato di pace. La notizia relativa ad una missione nel maggio del 1429 per visitare a Milano Maria, abbandonata dal marito, è l'ultima testimonianza della presenza del C. al di qua, delle Alpi: da allora, sappiamo che divise il suo tempo tra la corte di Amedeo VIII e il suo castello di Vufflens. La sua influenza sul duca rimase tuttavia notevole, particolarmente per le questioni italiane, come è dimostrato dal fatto che, ancora nel 1434, ricevette in nome di Amedeo VIII un inviato del marchese del Monferrato. Sappiamo inoltre che intervenne regolarmente a tutte le assemblee del Vaud, e che, come membro del Consiglio ducale, ebbe parte in numerose decisioni concernenti la regione.
Amedeo VIII gli aveva accordato non pochi favori. Il 14 giugno 1421 aveva eretto la terra di Vuillerens - che il C. aveva ereditato dal figlio del suo fratello maggiore morto a Venezia nel 1418 senza eredi - a signoria di bandiera, staccandola dalla giurisdizione della baronia di Cossonay; ma prima di questa data lo aveva già infeudato delle persone, dei censi, e di altri beni, oltre che delle decime del grano e del vino, di Colombier. Gli stretti legami con Amedeo VIII si rafforzarono quando il duca creò l'Ordine religioso-cavalleresco di S. Maurizio e scelse come residenza sua e dei suoi confratelli il castello di Ripaglia, sul lago di Ginevra: i primi due compagni a essere scelti dal sovrano furono appunto il C. e Claude de Saix che entrarono nell'eremo l'8 ott. 1434. Da allora il C. non fece quasi più parlare di sé; morì in data imprecisabile, tra il 30 ott. 1437 e il 6 dic. 1439.
Nel testamento dell'8 dic. 1425 aveva espresso il desiderio di essere sepolto, in un sarcofago di pietra fatto con le sue mani, ai piedi dell'altare maggiore della chiesa della abbazia di Montheron a cui lasciò in legato duecento scudi d'oro.
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